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sabato 13 agosto 2016

Riforma pensioni: requisiti per l'anticipo e sistema contributivo puro



L’anticipo pensionistico - APE, prevede  la possibilità di pensione  di vecchiaia anticipata  al massimo  di tre anni . Nel caso il  primo anno di applicazione fosse effettivamente il 2017,  essa interesserà

i nati dal 1.6.1951 al 31.5.1952  a cui mancano a 1 anno e un mese a 2 anni per la pensione .

i nati dal 1.6 1952 al 31.12. 1953  a cui mancano da 2 anni e 5 mesi a 3 anni per la pensione di vecchiaia.

Per questi soggetti le indiscrezioni parlavano di  una  penalizzazione  pari al  2 o 3% , per ogni anno di anticipo,   da applicare sugli assegni di pensione fino al triplo della pensione minima  mentre su quelli più alti (cioè oltre 1500 euro )  si ipotizzava  ad una aliquota del 7-8%.

Queste aliquote vanno applicate alla quota retributiva maturata:

fino al 31.12.1995 (per chi a quella data aveva meno di 18 anni di contributi) oppure

fino al 2011 (per chi a fine 1995 aveva più di 18 anni di contributi).

Il punto di partenza di questa proposta era il disegno di legge del 2013  dell’on. C. Damiano (ddl 857 d) ex Ministro del lavoro, che prevedeva la possibilità di concordare l'età di uscita dal mondo del lavoro (pensione flessibile) ed  anche di abbassare a 41 anni i requisiti contributivi necessari per uscire , indipendentemente dall'età anagrafica .

Il costo di tali modifiche per il sistema previdenziale sarebbe però pari a 8,5 miliardi di euro.

Il disegno di legge n.  2233/2/11  affronta lo spinoso problema della riforma previdenziale dando atto della situazione in cui si verranno a trovare molti lavoratori, soprattutto quelli iscritti alla gestione separata, a cui si applicherà quando andranno in pensione il sistema contributivo puro.

Gli interventi  che il Governo si appresta ad emanare tendono a:

a) assicurare la piena portabilità del credito pensionistico in altre gestioni;

b) operare una revisione delle modalità di rivalutazione del montante pensionistico, in modo da renderlo effettivamente premiante;

 c) prevedere la possibilità di riscattare gli anni lavorati quando non esisteva un obbligo contributivo e gli anni di laurea;

 d) prevedere concrete misure di incentivazione alla previdenza complementare.

Con la legge 335/1995  che ha introdotto il sistema contributo la previdenza ha cambiato volto, riducendo drasticamente le prospettive pensionistiche dei lavoratori.

Gli iscritti alla gestione separata , lavoratori autonomi e parasubordinati, sono stati i primi ad essere interessati a questo passaggio al sistema contributivo puro.

Tuttavia oggi pur parlando spesso di pensioni viene sempre posta l’attenzione sui pensionati e sui pensionandi con sistema retributivo evitando accuratamente di parlare della povertà e delle penalizzazioni che produrrà il sistema contributivo puro quando sarà a regime.

Il governo ritiene che “ È invece urgente intervenire subito per evitare l'esplosione di una bomba sociale, quando arriveranno le prime consistenti coorti di pensionati contributivi puri” intervenendo nel sistema per superare alcune gravi carenze del sistema contributivo,  e in particolare:

La garanzia per tutti i lavoratori con 15-20 anni di versamenti in qualunque gestione previdenziale di una pensione minima

Intervenire con meccanismi solidaristici a favore di chi ha sperimentato percorsi lavorativi non continuativi, a causa di difficoltà occupazionali o personali

incentivare l'investimento pensionistico, attualmente molto poco conveniente;

incentivare il secondo pilastro previdenziale, che  sarà necessario per compensare la caduta del reddito che si presenterà al momento di andare in pensione.




Riforma pensioni: i requisiti per la pensione anticipata






Torna, a partire dal 2018, la penalizzazione sull'assegno previdenziale per i lavoratori che escono in anticipo dal mondo del lavoro, ovvero con meno di 62 anni di età. Per i lavoratori che maturino i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, invece, non sono previste penalizzazioni anche se la prestazione previdenziale ha decorrenza successiva a tale data.

Il meccanismo di cui si discute prevede un anticipo pensionistico, APE, per ritirarsi fino a tre anni prima della pensione di vecchiaia (quindi, a 63 anni e sette mesi): il lavoratore percepisce un trattamento che restituirà poi con la pensione. L’anticipo pensionistico è finanziato dalle banche, che vengono coperte dal rischio (ad esempio, di decesso del pensionato prima della fine della restituzione del prestito, che tendenzialmente avviene in 20 anni), attraverso un’assicurazione (non si prevede intervento pubblico). Si discute in particolare sulla decurtazione della pensione, intorno al 2% per ogni anno di anticipo. Si pensa anche a un meccanismo che consenta di diminuire l’importo del prestito pensionistico riscattando periodi versati alla previdenza complementare. Sono poi previste regole diverse per i disoccupati (anch’essi beneficiari di un trattamento che li accompagni alla pensione, ma a carico dello stato).

La legge 214 2011 (Monti - Fornero) ha aumentato gradualmente  l’età pensionabile agganciandola alla speranza di vita e  prevedendo di arrivare a 70 anni nel 2050 con un minimo di 20 anni di contributi; di conseguenza  ha modificato  il requisito  contributivo per la pensione di vecchiaia  anticipata:

Nel 2016 ,con il sistema di calcolo misto retributivo-contributivo è pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini , e 41 anni e 10 mesi per le donne. Esso  continuerà ad aumentare arrivando nel 2050 a 46 anni e tre mesi per gli uomini e 45 e 3 mesi per le donne.

Per chi applica il sistema contributivo (ossia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1.1.1996 ) si può optare per la pensione , con gli stessi requisiti oppure  con   età non inferiore a 63 anni e 7 mesi e un assegno pensionistico  non inferiore a 2,8 volte la pensione minima  (oggi circa 1250 euro).

Per far fronte agli inevitabili maggiori costi  sulla finanza pubblica al Ministero del lavoro è stata messa a punto  una soluzione che coinvolge gli istituti bancari e le assicurazioni   chiamata  prestito pensionistico, anch'essa figlia di una proposta di parlamentari democratici . In origine il  progetto consisteva in un sostegno economico esclusivamente per i lavoratori disoccupati in condizioni  di bisogno e di età prossima alla pensione  che non possono più contare sulle indennità di disoccupazione attualmente in vigore.

Nell'incontro con i sindacati del 14 giugno 2016  il Ministro Poletti ha confermato che è proprio questa la via che il Governo intenderebbe percorrere  per garantire la flessibilità in uscita  limitando al massimo i costi per lo Stato  .  Si tratta dell'  anticipo pensionistico  affiancato dal prestito previdenziale  ventennale;  in pratica il lavoratore  che esce in anticipo percepisce si la pensione  dall'INPS ma  deve  contemporaneamente restituire la rata di mutuo stipulato dall'INPS con gli istituti di credito,   per cui l'assegno sarà comunque decurtato.

Si parla di un incidenza che potrebbe arrivare al 15% per gli assegni più alti, o forse , per i lavoratori che scelgono volontariamente l'uscita dal mondo del lavoro. Questo sistema consente di limitare i costi per le casse dello Stato a 500-600 milioni di euro.

Sono allo studio però i sistemi per limitare al massimo l'incidenza dei costi finanziari , grazie ad agevolazioni e interventi statali, riservati a:

i lavoratori in difficoltà  come i disoccupati di lungo periodo e prossimi alla pensione;

le donne e

i soggetti che svolgono lavoro usurante.

Chi non rientra in queste categorie ma, avendo i requisiti anagrafici e contributivi visti sopra,  sceglie di uscire prima volontariamente, potrebbe essere maggiormente penalizzato dal costo del prestito .

Il Ministero del lavoro ha annunciato per l'ultima settimana di giugno 2016, due ulteriori incontri con i sindacati per individuare appunto  le fasce di lavoratori e i  requisiti per le agevolazioni finanziarie  che rendano accettabile il meccanismo dell'APE ad un pubblico più ampio .

Va ricordato comunque che la misura  allo studio , è sperimentale.




martedì 2 agosto 2016

Riforma pensioni: le misure dal 2017



Parliamo dei possibili mutamenti che potrebbero essere introdotti con la prossima legge di stabilità 2017 e che riguarda la Riforma delle Pensioni 2017, come sappiamo il cantiere delle Pensioni è sempre aperto e non chiude mai, infatti Governo e Sindacati s’incontrano quasi tutti i giorni per mettere a punto la manovra sulle pensioni del prossimo anno, da questi incontri qualcosa filtra e in questo proponiamo una panoramica generale su tutti i temi che sono oggetto di dibattito e che subiranno con tutta probabilità delle modifiche.

Le Casse previdenziali, oggetto negli ultimi tempi di grossi scandali che mettono a rischio i diritti degli iscritti e la speranza di una pensione adeguata;  si affronta poi  la materia delle pensioni con il sistema contributivo puro  che ancora non è ben chiaro a nessuno.

Si parla infatti sempre dei pensionati o dei pensionandi che godono ancora di un sistema misto retributivo-contributivo, ma  poco si parla dei futuri pensionati che rientrano nel sistema contributivo puro al 100%  e ci si guarda bene dal quantificare le pensioni che spetteranno a questi poveri sfortunati. Sfortunati mi sembra la parola giusta, perché questi poveri-pensionati saranno quelli chiamati a pagare l’allegra gestione del sistema pensionistico degli ultimi 30-40 anni.

La Riforma delle pensioni è un argomento fondamentale per tutti i governi ed è sempre stato uno dei temi più salienti sui quali si sta discute.

anticipo di pensione con prestito APE

Casse previdenziali;
Opzione Donna;
blocco speranza di vita;
bonus lavoratori precoci;
ricongiunzione contributi;
perequazione pensioni;
lavori usuranti.

Questa è il quadro che si dovrebbe risolvere con la riforma delle pensioni e la legge di stabilità 2017.

L’APE è una delle proposte maggiormente discusse, il Governo vorrebbe consentire a coloro che intendono lasciare il mondo del Lavoro con qualche anno di anticipo di poterlo fare con un prestito che andrebbe a pagare la loro pensione mensile fino al raggiungimento della normale età pensionabile, questo prestito verrebbe concesso dalle banche in cooperazione con le Assicurazioni che dovrebbero garantire il pagamento del prestito in caso di morte prematura.

Il pensionato dovrebbe quindi stipulare un prestito con una banca convenzionata e restituirlo (con gli interessi) spalmato in 20 anni, per cui ogni mese dall’assegno di pensione verrebbe decurtata la rata relativa al prestito, in questo articolo abbiamo trattato l’argomento in maniera approfondita, evidenziando tutti i lati negativi della proposta.

Si sta pensando di bloccare questa continua affannosa rincorsa verso la pensione, le proposte fatte al momento vogliono bloccare l’età pensionabile a 66 anni e 7 mesi fino al 2020 poi dal 2021 verrà aumentata l’età a 67 senza apportare ulteriori modifiche.

Si parla poi di un Bonus per quei lavoratori precoci che hanno maturato 41 anni di contributi anziché 43 anni di contributi ed infine tra le varie proposte in cantiere c’è quella di eliminare la ricongiunzione a pagamento e facciamo un cumulo gratuito senza alcuna limitazione.

Opzione Donna (pensione anticipata per le lavoratrici a 58 anni), Per le donne dipendenti che hanno maturato 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi (58 anni e 3 mesi per le autonome) entro il 2015, è ancora aperta l'opzione donna, cioè la possibilità di andare in pensione trascorsi la finestra mobile o anche successivamente a fronte però del calcolo dell'assegno con il metodo contributivo che comporta in media una penalizzazione del 25-30% rispetto al sistema misto a cui avrebbero diritto.

Infine c’è il capitolo della perequazione della pensione che interessa tutti i pensionati, un punto dolente poiché sono anni che le pensioni perdono il loro potere di acquisto in continuazione, per questo sono al vaglio alcune novità che potrebbero entrare in vigore dal 2017, tra cui il ritorno all’antico e rivalutando al 100% tutte le pensioni fino a 1.500 € al mese, al 90% dal 1.500 a 2.000 € al mese e il 75% per quelle pensioni che vanno dai 2.500 € in su al mese.

Poi c’è la questione dei Lavori usuranti, nello specifico si sta cercando di includere anche i lavoratori Edili, Macchinisti, Infermieri, ed altre categorie.

Vediamo come funziona e si articola la pensione anticipata.

In pensione anticipata, a tre anni dai requisiti pieni, con una decurtazione dell’assegno proporzionale al piano di rientro del prestito pensionistico (APE): durata 20 anni, taglio massimo 15%: tutti i dettagli del meccanismo, proposto dal Governo per la prossima Legge di Stabilità, sono stati spiegati ai sindacati nel corso del secondo tavolo sulla Riforma Pensioni 2017.

In particolare, è emerso che  il lavoratore interessato alla pensione anticipata APE non dovrà rapportarsi con banche o assicurazioni (finanziatori privati) ma continuerà ad avere come unico interlocutore l’INPS. E qui si registra sul fronte negoziale il primo passo avanti: nessuna critica sindacale nei confronti dell’intervento delle banche in questa forma di anticipo pensione.

Il meccanismo è il seguente: possono scegliere la pensione anticipata APE (anticipo pensionistico) i nati fra il ’51 e il ’55, quindi coloro a cui mancano al massimo tre anni al raggiungimento della pensione di vecchiaia. In pratica, l’opzione per la flessibilità in uscita sarà esercitabile da lavoratori con almeno 63 anni e 7 mesi (62 anni e 7 mesi per le donne del settore privato) a partire dal 1° gennaio 2017.

Riceveranno un trattamento fino al raggiungimento della pensione vera e propria, che poi restituiranno con ammortamento ventennale tramite decurtazione dell’assegno previdenziale. Gli interessi del prestito dovrebbero essere a carico dello Stato, almeno per le fasce più svantaggiate (es.: esodati…). E se il lavoratore muore prima di aver restituito il prestito pensionistico? In caso di decesso prima dei 20 anni di ammortamento agli eredi probabilmente non sarà richiesto nulla.

Il taglio massimo, nel caso di ritiro anticipato di tre anni, è quantificato tra il 2% e il 15%della pensione piena. Le variabili in gioco sono; periodo di anticipo, reddito e situazione lavorativa. E’ poi previsto un sistema di detrazioni fiscali che ammorbidisce o azzera (ad esempio per i disoccupati) la decurtazione dell’assegno. Ricordiamo che per categorie di lavoratori particolarmente disagiate, come i disoccupati di lunga durata, la Riforma Pensioni prevede un prestito non finanziato dalle banche ma dallo Stato.

Esempio
Il lavoratore con i requisiti anagrafici verifica l’ammontare dei contributi versati fino a quel momento e chiede, tramite l’INPS, un prestito bancario: otterrà, come anticipo sulla pensione, una somma corrispondente al proprio reddito per gli anni che lo separano dalla pensione vera e propria (devono essere massimo 3). Se per esempio gli manca il 70%, dopo tre anni dovrà restituire un debito pari a 2,1 volte il trattamento annuale, da restituire in 20 anni dovrà versando una rata pari al 10,5% della pensione. Il caso peggiore sarebbe quello in cui gli mancasse il 100% della futura pensione, nel qual caso subirebbe poi una decurtazione del 15% (che corrisponderebbe alla rata da versare per estinguere il debito).

Come si calcola
Tecnicamente, il montante pensionistico su cui si calcola la pensione sarà quello raggiunto alla richiesta di anticipo (quindi, si perdono i tre anni di contribuzione corrispondenti al pensionamento anticipato), mentre il coefficiente di trasformazione è quello relativo al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Il trattamento è frutto di un finanziamento bancario erogato dall’INPS, che funziona come front-office dell’APE. E’ previsto un contratto di assicurazione sul prestito - che copre ad esempio il rischio di decesso del pensionato prima dei 20 anni di ammortamento - senza costi per il pensionato, al quale non possono essere chieste garanzie reali (es.: sulla casa di proprietà).



giovedì 28 luglio 2016

Part-time agevolato: le istruzioni INPS



L’INPS ha fornito le istruzioni per la fruizione dei benefici introdotti dall’art. 1, comma 284, della legge 208/2015, a favore dei lavoratori dipendenti a tempo pieno ed indeterminato del settore privato che maturano il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018 e che concordano con il datore di lavoro la riduzione, in misura compresa fra il 40 e il 60 per cento, dell’orario del rapporto di lavoro. L’accesso al beneficio comporta, per il lavoratore, il riconoscimento della contribuzione figurativa previdenziale (a carico della finanza pubblica) commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata. Il predetto beneficio è riconosciuto entro l’ammontare massimo di 60 milioni di euro per l’anno 2016, 120 milioni di euro per l’anno 2017 e 60 milioni di euro per l’anno 2018.

I lavoratori interessati sono tutti i dipendenti con contratto a tempo pieno e indeterminato del settore privato (incluso i dipendenti degli enti pubblici economici), iscritti sia in Inps che in altre gestioni assicurative compreso la gestione ex Inpdap, in possesso del requisito contributivo di 20 anni al momento del rilascio della certificazione e che raggiungano, entro il 31 dicembre 2018, l’età pensionabile prevista per il pensionamento di vecchiaia (66 anni e 7 mesi).

Restano, invece, esclusi i lavoratori delle pubbliche amministrazioni in senso stretto (articolo 1 comma 2 Dlgs 165/2001) e quelli che oltre al rapporto di lavoro oggetto di trasformazione svolgono altra attività lavorativa (sia subordinata che autonoma) da cui consegue l’obbligo di versamento di contribuzione in qualsiasi gestione previdenziale compresa la gestione separata dell’Inps.

Sono incompatibili con la nuova disciplina i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, il lavoro domestico, il lavoro intermittente, il lavoro a domicilio. Mentre possono stipulare l’accordo coloro che lavorano con un contratto di somministrazione o di lavoro agricolo.

Per accedere al part time agevolato è irrilevante se il lavoratore sia già titolare di un trattamento pensionistico, purché la richiesta riguardi un percorso lavorativo distinto e, per quest’ultimo, egli sia in possesso del requisito di almeno 20 anni di contributi (diversi dunque da quelli che hanno dato diritto al trattamento pensionistico).

L’Inps ha precisato che il perfezionamento del diritto alla pensione anticipata successivamente al riconoscimento del diritto al part time agevolato non comporta di per sé la decadenza dal beneficio; mentre il conseguimento della pensione anticipata successivamente al riconoscimento del diritto al part time agevolato comporta la decadenza.

Il primo passaggio essenziale della procedura amministrativa è la domanda di rilascio della certificazione Inps utile ad attestare il possesso dei requisiti. Non è previsto alcun termine entro cui l’Inps deve rilasciare tale certificazione.



sabato 25 giugno 2016

Riforma pensioni: pensione anticipata torna la penalizzazione



Torna, a partire dal 2018, la penalizzazione sull'assegno previdenziale per i lavoratori che escono in anticipo dal mondo del lavoro, ovvero con meno di 62 anni di età. Per i lavoratori che maturino i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, invece, non sono previste penalizzazioni anche se la prestazione previdenziale ha decorrenza successiva a tale data.

L’Anticipo pensionistico o l’Ape, la misura che dovrebbe garantire maggiore flessibilità in uscita ai lavoratori, e allo studio del governo e dei sindacati e rappresenta, al momento, una delle misure per smussare la rigidità della riforma Fornero e  sarà disponibile per tutti i lavoratori, sia autonomi che dipendenti, sia privati che statali. E’ quanto afferma il ministro Poletti intervenendo in ambito riforma pensioni. . A partire dal prossimo anno, quindi, potrebbe partire il progetto sperimentale dell’Ape, una sperimentazione che durerà soltanto 3 anni, fino al 2019 e che coinvolgerò i lavoratori nati tra il 1951 e il 1953,

La Legge di Stabilità 2015 (articolo 1, comma 113 della legge 190/2014) aveva infatti previsto un congelamento della decurtazione sulla pensione anticipata , introdotta della Riforma del 2011 Monti-Fornero, ma solo fino al 31 dicembre 2017. Così, dall’1 gennaio 2015, è stata eliminata per coloro che maturano il requisito contributivo pieno entro la fine del 2017 la decurtazione alla pensione anticipata, che era stata prevista dalla Riforma delle Pensioni Fornero, pari all’1% per ogni anno di anticipo rispetto all’età minima di 62 anni e del 2% per ogni anno prima dei 60 anni.

Per ora non sono in vista nuove proroghe alla misura temporanea che era stata pensata per compensare, almeno in parte il taglio delle quote retributive dell’assegno per i lavoratori che accedono alla pensione con la massima anzianità contributiva – 42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne – prima dei 62 anni di età.

Dunque, a meno di nuovi interventi normativi, dal 1° gennaio 2018 scatterà la decurtazione che però, ricordiamo, vede coinvolte le sole quote dell’assegno calcolate con il sistema retributivo.
Ricordiamo infine che la Legge di Stabilità 2016 ha reso retroattiva l’abolizione del taglio previsto dalla Riforma Fornero sulla pensione anticipata, riconoscendo il trattamento pieno anche ai lavoratori che ritiratisi prima dal lavoro nel periodo 2012-2014. Dal 2016 questi pensionati percepiranno un assegno più alto (non più decurtato in base all’età in cui si sono ritirati) ottenendo anche un rimborso di quanto finora trattenuto. La misura riguarda circa 25mila assegni, che dal 2016 avranno una pensione più alta fino al 10%.

Per le donne dipendenti che hanno maturato 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi (58 anni e 3 mesi per le autonome) entro il 2015, è ancora aperta l'opzione donna, cioè la possibilità di andare in pensione trascorsi la finestra mobile o anche successivamente a fronte però del calcolo dell'assegno con il metodo contributivo che comporta in media una penalizzazione del 25-30% rispetto al sistema misto a cui avrebbero diritto.

Il meccanismo di cui si discute prevede un anticipo pensionistico, APE, per ritirarsi fino a tre anni prima della pensione di vecchiaia (quindi, a 63 anni e sette mesi): il lavoratore percepisce un trattamento che restituirà poi con la pensione. L’anticipo pensionistico è finanziato dalle banche, che vengono coperte dal rischio (ad esempio, di decesso del pensionato prima della fine della restituzione del prestito, che tendenzialmente avviene in 20 anni), attraverso un’assicurazione (non si prevede intervento pubblico). Si discute in particolare sulla decurtazione della pensione, intorno al 2% per ogni anno di anticipo. Si pensa anche a un meccanismo che consenta di diminuire l’importo del prestito pensionistico riscattando periodi versati alla previdenza complementare. Sono poi previste regole diverse per i disoccupati (anch’essi beneficiari di un trattamento che li accompagni alla pensione, ma a carico dello stato).

Sul tavolo anche altre questioni:
Opzione Donna (pensione anticipata per le lavoratrici a 58 anni), esodati, lavori usuranti, lavoratori precoci, flessibilità contributiva. Tanto che Poletti così sintetizza: «la prossima Legge di Stabilità avrà un forte segno sul versante delle politiche sociali: dopo il Jobs Act serve un Social Act», che sappia coniugare flessibilità e produttività.

Comunque sono previsti dei percorsi alternativi, anche se non sempre facilmente attuabili, alla pensione di vecchiaia ordinaria, i cui requisiti anagrafici per il 2016 sono di 66 anni e 7 mesi per gli uomini indipendentemente dal settore lavorativo e per le donne dipendenti della pubblica amministrazione, di 65 anni e 7 mesi per le dipendenti del settore privato e di 66 anni e 1 mese per le autonome e le iscritte alla gestione separata dell'Inps.

Ai lavoratori cui mancano meno di 3 anni per accedere alla pensione sarà permesso, quindi, di richiedere all’Inps la certificazione del requisito per poter accedere al beneficio che permetterebbe di anticipare la pensione grazie a prestiti concessi dalle banche ma erogati dall’Inps che sarebbero poi restituiti al raggiungimento dei requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia con micro prelievi sull’assegno pensionistico.

A garantire l’importo dell’assegno sarà il montante contributivo raggiunto al momento della richiesta dell’anticipo pensionistico ma il coefficiente di trasformazione con il quale si calcolerà la pensione futura sarà quello al momento in cui si raggiungeranno i requisiti per accedere alle pensione di vecchiaia. In questo modo il lavoratore potrà incrementare la quota C della pro prima pensione a garanzia dell’importo dell’assegno.

Il prestito erogato dalle banche non avrà una garanzia reale poiché se colui che ne beneficia dovesse morire non ci sarà possibilità di rivalsa sugli eredi.  La restituzione del prestito dovrà avvenire in 20 anni anche se riguardo all’Ape sono molti i lati oscuri ancora da chiarire, come ad esempio quali sarebbero i ruoli delle banche che finanzieranno l’uscita anticipata e quale garanzia fornirà loro lo Stato.




martedì 23 febbraio 2016

Pensioni cosa cambia dal 2016



Aumentano dal 2016 i requisiti per andare in pensione, in attuazione dell’adeguamento alle speranze di vita, con quattro mesi in più di età e un adeguamento di 0,3 punti per chi ancora si ritira con il sistema delle quote: la circolare INPS 63 del 20 marzo 2015 spiega nel dettaglio tutti i requisiti per le pensioni delle varie categorie di lavoratori (uomini o donne, dipendenti o autonomi). Vediamo con precisione come si alza dal primo gennaio 2016 l’età pensionabile per le pensioni di vecchiaia, di anzianità, e per la pensione anticipata.

Quattro mesi in più per una «aspettativa di vita» che si va naturalmente allungando. E che fa salire di quattro mesi, appunto, il tempo per andare in pensione: non più i 66 anni e tre mesi di età fissati fino al 2015, ma 66 anni e sette mesi che saranno invece necessari dal primo gennaio prossimo per lasciare il lavoro. Prolungamento imposto più che consigliato dalla crescita della cosiddetta «aspettativa media di vita», che è diventata parametro fondamentale del sistema previdenziale Inps. Attenzione, i quattro mesi in più si sommano sia al minimo di età richiesto per l'assegno di vecchiaia che al minimo di anni di contributi per la pensione anticipata.

Comunque il risultato finale, come spiega una circolare dell'Inps, è che tra il 2016 e il 2018 gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (minimo venti anni di contributi). Le donne del settore privato dovranno avere 65 anni e sette mesi (66 anni e sette mesi nel 2018), mentre le lavoratrici autonome dovranno aver raggiunto un'età di 66 anni e un mese (66 anni e sette mesi nel 2018). Per le dipendenti pubbliche l'assegno di vecchiaia è fissato con i tempi degli uomini: 66 anni e sette mesi. Cresce sempre di fatidici quattro mesi anche il massimo di età in base al quale il lavoratore dipendente può chiedere di restare sul posto di lavoro: a partire dal 2016 sarà di 70 anni e sette mesi. Serviranno ancora quattro mesi in più per acquisire la pensione di vecchiaia prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, cioè con l'avvio del sistema contributivo. Si va da 63 anni e tre mesi a 63 anni e sette mesi. Comunque e sempre in presenza di almeno 20 anni di contributi già versati.

Un sistema che fissa anche altri principi. Per esempio, quello riguardante le regole della pensione anticipata. Per lasciare il lavoro, rispetto all'assegno di vecchiaia, gli uomini devono avere attualmente almeno 42 anni e sei mesi di contributi mentre per le donne sono sufficienti 41 anni e sei mesi. Regole che resteranno sino alla fine di quest'anno. Poi, dall'anno prossimo, il requisito sarà innalzato a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne. Cioè queste ultime potranno contare su uno sconto di un anno.La riforma Fornero oltre a fissare una serie di penalizzazioni rispetto alla pensione anticipata, è alla base delle tabelle elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato che fotografano il progressivo status del sistema fino al 2050 tenendo conto naturalmente dell'ormai imprescindibile parametro della «speranza di vita». In base a queste stime l'età per la pensione di vecchiaia salirà progressivamente fino a 70 anni nel 2050, quando gli anni di contributi necessari per raggiungere la pensione anticipata saranno arrivati a quota 46 e tre mesi. Intanto ieri il presidente dell'Inps Tito Boeri ha annunciato entro giugno una proposta di riforma per introdurre più flessibilità nell'età.

Ciò significa che dal 1° gennaio 2016 verranno rivisti i requisiti per il conseguimento della pensione di anzianità, quello per la maturazione della pensione di vecchiaia (ovvero 65 anni per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e 60 anni per le donne del privato), il requisito anagrafico dei 65 anni per la pensione con il sistema contributivo e il requisito dei 40 anni di contributi ai fini della maturazione del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica.

In pratica età e anzianità contributiva sono aggiornate in funzione dell’incremento della speranza di vita – 65 anni – in rifermento alla media della popolazione residente in Italia, accertata dall’Istat in relazione al triennio di riferimento. L’emendamento prevede che, nella prima applicazione, l’aggiornamento non può essere in ogni caso superiore a tre mesi e che lo stesso non viene effettuato nel caso di diminuzione della speranza di vita.


domenica 3 gennaio 2016

Pensione anticipata e di vecchiaia 2016, i nuovi requisiti


Il 2016, purtroppo, non porta belle notizie ai lavoratori prossimi al pensionamento, poiché, a causa degli adeguamenti alla speranza di vita, i requisiti per l’uscita dal lavoro sono aumentati per tutti. Infatti, allontana sempre di più il traguardo della pensione. Proprio in considerazione dell’adeguamento con le aspettative della durata della vita, dal 2016 salgono i requisiti per la pensione di vecchiaia.

Per i lavoratori dipendenti dei settori privato e pubblico, per le lavoratrici del pubblico e per gli autonomi, saranno necessari 66 anni e 7 mesi di età. Per le lavoratrici dipendenti del privato, ci vorranno 65 anni e 7 mesi; per le autonome 66 anni e 1 mese. Mentre il requisito contributivo, è di 20 anni per tutti. Discorso simile per l’ex pensione di anzianità. Dal prossimo anno, infatti, aumentano anche i requisiti per accedere alla pensione anticipata. Per i lavoratori dipendenti del settore privato e del settore pubblico, per i lavoratori autonomi, sarà necessario essere in possesso di 42 anni e 10 mesi di contribuzione. Per le donne - tanto nel pubblico quanto privato e per le autonome - serviranno 41 anni e 10 mesi di contribuzione.

Vediamo ora i nuovi requisiti relativi alla pensione anticipata e di vecchiaia, quelli utili a chi effettua lavori usuranti o lavoro notturno, e quelli relativi alle altre tipologie di pensionamento, che fanno eccezione alla Legge Fornero.

Pensione anticipata 2016
La pensione anticipata, quella, cioè, che si basa sui contributi versati nell’arco della vita lavorativa, e non sull’età dei lavoratori, sarà accessibile, nel 2016, a chi possiederà i seguenti requisiti:
– 41 anni e 10 mesi di contribuzione, se donne;
– 42 anni e 10 mesi di contribuzione, se uomini.

Anche qualora l’età pensionabile risulti inferiore a 62 anni, non sarà prevista alcuna penalizzazione percentuale sul trattamento, poiché tali decurtazioni sono abolite sino al 31 dicembre 2017.

Pensione anticipata contributiva 2016

Per i lavoratori che non hanno contributi versati prima del 1996, quindi il cui assegno è calcolato interamente col metodo contributivo, nonché per chi effettua il cumulo con la Gestione Separata Inps, i requisiti per la pensione anticipata possono essere, oltreché quelli appena enunciati, anche i seguenti:
– 63 anni e 7 mesi di età;
– almeno 20 anni di contributi;
– pensione non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale.

Pensione di vecchiaia 2016
I requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia, nel 2016, sono differenti a seconda della categoria di appartenenza della lavoratrice, mentre sono uguali per tutti i lavoratori:
– 66 anni e 7 mesi per tutti i lavoratori (uomini) e per le dipendenti pubbliche;
– 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato;
– 66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome;
– Assegno di pensione non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale;

Con un minimo, per tutti, di 20 anni di contributi (15 anni per chi fruisce della Deroga Amato.

Pensione di vecchiaia contributiva 2016
Per chi non possiede versamenti di contribuzione anteriori al 1996, oppure per chi effettua il Cumulo nella Gestione Separata, i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia, nel 2016, oltre a quelli già elencati per la generalità dei lavoratori, sono:
– 70 anni e 7 mesi d’età;
–  almeno 5 anni di contributi.
Non è previsto, invece, alcun parametro minimo relativo all’ammontare della pensione.

Pensione anticipata Opzione Contributiva 2016
Per chi, nel 2016, vuole fruire dell’Opzione Contributiva [2], i requisiti sono quelli generalmente previsti per la pensione di vecchiaia, eccetto per quanto concerne gli anni di contributi, che devono essere soltanto 15; non è previsto il raggiungimento di un parametro minimo di ammontare della pensione, ma l’assegno è calcolato col metodo contributivo.

È necessario, poi, per potersi avvalere dell’Opzione Contributiva Dini, possedere i seguenti ulteriori requisiti:
– meno di 18 anni di contributi versati prima del 31 dicembre 1995;
– almeno 1 contributo versato prima del 31 dicembre 1995;
– almeno 5 anni di contributi versati dal primo gennaio 1996.

L’età per la pensione fa eccezione a quella prevista per il trattamento di vecchiaia per la generalità dei lavoratori, nei seguenti casi:
– possesso di 60 anni di età, e di 15 anni di contributi, entro la data del 31 dicembre 2011;
– possesso di 57 anni di età, e di 15 anni di contributi, entro la data del 31 dicembre 2007.

A queste due categorie di lavoratori si applica, infatti, la Salvaguardia dei requisiti, grazie alla quale, secondo il principio previdenziale di Cristallizzazione, chi raggiunge il diritto a pensione con una determinata normativa può pensionarsi con i vecchi requisiti anche in un secondo momento, nonostante la legge sia cambiata.

Le stesse regole valgono anche per il Computo dei contributi nella Gestione Separata; per approfondimenti, si veda: chi può andare in pensione con 15 anni di contributi?

Opzione Donna 2016
L’Opzione Contributiva Dini non deve essere, invece, confusa con l’Opzione Contributiva Donna: in questo caso, difatti, seppure il trattamento si calcoli egualmente col sistema contributivo, i requisiti previsti sono diversi.

In particolare, potrà pensionarsi chi ha raggiunto, entro il 31 dicembre 2015:
– 57 anni e 3 mesi di età, se lavoratrice dipendente;
– 58 anni e 3 mesi di età, se lavoratrice autonoma;
– 35 anni di contribuzione.

Sarà necessaria, per la decorrenza del trattamento, l’attesa di una finestra pari a 12 mesi, per le dipendenti, e a 18 mesi, per le autonome.

Ancora non si sa se vi saranno ulteriori proroghe all’Opzione, poiché, entro il 30 settembre 2016, dovrà essere fatta una valutazione sulla disponibilità di ulteriori risorse per un prolungamento del regime.

Salvacondotto 2016
Sarà possibile, nel 2016, pensionarsi a 64 anni e 7 mesi di età, per i lavoratori che:
– possedevano 35 anni di contributi e 60 anni di età, alla data del 31 dicembre 2012, se lavoratori del settore privato;
– possedevano 20 anni di contributi e 60 anni di età, alla data del 31 dicembre 2012, se lavoratrici del settore privato.

Totalizzazione 2016
Per pensionarsi sommando la contribuzione posseduta in più gestioni, gratuitamente, è necessario possedere, nel 2016, i seguenti requisiti:
– 40 anni e 7 mesi di contributi;
– in alternativa, 65 anni e 7 mesi di età ed almeno 20 anni di contributi.

L’assegno è, però, calcolato col metodo contributivo (escluso il caso in cui non sia maturato un autonomo diritto a pensione in una Gestione Inps: in questo caso, il calcolo del “pro-quota” seguirà il metodo ordinario da utilizzare per quella Gestione, secondo le regole dell’ordinamento). È applicata anche in questo caso la finestra per la decorrenza della pensione.

Pensione lavoro notturno 2016
Ecco, di seguito, i requisiti per pensionarsi nel 2016, per chi ha effettuato lavoro notturno per almeno 7 anni degli ultimi 10 anni della vita lavorativa; i requisiti cambiano a seconda delle giornate di lavoro effettuate nell’anno:

Pensione lavori usuranti 2016
Potranno inoltrare la domanda all’Inps entro il primo marzo 2016, i lavoratori che hanno svolto mansioni usuranti per almeno 7 anni degli ultimi 10 di vita lavorativa, che durante il 2016 matureranno gli stessi requisiti previsti per chi effettua lavoro notturno oltre le 78 giornate l’anno.

Quasi un milione di lavoratori anziani (il 49%) accetterebbe di andare in pensione anticipata con un taglio dell’assegno: è quanto emerge da un sondaggio promosso da Confesercenti e condotto da SWG sulla flessibilità in uscita. Per capirci, il target è lo stesso della platea dei dipendenti destinatari del part-time per la pensione inserito nella Legge di Stabilità. Anche sulla base di quanto emerso, la formula della staffetta generazionale: per ogni lavoratore che sceglie il tempo parziale agevolato l’impresa assume un lavoratore giovane, finanziando quindi la misura non tanto con la fiscalità generale ma con la solidarietà espansiva.

mercoledì 23 settembre 2015

Riforma delle pensioni: uscita anticipata, anni di contributi e penalizzazione dell’assegno


La pensione anticipata è proprio la definizione di questo prestazione pensionistica. Si tratta di una funzione economica a domanda fornita a lavoratori dipendenti e autonomi purché iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (AGO) ed alle forme sostitutive, esonerative ed integrative. La pensione dei soggetti interessati è corrisposta seguendo il sistema di calcolo retributivo, misto o contributivo.

Riforma Pensioni non si fermano le ipotesi per individuare le nuove forme di flessibilità in uscita (pensione anticipata), tra cui spunta un nuovo meccanismo che prevede la possibilità di ritirarsi dal lavoro a 63 anni con 30 o 35 di contributi versati, accettando una penalizzazione dell’assegno da un minimo del 3-4% a un massimo 10-12% per il periodo mancante al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 66 anni da garantire a tre specifiche categorie di lavoratori: “esodandi” al di fuori delle “salvaguardie” già scattate, disoccupati over 62 sprovvisti di ammortizzatori sociali e donne, magari dando la priorità a quelle con figli.

Sono queste le linee di riferimento su cui si starebbero muovendo i tecnici del Governo per impacchettare un’ipotesi mirata di flessibilità in uscita per le pensioni. Che avrebbe la finalità di consentire al datore di lavoro di versare contributi al lavoratore anche una volta cessato il rapporto. Il tutto anche con l’obiettivo di favorire le staffette generazionali.

A insistere sull’immediato decollo delle flessibilità in uscita per tutti i lavoratori con penalizzazioni massime del 2% l’anno (per un totale dell’8% per quattro anni di anticipo), «perché non produce costi e nel medio-lungo periodo genera risparmi», è invece il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano.

Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità Le ultime notizie provenienti dalla politica vedono crescere le possibilità che questa soluzione possa essere approvata, sebbene non si è ancora capita precisamente la natura e la quantità del taglio che si andrebbe a stabilire per favorire l'uscita dal lavoro. Dopo la sentenza della Consulta sulla Legge Fornero.

La riduzione interessa i lavoratori con 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne) che non hanno perfezionato 62 anni. La legge Fornero, infatti, consente l'accesso alla pensione anticipata a qualsiasi età ma, per scoraggiare l'accesso troppo anticipato, ha introdotto un particolare meccanismo di disincentivazione.

La riduzione, inoltre, si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo. Pertanto, per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari a 18 anni al 31 dicembre 1995, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011; mentre, per coloro che hanno un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la cui pensione è liquidata nel sistema misto, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 1995.

Nessuna decurtazione quindi interessa chi ha la pensione calcolata con il solo sistema contributivo, cioè coloro che sono entrati nel mondo del lavoro dal 1° gennaio 1996 in poi. La decurtazione non interessa, parimenti, le lavoratrici che accedono alla pensione con l'opzione donna, nè i lavoratori salvaguardati, e in, generale, coloro che mantengono l'ultrattività delle vecchie regole pensionistiche.

Con una penalità del 4% all'anno, un'uscita anticipata di 12 mesi porterebbe a una sforbiciata di 800 euro lordi: al netto delle tasse nazionali, regionali e comunali, però, il sacrificio si fermerebbe a 548 euro, cioè poco più di 42 euro per 13 mensilità. In questo quadro, la pensione netta passerebbe dai 1.272 euro netti dell'assegno in formula piena a 1.230 euro, con un taglio reale del 3,3 per cento.

Le soluzioni applicative su cui stanno lavorando in questi giorni i tecnici del Governo ipotizzano anche anticipi superiori, accompagnati da una progressione dei tagli. Sulla pensione da 20mila euro significa 3.200 euro, che però scendono a 2.192 dopo aver calcolato le ricadute fiscali: si tratterebbe comunque di poco meno di 169 euro al mese (cioè il 13,2% delle somme che si riceverebbero aspettando di raggiungere i requisiti ordinari), una cifra non certo indifferente a questi livelli di reddito.

La domanda di pensione anticipata si presenta esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:

web – la richiesta telematica dei servizi è accessibile direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’INPS (www.inps.it);

telefono – chiamando il Contact Center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni ed altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’Inps per via telematica;

enti di Patronato e intermediari autorizzati dall’Istituto, che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.


martedì 22 settembre 2015

Pensione anticipata e il part-time (staffetta generazionale)


Se tra i vantaggi di un sistema previdenziale più flessibile (che offra maggiori possibilità ai lavoratori di scegliere la pensione anticipata) c’è quello di garantire il passaggio generazionale agevolando l’occupazione giovanile ed esonerando le imprese dal mantenere lavoratori in esubero, tra gli svantaggi ci sono i maggiori costi per lo Stato: secondo il centro studi di Unimpresa, da qui al 2019 la spesa per le pensioni crescerà dell’11,9%, pari a 39,1 miliardi di euro.

È stato riproposto anche il part time come soluzione di pensione anticipata, collegata al lavoro, che non solo permetterebbe ai lavoratori più anziani di andare in pensione prima, ma darebbe la conseguente possibilità di liberare posti di lavoro per l'assunzione di nuovi giovani. In questo caso l’azienda, a fronte del passaggio al part-time del pensionando, si impegnerebbe ad assumere a tempo indeterminato lavoratori più giovani. Ma in quel caso però lo Stato dovrebbe farsi carico, in tutto o in parte, della riduzione di stipendio non superiore al 30 per cento della retribuzione piena.

I dipendenti che si troveranno vicini, più o meno di due anni all’età per la pensione, potranno richiedere volontariamente il regime del part-time con una diminuzione sia dell’orario di lavoro che dello stipendio e così consentire l’assunzione di un altro giovane. Coloro che sceglieranno questa opzione comunque oltre alla riduzione dello stipendio dovranno compensare i contributi tra part-time e tempo pieno.

Il passaggio chiave è un accordo che, come hanno spiegato i tecnici, che non è un meccanismo generale di flessibilità ma un sistema rivolto a platee particolari di lavoratori. La priorità, ovviamente, sono i dipendenti anziani, per esempio con più di 62 o 63 anni (si tenga conto che dal prossimo gennaio l’età per accedere alla pensione di vecchiaia sale a 66 anni e 7 mesi) che perso il lavoro non riescano a trovarne un altro. A loro potrebbe essere data la possibilità di accedere a un pensionamento anticipato con l’importo della pensione più basso perché ricalcolato alla luce del fatto che verrebbe pagato per più anni. Ci si perderebbe in media il 3-3,5% per ogni anno di anticipo.

Questo modello potrebbe essere esteso consentendo alle aziende di favorire pensionamenti anticipati all’interno di processi di ristrutturazione che potrebbero prevedere anche l’ingresso di giovani (staffetta generazionale), a patto che la stessa azienda si accolli parte del costo di questi prepensionamenti, magari versando, come propone l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, contributi esentasse per il raggiungimento della pensione. Sul tavolo, dicono ancora i tecnici, c’è anche l’ipotesi del «prestito pensionistico» o «assegno di solidarietà», altra forma per consentire le uscite anticipate a un costo basso per il bilancio pubblico.

C’è da mettere in evidenza che un anno di lavoro part-time vale quanto un anno di lavoro a tempo pieno ai fini del conseguimento del diritto alle prestazioni previdenziali? E’ questa una delle principali domande che si pongono tanti lavoratori part-time nella speranza di agguantare prima la pensione.

Vediamo dunque di chiarire rapidamente quali sono gli effetti ai fini della pensione dei lavori svolti in part-time.

Per conseguire il diritto alla pensione anticipata, lavorando in regime di part-time, il tempo lavorativo fissato non è diverso da quello richiesto per il tempo pieno: infatti, un anno di part-time, viene conteggiato come un anno di lavoro svolto a tempo pieno, a patto, però, che il lavoratore abbia ottenuto una retribuzione pari almeno al minimale previsto annualmente dall’INPS.

Il minimale fissato per l’anno 2014 è di 10.418 euro l’anno, pari a 867 euro al mese e pari a 200,35 euro a settimana. Se il lavoratore part-time, in ogni settimana dell’anno non è sceso sotto tale livello, significherà che si sarà comunque garantito la copertura contributiva delle 52 settimane e che avrà aggiunto alla sua posizione previdenziale un altro anno di contributi utili per conseguire il diritto alla pensione.

Ne segue che, se la retribuzione dovesse risultare inferiore e, proporzionalmente, il relativo versamento previdenziale, il diritto alla pensione non risulterà ancora maturato.

Ad esempio se un lavoratore nel corso del 2014 ha lavorato per 12 mesi a 1050 euro al mese con contratti part-time avrà diritto all’accredito di tutte le 52 settimane ai fini dell’accesso alla pensione anticipata o alla pensione di vecchiaia. Qualora invece abbia conseguito solo 100 euro a settimana per 52 settimane il medesimo lavoratore vedrà riconosciute ai fini del diritto alla pensione solo 6 mesi di anzianità contributiva. E in tal caso, dunque, la pensione si allontanerà.


lunedì 21 settembre 2015

Riforma pensioni: flessibilità in uscita, opzione donna, opzione uomo e blocca il turn over


L’ipotesi allo studio del governo. Giuliano Poletti riaccende le speranze  per chi spera nella flessibilità pensionistica:” Stiamo lavorando sulle riforma delle pensioni. Sappiamo che c'è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla Legge Fornero.

Il Governo lavora all'uscita anticipata delle donne dal lavoro dal 2016 a 62-63 anni con 35 di contributi: si tratta di una nuova opzione donna - spiegano tecnici dell'Esecutivo - che prevedrebbe, invece del ricalcolo contributivo, una riduzione dell'assegno legata alla speranza di vita e pari a circa il 10% per tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia. Senza interventi sulla riforma Fornero le donne del settore privato l’anno prossimo si troveranno di fronte a un nuovo scalino con il passaggio dell’età di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi (1 anno e 10 mesi in più rispetto al 2015).

La penalizzazione sarebbe meno pesante perché non sarebbe previsto il ricalcolo contributivo sull'intera vita lavorativa (come nell’opzione donna che scade quest’anno) ma solo un sistema legato alla speranza di vita. In pratica chi decide di uscire prima avrà un assegno decurtato.

Si studia anche un meccanismo di flessibilità per gli uomini guardando però solo a coloro che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si lavora a una sorta di opzione uomo (sempre con decurtazione legata alla speranza di vita) ovvero la possibilità di accedervi con 3 anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia (66 anni e 7 mesi dal 2016) con un taglio dell'assegno legato non al ricalcolo contributivo, ma all'equità attuariale, cioè al tempo più lungo di percezione dell'assegno. Il Governo - spiegano tecnici dell'Esecutivo - studia anche il prestito pensionistico e una sorta di assegno di solidarietà per le situazioni di maggiore disagio, ossia all'anticipo di una parte della prestazione da restituire una volta che si raggiungono i requisiti per la pensione. Per le situazioni di maggiore disagio si ipotizza una ''pensione di solidarietà'', ovvero una sorta di ammortizzatore sociale di accompagnamento alla pensione.

Vediamo le proposte di Cesare Damiano

Pensione anticipata. Tra le varie idee è quella che è risultata a lungo la più gradita ai pensionandi. La soluzione vedrebbe l’uscita dal lavoro esattamente come avveniva nella pensione di anzianità soppressa dalla Fornero ma con qualche anno di ritardo. Età minima 62 anni a cui aggiungere 38 anni di contributi, con 63 anni servirebbero invece 37 anni di versamenti e così via (nella formulazione originaria occorrevano 60 anni di età più 40 di contributi).  Oggi servono 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne per accedere alla pensione anticipata (che è il nome dell’istituto, sebbene molti intendono il termine come mera anticipazione della pensione). E’ una delle soluzioni più “difficili” da attuare a causa degli elevati costi: si stima una spesa superiore ai 10 miliardi.

Pensione flessibile con penalizzazioni decrescenti. Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità (all'epoca bastavano 40 anni di contributi).

Sul tema dei pensionamenti flessibili, si potrebbe individuare una strada che si potrebbe tradursi in realtà un nuovo meccanismo di flessibilità, prendendo in esame l'ipotesi Damiano del pensionamento anticipato con la quota 97, seppur con una maggiore percentuale di penalizzazione per ogni anno mancante dal raggiungimento dei termini di pensionamento. Al posto del 2% iniziale, si potrebbe passare ad un 3 o 4%, con l'effetto di arrivare a toccare un tetto massimo attorno al 15% per coloro che decidessero di uscire dal lavoro attorno ai 62 anni di età.

L'intervento per rendere flessibile l'uscita in pensione ci sarà. Ma dovrà essere compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Def, il Documento di Economia e Finanza con il quale il governo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. E quindi non potrà che essere minimo, focalizzato sulle categorie con maggiori problemi. "Sono possibili correttivi per chi è vicino ai requisiti ma in difficoltà con il lavoro", ha spiegato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

giovedì 21 maggio 2015

Tito Boeri: ipotesi pensione anticipata, ma con penalizzazioni



In pensione anticipata anche a 60 o 62 anni rinunciando al 20-30 per cento dell’assegno: alzi la mano chi non ci penserebbe almeno un minuto. Sulla carta è la soluzione che fa tutti felici. Più libertà per il lavoratore, meno complicazioni per chi governa (vedi esodati), un’occasione per le imprese che possono assumere persone giovani e più produttive.

La proposta di riforma del sistema pensionistico e assistenziale che prenderà corpo nei prossimi mesi troverà spazio nella prossima Legge di Stabilità.

Diverse le opzioni allo studio del Governo, tutte comunque improntate ad una maggiore flessibilità nell'uscita a fronte di penalizzazioni nella misura dell'assegno.

Cercando di tracciare un possibile scenario dei vari interventi che potrebbe essere adottati (e che dovrebbero trovare una collocazione nella prossima legge di Stabilità), emerge quanto segue :

- Si conferma l'intenzione di superare le rigidità attuali che oggi -salvo eccezioni specifiche - obbligano un lavoratore che vuole andare in pensione ad avere 66 anni e 3 mesi e almeno 20 anni di contributi; oppure di aver maturato almeno 42 anni e oltre di contributi indipendentemente dall’età anagrafica;

- Prospettata l'ipotesi di poter andare in pensione prima delle soglie attuali di età; con una penalizzazione minima sul trattamento di pensione.

Diversi sono gli scenari che si aprono: accanto alla formula dell’uscita flessibile con penalizzazioni”, imperniata sulla pensione con 62 anni e tre mesi di età in presenza di un’anzianità minima di 35 anni e riduzione della pensione, si colloca l'ipotesi della “quota cento”, dove cento rappresenta la somma di età anagrafica e anzianità contributiva (35 anni di anzianità contributiva e almeno 60 anni e tre mesi di età anagrafica). Terza strada: l'opzione per tutti di aderire al metodo contributivo per la liquidazione della pensione.

Costi della flessibilità in uscita

Il pensiero corre, tuttavia, al nodo delle risorse. La flessibilità, infatti, costa (anche se l'azione di rimborso ai pensionati imposta dalla Corte Costituzionale sulla mancata rivalutazione delle pensioni non fermerà la riforma).

I tagli sulla pensione, in caso di esercizio di una uscita flessibile, sarebbero di pochi euro. Stando alle parole del premier, si tratterebbe di un taglio di 20 -40 euro al mese. Devono tornare i conti sia con la Ragioneria dello Stato che con la contabilità dell'Unione Europea.

Completerebbe il quadro della riforma la soluzione di adottare un intervento di questo tipo: erogare un assegno temporaneo al lavoratore che decida di lasciare il lavoro fino alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia; somma che dovrebbe poi essere restituita dal pensionato operando dei piccoli prelievi sulla pensione finale.

Nello schema del governo c’è una ulteriore variabile: far pagare di più a chi è andato in pensione almeno in parte con il vecchio sistema retributivo, più generoso del contributivo perché concede più di quanto effettivamente versato nella vita lavorativa. Il presidente dell’Inps Tito Boeri propone di finanziare così parte della riforma: ai redditi più alti potrebbe essere chiesto una sorta di contributo di solidarietà.

In caso di uscita a 62 anni invece che a 66 - spiegano all’Inps - il signor Rossi G verrebbe ridursi l’assegno di circa il 20-30%. Il numero è frutto di una complessa operazione in cui, alla penalizzazione prevista per la parte di pensione calcolata con il contributivo, se ne somma una parte (per almeno il 12 per cento) sulla quota di assegno retributivo. Non è chiaro se l’ipotesi prevede un minimo di contribuzione per l’uscita, ma le indiscrezioni dicono che potrebbe essere concessa anche a 60 anni. Lo schema prevede una opzione ulteriore: usare il sistema in vigore per la cosiddetta «opzione donna» che oggi permette di uscire con 57 anni di età e 35 di contributi.


sabato 18 aprile 2015

Pensioni per la pubblica amministrazione prima dei 62 anni



Le pubbliche amministrazioni potranno collocare in quiescenza forzosa il dipendente al perfezionamento della massima anzianità contributiva anche prima del 62° anno di età. Ma sino al 2017.

La circolare INPS numero 74/2015 descrive quali sono le procedure da applicare per tutti quei lavoratori che vanno in pensione anticipata a partire dal primo gennaio 2015 maturando i requisiti di contribuzione entro il 31 dicembre 2017.

Il ricambio generazionale aggiunge un nuovo tassello che consente di licenziare anche i dipendenti non troppo avanti con l'età. A dire il vero la norma ha origine nella legge di stabilità 2015, ma la Funzione pubblica, nella sua circolare, non ne aveva evidenziato gli effetti e oggi lo stesso Dipartimento provvede a correggere il tiro.

L’oggetto del contendere è la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro prevista dall'articolo 72, comma 11, del decreto legge 112/2008. Dopo la riscrittura della disposizione a opera del decreto legge 90/2014, la risoluzione è consentita quando il dipendente perfeziona il diritto alla pensione anticipata (nel 2015, 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 e 6 mesi per le donne, che aumentano, per tutti, di 4 mesi dal 2016 a causa dell'adeguamento dei requisiti agli incrementi della speranza di vita), ma non prima del raggiungimento di un'età anagrafica che possa dar luogo a riduzione percentuale del trattamento di quiescenza.

In effetti, l'articolo 24, comma 10, del decreto legge 201/2011 aveva introdotto la decurtazione della pensione nel caso in cui il lavoratore maturasse il diritto ad essere collocato a riposo prima del compimento dei 62 anni di età. La penalizzazione era pari all'1% per i primi due anni di anticipo e del 2% per ogni ulteriore anno. Potevano sottrarsi a tale taglio i dipendenti la cui anzianità contributiva era costituita da effettiva prestazione lavorativa, parificando al servizio attivo anche alcune tipologie di assenza.

In particolare quest'ultima parte della previsione normativa ha destato parecchi dubbi e problemi interpretativi, tanto che il Parlamento, nella legge di stabilità 2015, ha disposto che le penalizzazioni non si applicano, tout court, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e per tutti i soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2017.

In quest'ultimo caso a nulla rileva se la decorrenza della pensione sia posticipata nel 2018 o negli anni a seguire. Ma la Funzione pubblica, nella sua circolare 2/2015 del 19 febbraio, a commento del decreto legge 90/2014, non fa alcun cenno alla legge di stabilità 2015 e parla ancora di impossibilità di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro in presenza di penalizzazioni.

La Funzione pubblica evidenzia che la risoluzione unilaterale, negli anni 2015, 2016 e 2017, è consentita in tutti i casi in cui il dipendente raggiunga il diritto alla pensione anticipata, essendo venute meno, nel triennio, le limitazioni. Ma oltre a porre attenzione ai dipendenti che arriveranno al traguardo della pensione nei prossimi mesi, le amministrazioni devono riconsiderare anche tutte le situazioni per le quali, in precedenza, avevano soprasseduto alla risoluzione unilaterale in quanto il lavoratore, pur avendo il diritto al trattamento di quiescenza, aveva un'età anagrafica inferiore a 62 anni.

Per completezza si ricorda che, per poter far cessare gli effetti del contratto individuale di lavoro, la norma richiede una decisione motivata con riferimento alle esigenze organizzative, ai criteri di scelta e alla funzionalità dei servizi. Per questo, è consigliabile che l'ente adotti una regolamentazione interna, al fine di evitare comportamenti difformi a fronte della medesima fattispecie. La norma impone, altresì, il rispetto di un termine di preavviso, che è fissato in sei mesi. Il problema delle penalizzazioni tornerà a rivivere dal 2018, salvo ulteriori interventi legislativi.

Le amministrazioni pubbliche possono attivare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti del personale soggetto alla nuova disciplina pensionistica, quando detto personale abbia acquisito il requisito contributivo per la pensione anticipata (per il 2015: 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne, mentre per il triennio 2016-2018 si passa a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), a condizione che dipendente non abbia un'età anagrafica che possa farlo incorrere in penalizzazioni sull'importo della pensione.

In sostanza, come chiarito dalla circolare della funzione pubblica 2/2015, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ai sensi della riforma Madia, non può avvenire prima del compimento dei 62 anni d'età.

Il diritto a pensione deve essere raggiunto entro il 2017. Sul tema però è tornato l'articolo 1, comma 113, della legge 190/2014, ai sensi del quale le disposizioni contenute nella «riforma Fornero» delle pensioni e, in particolare l' articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del dl 201/2011 «non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017».

Qualora il dipendente abbia maturato il requisito contributivo per la maturazione del diritto alla pensione anticipata in data antecedente al 1° gennaio 2015 e tale dipendente sia in servizio perché di età anagrafica inferiore ai 62 anni, l'amministrazione di appartenenza potrebbe comunque disporre la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con preavviso di 6 mesi e senza penalizzazioni per l'interessato, purché successivamente al 1° gennaio 2015.

Laddove il dipendente maturi i suddetti requisiti contributivi entro il dicembre 2017, anche con età inferiori a 62 anni, anche in questo caso la risoluzione del rapporto di lavoro non comporterebbe penalizzazioni, nonostante la decorrenza dell'assegno di pensione ricada successivamente al 31/12/2017. Le penalizzazioni torneranno operative a partire dal 1° gennaio 2018, fatto salvo, appunto, il caso della Quindi non è più prevista la decurtazione per i lavoratori che vanno in pensione prima dei 62 anni ma che però hanno raggiunto una contribuzione minima di 41 anni e 6 mesi, per le donne, e 42 anni e 6 mesi, per gli uomini. Specificando meglio, si trattava, prima di questa norma, di un taglio dell'1 per cento per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni e del 2 percento per ogni anno ulteriore oltre i due anni.

I beneficiari della pensione anticipata con il taglio delle decurtazioni sono tutti quei lavoratori che andranno in pensione a partire da quest'anno escludendo tutti quelli che sono in pensione anticipata con decorrenza precedente al primo gennaio 2015, ai quali sono state applicate le vecchie norme.

Ricordiamo, per gli appassionati della materia, che, a partire dal primo gennaio 2016 il requisito contributivo per la pensione anticipata salirà di quattro mesi a causa dell'adeguamento delle aspettative di vita.

giovedì 9 aprile 2015

Pensioni: i nuovi requisiti dal 1° gennaio 2016



A decorrere dal 1° gennaio  2016, i requisiti di  accesso ai trattamenti pensionistici sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di età anagrafica e di anzianità di 0,3 unità.

Aumentano dal 2016 i requisiti per andare in pensione, in attuazione dell’adeguamento alle speranze di vita, con quattro mesi in più di età e un adeguamento di 0,3 punti per chi ancora si ritira con il sistema delle quote: la circolare INPS 63 del 20 marzo 2015 spiega nel dettaglio tutti i requisiti per le pensioni delle varie categorie di lavoratori (uomini o donne, dipendenti o autonomi). Il riferimento normativo è il decreto ministeriale del 16 dicembre 2014, in attuazione dell’articolo 12, comma 12 bis, del decreto legge 7/2010. Vediamo con precisione come si alza dal primo gennaio 2016 l’età pensionabile per le pensioni di vecchiaia, di anzianità, e per la pensione anticipata.

Pensione di vecchiaia (art. 24, commi 6 e 7, legge n. 214 del 2011) -  requisito anagrafico
a) Lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive della medesima:


Anno Età pensionabile
Anno 2016 65 anni  e 7 mesi
Anno 2017 65 anni  e 7 mesi
Anno 2018 66 anni  e 7 mesi
Dall'anno 2019 66 anni  e 7 mesi*
*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.


b)      Lavoratrici iscritte alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335:

Anno Età pensionabile
Anno 2016 66 anni e 1 mese
Anno 2017 66 anni e 1 mese
Anno 2018 66 anni  e 7 mesi
Dall’anno 2019 66 anni  e 7 mesi*

*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

 c)  Lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e lavoratrici dipendenti iscritte alle forme esclusive dell'A.G.O. di cui all’art 22-ter, comma 1, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 e successive modificazioni e integrazioni:

Anno                     Età pensionabile
Anno 2016           66 anni  e 7 mesi
Anno 2017           66 anni  e 7 mesi
Anno 2018          66 anni  e 7 mesi
Dall'anno 2019 66 anni  e 7 mesi*

*Requisito da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.


d) Lavoratori iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335:

 Anno                   Età pensionabile
Anno 2016           66 anni  e 7 mesi
Anno 2017           66 anni  e 7 mesi
Anno 2018          66 anni  e 7 mesi
Dall'anno 2019 66 anni  e 7 mesi*

In base alla circolare 63/2015, l'Inps aumenta i requisiti di accesso al trattamento pensionistico, non solo gli anni di contribuzione ma anche l'età anagrafica per raggiungere la soglia di pensionamento. Ecco nel dettaglio quali sono i requisiti di accesso alla pensione anticipata a partire dal 1 gennaio 2016 e le informazioni utili sull'età anagrafica necessaria e anni di contributi da maturare per l'accesso al trattamento pensionistico. Attenzione alle differenze tra la pensione anticipata e la pensione di vecchiaia a partire dal 1 gennaio 2016 per chi sceglie il sistema contributivo e il diverso importo dell'assegno previdenziale richiesto. È di oggi 27 marzo 2015 la notizia che comunque le penalizzazioni sulla pensione anticipata resteranno per i lavoratori ante 2015: sono state queste le dichiarazioni di Poletti che stamattina ha risposto a un'interrogazione parlamentare in materia di riforma pensioni, facendo intendere che l'eliminazione non sarà possibile anche per mancanza delle coperture economiche. Flessibilità è invece la via di Damiano, la possibilità per il lavoratore di scegliere quando andare in pensione, in relazione al raggiungimento di una determinata soglia contributiva e/o anagrafica.

Nel dettaglio, per accedere al trattamento pensionistico, a partire dal 1 gennaio 2016, si avrà un innalzamento della soglia anagrafica, sia per gli uomini che per le donne. Nel dettaglio, i requisiti di accesso alla pensione anticipata per le donne saranno: maturazione di 41 anni e 10 mesi di contributi. Un anno in più per gli uomini, che per accedere alla pensione anticipata dovranno maturare 42 anni e 10 mesi. La circolare 63/2015 trasmessa dall'ente previdenziale Inps conferma il blocco della penalizzazione per i lavoratori di età inferiore ai 62 anni. Per chi volesse consultare le tabelle con i requisiti di accesso per il livello contributivo e età anagrafica, può collegarsi al sito ufficiale Inps e ricercare la circola in oggetto di riforma pensioni.

Differente è la situazione per i lavoratori uomini e donne che accedono al trattamento pensionistico scegliendo il sistema contributivo. In questo caso, l'importo dell'assegno mensile della pensione anticipata non deve essere inferiore alle 670 euro. In base alle disposizioni Inps e ai nuovi requisiti di accesso alla pensione che saranno applicati a partire dal 1 gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2018, il lavoratore che acceda alla pensione di vecchiaia con il raggiungimento di 70 anni e 7 mesi e con la maturazione di 5 anni di contribuzione non è soggetto alla soglia minima di importo dell'assegno previdenziale mensile.

Bisogna aggiungere tre punti decimale alle quote (formate da età anagrafica + anzianità contributiva) previste dalla legge 243/2004. Quindi, per coloro che possono ancora andare in pensione con il sistema delle quote, a partire dal primo gennaio 2016 i requisiti sono 35 anni di contributi a cui si aggiunge un’età anagrafica di 61 anni e 7 mesi per i dipendenti, con raggiungimento di quota 97,6, e un’età di 62 anni e 7 mesi per gli autonomi, con raggiungimento di quota 98,6. Le modalità di calcolo della quota non cambiano.

Ecco alcuni esempi:
verifica dell’età effettuata il 31 ottobre 2016 per un lavoratore dipendente nato il 20 marzo 1955: 61 anni e 225 giorni, quindi 61,616 anni. Anzianità contributiva (sempre al 31 ottobre 2016) pari a 1877 settimane, quindi 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva al 31 ottobre 2016 è pari a 97,712. Quindi, è superata quota 97,6 e sono rispettati i requisiti minimi di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione;

verifica dell’età al primo dicembre 2016 per un lavoratore autonomo nato il 20 marzo 1955: l’età è di 61 anni e 256 giorni, pari a 61,701 anni. L’anzianità contributiva è di 35 anni, 10 mesi e 24 giorni, quindi di 35 anni e 324 giorni pari a 35,900. La somma delle due cifre relative a età anagrafica e anzianità contributiva è 97,601. E’ quindi raggiunto il diritto alla pensione essendo superata quota 97,6, con il possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.



lunedì 23 marzo 2015

Pensione anticipata ed uscita dal lavoro per gli anni 2015 2016



In tutti i casi si parla di flessibilità in uscita per andare in pensione prima e per permettere, in particolar modo, l'accesso a coloro che si ritrovano disoccupati tra i 55 e i 65 anni. A innescare le ultime dichiarazioni sulle pensioni 2015 - 2016 sono state le nuove dichiarazioni di Tito Boeri, presidente dell'Inps.

La Pensione anticipata è il trattamento pensionistico erogato che può essere raggiunto al perfezionamento del solo requisito contributivo indipendentemente dall'età anagrafica del beneficiario. Sostituisce, dal 2012, la pensione di anzianità.

L'istituto ha eliminato il requisito dell'età minima introdotto dalla legge 243/2004 ed ha previsto un sistema di disincentivazione che si realizza attraverso una riduzione del rateo in relazione al tempo mancante per il raggiungimento di un limite minimo di età fissato in 62 anni dalla legge 201/2011.

Più flessibilità per i paletti che regolano l'uscita dal mondo del lavoro come risposta all'allungamento di 4 mesi dell'età pensionabile (dal 2016) “imposta” dalla maggiore aspettativa di vita dei lavoratori. Messa giù in maniera molto semplice, è questo il quadro che da qualche mese caratterizza il dibattito sulla previdenza italiana.

Al momento, quello che è a conoscenza che la priorità di intervento sarà dare una soluzione ai casi di emergenza previdenziale degli esodati che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali (in linea con gli interventi di salvaguardia messi in campo negli ultimi anni: la VI salvaguardia per esodati e lavoratori precoci darà modo di accedere alla pensione anticipata privata anche con ampio anticipo), e di “veicolare” la riforma con la prossima legge di Stabilità. Insomma, per prima cosa, si tratterà di dare una mano a chi perde il lavoro e non è in grado, per varie ragioni, di maturare la pensione.

In questo scenario, un altro attore di primo piano come l'Inps è impegnato, con il nuovo presidente Tito Boeri, a portare acqua al mulino dei pensionamenti flessibili. Una proposta organica in questa direzione verrà presentata a giugno, ma Boeri, che ci sta lavorando con il ministero del Welfare, ne ha già anticipato la chiave di volta: una sorta di «reddito minimo» per gli over 55 che hanno perso il lavoro ma non hanno i requisiti per andare in pensione e non hanno nient'altro. Secondo il presidente Inps, per la sostenibilità della proposta potrebbero bastare 1,5 miliardi di euro da cercare risparmiando all'interno della protezione sociale, ad esempio guardando alle gestioni speciali.

C'è poi da tener d'occhio il fronte parlamentare, che vede la minoranza Pd in prima linea nel sollecitare il superamento della legge Fornero e la soluzione al problema esodati. In particolare, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, intende animare il dibattito sulle pensioni flessibili portando avanti senza tentennamenti l'iter della varie proposte sul tavolo della commissione. Il ddl C 857 sulla flessibilità in uscita (di cui è primo firmatario, già incardinato), punta a permettere l'accesso alla pensione dei lavoratori al compimento dei 62 anni a condizione di aver maturato 35 anni di contributi, con una penalizzazione massima dell'assegno pensionistico dell'8 per cento. La penalizzazione si riduce gradualmente negli anni successivi, dando modo di percepire il 100% dell'assegno al traguardo dei 66 anni di età. Previsto anche una sorta di “premio” del 2% per chi ritarda l'accesso alla pensione dal 66° al 70° anno di età.


Come anticipato le ultime novità sulle pensioni anticipate di donne e uomini nel 2015 e 2016 partono dalle dichiarazioni di Boeri, che ha nuovamente richiesto al Governo Renzi l'introduzione di criteri di flessibilità per il pensionamento anticipato, aggiungendo che giungerà una proposta di riforma da parte dell'INPS sui prepensionamenti, e che tale proposta sarà presentata entro il prossimo mese di giugno. Prioritaria in questa possibile riforma (qui abbiamo un forte punto di convergenza con le idee espresse più volte dal ministro Poletti) risulterebbe la risoluzione del problema dei soggetti in età avanzata, tra i 55 e i 65 anni, che hanno perso il lavoro e tuttavia non possono accedere alla pensione,

Sulla pensione anticipata con flessibilità in uscita Damiano ha già elaborato due soluzioni: prepensionamento dai 62 anni di età con 35 di contributi e penalizzazioni progressive e Quota 100. Va da sé che Damiano ha dimostrato apprezzamento per le idee simili espresse dal presidente dell'INPS, ricordando inoltre che in Commissione Lavoro si è già tornati a discutere sulle proposte di legge per le pensioni anticipate di donne e uomini, e che sono in calendario incontri con Poletti, lo stesso Boeri e le parti sociali. Dal canto suo Poletti ha ribadito la propria disponibilità a riflettere su una riforma pensioni orientata alla flessibilità e ha spinto ancora sulla necessità di considerare prioritario il caso dei disoccupati senza pensione in età avanzata: "Su questo tema" ha dichiarato il ministro, "siamo d'accordo con Boeri. Lui sta facendo le simulazioni, poi vedremo il da farsi".

A decorrere dal 1° gennaio 2012 i lavoratori dipendenti, autonomi, in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè lavoratori che erano nel sistema retributivo o misto al 31 Dicembre 2011) possono conseguire - ai sensi dell'articolo 24 comma 10 del DL 201/2011 - la pensione anticipata qualora, gli assicurati, abbiano maturato una anzianità contributiva pari a 42 anni ed un mese per gli uomini e a 41 anni ed un mese per le donne. Tale requisito contributivo va aumentato di un mese nel 2013 e di un ulteriore mese nel 2014.

Il requisito contributivo è inoltre soggetto agli adeguamenti alla speranza di vita di cui all'articolo 12, comma 12 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010. In forza di tale previsione, dal 1° gennaio 2013, il presupposto contributivo sopraindicato dovrà essere quindi aggiornato, con cadenza triennale, in relazione all'aumento della speranza di vita individuata secondo i criteri stabiliti dal decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze. Decreto da emanare almeno 12 mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento.

Tale provvedimento, dal 1º gennaio 2013, ha già aumentato di 3 mesi l'anzianità contributiva per il trattamento in parola e dal 1° gennaio 2016 il requisito contributivo aumenterà di altri 4 mesi. Attualmente i requisiti contributivi per la pensione anticipata, comprensivi degli ulteriori adeguamenti alla speranza di vita Istat individuati nella relazione alla Riforma Fornero del 2011, possono essere rappresentati dalla seguente tabella.

Ai fini del raggiungimento di tale requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa.

In altri termini è necessario perfezionare almeno 35 anni di contributi senza considerare i periodi di figurativi derivanti dalla disoccupazione indennizzata (tra cui anche l'Aspi e Mini-Aspi; cfr Circolare Inps 180/2014) e malattia.

Chi percepisce prima dei 62 anni di età il pensionamento anticipato subisce una penalizzazione sulle anzianità retributive maturate fino al 2011. Il taglio è pari al 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età e dell'1% per ogni anno prima dei 62. Pertanto un lavoratore che andasse in pensione anticipata a 59 anni subirebbe un taglio del 4% sulle anzianità retributive maturate entro il 2011.

La riduzione si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo. Pertanto, per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari a 18 anni al 31 dicembre 1995, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011; mentre, per coloro che hanno un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la cui pensione è liquidata nel sistema misto, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 1995.

La norma ha, inoltre, specificato che, nel caso in cui l'età raggiunta dal lavoratore al momento del pensionamento non sia interamente espressa in anni, la riduzione deve essere proporzionata al numero di mesi di età, oltre gli anni già raggiunti, che risulteranno raggiunti.

La Penalizzazione dal 1° Gennaio 2015 - Questo sistema di disincentivi è stato più volte oggetto di intervento da parte del legislatore, (l'ultimo con l'articolo 1, comma 113 della legge 190/2014) con cui si è disposto, in sostanza, la cancellazione della penalità sino al 31 Dicembre 2017. Per effetto di tale modifica, dunque, chi matura un diritto a pensione anticipata tra il 1° Gennaio 2015 e il 31 Dicembre 2017 non subirà più la decurtazione dell'assegno anche se non avrà raggiunto i 62 anni. Mentre la riduzione troverà applicazione a partire dal 1° Gennaio 2018.

I lavoratori il cui primo contributo versato è successivo al 31 dicembre 1995 (e che, quindi, hanno diritto alla liquidazione del trattamento pensionistico con il sistema contributivo) possono conseguire il trattamento anticipato al perfezionamento delle medesime anzianità contributive previste per i lavoratori nel sistema retributivo o misto e qui riportate.



martedì 16 dicembre 2014

Pensioni e prepensionamenti per il 2015



I meccanismi di uscita anticipata dovrebbero prevedere pensione anticipata a 62 anni con 35 anni di contributi e una serie di penalizzazioni e, al contrario, incentivi per chi decide invece di rimare a lavoro oltre i 66 anni e fino ai 70; uscita anticipata con prestito pensionistico, per lasciare il lavoro qualche anno prima rispetto ai 66 anni percependo un anticipo sulla pensione finale che dovrà poi essere restituito con piccole trattenute mensili una volta maturati i requisiti normalmente richiesti; e uscita a quota 100.

Ma restano da sciogliere i nodi su caso esodati, quota 96 della scuola, prepensionamenti e ricollocamenti dei dipendenti in esubero delle province, le cui soluzioni dovrebbero arrivare prima del prossimo anno. Ma il 2015 potrebbe essere anche l’anno degli interventi, negativi, già annunciati dal premier prima dell’estate, ma poi rimandati, vale a dire modifiche per le pensioni integrative, di invalidità e reversibilità, nonché novità sulle tanto discusse baby pensioni.

Come sappiamo, la Legge di Stabilità ha scombinato le carte del futuro pensionistico di molti lavoratori, soprattutto nel settore scolastico. Chi effettuerà domanda di pensione alla prossima scadenza del 15 gennaio 2015 (data ultima per la presentazione delle domande) dovrà tenere presente che sono state abolite alcune penalizzazioni destinate a coloro che effettuavano domanda di pensione senza aver raggiunto l'età anagrafica minima, che consisteva nel trattenimento dell'1% dell'assegno pensionistico per i primi due anni, cifra raddoppiata per ogni ulteriore anno fino al raggiungimento dei 62 anni di età.

Attenzione però: non tutti potranno beneficiare di questo sconto, ma solo quanti raggiungeranno la soglia d'età per la pensione entro il 2017. Non varia, al contrario, la norma che prevede il termine fino a due anni per la ricezione del trattamento di fine rapporto, nel caso di richiesta di pensione anticipata.

Rimangono immutati i requisiti per chi effettua domanda di pensione all'inizio del prossimo anno. I requisiti sono molto articolati. Vale la pena riassumerli a beneficio dei nostri lettori.

Per chi ha raggiunto i requisiti dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro del ministro Fornero è possibile richiedere la pensione di anzianità se si compiranno 66 anni e tre mesi entro il 31 agosto o entro il 31 dicembre, nel caso sia lo stesso lavoratore a presentare la domanda. Ovviamente, il requisito indispensabile è aver accumulato almeno vent'anni di contributi.

Chi non rientra nei requisiti precedenti potrà fare domanda di pensione anticipata, a patto che abbia i requisiti elencati di seguito. Per gli uomini è necessario raggiungere un'anzianità contributiva di 42 anni e mezzo entro la fine del 2015, mentre per le donne la soglia è inferiore di un anno. Identica la norma che regola la richiesta di pensione con il sistema contributivo, limitata però alle sole donne, che dovranno avere contributi per almeno 35 anni ed età anagrafica di almeno 57 anni.

Chi invece ha raggiunto i requisiti minimi per il pensionamento prima della riforma Fornero ma si trova ancora in attività potrà usufruire di criteri diversi e, più precisamente, ricevere la pensione di anzianità al raggiungimento della cosiddetta "quota 96" che prevede due casi specifici. Il primo è avere un'età superiore ai 60 anni e 36 anni di contribuzione, mentre il secondo prevede il raggiungimento di 61 di età e 35 di contribuzione (valgono anche le frazioni di anno). Valida per tutti l'opzione che permette di ricevere la pensione di anzianità con 40 anni di servizio, a patto che sia stata maturata entro il 2011.



lunedì 8 dicembre 2014

Pensioni per l’anno 2015, le modifiche e le novità



Proponiamo una guida alla pensione anticipata e di vecchiaia: requisiti contributivi e anagrafici da gennaio 2015, decorrenza, presentazione della domanda e strumenti di calcolo di contributi e pensioni.

La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui il lavoratore/lavoratrice raggiunge l’età pensionabile (o dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si raggiungono i requisiti ). Per i dipendenti la decorrenza scatta dal primo giorno del mese seguente alla presentazione della domanda (con cessazione del rapporto di lavoro). Requisito contributivo: anzianità minima di 20 anni al 31 dicembre 1995 (contributi versati o accreditati a qualsiasi titolo).

Requisito anagrafico donne:
dipendenti  settore privato: dal 1.01.2014 al 31.12.2015 63 anni e 9 mesi;
dipendenti settore pubblico: dal 1 .01.2013 al 31. 12.2015 66 anni e 3 mesi;
autonome e gestione separata: dal 1.01.2014 al 31.12.2015 64 anni e 9 mesi;

Requisito anagrafico uomini:
dipendenti nel pubblico e privato: dal 01.01.2013 al 31.12.2015 66 anni e 3 mesi;
autonomi e gestione separata: dal 1.01.2013 al 31.12.2015 66 anni e 3 mesi.

La pensione anticipata la possono richiederla lavoratori/lavoratrici dipendenti e autonomi iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e alle forme sostitutive, esonerative e integrative previa risoluzione del rapporto di lavoro. La decorrenza scatta dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda previa cessazione del rapporto di lavoro dipendente, non richiesta quando il soggetto svolge attività di lavoro autonomo. Le modalità di erogazione della pensione anticipata variano per:

soggetti con anzianità contributiva al 31.12. 1995 (per gli uomini 42 anni e 6 mesi dal 1.01.2014 al 31.12.2015, per le donne 41 anni e 6 mesi dal 1.01.2014 al 31.12.2015);

soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1.01.1996: anzianità contributiva per gli uomini di 42 anni e 6 mesi (dal 1.01.2014 al 31.12.2015) e per le donne di 41 anni e 6 mesi (dal 1.01.2014 al 31.12.2015). L’accesso alla pensione è vincolato al compimento di 63 anni di età (versati e accreditati almeno 20 anni di contribuzione effettiva e non figurativa).

Per coloro che accedono alla pensione anticipata al di sotto dei 62 anni di età, si applica sull’assegno pensionistico mensile una riduzione calcolata secondo il sistema retributivo pari a:

1% per ogni anno di pensione anticipata rispetto ai 62 anni; 2% per ogni anno ulteriore di anticipo.

La riduzione non opera per lavoratori:

con primo accredito contributivo a decorrere dal 1 gennaio 1996;

che maturano l’anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017 derivante solo da prestazione effettiva di lavoro, includendo i contributi obbligatori e quelli derivanti dalla ricongiunzione, i periodi di congedo per maternità, assolvimento obblighi di leva, malattia, infortunio e CIG ordinaria.

Pensione anticipata senza penalizzazioni previste dalla Riforma Fornero, nuovo tetto alle pensioni d’oro, aumento della tassazione dei fondi pensione e per le casse di previdenza private, rivalutazione del TFR: sono alcune delle novità previdenziali per il 2015 inserite nella Legge di Stabilità, su alcune delle quali si attendono modifiche nel corso dell’ultimo passaggio in Senato.

La Legge di Stabilità per il 2015 prevede che i lavoratori senza requisito anagrafico (62 anni) ma con quello contributivo pieno (42 anni e sei mesi per gli uomini, 41 anni e 6 mesi per le donne) entro il 2017, possano andare in pensione senza la decurtazione dell’assegno prevista dalla Riforma Fornero 2011 (1% in meno per ogni anno prima dei 62 anni, e 2% per ogni anno prima dei 60 anni). Si tratta di un punto della Legge di Stabilità su cui non si attendono più modifiche, per cui non dovrebbe esserci il rischio di marcia indietro (come successo l’estate scorsa per un analogo provvedimento inserito e poi stralciato dal Decreto sulla Riforma della PA).

L’attuale testo della Legge di Stabilità prevede un aumento della tassazione dall’11 al 20%, ma si attendono modifiche nel passaggio in Senato. L’ipotesi più probabile vede un’aliquota del 17%, la stessa prevista per la rivalutazione del TFR (che pure è stata alzata rispetto all’attuale 11% e su cui non si attendono cambiamenti).

Casse di previdenza
L’attuale formulazione della Legge di Stabilità prevede un incremento della tassazione dal 20 al 26% (equiparandola alle rendite finanziarie), ma si lavora per far restare l’aliquota al 20%.

L’Opzione donna si tratta della possibilità, prevista dalla legge 243 del 2004, per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 57 anni d’età di andare in pensione, se lo vogliono, ma con l’assegno interamente calcolato col contributivo, che di regola comporta un taglio del 15-20%, rispetto al calcolo retributivo. L’opzione scade il 31 dicembre 2015. L’Inps, contrariamente a quanto disposto in precedenza, ha deciso di continuare ad accettare le domande di chi matura i requisiti fino alla fine del 2015. La Ragioneria aveva invece spinto per una interpretazione che, tenendo conto della vecchia «finestra mobile», chiudesse l’operazione nel 2014. L’Inps attende ora le indicazioni del ministero del Lavoro al quale si è rivolto mentre la stessa legge 243 prevede che entro il 2015 il governo decida se prorogare l’«opzione donna». Una ipotesi che potrebbe essere presa in considerazione, magari alzando la soglia dei 57 anni.

L’INPS ha appena annunciato che le lavoratrici possono continuare a far richiesta fino al dicembre 2015: le domande non saranno rigettate in attesa di chiarimenti dal Ministero del Lavoro.

Sono passati tre anni dal 6 dicembre 2011, quando col decreto salva Italia il governo Monti decise una stretta sulle pensioni senza precedenti. La riforma Fornero abolì infatti le pensioni di anzianità, aumentò l’età per quella di vecchiaia a 66 anni ed estese il calcolo contributivo pro rata a tutti i lavoratori. Ma nemmeno la riforma Fornero sarà l’ultima. Con insistenza tra gli addetti ai lavori si parla di un provvedimento di legge del governo che potrebbe arrivare a gennaio per introdurre qualche elemento di flessibilità sull’età pensionabile.

All’Inps pensano che sia necessaria qualche modifica alla riforma Fornero. Lo aveva detto il precedente commissario straordinario, Vittorio Conti, e lo ha ribadito l’attuale, Tiziano Treu. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha ripreso in mano il vecchio progetto di una minipensione anticipata (6-700 euro al mese) erogata dietro richiesta dei lavoratori cui manchino 2-3 anni ai requisiti Fornero e che poi verrebbe restituita in piccolissime rate dal momento in cui scatta la pensione piena.



Invio domanda di pensione INPS
Online dal sito INPS (www.inps.it) dotati di PIN;
tramite Contact Center al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento;
tramite CAF, Patronato e intermediari autorizzati dall’INPS.

L’INPS mette a disposizione l’Estratto Conto Contributivo per aiutare a capire quanto manca per andare in pensione visualizzando l’elenco dei contributi versati: lo strumento è raggiungibile dal sito dell’istituto, dotati di PIN, seguendo il percorso Servizi online > Servizi per il cittadino > Inserimento codice identificativo PIN > Fascicolo Previdenziale del Cittadino (dal menu a sinistra) > Posizione Assicurativa > Estratto Conto.


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