domenica 29 giugno 2014
Pagamenti: dal 30 giugno 2014 è obbligatorio il Pos
Dal 30 giugno si potrà pretendere quindi di pagare con carta di debito dovunque: il conto del ristorante come la parcella del dentista o del notaio; la fattura dell'idraulico o del falegname, la messa in piega dal parrucchiere. Tuttavia nessuna sanzione è prevista per le imprese, artigiani, studi professionali che decideranno di non adeguarsi. Tranne quella del cliente che potrà rivolgersi altrove. Quindi si appresta l'obbligo del Pos per esercenti, commercianti, professionisti e aziende. Quindi anche autotrasportatori, imprese di costruzioni, idraulici, falegnami, elettricisti, antennisti, manutentori di caldaie.
Quelli che pagheranno di più questo provvedimento saranno imprese, lavoratori autonomi, professionisti, i quali dovranno dotarsi di Pos e permettere così ai clienti e cittadini di pagare sempre con moneta elettronica. Purché l'importo non inferiore ai 30 euro, altrimenti vale ancora il contante.
Secondo la Confesercenti, la misura, che muove da esigenze di trasparenza e lotta all'evasione, rappresenta ''un intervento pesante, che si trasformerà in un costo aggiuntivo di circa 5 miliardi l'anno per le imprese. E che rischia di essere poco utile, visto che la grande maggioranza degli italiani (il 69%) non ha intenzione di cambiare le proprie abitudini di pagamento'' sostiene sulla base di un'indagine con Swg.
Per una Pmi media (50mila euro di transazioni l'anno), il costo sarà di 1.700 euro l'anno, secondo le stime dell'ufficio economico Confesercenti che calcola canoni, commissioni, costi di installazione e di utilizzo. ''Una batosta insomma che rischia di mettere in difficoltà le imprese proprio nel momento in cui si vedono i primi barlumi di ripresa'' dice l'organizzazione del commercio. I costi avranno poi un'incidenza maggiore per ''gli esercizi caratterizzati da pagamenti di piccola entità e da piccoli margini - come i gestori carburanti, i tabaccai, gli edicolanti, i bar ed altri - che vedranno il proprio utile dimezzarsi o azzerarsi, andando addirittura in rosso''.
Di diverso avviso i consumatori: l'obbligo di accettare pagamenti con moneta elettronica "rappresenta un grande passo avanti in termini di tracciabilità dei pagamenti e lotta all'evasione", nonchè "un ampliamento ed un'agevolazione a favore del cittadino, che disporrà di un ulteriore metodo di pagamento" osservano Federconsumatori e Adusbef, aggiungendo che "la circolazione di meno contanti rappresenta un elemento di maggiore sicurezza, sia per il cittadino che per l'esercente".
Il Codacons critica invece l'assenza di sanzione: "Ciò significa - dice - che, nonostante vi sia un obbligo, lo Stato non e' in grado di farlo rispettare. Il solito pasticcio all'italiana". ''La rete italiana di Pos e Atm - evidenziano fonti di settore - sono una realtà con numeri in crescita anche se ancora lontani da paesi come Francia o Gran Bretagna. Attualmente ci sono 1,4 milioni di Pos e 34 milioni di carte Bancomat che salgono a 90 se si aggiungono quelle di credito o le prepagate.
Anche le transazioni sono in aumento. Per quanto riguarda i costi, questi sono di pertinenza delle singole banche anche se ultimamente si stanno registrano numerose offerte commerciali.
L'utilizzo è una questione culturale che ci distanzia ancora dagli altri paesi europei''. Nelle previsioni, la novità dovrebbe far raddoppiare il numero di imprese con moneta elettronica.
Nonostante l'entrata in vigore della nuova disciplina sia stata rimandata di tre mesi sono molti i soggetti interessati che non si sono ancora dotati del Pos. Tra i motivi i costi troppo alti di installazione e gestione e la scarsa attitudine all'uso delle tecnologie. Inoltre, diverse professioni, tra cui architetti, avvocati, chimici e consulenti del lavoro hanno protestato più volte, sottolineando una serie di criticità come, ad esempio, l'aver esteso l'obbligo a tutti senza fare adeguate distizioni, non aver mantenuto l'entrata a regime graduale inizialmente prevista dal legislatore e "saltata" a causa delle proroghe, aver stabilito un tetto troppo basso (la richiesta era di alzarlo almeno a 50 euro).
Gli ordini professionali hanno preso le distanze dall'obbligatorietà, in forza del fatto che non è espressamente prevista dalla norma (Dl 179/2012, articolo 10, comma 4) una sanzione in caso di violazione. Posizione che di recente è stata avallata dal ministero dell'Economia con la risposta (prot. n. D/825 del 10 giugno 2014) data all'interrogazione parlamentare n. 5-02936; il Mef sostiene che i professionisti dovrebbero strutturarsi con il Pos, ma non essendo previste sanzioni la norma introduce non «un obbligo» ma «un onere». Tesi, peraltro, contenuta nella circolare che il Consiglio nazionale forense ha pubblicato il 20 maggio e richiamata dallo stesso ministero.
Non c'è una sanzione, dunque, ma alla fine potrebbe essere il mercato stesso a "punire" negozianti, artigiani e professionisti che non rispetteranno l'obbligo di dotarsi del Pos per i pagamenti elettronici, che scatta da domani. Questo almeno quanto emerge dalle associazioni dei consumatori.
Perché, infatti, professionisti e commercianti dovrebbero affrettarsi a stipulare con una banca un contratto di noleggio per il dispositivo elettronico che permette di accettare pagamenti con bancomat? «Semplice - spiega Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori -: perché se un cliente entra in un negozio, vede un articolo che gli piace e alla cassa gli dicono che non è possibile pagare con il bancomat, potrebbe decidere di cambiare negozio». Diverso è il discorso per gli studi professionali, dove non è possibile lasciare la merce sulla cassa e uscire a mani vuote nel caso in cui non venga accettato il pagamento tramite Pos. «In questo caso - riflette Trefiletti - il cliente dovrà pagare in contanti, ma non è detto che li abbia in tasca in quel momento. Chi si trova in queste situazioni potrà chiedere che gli venga inviata la fattura a casa».
Secondo Federconsumatori l'obbligo di accettare pagamenti con moneta elettronica (sopra i 30 euro) è «un grande passo avanti in termini di tracciabilità dei pagamenti e lotta all'evasione, nonché un ampliamento e un'agevolazione a favore del cittadino, che disporrà di un ulteriore metodo di pagamento». Allo stesso tempo, però, l'associazione denuncia il rischio che i «costi ancora eccessivamente onerosi per dotarsi degli strumenti vengano scaricati sui prezzi».
Federconsumatori ha stimato che il costo totale di un Pos, ipotizzando circa 300 transazioni mensili da 40 euro, si aggira mediamente sui 525,25 euro al mese (escluso il costo di attivazione del Pos ed escluso il costo della linea telefonica). Impatto meno pesante, secondo Paolo Martinello, presidente dell'associazione Altroconsumo. «Negli studi professionali – sottolinea, infatti, Martinello – il contante è già scomparso da tempo» perché quasi tutte le parcelle vengono pagate con strumenti tracciabili. Per la Cgia di Mestre un'azienda con 100mila euro di ricavo annuo, con il Pos, tra canone mensile, canone annuale e la percentuale di commissione sull'incasso, dovrà sostenere una spesa media annua di 1.200 euro.
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mercoledì 25 giugno 2014
Alitalia, trovato l'accordo: Etihad acquisirà 49% capitale
Alitalia ed Etihad Airways confermano di aver «trovato un accordo sui termini e condizioni dell'operazione con la quale Etihad Airways acquisirà una partecipazione azionaria del 49 percento in Alitalia». Lo si legge in un comunicato congiunto, in cui si precisa che «le due Compagnie aeree procederanno già dai prossimi giorni alla finalizzazione della documentazione contrattuale, che includerà le condizioni concordate. Il perfezionamento dell'operazione è soggetto alle approvazioni delle competenti autorità Antitrust».
Intanto il ministro dei trasporti Maurizio Lupi in una nota rivela che «su Alitalia-Etihad ieri sera c'è stato un importante incontro con le banche e con i principali azionisti, in un clima positivo e nel quale si sono fatti passi avanti decisivi». «È sempre più chiaro - aggiunge il ministro - che questo matrimonio s'ha da fare, perché è ormai evidente a tutti che si tratta di un forte investimento industriale con concrete prospettive di sviluppo per la nostra compagnia».
«Presto con il ministro del lavoro Poletti incontreremo i sindacati per fare il punto sulla vicenda esuberi. Sono sempre stato e continuo a essere fiducioso nel buon esito dell'operazione», ha aggiunto Lupi. La scadenza rimane quella di metà luglio per chiudere la trattativa sugli esuberi e affrontare il tema del piano industriale.
La Commissione europea non entra nell'immediato in una valutazione della validità dell'operazione Alitalia-Etihad sotto il profilo della proprietà e del controllo della compagnia, ma si aspetta che le autorità italiane conducano le verifiche necessarie, salvo poi intervenire in una seconda fase se dovesse essere necessario. Lo ha detto oggi Helen Kearns, portavoce del commissario Ue ai trasporti, Siim Kallas. «La compagnia aerea deve rimanere con una proprietà e un controllo a maggioranza europei. Sta alle autorità italiane in prima battuta fare la prima valutazione. Quindi, se necessario, la Commissione potrebbe prendere ulteriori iniziative per assicurarsi che le regole siano state applicate correttamente,» ha detto la portavoce rispondendo ad una domanda sugli sviluppi della operazione Alitalia-Etihad.
Ma oggi il gruppo Lufthansa, in riferimento all'operazione Alitalia-Etihad, puntualizza all'Adnkronos: «E' vitale che l'Unione europea e le autorità dei Paesi membri pongano fine alla concorrenza sleale da parte dell'aviazione sussidiata dallo Stato e proibisca l'aggiramento delle regole europee in materia sussidi».
Nella saga interminabile della trattativa e degli annunci tra Alitalia e Etihad, le due compagnie hanno annunciato di aver trovato un accordo per l'ingresso degli emiratini con il 49% nell'Alitalia. Mancano però ancora due pilastri fondamentali: l'intesa tra Alitalia e sindacati sugli esuberi (sono 2.251 quelli richiesti da Alitalia e Etihad) e il consenso delle banche a cancellare 560 milioni di euro di debiti finanziari di Alitalia.
Queste sono due condizioni poste da tempo proprio dalla compagnia degli Emirati Arabi Uniti, come premessa indispensabile al suo ingresso con il 49% nell'Alitalia. Allora è inevitabile chiedersi: cosa significa l'annuncio congiunto delle due compagnie? Può darsi che si tratti di un passaggio legale, una sorta di scambio di lettere per dire che vengono accettate le condizioni della trattativa, ma il contratto finale è tutto ancora da scrivere. La prima impressione, quindi, è che nella sostanza questo annuncio sia un'offensiva mediatica per rassicurare le parti, compresi i passeggeri che comprano biglietti di una compagnia, Alitalia, che tra pochi mesi potrebbe fallire se non riceverà una nuova iniezione di capitali. Del resto, in questa partita finora c'è stata poca trasparenza. Gli emiratini guidati dallo spavaldo James Hogan non hanno quasi mai fatto dichiarazioni, salvo lasciar trapelare una sorta di insofferenza per l'attesa di decisioni che dovevano (e devono ancora) essere prese nello schieramento italiano.
Nello schieramento italiano il principale esternatore è stato il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, il quale svariate volte ha annunciato accordi imminenti tra i due vettori (fin da quando diceva «entro il mese di marzo»), accordi che solo ora hanno trovato un punto di condivisione. E' Lupi che ha annunciato un (leggero) aumento dei voli intercontinentali di Alitalia da Fiumicino e da Malpensa in caso di accordo con Etihad, ma il piano industriale non è mai stato reso pubblico, neppure nel confronto con i sindacati sui tagli. Eppure è trapelato, senza smentite, che nell'immediato l'intesa con Etihad prevede, oltre al taglio dei posti di lavoro, tagli anche dei voli e della flotta, con la messa a terra di 11 aerei di Alitalia a medio raggio, della famiglia Airbus 320. L'ipotizzato incremento dei voli intercontinentali avverrà con gradualità, a quanto si sa il primo nuovo collegamento intercontinentale sarebbe da Malpensa a Shanghai durante l'Expo 2015. A condizione, naturalmente, che i ritardi dei lavori e le tangenti non facciano saltare l'Expo.
Alitalia e Etihad affermano che «procederanno già dai prossimi giorni alla finalizzazione della documentazione contrattuale, che includerà le condizioni concordate». Ma prima di concludere l'accordo definitivo bisognerà definire l'intesa sugli esuberi. L'ultimo incontro con i sindacati c'è stato il 20 giugno con il muro contro muro. In particolare la Filt-Cgil ha detto che «sono inaccettabili 2.251 licenziamenti». Etihad vuole che gli esuberi lascino definitivamente la compagnia, non accetta i contratti di solidarietà o la cigs a rotazione, ammortizzatori che al termine del periodo di crisi prevedono il riassorbimento dei lavoratori nell'azienda. Lupi ha detto che incontrerà i sindacati la prossima settimana insieme al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Eventuali sviluppi della vertenza sono legati anche a questo prossimo passaggio.
Con le banche la partita è ancora aperta. In particolare, Popolare di Sondrio e Mps si sono finora opposte al piano di sacrifici cui sembrano invece disponibili le due banche più esposte e anche azioniste di Alitalia, cioè Intesa Sanpaolo e Unicredit. Più volte le banche si sono incontrate, anche con il governo, senza arrivare a un'intesa. Anche su questo punto c'è da chiedersi: le banche cosa chiedono al governo come contropartita al sacrificio richiesto?
Finché non ci saranno intese formali su questi due punti, parlare di accordi tra Alitalia e Etihad è velleitario. Il negoziato finale per scrivere il contratto potrebbe durare un mese. Uno degli azionisti più interessati alla vicenda, Atlantia, perché oltre che di Alitalia è anche azionista di maggioranza di Aeroporti di Roma e Alitalia incide per il 45% sul traffico di Fiumicino, ha detto di recente con l'a.d. Giovanni Castellucci che l'accordo si dovrà concludere «per forza» entro luglio. Alitalia e Etihad hanno davanti un mese ancora molto caldo.
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domenica 22 giugno 2014
Lavoro in somministrazione fondamentale un testo unico
L'istituto della somministrazione di lavoro ha sostituito la precedente disciplina del lavoro interinale. La somministrazione di lavoro è un istituto simile, ma non uguale, al lavoro interinale.
La somministrazione di lavoro è definita dalla legge come il contratto avente oggetto la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine.
Nella somministrazione i soggetti coinvolti nel rapporto di lavoro sono tre:
il somministratore, un’agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro;
l’utilizzatore, un’impresa pubblica o privata;
il lavoratore.
Tra questi tre soggetti vengono stipulati due diversi contratti:
il contratto commerciale di somministrazione di lavoro, concluso tra l’Agenzia per il lavoro e l’impresa utilizzatrice;
il contratto di lavoro concluso tra l’agenzia per il lavoro ed il lavoratori
Non sono pochi i dubbi interpretativi che stanno guidando la prima fase d'attuazione del decreto lavoro. L'attenzione di operatori ed esperti si è concentrata sui problemi applicativi della nuova disciplina del contratto a termine e dell'apprendistato.
Non meno rilevanti sono i temi da approfondire rispetto alla somministrazione: un istituto centrale nel funzionamento di moderni mercati del lavoro incentrati su logiche di specializzazione produttiva e di cooperazione tra imprese, che tuttavia ancora non decolla per mancanza di visione e strategia di lungo periodo.
La riflessione sui nodi interpretativi può essere l'occasione per modernizzarne il quadro che dovrebbe regolare portando a definitiva attuazione il disegno avviato con il pacchetto Treu e perfezionato con la legge Biagi.
In effetti nel corso degli ultimi dieci anni il sistema normativo, le parti sociali e la giurisprudenza hanno troppo spesso confuso la somministrazione a tempo determinato e il lavoro a termine, finendo per nascondere la diversa funzione che svolgono questi strumenti contrattuali e le specificità che li caratterizzano.
Anche la contrattazione collettiva di settore ha faticato a recepire le aspettative di innovazione che uno strumento come la somministrazione genera nel mercato del lavoro, ma si è concentrata soprattutto nella ricerca di regole vincolanti e, in alcuni casi, eccessivamente burocratiche.
Un'occasione importante per invertire questo orientamento poteva essere colta con la direttiva comunitaria 104 del 2008, che ha dato centralità al lavoro tramite Agenzia, configurato come forma di flessibilità di assoluto valore per il mercato del lavoro; questa occasione, purtroppo, non è stata colta del tutto, in quanto l'ordinamento italiano ha dato un'attuazione limitata e incompleta ai principi della direttiva.
Anche lo staff leasing fatica ad essere compreso dal mercato del lavoro e dalle parti sociali, nonostante sia uno strumento utile per contrastare fenomeni di occupazione irregolare e, allo stesso tempo, modernizzare l'organizzazione del lavoro.
Una nuova occasione per riaprire la discussione sulle regole della somministrazione viene offerta dal progetto di riforma del mercato del lavoro presentato dal Governo Renzi, nella parte in cui ipotizza il riordino delle forme contrattuali di lavoro flessibile.
Per dare un contributo concreto a tale discussione, Adapt vuole aprire un confronto pubblico con uomini e donne d'azienda, operatori del mercato del lavoro, consulenti legali, ricercatori e cultori della materia che sono tutti invitati a unirsi a noi attraverso una piattaforma di cooperazione ad accesso riservato; altrettanto faremo con le parti sociali e con i soci di Adapt.
La raccolta dei pareri durerà sino al 30 settembre 2014, in modo da elaborare il testo definitivo in autunno: chi volesse contribuire al lavoro è pregato di inviare una mail di adesione a silvia.spattini@adapt.it.
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lunedì 16 giugno 2014
Bonus 80 euro: il panorama degli esclusi:: pensionati e non solo
Per chiarire chi sono gli esclusi dal beneficio. Oltre ai pensionati, restano fuori dall’agevolazione, i cosiddetti incapienti, ossia i contribuenti che hanno IRPEF pari a zero per effetto delle detrazioni; più esattamente, la norma dispone che il credito viene riconosciuto quando l’imposta lorda calcolata sui redditi che danno diritto al bonus supera la detrazione per lavoro dipendente, cioè la “no tax area”. Fortunatamente, non rilevano le eventuali detrazioni per carichi di famiglia e quelle per oneri (ad esempio, le spese mediche, gli interessi passivi sul mutuo,ecc.). Perciò, se non si paga IRPEF, ciò non vuol dire necessariamente che il bonus non spetta: se infatti l’imposta è azzerata non dalla detrazione per lavoro dipendente ma da altre detrazioni (per esempio, quella per il coniuge a carico), il credito spetta ugualmente.
Dal "bonus 80 euro" sono esclusi i pensionati, mentre i redditi determinati da forme di previdenza complementare rientrano tra quelli che danno diritto all'agevolazione. L'incongruenza, contenuta nel decreto legge 66/2014 che ha introdotto il bonus Irpef, viene evidenziata dalla circolare della Fondazione studi dei consulenti del lavoro dedicata al bonus. «Lascia perplessi – si legge nel documento – la circostanza che sono destinatari del credito anche coloro che siano titolari di una prestazione pensionistica di cui al Dlgs 124/1993 – anche senza necessariamente svolgere o aver svolto nel corso del 2014 un'attività di lavoro – atteso che per espressa volontà legislativa e politica sono stati esclusi dal credito i titolari di reddito da pensione in genere».
Dubbi anche in merito alla possibilità di poter richiedere il bonus se nel 2014 si ha un reddito da lavoro dipendente ma non si lavora, perché il decreto legge prevede che il reddito sia rapportato al periodo di impiego nell'anno. L'ipotesi riguarda, per esempio, chi ha perso il lavoro a dicembre 2013 e nel 2014 incassa l'indennità di disoccupazione (quindi ha un reddito ma non lavora). Ma si può trovare in questa situazione anche chi incassa un risarcimento stabilito dal giudice nell'ambito di una controversia in materia di lavoro, ma quest'anno non ha impiego.
Secondo i consulenti del lavoro il dubbio a questo riguardo potrebbe essere risolto tenendo conto proprio dell'anomalia relativa ai pensionati.
Cioè se il bonus spetta al titolare di una prestazione di previdenza complementare che quindi non lavora, allora il «periodo di lavoro» a cui fa riferimento la norma non va inteso come periodo di svolgimento dell'attività ma di maturazione del reddito che dà diritto all'agevolazione.
Maggiore chiarezza, invece, si ha in merito alle voci che rientrano nella definizione di reddito complessivo, che non deve essere superiore a 26mila euro. Si considera l'importo determinato dalla somma di tutte le categorie di reddito indicate all'articolo 6 del Tuir, esclusi quelle soggette a tassazione separata, al netto dei contributi previdenziali obbligatori. Sono esclusi il reddito dell'abitazione principale e gli importi legati all'incremento di produttività.
Per quanto riguarda l'importo del bonus, secondo la circolare i sostituti d'imposta devono calcolarlo su base giornaliera. Quindi per chi ha diritto all'importo massimo di 640 euro da suddividere negli stipendi da maggio a dicembre, l'agevolazione oscillerà tra i 78,77 euro per i mesi con 30 giorni e gli 80,98 euro per i mesi con 31 giorni. Per un contratto a termine con scadenza il 31 ottobre, invece, il bonus complessivo è di 533,04 euro (640:365 moltiplicato per 304 giorni), che sarà suddiviso nei mesi da maggio a ottobre.
Gli importi sono anticipati, per conto dell'amministrazione, dal sostituto d'imposta che poi li recupera compensando con le ritenute e, nel caso, i contributi previdenziali.
Secondo i consulenti del lavoro, poiché il Dl fa riferimento alle ritenute disponibili in ciascun periodo di paga, si devono utilizzare solo le ritenute di lavoro dipendente e assimilato correnti determinate nello stesso mese in cui viene calcolato il bonus, comprese quelle operate su redditi arretrati e corrisposti nello stesso periodo di paga.
A fronte di incapienza delle ritenute, si possono utilizzare i contributi previdenziali previsti per il medesimo periodo di paga. A questo riguardo viene evidenziato che a fronte della differente determinazione degli importi tra fisco e previdenza, i bonus di maggio potranno essere compensati con i contributi da versare entro il 16 giugno e così via nei mesi successivi.
È bene tener presente che i sostituti d’imposta sono tenuti a riconoscere il bonus in via automatica sulla base delle informazioni in loro possesso. Chi non ha i presupposti per il riconoscimento del beneficio, ad esempio perché titolare di un reddito complessivo superiore a 26.000 euro derivante da ulteriori redditi, deve darne comunicazione al sostituto d’imposta e quest’ultimo recupererà le somme eventualmente già erogate (e non spettanti) dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale ha ricevuto la comunicazione da parte del lavoratore e, comunque, entro i termini delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto.
Se per qualche motivo ciò non dovesse accadere, l’interessato dovrà restituire il bonus in sede di dichiarazione dei redditi.
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Si fondono Perseo e Sirio i fondi del pubblico impiego
L'unione crea la forza, anche nel settore della previdenza complementare pubblica. Infatti, i dirigenti di Sirio e Perseo, i due maggiori fondi pensione del pubblico impiego insieme a Espero, che hanno scelto di dare vita a un unico fondo di categoria dedicato ai lavoratori di Regioni, Enti locali, Sanità, Ministeri, Enac e Cnel: «Ci siamo resi conto che mantenere tre fondi pensione era anacronistico – spiega il direttore generale di Perseo, Maurizio Sarti – e abbiamo pensato di unificare tutto il mondo a contratto, ad eccezione dei lavoratori della scuola, dando ordine al panorama».
L'operazione vuole dare risposta all'esigenza di accrescere il patrimonio in gestione dei fondi, contenerne i costi per i lavoratori (12.290 gli associati di Perseo e 1920 quelli di Sirio) e aumentare la possibilità di diversificazione degli investimenti, con la conseguente minore esposizione al rischio finanziario: «Bisogna sempre essere attenti all'abbattimento dei costi – sottolinea Sarti – e la fusione, con l'allargamento della fascia associativa e l'aumento del patrimonio, permetterà di rendere l'adesione ancora più favorevole in termini di costi, anche considerando che la quota associativa attuale è di 16 euro per Perseo e 20 per Sirio, tra le più basse nel settore».
Fin qui, la strada non è stata semplice per i due fondi, ma i risultati sono in crescita e l'esperienza finora compiuta da Perseo e Sirio non è da buttare. Se la popolazione italiana che sceglie di costruire la propria pensione aderendo ai fondi negoziali rappresenta ancora oggi solo il 10%, quando si punta la lente sul pubblico impiego «le cifre sono ancora più basse e le difficoltà, soprattutto iniziali, sono state molte», ammette Sarti, ma il flusso delle adesione è più che raddoppiato tra gli ultimi mesi del 2013 e il primo scorcio del 2014. Il bicchiere sembra dunque mezzo pieno: «Abbiamo raggiunto un livello importante – evidenzia il direttore generale -, che ci consente di ben sperare per i prossimi mesi. Il nostro obiettivo è fare crescere ulteriormente le adesioni».
Complice l'incertezza occupazionale, il bisogno di reperire risorse aggiuntive per far fronte alle esigenze familiari e l'attesa economica negativa, la previdenza complementare nel nostro Paese agisce in un mercato di difficile penetrazione. In particolare, il destino dei prodotti previdenziali del pubblico impiego si è dovuto scontrare con una situazione di blocco dei rinnovi contrattuali e di progressiva contrazione delle risorse; sono stati gli stessi fondi di categoria a farsi promotori per la risoluzione di problematiche come il finanziamento della previdenza complementare contrattuale e la necessità di una maggiore informazione per ampliare la conoscenza nel settore. Gli ostacoli più rilevanti riguardano le differenze normative tra settore pubblico e privato, la bassa collaborazione da parte degli enti locali e la frammentazione territoriale: «La scarsità delle risorse – evidenzia Sarti – ha condizionato anche l'atteggiamento degli enti, che in alcune situazioni hanno posto delle barriere in entrata. Inoltre, la normativa fiscale tra settore pubblico e privato vede il primo destinatario di misure fiscali meno favorevoli di quelle in adozione per il secondo. Ciò comporta che, nel mercato pensionistico complementare, le forme non contrattuali presentino un vantaggio competitivo sotto il profilo fiscale e abbiano minori vincoli, come la trasformazione del trattamento di fine servizio in godimento in trattamento di fine rapporto, e il conferimento di quest'ultimo a fini previdenziali. Se si intervenisse sulla parificazione tra pubblico e privato, si aprirebbe una nuova stagione anche per il pubblico impiego».
Una nuova campagna di comunicazione e la fusione sono ora le armi in più per dare nuova linfa alla previdenza complementare pubblica e contrastare l'opinione comune che questa sia qualcosa di distante dalle esigenze dei dipendenti pubblici: «Lanceremo un messaggio nuovo, indirizzato ai più giovani, oggi sempre più scoraggiati in fatto di futura pensione – conclude Sarti -. La nostra situazione previdenziale non è così disastrosa come si pensa e il fondo pensione deve essere il nuovo strumento di rendita vitalizia».
“L’adesione ai fondi di previdenza complementare è fondamentale soprattutto per i giovani. Il rapporto fra la pensione e l’ultima retribuzione tenderà a diminuire dall’80% circa di oggi fino al 50-60%. Ciò significa che senza la previdenza complementare lo standard di vita di persone e famiglie, già messo a dura prova dalla crisi, potrebbe risultare compromesso. I fondi rappresentano dunque un’opportunità importante per assicurare ai dipendenti pubblici un reddito adeguato anche dopo l’uscita dal lavoro. Tutti i lavoratori, inoltre, indipendentemente dall’anzianità lavorativa, potranno trarre benefici non solo di natura contributiva ma anche fiscale dall’adesione volontaria al fondo, perché comporterà un obbligo contributivo ripartito fra amministrazioni e lavoratori”.
“Per questo – concludono le quattro organizzazioni di categoria –saremo sempre impegnati a portare avanti un’adeguata campagna informativa e di adesione rispetto ad una conquista che abbiamo conquistato con fatica e con la forza dell’ascolto delle esigenze dei lavoratori”.
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martedì 10 giugno 2014
Irpef sul bonus di 80 euro i molti dubbi sul decreto Renzi
La vicenda del bonus da 80 euro non trova tregua. Archiviata la fase della comparsa in busta paga e della delimitazione dei contribuenti che ne hanno diritto, spuntano i problemi applicativi e non solo. In base alla disciplina introdotta dal decreto legge Irpef – ricordiamo che ancora deve essere convertito - di fatto i datori di lavoro hanno anticipato una somma ai dipendenti in attesa di poterla recuperare compensandola con i debiti nei confronti dell'Erario.
Prima i tecnici del Senato, ora quelli della Camera. E poi banche, sindacati, Corte dei Conti: un bonus pieno di critiche.
Quindi nuovi dubbi dei tecnici del Parlamento sul decreto Irpef. I tecnici della Camera, dove il decreto è approdato, rilevano che i destinatari del bonus sono stati identificati in base ai redditi 2011, ma oggi la platea "potrebbe aver subito un cambiamento significativo"sia sul piano numerico sia dal punto di vista del reddito. E chiedono quindi chiarimenti, a partire dal "mancato utilizzo" di dati più aggiornati. Dubbi sulle coperture per il taglio dell'Irap e "criticità" sui risparmi attesi dalle partecipate. Inoltre ili rinvio del pagamento della Tasi non sarà neutrale per il bilancio dello Stato ma potrà "recare effetti finanziari.
Ecco le difficoltà: alcune superate in via interpretativa dall'Agenzia delle Entrate, come l'esclusione del limite di 700mila euro di compensazioni con il modello F24; ma altre lo saranno con le modifiche al decreto legge, che saranno operative comunque dopo il 16 giugno, scadenza degli F24. E poi c'è un pericolo: quello che vincoli troppo rigidi - per esempio quando un'azienda ha una cartella scaduta di importo superiore a 1.500 euro - impediscano il recupero di somme anticipate per conto dello Stato. Si spera che l'Agenzia delle Entrate farà di tutto per evitare questo scoglio.
In più ci sono i nuovi dubbi dei tecnici del Parlamento sul decreto Irpef sugli 80 euro in busta paga . Infatti, secondo i tecnici di Montecitorio, dove il decreto è appena arrivato, i destinatari del bonus sono stati identificati in base ai redditi 2011, ma oggi la platea «potrebbe aver subito un cambiamento significativo sia dal punto numerico sia dal punto di vista del reddito». Intanto è iniziato l'esame del decreto legge Irpef, nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. Il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato alle 12 del 11 giugno 2014. Il decreto, che dovrà essere approvato dal Parlamento entro il 23 giugno, è atteso in aula.
La platea dei soggetti interessati potrebbe aver subito un cambiamento significativo sia dal punto numerico sia, per altro verso, dal punto di vista del reddito di riferimento realizzato da ciascun soggetto. Infatti, se da un lato potrebbero risultare incrementati i soggetti cosiddetti incapienti o senza reddito di lavoro dipendente (riducendo quindi il numero dei beneficiari), dall'altro lato potrebbero rientrare nel beneficio soggetti che nel 2014 realizzano redditi inferiori rispetto a quelli del 2011.
La prima osservazione riguarda gli interessi sulle anticipazioni corrisposte ai Comuni che hanno optato per il rinvio della Tasi. «In proposito si segnala che, pur considerando che le somme erogate sono recuperate nel corso dell'anno, andrebbero prudenzialmente valutati gli effetti in termini di maggiori spese per interessi a carico del Bilancio dello Stato sulle quote corrisposte a titolo di anticipazione effetti finanziari». Inoltre, «tenuto conto che la normativa vigente prevede un limite massimo di aliquota Imu + Tasi, l'erogazione di una somma anticipata calcolata sulla base dell'aliquota ordinaria Tasi potrebbe risultare eccessiva nei Comuni che, pur non avendo deliberato in materia di Tasi, abbiano applicato elevate aliquote Imu e, conseguentemente, dovranno applicare aliquote Tasi ridotte».
Anche nel caso dell'Irap i tecnici del Dipartimento Bilancio e Finanze della Camera ricordano che la stima degli effetti finanziari è effettuata mediante modello di microsimulazione e, dunque, non è possibile procedere a una puntuale verifica della relativa quantificazione. Rilevano che la riduzione del gettito in termini di competenza (stimato in 2.059 mln annui) corrisponde a una quota inferiore al 10% (misura della riduzione introdotta dal dl in esame) del gettito Irap settore privato realizzato nel 2013 (24.813 mln). Sul punto chiedono chiarimenti sulle motivazioni legate alla differenza. «Andrebbero altresì fornite maggiori informazioni - proseguono i tecnici - in merito ai criteri adottati per l'estrapolazione al 2014 dei dati riferiti al 2011. Ciò con particolare riferimento all'andamento Irap del settore privato che, nonostante la crisi che ha interessato il periodo oggetto di estrapolazione, presenta un gettito crescente (23.962 mln nel 2011, 24.422 mln nel 2012 e 24.813 mln nel 2013)». Per quanto riguarda la determinazione del valore di Irap pagata deducibile ai fini Irpef/Irpef la relazione segnala «che il parametro utilizzato riferito al costo del lavoro (46,2%) non sembrerebbe considerare né il possibile effetto incapienza né la possibile complessiva diversa incidenza del peso del costo del lavoro da collegarsi, per un verso, all'andamento crescente della disoccupazione e per altro verso all'aumento della retribuzione netta per dipendente. Sul punto appare opportuno acquisire l'avviso del Governo». Ulteriori chiarimenti sono chiesti in merito ai criteri di quantificazione degli effetti di cassa per l'anno 2014.
Eppure più che un bonus sta diventando un problema. Non per la misura in sé, ma per la pioggia di critiche e bocciature che sono arrivate. Nella lista dei avversi non può non essere annoverata la Corte dei Conti che, nel rapporto 2014 sulla finanza pubblica, ha definito il bonus da 80 euro "un surrogato" e che ha spiegato come misure di questo tipo siano "all’origine di un sistematico svuotamento della base imponibile dell’Irpef finendo per intaccare la portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta" e "allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno equo e strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere tributario".
Un'altra stroncatura alle intenzioni e agli annunci di Renzi è arrivata poi dal suo stesso ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, in merito all'estensione del bonus alle famiglie monoreddito con figli a carico. Non ci sono le coperture.
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venerdì 6 giugno 2014
Alitalia, da cda mandato ai vertici a chiudere con Etihad
I consiglieri di Alitalia hanno espresso apprezzamento per la proposta di ingresso nel capitale inviata dalla compagnia emiratina Etihad, ed hanno dato mandato al presidente, Roberto Colaninno e all'Ad Gabriele Del Torchio per arrivare alla stesura finale dell'accordo.
Il cda di Alitalia ha «espresso apprezzamento per la proposta di Etihad e ha delegato il presidente e l'ad a proseguire le trattative finalizzate alla stesura di un accordo definitivo con la compagnia emiratina». Lo si legge nella nota al termine del cda iniziato a mezzogiorno e concluso interno alle 16. Cinque ore di colloqui per dare il disco verde al rush finale nella trattativa con la compagnia degli Emirati arabi. E' questo il mandato conferito dal board della compagnia al presidente Roberto Colaninno e l'ad Gabriele Del Torchio. Il consiglio di amministrazione «ha altresì preso atto della lettera inviata da Etihad all'Airways ed esaminato il contenuto della proposta» ed ha fissato per il 29 giugno in prima convocazione, e per il 25 luglio in seconda, l'assemblea dei soci in sede ordinaria, per l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 2013. L'azienda convoca i sindacati per il 12 giugno.
Il presidente del collegio sindacale di Alitalia Tommaso Di Tanno ha confermato che la trattativa con le banche «è ancora in corso»uscendo dalla riunione del cda ai giornalisti che chiedevano se la trattativa con le banche sul nodo del debito fosse ancora aperta, dopo l'incontro di ieri a Palazzo Chigi,
Al 31 marzo 2014 l'esposizione del Montepaschi di Siena verso Alitalia ammonta a 93,3 milioni di euro. È quanto emerge dal prospetto informativo per l'aumento di capitale della banca, in cui si precisa che di questa somma 63,4 milioni si riferiscono a operazioni di natura auto-liquidabili (tra cui factoring e anticipi a fronte flussi biglietterie estere).
Il documento ricorda poi che nell'ambito delle iniziative avviate per il rilancio di Alitalia, «quest'ultima ha in corso una trattativa finalizzata alla sua integrazione con la compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti (Etihad). Secondo quanto a conoscenza della Banca. Tra le condizioni poste dal potenziale partner al fine di realizzare tale operazione, rientra anche una ridefinizione dell'indebitamento bancario di Alitalia».
Alla Data del Prospetto le trattative tra Alitalia e le banche creditrici (tra cui Bmps) sono in una fase preliminare e, pertanto, non sono stati ancora condivisi i termini e le condizioni di una eventuale rinegoziazione di tale indebitamento
Nel giorno del Cda di Alitalia chiamato a dare il via libera alla fusione con Etihad, torna a farsi sentire Lufthansa. Martin Riecken, direttore della comunicazione della compagnia tedesca, interpellato dal quotidiano online Affaritaliani.it, ha affermato: «Su questa operazione abbiamo già ripetuto molte volte la nostra posizione. Ci auguriamo e siamo sicuri che la Commissione europea esaminerà con molta attenzione questo merger. Ci fidiamo che il faro di Bruxelles sia preciso e puntuale. Per il momento non abbiamo preso alcuna iniziativa, ma, a secondo di come evolverà la situazione, non è escluso che Lufthansa decisa azioni concrete presso la Commissione Ue in merito all'operazione Alitalia-Etihad».
È previsto per giovedì prossimo, 12 giugno, a Roma un incontro fra il vice presidente della Commissione europea e commissario ai Trasporti, Siim Kallas, con il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. È quanto emerge dal calendario della Commissione Ue per la prossima settimana. Due giorni fa Lupi a Bruxelles ha incontrato in Commissione lo stesso Kallas e il responsabile Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, per discutere sulla trattativa fra Alitalia ed Etihad.
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martedì 3 giugno 2014
Bonus famiglie: secondo Antonio D'Alì estensione bonus a famiglie monoreddito ci sarà
Il bonus di 80 euro sarà esteso alle famiglie monoreddito con figli a carico. Per l'estensione del bonus Irpef alle famiglie monoreddito con figli, ha spiegato co-relatore sul provvedimento, in vista della riunione in serata con il Governo proprio per sciogliere il nodo dell'estenzione del bonus, «si sta ragionando su un plafond di 60-70 milioni di euro» per la copertura. D'Alì ha poi confermato che l'estensione «ci sarà». Non si dovrebbe invece toccare il taglio all'Irap che resterebbe del 10 per cento.
D'Alì spiega che la cifra per estendere il bonus sarebbe un pò inferiore rispetto ai circa 90 milioni ipotizzati: ''si sta ragionando su un plafond di 60-70 milioni di euro''. In ogni caso la somma ipotizzata permetterà di realizzare ''l'80% di quanto proposto da Ncd e di venire incontro alle fasce di famiglie monoreddito con figli a carico con una scalettatura secondo le risorse disponibili''.
Detto questo, l'esame del Dl slitta nell'Aula del Senato. Le commissioni Bilancio e Finanze, infatti, non hanno ancora completato l'esame del provvedimento e il presidente della commissione Bilancio Antonio Azzollini ha chiesto di poter aggiornare i lavori dell'Aula a domani mattina visto che "sicuramente l'esame del testo sarà concluso in commissione entro stasera".
Ad ogni modo si è registrato il via libera delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato ad un emendamento al decreto Irpef del M5S per rendere più trasparenti le società pubbliche. Si prevede infatti che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato dovranno pubblicare sul proprio sito internet i dati completi relativi ai compensi percepiti da ciascun componente del consiglio di amministrazione in qualità di componente di organi di società o fondi controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse.
Sono stati poi riammessi alla rateizzazione del fisco (Equitalia) i contribuenti decaduti dal beneficio per non aver pagato due rate. La nuova rateizzazione sarà per massimo 72 rate. Per richiedere le rate va presentata domanda entro luglio. verranno riammessi alla rateizzazione i contribuenti decaduti dal beneficio per non aver pagato due rate. La nuova rateizzazione sarà per massimo 72 rate (meno dunque delle attuali 120 previste). Per richiedere le rate va presentata domanda entro il prossimo 31 luglio e riguarda benefici persi entro il 22 giugno 2013. Novità anche per i gestori degli stabilimenti balneari: ok all’emendamento di Salvatore Tomaselli (Pd), che proroga il pagamento dei canoni delle concessioni demaniali marittime al 15 settembre. Slitta anche (dal 15 maggio al 15 ottobre 2014) il termine per il riordino dell’intera materia.
Il ministro Padoan rassicura sulle coperture e sul debito. L’imperativo è crescere, dice davanti alla stampa estera il giorno dopo le raccomandazioni Ue. Anche perché la ripresa è «molto debole» e resta indispensabile ridurre il fardello del debito pubblico più alto d’Europa, partendo con il dispiegamento del piano di privatizzazioni che dovrebbe portare alla causa circa 10 miliardi di euro, lo 0,7% del Pil.
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lunedì 2 giugno 2014
Etihad, accordo con Alitalia investimenti per 600 mln
In attesa dell’ atto finale dell’accordo, Alitalia ed Etihad esordiscono con il primo comunicato commerciale di prodotto congiunto lanciando il programma turistico di tariffe agevolate "Italiani nel Mondo" ("Made of Italians") 2015, pensato in occasione dell'Expo di Milano del prossimo anno. Il programma viene presentato simultaneamente in 14 ambasciate e consolati in occasione della festa della Repubblica.
"Siamo lieti di poter andare avanti con questa operazione e confidiamo di raggiungere la positiva conclusione della transazione proposta ad Alitalia": le parole del numero uno di Etihad, James Hogan, hanno segnato la svolta positiva che era attesa nella trattativa con Alitalia. La compagnia di Abu Dhabi ha così dato il via libera alla struttura dell'operazione, ed il sì a passare al rush finale della trattativa per l'ultima messa a punto dell'operazione. Un passaggio in cui, con la lettera di risposta attesa da quando il 15 maggio Alitalia aveva mandato ad Abu Dhabi l'ultima proposta, la compagnia emiratina fissa "le condizioni e i criteri" per l'investimento, quindi segna la strada per le limature e gli ultimi nodi da sciogliere. Dagli Emirati c'è la disponibilità ad un investimento intorno ai 600 milioni di euro, preannuncia il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che sottolinea l'importanza del passaggio ("un giorno importante, direi decisivo"), esclude che il progetto possa portare ad una bad company e avverte: "Adesso ognuno si faccia carico delle sue responsabilità". In gioco, tra i principali nodi da sciogliere, le banche azioniste-creditrici di Alitalia ("per l'accordo sul debito che Abu Dhabi chiede di cancellare: una trattativa che potrebbe portare in parte ad una conversione in quote azionarie), ed i sindacati e lo stesso governo (per la partita su 2.600-3mila esuberi e gli ammortizzatori sociali). L'attesa è per i contenuti della lettera di Etihad, base per la trattativa finale per l'ingresso in Alitalia con una quota intorno al 49% (un passo sotto lo stop Ue agli operatori stranieri): ci vorrà circa un mese per la messa a punto definitiva, prevedono gli addetti ai lavori.
Resta ancora tutta da giocare la partita sugli esuberi che oscillano tra le 3 mila e le 2.600 unità. Se infatti la Cgil evita di commentare, in attesa di conoscere i numeri reali dell'operazione, il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mette subito in chiaro che e' ancora prematuro parlare di esuberi''. ''L'accordo con la compagnia araba - sottolinea Bonanni - apre una prospettiva importante per Alitalia, soprattutto sul piano intercontinentale. Se ci sara', finalmente, questo nuovo piano di sviluppo che noi auspichiamo da tempo, non ci saranno esuberi e potranno essere riassorbiti via via tutti i lavoratori. Ma e' chiaro che ora dobbiamo venirci tutti incontro: governo, compagnia e sindacati''. Per il leader della Cisl ''bisogna costruire una azienda solida che salvaguardi anche l'indotto. E' sbagliato parlare subito di esuberi. Non bisogna fare terrorismo sulla pelle dei lavoratori''. Anche dal segretario generale della Uilt, Claudio Tarlazzi, arriva un invito alla cautela. ''Mantenere grande cautela per quanto riguarda gli esuberi previsti dall'accordo - afferma il sindacalista -, innanzitutto bisognerà analizzare il piano industriale per il risanamento e lo sviluppo dell'Azienda e in tale contesto dovrà essere fatta un'attenta analisi sulla dimensione degli organici in relazione al piano industriale e solo a valle di tale analisi si potrà comprendere la dimensione degli eventuali esuberi''. ''Rivendichiamo - conclude Tarlazzi - che in una fase così delicata, riguardante tanti posti di lavoro - conclude Tarlazzi -, si concretizzi quanto finora annunciato, servono tutele. Il sindacato ha finora dimostrato senso di responsabilità e continuerà fino al buon esito, ci auguriamo, dell'accordo''. A smorzare i toni interviene il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, rassicurando che ''si troverà sicuramente un compromesso sugli esuberi, anche grazie alla responsabilità dei sindacati e all'impegno del governo su questo fronte''. Resta ora da capire quando saranno convocati i sindacati. Evidentemente ci sarà un doppio passaggio: una prima convocazione da parte dell'Alitalia e un passaggio finale con il Governo che dovrà garantire le tutele agli eventuali esuberi. Intanto per venerdì prossimo dovrebbe riunirsi il Cda dell'Alitalia per una prima valutazione delle condizioni di Etihad, ma le due compagnie già si preparano a lanciare offerte commerciali integrate nell'ambito del programma turistico ''Italiani nel Mondo'' 2015 per l'Expo in programma l'anno prossimo, offrendo tariffe promozionali comuni.
Ora si dovrebbe aprire un percorso che durerà ancora qualche settimana, circa un mese, per scrivere l’intesa in ogni dettaglio e arrivare al varo finale e definitivo dell’operazione. La trattativa «sta andando avanti, stiamo facendo progressi», diceva nei giorni scorsi il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Lunedì scorso il board della compagnia aerea di Abu Dhabi si è riunito approvando la cornice dell’accordo sul modello della newco in cui dagli Emirati sono pronti a investire circa 500 milioni (per il ministro Lupi 600) per una quota tra il 40 ed il 49%, restando un passo sotto i vincoli europei all’ingresso di operatori stranieri.
Il nodo della gestione esuberi, richiederà un doppio passaggio: una intesa sindacale, e l’intervento del Governo sul fronte degli ammortizzatori sociali da mettere in campo. Per quanto di competenza dell’esecutivo appare come un percorso in discesa; il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è stato chiaro: solo quando sarà noto il progetto, e quindi solo quando saranno chiari i numeri dell’impatto occupazionale, il governo valuterà come intervenire, ma lo farà sicuramente come è stato «sempre fatto per tutte le imprese». La stessa posizione era stata espressa da Maurizio Lupi: vediamo l’accordo, valutiamo il piano industriale, poi si vedrà il tema dell’occupazione insieme al ministro Poletti.
Altro punto chiave, il punto forse più delicato, l’intesa finale con le banche azioniste e creditrici: Etihad vorrebbe che il debito da 560 milioni restasse fuori dalla newco, sulle spalle degli attuali soci, cancellato. Le banche sarebbero disposte a farlo solo in parte, ed ad andare comunque incontro alle richieste di Etihad per una diversa strada, la conversione della quota restante, intorno ai due terzi del debito, in quote azionarie della nuova società da creare con il vettore emiratino.
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