Visualizzazione post con etichetta requisiti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta requisiti. Mostra tutti i post

martedì 2 agosto 2016

Inps: nuove istruzioni per la cassa integrazione ordinaria


L'Inps ha fornito le istruzioni per la concessione della cassa integrazione ordinaria. Il documento completa il quadro normativo a seguito delle novità introdotte dal decreto legislativo 148/2015 del Jobs act quasi un anno fa e dal decreto ministeriale 95442, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale lo scorso 14 giugno, relativo ai criteri per l’esame delle domande di Cigo.

A differenza di quanto avvenuto in passato, per chiedere la cassa integrazione è necessario presentare una relazione tecnica dettagliata sullo stato di salute dell’azienda con l’obiettivo di “certificare” la temporaneità della situazione di difficoltà e quindi la concreta possibilità di una ripresa dell’attività a pieno regime, come già ribadito dallo stesso Inps a inizio luglio con il messaggio 2908/2016.

L'Inps ha precisato che il nuovo procedimento di concessione della CIGO, che si applica alle domande presentate a partire dal 29 giugno 2016, sarà a breve gestito esclusivamente con il sistema del Ticket, cioè attraverso un codice che servirà per la presentazione della domanda da parte dell'azienda.

Le novità principali della procedura sono:

la competenza esclusiva delle sedi Inps alla concessione della prestazione, con la corrispondente soppressione delle Commissioni provinciali CIGO;

l'individuazione di criteri univoci e standardizzati per la valutazione delle domande;

l'obbligo per le aziende richiedenti di predisporre una relazione tecnica dettagliata in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, che indichi gli elementi probatori indispensabili per la concessione della CIGO (la relazione è obbligatoria anche in caso di richiesta di proroga della domanda originaria);

la facoltà dell’Inps di svolgere un supplemento istruttorio richiedendo all'azienda un'integrazione dei documenti.

La CIGO era e resta un istituto invocabile per crisi di breve durata e di natura transitoria. Il ricorso all'integrazione salariale è infatti ammesso nei casi già contemplati dall'art. 11 del D.Lgs. n. 148/2015: situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali, e situazioni temporanee di mercato.

Oltre alla relazione obbligatoria l’azienda ha facoltà di presentare ulteriore documentazione, relativa, ad es., alla solidità finanziaria dell’impresa o a report concernenti la situazione temporanea di crisi del settore, oppure alle nuove acquisizioni di ordini o alla partecipazione qualificata a gare di appalto, all’analisi delle ciclicità delle crisi e alla CIGO già concessa.

Il provvedimento di concessione o di rigetto (totale o parziale) della CIGO deve contenere una congrua motivazione, che menzioni gli elementi documentali e di fatto esaminati e le ragioni che hanno determinato l’adozione del provvedimento, anche in relazione alla prevedibilità ex ante della ripresa dell’attività.

Requisito comune a tutte le fattispecie è la transitorietà della crisi aziendale: deve essere prevedibile, al momento della presentazione della domanda di CIGO, la ripresa della normale attività lavorativa.
L’INPS sottolinea che le aziende soggette a cicliche contrazioni dell’orario di lavoro in periodi ricorrenti causate da particolari caratteristiche del processo produttivo non possono accedere all’intervento di CIGO durante tali soste, siano o no le stesse a carattere stagionale.

Altro requisito trasversale è la “non imputabilità”, intesa come involontarietà, mancanza di imperizia e negligenza delle parti, ma anche non riferibilità dell’evento all’organizzazione o programmazione aziendale.

Si ribadisce infine che la mono-committenza non può costituire elemento di valutazione ai fini della concessione o meno della CIGO e quindi non è, di per sé, causa di rigetto della domanda.

L’INPS,inoltre ha  affermato che in linea di massima la causale non è integrabile, in quanto la sospensione dell’attività lavorativa è già contemplata nel capitolato di appalto ed è quindi connessa al rischio di impresa.

Soltanto in caso di circostanze del tutto imprevedibili, casi fortuiti o di forza maggiore,
che inducano l’azienda committente ad ordinare la sospensione dei lavori, sarà possibile ricorrere alla CIGO

Le causali previste dal decreto ministeriale
mancanza di lavoro/commesse da parte di un’impresa che abbia avviato l’attività produttiva da più di un trimestre;

crisi di mercato o settore merceologico, per un’azienda che abbia avviato l’attività produttiva da almeno un trimestre.

In entrambi i casi, nella relazione tecnica dettagliata, deve essere data prova di un andamento involutivo degli ordini e delle commesse perdurante nel tempo. In questo caso costituiscono elementi probanti: il significativo calo di ordini e commesse, la diminuzione dei consumi energetici, l’andamento involutivo e/o negativo del fatturato, o del risultato operativo, o del risultato di impresa o dell'indebitamento rispetto alle due annualità precedenti l’anno in cui il periodo di integrazione è richiesto.

fine cantiere/fine lavoro: si tratta di brevi periodi di sospensione dell’attività lavorativa tra la fine di un lavoro e l'inizio di un altro che non devono essere superiori a tre mesi. Nella relazione va documentata la prevista durata dei lavori nonché la fine degli stessi;


fine fase lavorativa è caratterizzata, invece, dalla sospensione dell’attività di lavoratori specializzati in una particolare lavorazione che, terminata la fase di lavoro cui sono addetti, rimangono inattivi in attesa di un nuovo reimpiego. La sospensione tuttavia non deve interessare l’intera maestranza;

perizia di variante e suppletiva: sospensioni dell’attività lavorativa dovute a situazioni di accertata imprevedibilità ed eccezionalità non imputabile alle parti o al committente. La fattispecie non deve derivare dalla necessità di variare i progetti originari o di ampliare gli stessi per esigenze della committenza sopraggiunte in corso d’opera, ma da situazioni di accertata imprevedibilità ed eccezionalità non imputabile alle parti o al committente. Non sono pertanto integrabili sospensioni dovute ad esigenze della committenza di  variare i progetti originari o di ampliare gli stessi sopraggiunte in corso d’opera (ampliamento dei lavori per l’utilizzo dei ribassi delle basi d’asta, modifiche progettuali, necessità di provvedere a nuovi calcoli ecc.).

In questo caso possono essere presentati i seguenti ulteriori elementi: copia del contratto con il committente, copia del verbale del direttore dei lavori attestante la fine fase lavorativa, la documentazione probante o dichiarazione della pubblica autorità circa l'imprevedibilità della variante per le richieste motivate da perizia di variante e suppletiva.

mancanza di materie prime/componenti, non imputabile all’azienda. A corredo della domanda, le imprese dovranno, in particolare, documentare con la relazione tecnica dettagliata sia le modalità di stoccaggio seguite, sia la data dell'ordine delle materie prime o delle componenti, attraverso infruttuose ricerche di mercato effettuate (tramite e-mail, contatti epistolari etc. ).

eventi meteo: nella relazione tecnica dettagliata va dettagliata l'attività e/o la fase lavorativa in atto al verificarsi dell'evento insieme alle conseguenze che l'evento stesso ha determinato. Alla relazione tecnica vanno allegati i bollettini meteo rilasciati da organi accreditati. Le Direzioni regionali potranno fornire indicazioni sugli enti o organismi usualmente consultati dalle Sedi territoriali per la verifica della sussistenza degli eventi meteo. Le imprese industriali svolgenti attività di impiantistica non al coperto, sono tenute a provare che l’attività aziendale espletata non poteva proseguire al coperto, senza un aumento dei costi, il prolungamento dei tempi di lavoro e/o il pregiudizio per la qualità dei prodotti o dei servizi resi.



Pensione: anzianità e anticipata requisiti e tabelle



A decorrere dal 1° gennaio 2012, dunque i soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 possono conseguire il diritto alla pensione di anzianità al perfezionamento dei  requisiti anagrafici che seguono, suddivisi per categorie di lavoratori ( Per gli anni futuri i requisiti  sono da adeguare alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.)

a)  per le lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti:
 dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 62 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 62 anni e 3 mesi
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 63 anni e 9 mesi
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni  e 3 mesi ( req. da adeguare a speranza di vita)
dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni  e 3 mesi da adeguare a speranza di vita)

2)  per le lavoratrici iscritte alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata ( legge 8 agosto 1995, n. 335):

dal 1° gennaio 2012 al 31dicembre 2012 63 anni e 6 mesi
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 63 anni e 9 mesi
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 64 anni e 9 mesi
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni e 9 mesi (req da adeguare)
dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (req. da adeguare)

c)  per i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e per le lavoratrici dipendenti iscritte alle forme esclusive dell'A.G.O. di cui all’art 22-ter, comma 1, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 nonché  per i lavoratori iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata :

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 66 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 66 anni e 3 mesi (req. adeguato)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi ( req. da adeguare)

Nulla è modificato in materia di età anagrafica e di disciplina delle decorrenze per l’accesso alla pensione di anzianità per i seguenti soggetti:

- non vedenti (art. 1, comma 6,  del d. lgs. n. 503 del 1992; circ. n. 65  del 1995);

- invalidi in misura non inferiore all’80% (art. 1, comma 8, del d. lgs. n. 503 del 1992; circ. 65 del 1995).

Requisiti contributivi
Il diritto alla pensione di vecchiaia si consegue  esclusivamente in presenza di un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni. Ai fini del raggiungimento di tale requisito è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato.

A decorrere dal 1° gennaio 2012, i soggetti con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996 possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia al ricorrere di una delle seguenti condizioni:

maturazione degli stessi requisiti anagrafici e contributivi previsti al punto 1.1, a condizione che l’importo della pensione risulti essere non inferiore, per l’anno 2012, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (c.d. importo soglia).

Il predetto importo soglia è annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare.

b) 70 anni di età e 5 anni di contribuzione “effettiva”, a prescindere dall’importo della pensione.

Ai fini del requisito di 5 anni di contribuzione si precisa che è utile solo la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto) con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo.

Dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 il requisito anagrafico di 70 anni, al fine dell’adeguamento alla speranza di vita, è incrementato di tre mesi, per effetto del D.M. 6 dicembre 2011. In attuazione dell’art. 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il requisito in questione potrà subire ulteriori incrementi di adeguamento.

TABELLA PENSIONE ANTICIPATA
Decorrenza Uomini Donne
dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 42 anni e 1 mese
(pari a 2189 settimane) 41 anni e 1 mese
(pari a 2137 settimane)
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 42 anni e 5 mesi
 (pari a 2206 settimane) 41 anni e 5 mesi
(pari a 2154 settimane)
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 42 anni e 6 mesi
 (pari a 2210 settimane) 41 anni e 6 mesi
(pari a 2158 settimane)
Dal 1° gennaio 2016 42 anni e 10 mesi (pari a 2228 settimane) 41 anni e 10 mesi (pari a 2176 settimane)
Dal 1° gennaio 2017 42 anni e 10 mesi
(pari a 2228 settimane) 41 anni e 10 mesi (pari a 2176 settimane)
Dal 1° gennaio 2018 42 anni e 10 mesi
(pari a 2228 settimane) 41 anni e 10 mesi (pari a 2176 settimane)
Dal 1° gennaio 2019 43 anni e 02 mesi
(pari a 2245 settimane) 42 anni e 02 mesi (pari a 2193 settimane)
Dal 1° gennaio 2020 43 anni e 02 mesi
(pari a 2245 settimane) 42 anni e 02 mesi (pari a 2193 settimane)

La pensione anticipata dal 2017

Tali lavoratori potranno andare in pensione con il pagamento di una rata di ammortamento di 20 anni, con la copertura assicurativa ed una detrazione fiscale sulla parte del capitale anticipato per alcuni soggetti più deboli. Non c'è nessuna penalizzazione ma solo una rata di ammortamento di 20 anni, che è una penalizzazione implicita, con copertura assicurativa, e una detrazione fiscale modulata rispetto a chi è più o meno meritevole di tutela.

Sull’applicazione dell’APE, si pongono però una serie di problemi:

lo Stato dovrebbe coprire i costi per l’anticipazione e lo Stato ha la copertura?

in caso di morte del lavoratore, prima dei 20 anni previsti per l’ammortamento, cosa si fa?

verrà gestito dalle assicurazione e dalle banche, visto che si chiede una copertura assicurativa;

qual è il ruolo dell’Inps.

Inoltre, tutti gli altri lavoratori che avranno raggiunto i 63 anni di età con reddito alto o che comunque hanno raggiunto la quota di rendita pensionistica,  potranno andare in pensione ma con decurtazioni sull’assegno che potrebbero essere alte. Nella seduta del 10 giugno si parlava del 15%.



martedì 12 luglio 2016

Lavoratori autonomi:estese le indennità di maternità e paternità



Nella Circolare n. 128, l’INPS comunica di aver recepito l’estensione delle tutele in materia di paternità e maternità introdotta dal Jobs Act in favore di lavoratori e lavoratrici autonomi: la circolare esplicita le modalità di verifica della spettanza e di presentazione dell’istanza per la fruizione dei periodi di maternità e paternità.

L’INPS, con la Circolare n. 128 dell’11 luglio 2016, interviene in materia di indennità di paternità in favore di lavoratori autonomi e di maternità per le lavoratrici autonome. Si tratta di una estensione, operata dal Jobs Act, delle tutele genitoriali, previste in via sperimentale per l’anno 2015, ma successivamente estese anche agli anni successivi.

Il riferimento normativo è il decreto legislativo n. 80/2015 con il quale sono stati modificati gli artt. 28, 66 e 67 del T.U. maternità/paternità (D.Lgs. 151/2001). L’indennità di paternità per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli a titolo principale, pescatori autonomi della piccola pesca) era stata introdotta in via sperimentale per il solo anno 2015, poi la misura è stata resa strutturale dal Dlgs 148/2015 con effetto dal 25 giugno 2015.

Requisiti
Il tutto a patto che la madre sia lavoratrice dipendente o autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola a titolo principale pescatrice autonoma della piccola pesca) e che il padre rimanga l’unico genitore al verificarsi dei seguenti eventi:
morte o grave infermità della madre;

abbandono del figlio da parte della madre;

affidamento esclusivo del figlio al padre.

Il padre autonomo deve inoltre essere iscritto ad una delle Gestioni INPS per i lavoratori autonomi (Artigiani, Esercenti attività commerciali, Coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni) oppure, nel caso si tratti di pescatori autonomi, al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. L’iscrizione può avvenire anche in data successiva all'inizio dell’attività.

L’INPS fa presente che, anche per i padri autonomi, non sussiste obbligo di astensione dal lavoro nei periodi indennizzati a titolo di indennità di paternità.
L’indennità di paternità è riconoscibile in relazione agli eventi verificatisi a partire dal 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto, o comunque, qualora l’evento si sia verificato in data anteriore al 25 giugno 2015 per gli eventuali periodi dal 25 giugno in poi.
L’indennità di paternità è riconosciuta a domanda dell’interessato, da presentare entro il termine prescrizionale di un anno, alla Struttura Inps competente in modalità cartacea o anche tramite pec o raccomandata con ricevuta di ritorno.

Indennità di paternità
L’indennità di paternità è riconoscibile dalla data in cui si verifica l’evento fino alla fine del periodo post partum che sarebbe spettato alla madre lavoratrice:
se la madre è lavoratrice dipendente, il congedo post partum coincide con i 3 mesi dopo il parto più eventuali periodi di congedo di maternità ante partum non goduti;
se la madre è lavoratrice autonoma, l’indennità post partum spetta per i 3 mesi dopo il parto.

La data del parto può invece essere indennizzata solo a favore della lavoratrice madre avente diritto all’indennità. Non esiste alcun obbligo per i padri autonomi di astensione dal lavoro nei periodi indennizzati a titolo di indennità di paternità, analogamente a quanto previsto per le lavoratrici autonome.

L’indennità è calcolata in base alle stesse regole previste per l’indennità di maternità ed è pari quindi all’80% di un importo giornaliero individuato a seconda dell’attività autonoma svolta:
per gli artigiani e gli esercenti attività commerciali l’indennità è pari all’80% del limite minimo di retribuzione giornaliera fissata, rispettivamente per gli impiegati dell’artigianato e del commercio con riferimento all’anno in cui inizia l’indennità di paternità;
per i lavoratori autonomi agricoli (coltivatori diretti, coloni e mezzadri, imprenditori agricoli) l’indennità è pari all’80% del limite minimo di retribuzione per la qualifica di operai dell’agricoltura con riferimento all’anno precedente il parto (o l’ingresso in famiglia o in Italia in caso di adozione o affidamento);
per i pescatori, l’indennità è pari all’80% del salario giornaliero convenzionale per i pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne associati in cooperativa di cui alla legge 13.3.1958, n. 250, fissato per l’anno in cui inizia l’indennità di paternità.

Domanda
Per il conseguimento della prestazione, l’interessato deve presentare apposita domanda all’INPS, per ora ancora in modalità cartacea, entro il termine prescrizionale di un anno decorrente dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile, utilizzando il modello SR01 (domanda di indennità maternità/paternità), appositamente aggiornato e disponibile sul sito istituzionale, nella sezione modulistica. La domanda dovrà essere inoltrata all’INPS di competenza tramite Posta Elettronica Certificata (serve la PEC, non è sufficiente una email ordinaria) o mezzo equivalente (raccomandata con ricevuta di ritorno o presentazione della domanda allo sportello).

L’Istituto rende noto che, entro settembre, sarà data comunicazione dell’avvenuto aggiornamento delle applicazioni per l’acquisizione delle domande per via telematica. Successivamente, la domanda di paternità, anche per i casi in argomento, dovrà essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso i consueti canali (WEB, Contact center multicanale o Patronati).

Per i periodi non fruiti dalla madre lavoratrice (dipendente o autonoma), in caso di morte o grave infermità della stessa, di abbandono del minore o di affidamento esclusivo del bambino al padre, il diritto si estende al padre. Non è prevista invece la possibilità di rinuncia all'indennità da parte della madre, lavoratrice dipendente o autonoma, a favore del padre autonomo.

L’INPS comunica che le applicazioni per l'acquisizione delle domande per via telematica sono state aggiornate per consentire l’acquisizione:

- in caso di adozione o affidamento preadottivo nazionale di un periodo fino a 5 mesi, a prescindere dall’età del minore;

- in caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale, l’inserimento di periodi precedenti l'ingresso del minore in Italia.



mercoledì 13 aprile 2016

Assunzioni nel settore agricolo: come fruire dello sgravio contributivo


L’INPS ha emanato le istruzioni operative per la fruizione dello sgravio sulle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dai datori di lavoro agricolo, riepilogando le condizioni di spettanza e la procedura specifica da osservare. In particolare, è previsto l’obbligo di inoltrare una comunicazione preventiva all’assunzione esclusivamente in via telematica e, in caso di accoglimento dell’istanza, la successiva stipula del contratto di assunzione entro il termine perentorio di quattordici giorni lavorativi. A seguire, il datore di lavoro agricolo deve presentare la domanda definitiva di ammissione al beneficio.

Con la circolare Inps n. 57 del 29 marzo 2016, vengono fornite le istruzioni per la fruizione dell’esonero contributivo, che prevede la riduzione del 40% dei contributi previdenziali per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel corso del 2016.

La riduzione, introdotta dalla legge di stabilità 2016 per promuovere forme di occupazione stabile, riguarda le assunzioni di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, non hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato e prevede, per due anni dalla data di assunzione, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro nella misura del 40% del loro ammontare, entro un massimo di € 3.250 su base annua.

L’esonero si applica a tutti i datori di lavoro privati, esclusi i datori di lavoro domestico e con condizioni differenziate per le aziende agricole, e riguarda tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato (sia nuove assunzioni che trasformazioni), compresi i casi di regime di part-time, con l’eccezione dei contratti di apprendistato.

Dal punto di vista soggettivo, come chiarisce l’INPS, “l’esonero contributivo è rivolto all’assunzione di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, risultano privi di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Pertanto, esso assume la natura tipica di incentivo all’occupazione".

La circolare INPS numero 57/2016 in materia di bonus assunzioni 2016 ribadisce i requisiti che i datori di lavoro devono possedere per fruire dell’esonero contributivo biennale specificando che l’esonero contributivo medesimo non spetta ove ricorra una delle seguenti condizioni:

lavoratori che sono disoccupati da oltre 6 mesi: in tal caso il bonus spetta qualora il lavoratore non abbia ricoperto alcuna occupazione per un periodo pari o superiore ai 6 mesi che hanno preceduto l’assunzione;

lavoratori con contratto a tempo determinato: in questo caso, l’incentivo per l’assunzione a tempo indeterminato spetta comunque anche se il dipendente assunto ha svolto, nei 6 mesi precedenti, un lavoro con contratto a termine;

lavoratori Co.co.co. o Partita IVA: anche il caso del lavoratore autonomo o con contratto parasubordinato, non avendo instaurato nei 6 mesi precedenti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, darà diritto allo sgravio;

somministrazione: quando il lavoratore viene assunto in somministrazione può comunque beneficiare dell’agevolazione, soltanto però se a tempo indeterminato, indipendentemente dalla durata delle missioni presso uno o più utilizzatori;

trasferimenti d’azienda o cambi d’appalto: qualora sussistano trasferimenti d’azienda (o di fusione per incorporazione) oppure cambi d’appalto, il dipendente ha comunque diritto al bonus, che in questo modo transita alla ditta che subentra.

Al fine di agevolare le attività di competenza delle aziende, il codice di autorizzazione per la fruizione del beneficio è il medesimo utilizzato nel 2015 per l’esonero contributivo integrale introdotto dalla legge di stabilità 2015: 6Y (aziende UniEmens e datori di lavoro iscritti alle gestioni previdenziali pubbliche). Le autorizzazioni per l’assunzione agevolata dei lavoratori del settore agricolo, per le quali è previsto un tetto annuo di spesa, sono effettuate tramite le procedure telematiche predisposte dall’Inps, che fornirà all’azienda l’esito dell’autorizzazione entro tre giorni dall’invio della relativa richiesta.

I datori di lavoro agricoli che intendano fruire del beneficio in oggetto per l’assunzione di impiegati e/o dirigenti, devono, pertanto, inviare preventivamente un modulo telematico di richiesta della fruizione dell’incentivo.

Il modulo telematico si compone di due distinte sezioni: nella prima sezione, l’utente richiede la prenotazione delle somme a titolo di esonero contributivo per l’assunzione. Entro tre giorni dall’invio dell’istanza, l’INPS verifica la disponibilità delle risorse ed, esclusivamente in modalità telematica, comunica che è stato prenotato in favore del datore di lavoro richiedente l’importo del beneficio per il lavoratore indicato nell’istanza preliminare.

mercoledì 24 febbraio 2016

Aprire una Srl semplificata a 1 Euro: regole, requisiti e costi


La Srl Semplificata che permette di avviare una startup con soltanto 1 euro di capitale e altri 168 euro per l’imposta di registro. Infatti, da agosto 2013 non esistono più le S.r.l. a capitale ridotto. Ora anche le S.r.l. normali si possono costituire con capitale sociale minimo di 1 Euro, invece che Euro 10 mila come in passato. E sono esenti da spese notarili e diritti di bollo.

La SRL semplificata è a tutti gli effetti è una soggetto giuridico al pari di una SRL che per la sua costituzione ci vorrà un capitale minimo da sottoscrivere simbolico e pari ad un euro e al rispetto di alcuni requisiti e comunque con capitale inferiore ai 9.999 euro che dovrà essere interamente sottoscritto e versato. Il capitale sociale dovrà essere formato solo di denaro non potendo prevedere anche conferimento in natura, d’opera o immobili o altro bene o servizio diverso.

Per accedere al regime semplificato e agevolato delle SRL semplificata veniva stabilito che potevano aprire una srl solo le persone fisiche che alla data della costituzione hanno meno di 35 anni di età. Tuttavia fortunatamente è stata superata questa previsione e quindi l’obbligo ed il limite di età non esiste più.

Non sarà possibile ovviamente avere soci all'interno che abbiano oltre 35 anni e sarà possibile associarsi con altre persone sempre che rispettino i requisiti anagrafici per aprire questo nuovo tipo di società. Per coloro che hanno oltre 35 anni di età si parla di società a responsabilità limitata a capitale ridotto o anche SRLcr.

Per l’apertura della SRL ordinaria in cui si doveva stimare le cosiddette spese di impianto ed ampliamento ossia i costi di costituzione legate alle talvolta salate parcelle del notaio che potevano andare dai 1500 a 3000, o 40000 euro per una srl con capitale sociale minimo qui assistiamo all’abolizione delle previsione dell’atto pubblico per la sua costituzione eliminando così oltre alla richiesta di finanziamento iniziale del capitale anche la fattura del notaio. Questo vale anche per le successive modificazioni dello statuto che non necessiteranno più dell’atto pubblico dal notaio essendo sufficiente la comunicazione per tutte le fattispecie di una semplice (da cui il nome della nuova SRL) comunicazione telematica al registro delle imprese mediante la procedura della SCIA o le altre procedure messe a disposizione dal legislatore fiscale e dall'amministrazione finanziaria.

L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e contenere i dati anagrafici e requisiti della società, la denominazione sociale contiene l’indicazione di società a responsabilità limitata. Il capitale sociale è compreso fra uno e 9.999 euro, è sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve essere in denaro e versato all'organo amministrativo. Vanno indicati gli amministratori (che, rispetto alla regola originaria, non devono più essere soci).

Adempimenti e costi
Non si paga. Per l’atto costitutivo, il notaio controlla i requisiti senza chiedere onorari ed entro 20 giorni deposita l’atto presso l’Ufficio del Registro Imprese tramite software ComUnica, senza spese per i diritti di segreteria e bollo.

Si paga. I costi dovuti sono il diritto annuale alla Camera di Commercio, l’imposta di registro, la denuncia inizio attività.

Un discorso a parte meritano i costi relativa alla tassa di concessione governativa di € 309,87 per i libri sociali. Per le Srls, infatti, c’è l’obbligo di contabilità ordinaria, nonché di deposito del bilancio di esercizio presso il registro imprese e di tenuta dei libri sociali.

E’ possibile modificare lo statuto per passare da Srl semplificata a ordinaria ma serve che l’atto costitutivo (o Statuto) risultante dalle modificazioni sia conforme alla disciplina del modello di destinazione e che siano rispettati i requisiti soggettivi dei soci. Per quanto riguarda in particolare il passaggio da Srl semplificata alla forma di Srl ordinaria, è necessario il contestuale aumento del capitale sociale ad almeno 10mila euro, con modalità analoghe a quanto avviene in caso di trasformazione di una srl (con capitale inferiore a euro 120.000) in SpA, senza che risulti necessario accertare il valore del patrimonio sociale mediante una relazione di stima. Quindi, non è necessaria la perizia di stima del patrimonio sociale che, invece, è per esempio richiesta nel caso di trasformazione di una società di persone in Srl. Questo perché in sostanza si rimane all’interno della disciplina della stessa tipologia societaria, la Srl.

Passaggio da Srl ordinaria
Infine nel caso opposto, di passaggio da Srl ordinaria a Srls, è necessario ridurre il capitale sociale sotto i 10mila euro. Ne consegue che il passaggio può essere deliberato:

con efficacia immediata (salva l’iscrizione nel registro delle imprese) in caso di riduzione del capitale sociale per perdite, anche ai sensi dell’art. 2482-ter del codice civile;

con efficacia subordinata al decorso del termine di 90 giorni nel caso in cui la riduzione del capitale sociale avvenga in base all‘art 2482 del codice civile (rimborso ai soci).

Oltre alla stipula dell’atto costitutiva e all'apertura della partita Iva dovrete effettuare anche l’iscrizione nel Registro delle imprese che nei casi di una SRL ordinaria saranno soggetti al pagamento di imposte di bollo e diritti di segreterie mentre in questi casi saranno esenti e non so se l’ho scritto prima ma anche gli onorari del Notaio dovranno essere pari a zero se non limitatamente al versamento dell’imposta di registro.

Denominazione sociale della SRLs
Essendo attenuato per così dire il regime di garanzia nei confronti dei terzi, al pari di quanto visto per le società in liquidazione, la denominazione sociale e la corrispondenza dovrà contenere la dicitura società a responsabilità limitata semplificata o SRLs.

Inoltre non saranno dovuti neanche bolli o tasse o registro iniziali che nell’atto pubblico erano richieste e anche talvolta care per le tasche di giovani in cerca di fortuna e con delle buone idee ma i portafogli vuoti. Altri requisiti di minore rilevanza sono che i soci devono prevedere nello statuto societario il diritto di recesso esercitabile in 15 giorni da parte di ciascun socio.




martedì 23 febbraio 2016

Pensioni cosa cambia dal 2016



Aumentano dal 2016 i requisiti per andare in pensione, in attuazione dell’adeguamento alle speranze di vita, con quattro mesi in più di età e un adeguamento di 0,3 punti per chi ancora si ritira con il sistema delle quote: la circolare INPS 63 del 20 marzo 2015 spiega nel dettaglio tutti i requisiti per le pensioni delle varie categorie di lavoratori (uomini o donne, dipendenti o autonomi). Vediamo con precisione come si alza dal primo gennaio 2016 l’età pensionabile per le pensioni di vecchiaia, di anzianità, e per la pensione anticipata.

Quattro mesi in più per una «aspettativa di vita» che si va naturalmente allungando. E che fa salire di quattro mesi, appunto, il tempo per andare in pensione: non più i 66 anni e tre mesi di età fissati fino al 2015, ma 66 anni e sette mesi che saranno invece necessari dal primo gennaio prossimo per lasciare il lavoro. Prolungamento imposto più che consigliato dalla crescita della cosiddetta «aspettativa media di vita», che è diventata parametro fondamentale del sistema previdenziale Inps. Attenzione, i quattro mesi in più si sommano sia al minimo di età richiesto per l'assegno di vecchiaia che al minimo di anni di contributi per la pensione anticipata.

Comunque il risultato finale, come spiega una circolare dell'Inps, è che tra il 2016 e il 2018 gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (minimo venti anni di contributi). Le donne del settore privato dovranno avere 65 anni e sette mesi (66 anni e sette mesi nel 2018), mentre le lavoratrici autonome dovranno aver raggiunto un'età di 66 anni e un mese (66 anni e sette mesi nel 2018). Per le dipendenti pubbliche l'assegno di vecchiaia è fissato con i tempi degli uomini: 66 anni e sette mesi. Cresce sempre di fatidici quattro mesi anche il massimo di età in base al quale il lavoratore dipendente può chiedere di restare sul posto di lavoro: a partire dal 2016 sarà di 70 anni e sette mesi. Serviranno ancora quattro mesi in più per acquisire la pensione di vecchiaia prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, cioè con l'avvio del sistema contributivo. Si va da 63 anni e tre mesi a 63 anni e sette mesi. Comunque e sempre in presenza di almeno 20 anni di contributi già versati.

Un sistema che fissa anche altri principi. Per esempio, quello riguardante le regole della pensione anticipata. Per lasciare il lavoro, rispetto all'assegno di vecchiaia, gli uomini devono avere attualmente almeno 42 anni e sei mesi di contributi mentre per le donne sono sufficienti 41 anni e sei mesi. Regole che resteranno sino alla fine di quest'anno. Poi, dall'anno prossimo, il requisito sarà innalzato a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne. Cioè queste ultime potranno contare su uno sconto di un anno.La riforma Fornero oltre a fissare una serie di penalizzazioni rispetto alla pensione anticipata, è alla base delle tabelle elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato che fotografano il progressivo status del sistema fino al 2050 tenendo conto naturalmente dell'ormai imprescindibile parametro della «speranza di vita». In base a queste stime l'età per la pensione di vecchiaia salirà progressivamente fino a 70 anni nel 2050, quando gli anni di contributi necessari per raggiungere la pensione anticipata saranno arrivati a quota 46 e tre mesi. Intanto ieri il presidente dell'Inps Tito Boeri ha annunciato entro giugno una proposta di riforma per introdurre più flessibilità nell'età.

Ciò significa che dal 1° gennaio 2016 verranno rivisti i requisiti per il conseguimento della pensione di anzianità, quello per la maturazione della pensione di vecchiaia (ovvero 65 anni per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e 60 anni per le donne del privato), il requisito anagrafico dei 65 anni per la pensione con il sistema contributivo e il requisito dei 40 anni di contributi ai fini della maturazione del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica.

In pratica età e anzianità contributiva sono aggiornate in funzione dell’incremento della speranza di vita – 65 anni – in rifermento alla media della popolazione residente in Italia, accertata dall’Istat in relazione al triennio di riferimento. L’emendamento prevede che, nella prima applicazione, l’aggiornamento non può essere in ogni caso superiore a tre mesi e che lo stesso non viene effettuato nel caso di diminuzione della speranza di vita.


domenica 21 febbraio 2016

Offerte di lavoro per informatici: requisiti, figure ricercate e istruzioni per candidarsi


Ci sono nuove opportunità di lavoro per informatici, ecco le posizioni aperte, quali sono i requisiti e le modalità per candidarsi.

L’Agenzia per il Lavoro Articolo1 ha aperto le selezioni per la ricerca di 60 risorse in vista di nuove assunzioni a Roma e a Milano per conto di aziende importanti nel mondo dell’Information Technology.

La ricerca non ha un ambito ben delineato, ma diverse sono le figure ricercate sia tra laureati che giovani senza esperienza a seconda delle posizioni aperte.

I profili che attualmente sono stati segnalati ai fini della ricerca e dell’assunzione nell’Information Technology sono i seguenti:
Project Manager;
Sistemisti Applicativi;
Sviluppatori Web;
System Engineer;
Programmatori Java;
Business Analyst;
ICT Consultant esperti SAP.

I candidati che, in possesso dei requisiti di seguito riportati, supereranno le selezioni, verranno assunti direttamente dall’azienda.

I requisiti cambiano in base alla posizione per cui si presenta la propria candidatura, ma quelli di ordine generale sono in linea di massima i seguenti:
laurea in Ingegneria informatica o corso di laurea breve in Informatica;
conoscenza della lingua inglese;
esperienza pregressa nel ruolo di oltre 3 anni, certificata.
Come abbiamo detto in precedenza, per alcune posizioni non è necessario il requisito della laurea, è questo il caso del profilo da Sviluppatore Web.

Per la figura Business Analyst, invece, è sufficiente l’esperienza di un anno.

Per inviare la propria candidatura è necessario inviare il proprio Curriculum Vitae all’indirizzo roma-centro@articolo1.it o micentro@articolo1.it, ovviamente qualora le posizioni aperte risultano rispondenti alle proprie caratteristiche

L’Agenzia per il Lavoro Articolo1 è una società italiana specializzata nel settore delle Risorse Umane ed autorizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nel settore IT, le figure maggiormente richieste dal mercato del lavoro sono professionisti Sap, sviluppatori di applicazioni web, amministratori di sistema e software engineer. Le figure professionali del settore IT sono profili particolarmente elastici che vengono richiesti in modo trasversale da tutti i comparti e da aziende di diverse dimensioni (dalle piccole imprese, alle grandi multinazionali). Le richieste di queste figure sono aumentate in modo rilevante nel settore bancario e in quello assicurativo. L’Information Technology rappresenta un’ottima opportunità per coloro che avendo una formazione specializzata si introducono nel mondo del lavoro. Dal punto di vista delle aziende, l’informatizzazione raffigura un valore competitivo che permette di tagliare i costi e aumentare l’efficienza.

domenica 7 febbraio 2016

Naspi a chi spetta e come si calcola

 
 

E' un assegno che spetta ai lavoratori in disoccupazione involontaria, quindi chiunque ha perso il lavoro a partire dal 1° 2015, ha diritto ad un assegno di disoccupazione se ha lavorato almeno 3 mesi.
Con la Naspi dal 2016 per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e determinato, gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperativa che hanno aderito o instaurato dopo l'associazione, un rapporto di lavoro in forma subordinata, per il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato mentre per i precari e co.co.co. che hanno versato almeno tre mesi di contributi, hanno diritto, a partire sempre dal 1° maggio 2015.

Requisiti:
La nuova indennità di disoccupazione Naspi verrà gestita dalla nuova Agenzia unica del lavoro attraverso i centri per l’impiego a cui il lavoratore licenziato si dovrà rivolgere per sottoscrivere la DID, dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e attivare così le procedure di politica attiva del lavoro, e dall'INPS che avrà il compito di recepire, lavorare le domande telematiche di disoccupazione ed erogare l'indennità spettante.

A cambiare è la platea di lavoratori a cui spetterà dal 2015 l'assegno di disoccupazione involontaria, in quanto il diritto nuovo sussidio universale sarà esteso a chiunque perda il lavoro, quindi anche a precari e collaboratori a progetto, sempre se hanno versato e lavorato almeno 3 mesi prima della perdita del lavoro.

La Naspi spetta ai lavoratori in possesso dei seguenti requisiti:
• stato di disoccupazione;
• se nei 4 anni precedenti al licenziamento possono far valere almeno 13 settimane di contributi versati;
• possono far valere 30 giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dai contributi versati nei 12 mesi prima dell’inizio del periodo di disoccupazione.

Durata e calcolo importo retribuzione al mese:
La disoccupazione è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. La sua durata, secondo quanto previsto dal Jobs Act , dura nel 2016 per 24 mesi e spetta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni, senza tenere conto dei periodi coperti da contributi figurativi che hanno già dato luogo al pagamento di prestazioni di disoccupazione, anche se pagate in un'unica soluzione anticipata.

Per i lavoratori precari invece la durata massima per l'erogazione dell'assegno di disoccupazione è per 6 mesi, in base alla presunzione che dietro la collaborazione di un anno di lavoro si possa configurare in realtà un contratto di lavoro subordinato.

Naspi calcolo: la retribuzione mensile, ossia, la misura dell'importo dell'assegno di disoccupazione pagato dall'INPS ogni mese con bonifico bancario, si calcola sommando tutte le retribuzioni imponibili ai fini previdenziali, ricevute negli ultimi 4 anni e dividendo il risultato per il numero di settimane di contribuzione. Il quoziente ottenuto va infine moltiplicato per il numero 4,33. In base a tale calcolo, se la retribuzione mensile è pari o inferiore a 1195 euro mensili, l’importo della Naspi è pari al 75% della suddetta retribuzione mentre se è oltre a tale soglia, viene aggiunto al 75% un importo pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. In ogni caso, l'importo massimo dell'indennità non può superare i 1300 euro al mese per l'anno 2015. Importo da rivalutare annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo come il massimale di 1195 euro.

Riduzione indennità progressiva a partire dal primo giorno del 5° mese di fruizione dell’indennità, per cui l’importo della naspi è ridotto del 3% al mese a partire dal primo giorno del 4° mese di fruizione. Infine non si applica la trattenuta del 5,84% prevista sull’importo delle prestazioni di sostegno al reddito. Dal 2016, la riduzione dell'assegno è a partire dal 91° giorno.

Domanda online:
Per presentare la domanda NASPI 2016 INPS per gli eventi di disoccupazione occorsi dopo il 1° maggio, i lavoratori devono:
compilare e inviare il modulo domanda naspi 2016 direttamente online, se dispongono del pin dispositivo inps, al seguente percorso: home > servizi online > elenco di tutti i servizi  > servizi per il cittadino> invio domande prestazioni a sostegno del reddito (sportello virtuale per i servizi di informazione e richiesta di prestazione) > naspi.
far compilare e inviare il modello di domanda a patronati o intermediari autorizzati ad inviare le richieste inps per via telematica.

Come funziona per i lavoratori licenziati per motivi disciplinari?
Naspi ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari: la nuova disoccupazione è riconosciuta anche ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari. Questo è quanto confermato e ribadito il ministero del Lavoro con l'interpello 13/2015, intervenuto a chiarire meglio il campo di applicazione della nuova assicurazione sociale per l’impiego in base al primo decreto attuativo del Jobs act, il Dlgs 22/2015 e come si attua la procedura di conciliazione volontaria introdotta dall’articolo 6, del Dlgs 23/2015.

Pertanto, la NASPI in base al Dlgs 22/2015 conferma che il presupposto della nuova disoccupazione è l’involontarietà della perdita del posto di lavoro, per cui l'indennità va riconosciuta anche nei casi licenziamento disciplinare che di dimissioni per giusta causa e di risoluzione consensuale del rapporto, per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, intervenuta in sede di conciliazione preventiva presso la Dtl.

Circa invece la possibilità di percepire l'indennità Naspi da parte dei lavoratori che non accettano l’indennità economica prevista dalla nuova offerta conciliativa del contratto a tutele crescenti, il Ministero ricorda che tale conciliazione ha l'obiettivo di impedire che il licenziamento possa essere impugnato, per cui il diritto alla Naspi è riconosciuta anche in questo caso.

Lavoratori stagionali
Il testo del decreto sul riordino degli ammortizzatori sociali, licenziato dal Governo nella seduta del CdM dell'11 giugno 2015, è intervenuto a fissare:
• Nuovi requisiti e condizioni per l'autorizzazione della CIG e CIGS
• Fondi di solidarietà,
• Prolungare la NASPI fino a 24 mesi anche dopo il 2016,
• Assegno di ricollocazione ASDI;
• Salvaguardia per i lavoratori stagionali.
La Naspi stagionali è solo per l'anno 2016 e solo per il settore turismo.

lunedì 4 gennaio 2016

Contributo di solidarietà: cessazione azienda e licenziamenti


Al fine di fornire indicazioni operative sulla procedura di concessione ed erogazione del contributo nelle ipotesi di sopravvenuta cessazione dell'attività aziendale in corso di solidarietà, il Ministero del Lavoro ha comunicato con la nota n. 21091 del 26 ottobre 2015 quanto segue: la procedura per ottenere un contributo in caso di cessazione dell’attività aziendale e di licenziamenti di lavoratori in corso di solidarietà. Il contributo è concesso alle imprese che non rientrano nel campo di applicazione del trattamento di integrazione salariale, richiede un apposito contratto e viene corrisposto per massimo due anni (in rate trimestrali, ripartito tra impresa e lavoratori) ed è pari alla metà del monte ore retributivo non più dovuto dalle aziende a seguito della riduzione di orario.

Quali sono le imprese che hanno diritto al contributo di solidarietà? Come si presenta la domanda? E nei casi particolari?

E’ tutto spiegato in una Circolare del Ministero del Lavoro n.26 del 7 novembre 2014, che fornisce le istruzioni sul contributo pari alla metà del monte ore retributivo non più dovuto a causa della riduzione di orario.

Possono accedere all'agevolazione, oltre a tutte le aziende già comprese nella legge sui contratti di solidarietà (726/1984), le imprese:
fra 2 e 15 dipendenti, indipendentemente dal settore di attività;

con più di 15 dipendenti se hanno avviato procedure di mobilità o intendono procedere a

licenziamenti per giustificato motivo oggettivo;

alberghiere e termali indipendentemente dal numero di dipendenti;

artigiane con almeno 2 dipendenti e lavoratori sottoposti a riduzione di orario con compenso a carico dei fondi bilaterali.

Il contratto di solidarietà è applicabile anche a dipendenti a termine, apprendisti, contratti di inserimento. All'avvio del periodo di solidarietà, il dipendente deve avere un’anzianità aziendale di almeno 90 giorni. La solidarietà dura un massimo di 24 mesi, poi va eventualmente ricontrattata.

Durante le ore di astensione del lavoro, il dipendente può svolgere attività formative solo in presenza di tutte le seguenti condizioni: la riorganizzazione aziendale prevede che sia adibito a mansioni differenti o all'utilizzo di nuove apparecchiature; il progetto formativo ha adeguata attenzione ad aspetti teorici e pratici; è presente un tutor, un istruttore o una figura analoga.

Durante la solidarietà non si possono effettuare licenziamenti o attivare procedure di mobilità. E’ invece possibile trasformare in tempo indeterminato un contratto a termine o un apprendistato (la precisazione è importante perché si tratta di un periodo in cui l’impresa non può fare assunzioni). Se viene ceduto un ramo d’azienda, può essere mantenuto il contratto di solidarietà.

L’impresa presenta la domanda alla DTL (Direzione Territoriale del Lavoro), che verifica i requisiti e comunica l’ammissione. Il calcolo del contributo di solidarietà si effettua sulla base della retribuzione lorda denunciata all’INPS nei 12 mesi precedenti, escludendo i compensi per il lavoro straordinario.

Per le domande di solidarietà acquisite dalle DTL territorialmente competenti in data successiva al 18 novembre 2014, trova applicazione la circolare n. 28/2014.

Quest’ultima prevede espressamente quanto in precedenza applicato in via di mera prassi: "Solo nel caso in cui l'impresa abbia già anticipato la quota spettante ai lavoratori ed eventualmente anche la propria quota, ove nell'accordo sindacale sia prevista la devoluzione da parte dell'azienda; le D.T.L. dovranno individuare l'ammontare da restituire all'impresa."(cfr. pag. 5 circolare n. 28/2014)

Si prospettano, pertanto, quattro ipotesi:
- qualora l'accordo sindacale preveda la devoluzione della quota di contributo aziendale a favore dei lavoratori e ci sia stata anticipazione, all'azienda viene erogato tutto il contributo:
- qualora l'accordo sindacale non preveda la devoluzione della quota di contributo aziendale a favore dei lavoratori e ci sia stata anticipazione, viene erogata solo la quota del contributo dei lavoratori:
- qualora l'accordo sindacale preveda la devoluzione della quota di contributo aziendale a favore dei lavoratori e non ci sia stata anticipazione, ai lavoratori viene erogata solo la loro quota del contributo:
- qualora l'accordo sindacale non preveda la devoluzione della quota di contributo aziendale a favore dei lavoratori e non ci sia stata anticipazione, ai lavoratori viene erogata solo la loro quota del contributo.

Infine, nel caso in cui all'atto del pagamento del contributo non fosse possibile individuare l'azienda beneficiaria o il soggetto preposto alla gestione della crisi aziendale (es. commissario liquidatore, curatore fallimentare etc.) il procedimento di concessione dovrà ritenersi necessariamente concluso con l'atto di erogazione della quota spettante ai singoli lavoratori, salva successiva individuazione del titolare beneficiario.

Le istruzioni per la concessione del contributo sono contenute nella Circolare 28/2014, i criteri per le cessazioni con licenziamenti in corso di solidarietà nella Nota 21091/2015. Si deve quindi distinguere tra domande acquisite prima e dopo l’entrata in vigore della circolare n. 28, ossia il 18 novembre 2014.

Prima del 18 novembre 2014
Per tali domande trova applicazione la circolare n. 20/2004 del Ministero, che individua nella cessazione dell’attività il venir meno della finalità dell’ammortizzatore sociale. In tal caso l’azienda perde il diritto al contributo e di conseguenza le DTL – qualora accertino la cessazione in corso di solidarietà – devono individuare la quota del contributo spettante ai singoli lavoratori interessati, provvedendo ad acquisire e a segnalare le loro coordinate bancarie. La quota aziendale deve essere rimborsata.

Dopo il 18 novembre 2014
“Solo nel caso in cui l’impresa abbia già anticipato la quota spettante ai lavoratori ed eventualmente anche la propria quota, ove nell’accordo sindacale sia prevista la devoluzione da parte dell’azienda, le DTL dovranno individuare l’ammontare da restituire all’impresa”.

In tali casi si applica la circolare n. 28. Ecco le opzioni possibili:

viene erogato tutto il contributo: se l’accordo sindacale prevede la devoluzione della quota aziendale
a favore dei lavoratori e c’è stata anticipazione;

viene erogata all’azienda la quota dei lavoratori: se l’accordo sindacale non prevede la devoluzione della quota aziendale a favore dei lavoratori e c’è stata anticipazione;

viene erogata ai lavoratori la loro quota: se l’accordo sindacale prevede la devoluzione della quota aziendale a favore dei lavoratori e non c’è stata anticipazione;

viene erogata ai lavoratori la loro quota: se l’accordo sindacale non prevede la devoluzione della quota aziendale a favore dei lavoratori e non c’è stata anticipazione;

Licenziamenti
In relazione ai licenziamenti in corso di solidarietà, trova applicazione la circolare n. 28.
“Durante il regime di solidarietà è fatto divieto di mettere in mobilità o licenziare, tranne che per giusta causa, sia i lavoratori in solidarietà che gli eventuali dipendenti dell’impresa non interessati dal contratto di solidarietà. Qualora ciò avvenga, l’azienda perderebbe la propria quota di contributo in relazione ai dipendenti licenziati, ancorché anticipata agli stessi”.

Di conseguenza, nel caso di cessazione dell’attività dopo la chiusura del periodo di solidarietà, se l’intimazione dei licenziamenti dei lavoratori interessati alla solidarietà è avvenuta dopo la chiusura del periodo, la quota aziendale va in ogni caso riconosciuta all'azienda.

domenica 3 gennaio 2016

Pensione anticipata e di vecchiaia 2016, i nuovi requisiti


Il 2016, purtroppo, non porta belle notizie ai lavoratori prossimi al pensionamento, poiché, a causa degli adeguamenti alla speranza di vita, i requisiti per l’uscita dal lavoro sono aumentati per tutti. Infatti, allontana sempre di più il traguardo della pensione. Proprio in considerazione dell’adeguamento con le aspettative della durata della vita, dal 2016 salgono i requisiti per la pensione di vecchiaia.

Per i lavoratori dipendenti dei settori privato e pubblico, per le lavoratrici del pubblico e per gli autonomi, saranno necessari 66 anni e 7 mesi di età. Per le lavoratrici dipendenti del privato, ci vorranno 65 anni e 7 mesi; per le autonome 66 anni e 1 mese. Mentre il requisito contributivo, è di 20 anni per tutti. Discorso simile per l’ex pensione di anzianità. Dal prossimo anno, infatti, aumentano anche i requisiti per accedere alla pensione anticipata. Per i lavoratori dipendenti del settore privato e del settore pubblico, per i lavoratori autonomi, sarà necessario essere in possesso di 42 anni e 10 mesi di contribuzione. Per le donne - tanto nel pubblico quanto privato e per le autonome - serviranno 41 anni e 10 mesi di contribuzione.

Vediamo ora i nuovi requisiti relativi alla pensione anticipata e di vecchiaia, quelli utili a chi effettua lavori usuranti o lavoro notturno, e quelli relativi alle altre tipologie di pensionamento, che fanno eccezione alla Legge Fornero.

Pensione anticipata 2016
La pensione anticipata, quella, cioè, che si basa sui contributi versati nell’arco della vita lavorativa, e non sull’età dei lavoratori, sarà accessibile, nel 2016, a chi possiederà i seguenti requisiti:
– 41 anni e 10 mesi di contribuzione, se donne;
– 42 anni e 10 mesi di contribuzione, se uomini.

Anche qualora l’età pensionabile risulti inferiore a 62 anni, non sarà prevista alcuna penalizzazione percentuale sul trattamento, poiché tali decurtazioni sono abolite sino al 31 dicembre 2017.

Pensione anticipata contributiva 2016

Per i lavoratori che non hanno contributi versati prima del 1996, quindi il cui assegno è calcolato interamente col metodo contributivo, nonché per chi effettua il cumulo con la Gestione Separata Inps, i requisiti per la pensione anticipata possono essere, oltreché quelli appena enunciati, anche i seguenti:
– 63 anni e 7 mesi di età;
– almeno 20 anni di contributi;
– pensione non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale.

Pensione di vecchiaia 2016
I requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia, nel 2016, sono differenti a seconda della categoria di appartenenza della lavoratrice, mentre sono uguali per tutti i lavoratori:
– 66 anni e 7 mesi per tutti i lavoratori (uomini) e per le dipendenti pubbliche;
– 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato;
– 66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome;
– Assegno di pensione non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale;

Con un minimo, per tutti, di 20 anni di contributi (15 anni per chi fruisce della Deroga Amato.

Pensione di vecchiaia contributiva 2016
Per chi non possiede versamenti di contribuzione anteriori al 1996, oppure per chi effettua il Cumulo nella Gestione Separata, i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia, nel 2016, oltre a quelli già elencati per la generalità dei lavoratori, sono:
– 70 anni e 7 mesi d’età;
–  almeno 5 anni di contributi.
Non è previsto, invece, alcun parametro minimo relativo all’ammontare della pensione.

Pensione anticipata Opzione Contributiva 2016
Per chi, nel 2016, vuole fruire dell’Opzione Contributiva [2], i requisiti sono quelli generalmente previsti per la pensione di vecchiaia, eccetto per quanto concerne gli anni di contributi, che devono essere soltanto 15; non è previsto il raggiungimento di un parametro minimo di ammontare della pensione, ma l’assegno è calcolato col metodo contributivo.

È necessario, poi, per potersi avvalere dell’Opzione Contributiva Dini, possedere i seguenti ulteriori requisiti:
– meno di 18 anni di contributi versati prima del 31 dicembre 1995;
– almeno 1 contributo versato prima del 31 dicembre 1995;
– almeno 5 anni di contributi versati dal primo gennaio 1996.

L’età per la pensione fa eccezione a quella prevista per il trattamento di vecchiaia per la generalità dei lavoratori, nei seguenti casi:
– possesso di 60 anni di età, e di 15 anni di contributi, entro la data del 31 dicembre 2011;
– possesso di 57 anni di età, e di 15 anni di contributi, entro la data del 31 dicembre 2007.

A queste due categorie di lavoratori si applica, infatti, la Salvaguardia dei requisiti, grazie alla quale, secondo il principio previdenziale di Cristallizzazione, chi raggiunge il diritto a pensione con una determinata normativa può pensionarsi con i vecchi requisiti anche in un secondo momento, nonostante la legge sia cambiata.

Le stesse regole valgono anche per il Computo dei contributi nella Gestione Separata; per approfondimenti, si veda: chi può andare in pensione con 15 anni di contributi?

Opzione Donna 2016
L’Opzione Contributiva Dini non deve essere, invece, confusa con l’Opzione Contributiva Donna: in questo caso, difatti, seppure il trattamento si calcoli egualmente col sistema contributivo, i requisiti previsti sono diversi.

In particolare, potrà pensionarsi chi ha raggiunto, entro il 31 dicembre 2015:
– 57 anni e 3 mesi di età, se lavoratrice dipendente;
– 58 anni e 3 mesi di età, se lavoratrice autonoma;
– 35 anni di contribuzione.

Sarà necessaria, per la decorrenza del trattamento, l’attesa di una finestra pari a 12 mesi, per le dipendenti, e a 18 mesi, per le autonome.

Ancora non si sa se vi saranno ulteriori proroghe all’Opzione, poiché, entro il 30 settembre 2016, dovrà essere fatta una valutazione sulla disponibilità di ulteriori risorse per un prolungamento del regime.

Salvacondotto 2016
Sarà possibile, nel 2016, pensionarsi a 64 anni e 7 mesi di età, per i lavoratori che:
– possedevano 35 anni di contributi e 60 anni di età, alla data del 31 dicembre 2012, se lavoratori del settore privato;
– possedevano 20 anni di contributi e 60 anni di età, alla data del 31 dicembre 2012, se lavoratrici del settore privato.

Totalizzazione 2016
Per pensionarsi sommando la contribuzione posseduta in più gestioni, gratuitamente, è necessario possedere, nel 2016, i seguenti requisiti:
– 40 anni e 7 mesi di contributi;
– in alternativa, 65 anni e 7 mesi di età ed almeno 20 anni di contributi.

L’assegno è, però, calcolato col metodo contributivo (escluso il caso in cui non sia maturato un autonomo diritto a pensione in una Gestione Inps: in questo caso, il calcolo del “pro-quota” seguirà il metodo ordinario da utilizzare per quella Gestione, secondo le regole dell’ordinamento). È applicata anche in questo caso la finestra per la decorrenza della pensione.

Pensione lavoro notturno 2016
Ecco, di seguito, i requisiti per pensionarsi nel 2016, per chi ha effettuato lavoro notturno per almeno 7 anni degli ultimi 10 anni della vita lavorativa; i requisiti cambiano a seconda delle giornate di lavoro effettuate nell’anno:

Pensione lavori usuranti 2016
Potranno inoltrare la domanda all’Inps entro il primo marzo 2016, i lavoratori che hanno svolto mansioni usuranti per almeno 7 anni degli ultimi 10 di vita lavorativa, che durante il 2016 matureranno gli stessi requisiti previsti per chi effettua lavoro notturno oltre le 78 giornate l’anno.

Quasi un milione di lavoratori anziani (il 49%) accetterebbe di andare in pensione anticipata con un taglio dell’assegno: è quanto emerge da un sondaggio promosso da Confesercenti e condotto da SWG sulla flessibilità in uscita. Per capirci, il target è lo stesso della platea dei dipendenti destinatari del part-time per la pensione inserito nella Legge di Stabilità. Anche sulla base di quanto emerso, la formula della staffetta generazionale: per ogni lavoratore che sceglie il tempo parziale agevolato l’impresa assume un lavoratore giovane, finanziando quindi la misura non tanto con la fiscalità generale ma con la solidarietà espansiva.

sabato 26 dicembre 2015

Jobs Act, collaborazioni: requisiti per la stabilizzazione e contratto di lavoro


Nel decreto di riforma dei contratti di lavoro, attuativo del Jobs Act, è prevista per il datore di lavoro la possibilità di stabilizzazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa e di persone titolari di partita IVA.

Al fine di promuovere il consolidamento di contratti flessibili (o precari, a seconda del punto di vista) il legislatore del Jobs Act ha previsto, nel decreto di riforma dei contratti di lavoro (decreto legislativo n. 81/2015), la possibilità, per il datore di lavoro, di stabilizzare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, e di persone titolari di partita IVA.

Estesa dal 1° gennaio 2016 l’area della subordinazione, introducendo un nuovo regime per le collaborazioni personali e continuative che siano eterorganizzate dal committente. La norma contempera delle eccezioni all’applicazione della disciplina del lavoro subordinato e investe sulla certificazione dei contratti. Si affaccia anche una nuova procedura di stabilizzazione con estinzione di illeciti e sanzioni a seguito di assunzione a tempo indeterminato e conciliazione individuale. Vengono abrogate le norme sul lavoro a progetto.

Questa forma di stabilizzazione di un contratto a tempo, qual è un contratto di collaborazione, potrà avvenire a decorrere dal 1° gennaio 2016 e soltanto per i datori di lavoro privati.

La stabilizzazione non rappresenterà una “sanatoria” esclusivamente per i contratti di collaborazione poco reali, ma può essere considerata una opportunità per le parti per consolidare un rapporto di lavoro con la tipologia contrattuale che lo stesso legislatore definisce “la forma comune di rapporto di lavoro” e cioè il contratto per antonomasia, che può essere solo eccezionalmente sostituito da altre forme contrattuali disciplinate dallo stesso decreto legislativo 81/2015.

Vediamo quali sono i requisiti perché si realizzi una stabilizzazione del rapporto e soprattutto perché questa procedura possa essere realmente valida contro un eventuale contenzioso proposto dal lavoratore o, soprattutto, dagli organi di vigilanza avverso i rapporti di collaborazione intercorsi precedentemente l’assunzione a tempo indeterminato.

Innanzitutto non si tratta di trasformazione del rapporto di lavoro, in quanto le due tipologie
contrattuali non possono prevedere una continuità logica. In pratica, vi dovrà essere una risoluzione anticipata del rapporto di collaborazione, qualora sia ancora in essere, e la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Quindi, il primo atto, sempreché la collaborazione sia ancora attiva in virtù di un contratto con scadenza più avanti nel tempo, è la risoluzione consensuale della collaborazione attraverso un atto di conciliazione. Conciliazione che dovrà contenere anche la convalida della risoluzione consensuale, al fine di rispettare il disposto normativo previsto dall’art. 4, della legge n. 92/2012 la Riforma Fornero.

Una volta risolto il rapporto di collaborazione, si passa a realizzare uno dei punti strategici della procedura. Infatti, il legislatore condiziona la stabilizzazione a due presupposti in capo alle parti, che dovranno essere inseriti in un atto di conciliazione sottoscritto in una delle sedi previste dagli articoli 410 e ss. del codice di procedura civile o dinanzi ad una Commissione di certificazione, ove:
a) il lavoratore sottoscriva, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, un atto tombale di “nulla più dovuto”.
b) il datore di lavoro dichiari che nei dodici mesi successivi alla assunzione non intenda recedere dal rapporto di lavoro, con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. È fatto salvo il licenziamento per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.

Nulla vieta che anche la risoluzione consensuale del pregresso rapporto di collaborazione possa essere incardinata nell’accordo conciliativo sopraindicato.

Infine, la procedura definisce gli effetti dell’assunzione a tempo indeterminato effettuata alle condizioni suindicate: la stipula del contratto subordinato comporterà l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro.

In pratica, si realizza una blindatura del pregresso rapporto di collaborazione con la quale gli organi ispettivi dovranno fare i conti. Questi ultimi non potranno entrare nel merito della collaborazione al fine di verificarne la genuinità.

La chiusura a verifiche ispettive non potrà avvenire qualora siano già stati accertati illeciti comportamenti sul contratto di collaborazione a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione.

Una volta provveduto a stabilizzare il collaboratore con un rapporto a tempo indeterminato, la domanda sorge spontanea: il datore di lavoro (ex committente) potrà usufruire dell’esonero contributivo previsto nella nuova legge di Stabilità per l’anno 2016? Quello sgravio del 40%dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 3.250 euro su base annua, per un periodo massimo di ventiquattro mesi?

Secondo la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, la risposta è affermativa, in quanto “la
procedura di stabilizzazione si attiva su espressa volontà delle parti, e solo dopo la legge regola quale forma contrattuale adottare per l’ex collaboratore.”

Il dubbio comunque resta, in quanto, l’assunzione avviene all’interno di una procedura più ampia che stabilisce la non applicazione di eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, qualora si proceda attraverso un iter ben disciplinato dall’art. 54 del decreto legislativo n. 81/2015; e visto che l’art. 4, comma 12, lettera a), della legge n. 92/2012 prescrive che “gli incentivi non spettano se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva”, sembrerebbe non applicabile l’incentivo in questione.

E' bene sottolineare che non tutte le collaborazioni eterorganizzate sono ricondotte alla disciplina del lavoro subordinato. È prevista una serie di eccezioni, che in parte, ma solo in parte, ricordano quelle già previste dall’art.61, co.1 e 3, D.Lgs. n.276/03, con riferimento al lavoro a progetto.

Ai sensi dell’art.2, co.2, la disposizione di cui al co.1 non trova applicazione in relazione:

alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore. Tale disposizione rimette all’autonomia collettiva la possibilità di sottrarre alla disciplina del lavoro subordinato rapporti di lavoro autonomo eterorganizzato con riferimento anche ai tempi e al luogo di lavoro. Come si è già detto, se si ammette che le collaborazioni, pur eteroganizzate, conservino formalmente carattere di autonomia, allora non viene in questione il principio di indisponibilità del tipo contrattuale, che vieta al Legislatore e alle parti, individuali e collettive, di escludere l’applicazione delle discipline del lavoro subordinato a rapporti che di fatto hanno le caratteristiche del lavoro subordinato. La disposizione, piuttosto, potrebbe forse alimentare qualche dubbio di conformità rispetto al principio di cui all’art.3 Cost.. Le particolari esigenze produttive e organizzative di un certo settore possono giustificare il fatto che due collaboratori eterorganizzati nelle modalità di esecuzione della propria prestazione, anche con riferimento ai tempi e al luogo della prestazione, siano destinatari, l’uno della disciplina del lavoro subordinato, l’altro del trattamento economico e normativo definito dall’accordo collettivo? Se le “esigenze produttive e organizzative” si riducessero alla mera necessità di contenere il costo del lavoro in un certo settore qualche dubbio si porrebbe;

alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, come individuati e disciplinati dall’art.90, L. n.289/02.

Le tre eccezioni richiamate riproducono, al netto di alcuni minimi aggiustamenti lessicali, altrettante ipotesi già escluse dall’applicazione della disciplina del lavoro a progetto.

Opzione Donna cosa cambia dal 2016


Rimane aperta la possibilità di una proroga al regime speciale Opzione Donna: lo prevede un emendamento alla Legge di Stabilità 2016.

Un emendamento alla Legge di Stabilità 2016 che apre alla possibilità di accedere al regime sperimentale Opzione Donna anche dopo il 31 dicembre 2015, ma solo se avanzeranno fondi dalle risorse stanziate dal Governo. Si tratta della possibilità per lavoratrici con 57/58 anni di età (dipendenti/autonome) e 35 di contributi, di chiedere la pensione anticipata in cambio di un ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, quindi meno conveniente.

La possibilità di optare per il regime sperimentale è riconosciuta alle lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, ai fondi sostitutivi ed esclusivi della stessa (dipendenti del settore privato; pubblico impiego e lavoratrici autonome) in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995. La facoltà di opzione non è invece esercitabile dalle lavoratrici iscritte alla gestione separata.

I Requisiti anagrafici e Contributivi
Per l'esercizio dell'opzione è necessario possedere 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome) unitamente a 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 (articolo 1, comma 155 della legge di stabilità 2016). Con l'approvazione della legge di stabilità 2016 è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le Circolari 35 e 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione.

Si ricorda che per questa tipologia di prestazione resta infatti in vigore la cd. finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome (cfr: Circolare Inps 53/2011) dopo la maturazione dei suddetti requisiti.

L'entità della riduzione dipende ovviamente dalle caratteristiche personali delle lavoratrici, in primo luogo, la loro evoluzione retributiva. In linea generale, più la lavoratrice vanta una carriera anticipata - con livelli retributivi molto elevati percepiti fin dai primi anni di iscrizione all'INPS - più la riduzione sarà minore; viceversa maggiore è l'anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 - e quindi la prestazione teorica maturata avrebbe previsto una quota rilevante calcolata attraverso il sistema retributivo - più elevata sarà la riduzione dell'assegno pensionistico.

Proroga
Il testo approvato dalla Commissione Bilancio della Camera prevede un possibile proseguimento alla sperimentazione oltre il 2015, ma solo nel caso in cui le risorse risparmiate dai fondi stanziati dal Governo (2, 5 miliardi di euro) lo consentano. In particolare l’emendamento prevede che qualora dall’attività di monitoraggio INPS sull’attuazione della sperimentazione dovesse risultare un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa, con successivo provvedimento legislativo verrà disposto l’utilizzo delle risorse non utilizzate per la prosecuzione della sperimentazione o per interventi con finalità analoghe.

Dunque, a conti fatti, bisognerà attendere fino al prossimo 30 settembre per conoscere se il regime speciale Opzione Donna verrà prorogato o meno.
Requisiti
Nel caso in cui la proroga all’Opzione Donna diventasse operativa, a poter accedere a tale regime speciale sarebbero tutte le lavoratrici in possesso di 57 anni e 3 mesi di età, ovvero 58 anni e 3 mesi le autonome, (si tratta delle donne nate nell’ultimo trimestre del 1958, o 1957 in caso di lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2015, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione.

Il pensionamento anticipato delle lavoratrici con 57 anni e 35 di contributi (58 anni se autonome) verrà prorogato in caso di risparmi sulla spesa finora stimata: la previsione è contenuta in un emendamento alla Legge di Stabilità approvato martedì. In caso di minori spese certificate dai ministeri dell’Economia e del Lavoro i risparmi saranno utilizzati per interventi in materia previdenziale, compresa appunto la proroga della sperimentazione dell’opzione donna.

Oltre a ciò, il nuovo emendamento sulla previdenza approvato dal Governo contiene l’anticipo al 1° gennaio 2016 della no tax area estesa per le pensioni più leggere. L’ampliamento prevede che per gli under 75 la no tax area passerà da 7.500 a 7.750 euro, mentre per chi ha almeno 75 anni salirà da 7.750 a 8.000 euro.

Opzione donna
Potrebbe quindi non essere chiusa la partita della sperimentazione della cosiddetta “opzione donna”, che consente alle lavoratrici che maturano i requisiti (non la decorrenza) per un ritiro anticipato a 57
anni (58 se autonome) e 35 anni di contribuzione entro la fine dell’anno.

Il pacchetto delle correzioni si completa col finanziamento dei contratti di solidarietà, con 60 milioni nel 2016 per i lavoratori impiegati nelle aziende escluse dalla disciplina ordinaria, con la possibilità di includere i periodi di maternità nel conteggio delle presenze della lavoratrice in azienda per i premi di produttività e, infine, con la possibilità di cumulo del riscatto degli anni di laurea col periodo di maternità facoltativa fuori dal rapporto di lavoro.

Per concludere è stata riproposta l’estensione dell’Opzione Donna alle lavoratrici che compiono gli anni nell’ultimo trimestre del 2015: al momento, per questa norma di prepensionamento, ci vogliono oltre ai 35 anni di contributi anche 57 anni e tre mesi, o 58 anni e tre mesi, rispettivamente per lavoratrici dipendenti e autonome. In pratica, le donne nate nell’ultimo trimestre dell’anno non riescono a raggiungere il requisito entro il 2015, e quindi non possono chiedere la pensione anticipata. L’emendamento sana questa situazione estendendo l’Opzione Donna a tutte le lavoratrici che compiono 57 o 58 anni nel 2015 (di fatto, si eliminano i tre mesi legati all’incremento della speranze di vita).

venerdì 9 ottobre 2015

Naspi: calcolo, durata e importo



Tutti gli eventi di disoccupazione involontaria che si verificano a partire dal 1° maggio 2015 in via del tutto sperimentale e dal 2017sarà erogata la Naspi, prevista dal Dlgs 4 marzo 2015.

Ne possono beneficiare tutti i lavoratori dipendenti, con la sola esclusione degli assunti a tempo indeterminato dalle pubbliche amministrazioni (Dlgs 165/01) e degli operai agricoli sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. La Naspi è inoltre concessa in caso di dimissioni per giusta causa nei casi di risoluzione consensuale sottoscritta presso la Dtl in seno al tentativo obbligatorio di conciliazione introdotto dalla riforma Fornero.

Si ha diritto alla Naspi per un numero di settimane pari alla metà di quelle di contribuzione negli ultimi quattro anni di lavoro. Si ricorda, a tal proposito, che tale tipologia di assegno di disoccupazione non potrà essere percepita per più di 78 settimane, e fino a quando, comunque, permane lo status di disoccupazione. Nel caso in cui il lavoratore con diritto alla Naspi stipuli un nuovo contratto di lavoro della durata inferiore ai sei mesi, può interromperlo per un periodo massimo di sei mesi; se si instaura un nuovo rapporto di lavoro con retribuzione annuale inferiore al minimo consentito per fare la dichiarazione dei redditi, è possibile continuare a percepire l'assegno Naspi in percentuale ridotta. Nel caso di avvio di un’attività autonoma, il lavoratore è tenuto a informare l'Inps entro trenta giorni, dichiarare il reddito annuo previsto, e si avrà ancora diritto a percepire l'assegno Naspi per un importo pari all’80% di tale somma prevista.

Il nuovo sostegno contro la disoccupazione viene erogato a chi è disoccupato e vanta contributi per almeno 13 settimane nei 4 anni che precedono la perdita del lavoro, nonché 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Tutte le condizioni devono essere presenti contemporaneamente.

L’ammontare della Naspi si ottiene sommando gli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni, dividendo il risultato per le settimane di contribuzione e moltiplicando il tutto per 4,33. Se l’importo che si ottiene è pari o inferiore a 1.195 euro, l’indennità sarà il 75% di questo importo; se è superiore si aggiunge anche il 25% della differenza. Si applica un massimale di 1.300 euro e di importo differente in relazione alla differenti tipologie di contratto di lavoro, se co.co.co, co.co.pro, a progetto.

La Naspi diminuisce del 3% al mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione; Il beneficiario riceverà la Naspi per un numero di settimane pari alla metà di quelle coperte da contribuzione negli ultimi 4 anni.

Chi fruirà della Naspi dovrà, a pena di decadenza, partecipare alle iniziative di orientamento e riqualificazione, proposte dai centri per l’impiego. ( Ad esempio se si aveva una retribuzione di 1.000 euro, si avrà un assegno mensile Naspi di 750 euro; se si aveva uno stipendio di 1.500 euro, si dovrà calcolare il 75% di quella somma e l'ulteriore 25% della differenza dal tetto massimo per ricevere l'assegno mensile di sostegno al reddito, pari a 1.195 euro).

La durata del nuovo ammortizzatore sociale sarà rapportata alla contribuzione del lavoratore e si protrarrà per un massimo di 24 mesi, per coloro che hanno lavorato negli ultimi quattro anni. Il minimo è invece stato fissato a 18 mesi alla data 1 gennaio 2017. Per ricevere la Naspi è necessario inoltrare istanza telematica all’Inps entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

lunedì 6 luglio 2015

Pensioni 2015 con la quattordicesima


L’Inps comunica in una circolare che è in pagamento la somma aggiuntiva (336 o 420 o 504 euro), la cosiddetta quattordicesima pensionati, sulla rata di pensione del mese di luglio 2015.
L’erogazione del beneficio è condizionata dal reddito posseduto dal pensionato.

La circolare dell'Istituto, la quale non presenta novità di rilievo rispetto a quanto stabilito negli anni scorsi, stabilisce che beneficiari dell'indennità, pagata nel mese di luglio, sono i pensionati con almeno 64 anni d'età in possesso per l'anno in corso di redditi personali non superiori a 9.767,16 euro all'anno, ossia una volta e mezzo l'importo annuo del trattamento minimo.

Per quanto concerne il requisito anagrafico, per quest’anno sono dunque interessate tutti le persone nate prima del 1952; più complesso è invece il meccanismo di accertamento reddituale, dal momento che, ai fini dell'attribuzione della quattordicesima, si tiene conto esclusivamente del solo reddito lordo del pensionato, senza cumulo con l'eventuale coniuge, e che inoltre non rilevano per espressa disposizione normativa i redditi derivanti dalla casa di abitazione, gli assegni al nucleo familiare, le indennità di accompagnamento, i redditi derivanti dal percepimento del trattamento di fine rapporto e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.

La circolare 130/15 sottolinea che ai fini del percepimento della quattordicesima non sono da considerare redditi le pensioni di guerra, le indennità per i ciechi parziali e l'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali, l'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, i sussidi economici che i Comuni e gli altri enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristiche di continuità, nonché l'importo di 154,94 euro previsto in via permanente dal 2001 per i pensionati con trattamento minimo.

La legge prevede un trattamento differenziato del beneficio che si lega ai contributi versati per la pensione: si tratta di 336 euro per coloro che abbiano un'anzianità contributiva fino a 15 anni se ex dipendenti e fino a 18 anno se ex autonomi; di 420 euro per un'anzianità contributiva da 15 a 25 anni se ex dipendenti e da 18 a 28 anni se ex autonomi; di 504 euro per gli ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e gli ex autonomi con più di 28. Ai fini del calcolo della fascia di aumenti spettante, nel caso in cui si tratti di una pensione ai superstiti il numero dei contributi accreditati in favore del coniuge va abbattuto del 40 per cento.

Nell'ipotesi in cui il reddito personale del pensionato superi la soglia di 9.769,61 euro, ma risulti inferiore al reddito finale comprensivo degli aumenti, la quattordicesima verrà erogata in misura ridotta per restare nella soglia massima consentita. Parimenti verrà ridotta l'indennità nel caso il pensionato compia i 64 anni nel corso del 2015: in tal caso essa sarà rapportata ai soli mesi successivi alla data del compleanno.

I pensionati con almeno 64 anni di età (nati quindi prima del 1 gennaio 1952) ed i disagiati riceveranno la quattordicesima pensionati dall'Inps nel mese di luglio. Come ogni anno, l’ente lo annuncia con la circolare n. 30 del 2 luglio 2015. Si tratta della mensilità aggiuntiva riconosciuta a coloro che si trovano in determinate condizioni reddituali e contributivi. E ci sono riconoscimenti anche per i pensionati ex Inpdap, ed ex Enpals, enti che sono confluiti nell’Inps.

Vediamo quali sono i limiti reddituali e tutte le informazioni anche per le gestioni ex Inpdap ed Enpals

La somma aggiuntiva è determinata con le modalità indicate nella Tabella A allegata alla legge in funzione dell’anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale. Si tratta delle seguenti cifre:

336 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno fino a 15 anni di contribuzione accreditata (780 settimane). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno fino a 18 anni di contributi versati (936 settimane);

420 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno da 15 anni e fino a 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno da 18 anni a 28 anni di contributi versati (da 937 a 1.456 contributi settimanali);
504 euro spettano ai lavoratori dipendenti e autonomi che hanno rispettivamente più di 25 anni (oltre 1.301 contributi settimanali) e 28 anni di contributi versati (oltre 1.457 contributi settimanali).

Per la corresponsione dell’aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto) del soggetto, nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale deve essere considerata utile solo la contribuzione italiana. Nel caso di pensionato titolare di sola pensione ai superstiti la contribuzione complessiva utile ai fini dell’applicazione della tabella A viene ridotta in aliquota di reversibilità.

Nel caso in cui il pensionato è titolare di più trattamenti previdenziali, il beneficio sarà erogato unicamente sul trattamento previdenziale principale. Per trattamento principale deve intendersi quello con maggiore anzianità contributiva.

Per l’erogazione della somma aggiuntiva nel mese di luglio 2015, l’Inps richiede il possesso di determinati requisiti sia di età, che di contribuzione, che reddituali. Vediamoli.

Il primo requisito da controllare è il più semplice, ossia il requisito di età. Il beneficio spetta ai pensionati con almeno 64 anni di età. Per l’anno 2015 sono interessati tutti i soggetti nati prima del 1° gennaio 1952.

L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età. Analogamente, il beneficio viene attribuito in maniera proporzionale sulle pensioni spettanti per un numero limitato di mesi, come ad esempio in caso di pensioni di nuova liquidazione con decorrenza diversa dal 1° gennaio.

Se è presente l’età giusta, si può procedere agli altri requisiti. L’importo della somma aggiuntiva dipende invece dagli anni di anzianità contributiva, che rappresenta un ulteriore requisito, quello di contribuzione. Gli importi sono gli stessi sia per il pensionato da lavoro dipendente che per il pensionato da lavoro autonomo, a cambiare sono gli anni di anzianità contributiva che danno diritto alla cifra di quattordicesima. Vediamo ora quali sono gli importi, legati ai requisiti di contribuzione. Vediamolo, unitamente all’importo della somma aggiuntiva spettante.

64 anni di età al 31 luglio 2015 per i pensionati Inps. Come di consueto, anche per l’anno 2015 la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione.

64 anni entro il 30 giugno 2015 per i pensionati ex Inpdap. Per la gestione pubblica, la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti.

Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2015.

La quattordicesima viene erogata sulla base del solo reddito personale, che deve essere inferiore ai limiti, in relazione agli anni di contribuzione. Vediamo quali sono questi limiti:

10.122,86 di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno pari o meno di 15 anni di contribuzione (pari o meno di 780 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che hanno pari o meno di 18 anni di contribuzione (pari o meno di 936 contributi settimanali);

10.206,86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 15 anni di contribuzione e pari o meno di 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che più di 18 anni di contribuzione e pari o meno di 28 anni di contribuzione (da 937 a 1.456 contributi settimanali);

10.290.86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 25 anni di contribuzione (da 1.301 contributi settimanali in poi) e per i lavoratori autonomi che hanno più di 28 anni di contribuzione (da 1.457 contributi settimanali in poi).



domenica 31 maggio 2015

Assegni familiari 2015 – 2016 casi particolari



Gli Assegni Nucleo Familiari INPS Anf 2015 sono una forma di prestazione a sostegno del reddito delle famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati a carico dell’INPS che hanno un reddito complessivo al di sotto di determinate fasce stabilite ogni anno per legge. Il diritto e l’importo dell’assegno dipendono dal numero dei componenti, dal reddito e dalla tipologia del nucleo familiare.

Vediamo alcuni casi particolari:

Lavoratori a tempo pieno
L’ANF, in generale spetta ai lavoratori dipendenti in misura intera, se svolgono 104 ore lavorative se operai o 130 ore se impiegati. Se il lavoratore viene retribuito con paghe settimanali, quattordicinali o quindicinali, l’assegno spetta interamente rispettivamente se sono state lavorate almeno 24, 48, 52 ore per gli operai, o 30, 60, 65 ore lavorative se impiegati.

Per i lavoratori pagati a giornata verranno corrisposti tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, a prescindere dal numero di ore lavorate in ciascuna di esse.

Gli ANF, per i lavoratori con contratto a tempo parziale, spettano nella misura settimanale intera solo se hanno lavorato almeno 24 ore nella settimana, se al di sotto spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, indipendentemente dal numero delle ore lavorate in ciascuna delle giornate stesse.

Assegni Familiari INPS Colf, agricoli e insegnanti scuole private:

Gli assegni familiari INPS per colf e lavoratori domestici in generale, spettano tanti assegni giornalieri quanti ne risultano dal quoziente che si ottiene dividendo per quattro il numero delle ore di lavoro risultanti dalla contribuzione complessivamente versata nel trimestre, da uno o più datori di lavoro, e per un massimo di 6 assegni giornalieri per ogni settimana.

Agli operai agricoli a tempo determinato, O.T.D., iscritti negli elenchi nominativi per almeno 101 giornate di lavoro annue, l’Anf, spetta per tutto l’anno, se invece le giornate sono al di sotto, spetta l’assegno per le giornate effettivamente lavorate, maggiorate della percentuale delle giornate spettanti a titolo di ferie e festività (13,78%) e spetta, inoltre, per tutte le giornate di disoccupazione coperte da contribuzione figurativa.

Gli Assegni al Nucleo Familiare spettano agli insegnanti che hanno un contratto da dipendenti in scuole private, e che svolgono un’attività lavorativa pari a 18 ore per le scuole medie di primo e secondo grado, 24 ore per le scuole elementari; la misura dell’assegno spetta nella misura intera, anche per periodi in cui viene sospesa l’attività per vacanze natalizie, pasquali ed estive, sarà invece inferiore e calcolato sulle effettive giornate di lavoro nel caso in cui non venisse superata la soglia delle ore lavorate.

Assegni Familiari per Ditte Cessate o Fallite:
Per i lavoratori Dipendenti di Ditte cessate o fallite, la domanda degli assegni per nucleo familiare deve essere effettuata mediante il modello ANF/PREST e presentata direttamente all’INPS via telematica o Patronato. A tale modello, deve essere allegata apposita dichiarazione della ditta da cui risulti:

data di cessazione attività della ditta

n° delle giornate effettivamente lavorate dal richiedente ed ogni altro elemento utile a determinare l’importo dell’ANF

versamento a favore del richiedente, per il periodo richiesto, dei contributi

motivi della mancata erogazione, nei periodi indicati, dell’ANF al richiedente
impegno a non effettuare il pagamento della prestazione successivamente al rilascio della dichiarazione.

Domanda ANF per i lavoratori di ditte fallite:
dichiarazione del curatore fallimentare attestante gli estremi del fallimento, l’esistenza del rapporto di lavoro ed ogni altro elemento utile a determinare l’importo dell’ANF
dichiarazione del lavoratore che attesti il mancato ricevimento dell’assegno e l’impegno a non insinuare nel passivo fallimentare i crediti per la prestazione che viene richiesta con pagamento diretto.

Tabelle Assegni Familiari 2015 per calcolo fasce reddito:
L’INPS con propria circolare ha pubblicato le nuove tabelle per la corresponsione assegni familiari ANF da valere per il periodo dal 30 giugno 2015 al 1° luglio 2016.
Le Tabelle importi assegni familiari 2015 per il calcolo fasce e limiti di reddito familiare, vanno applicate ai fini della cessazione o riduzione della corresponsione degli assegni familiari  e delle quote di maggiorazione di pensione da lavoro autonomo, i limiti di reddito familiare da considerare sono rivalutati ogni anno in ragione del tasso d’inflazione programmato con arrotondamento ai centesimi di euro. Tabelle ANF nuovi importi assegni familiari 2015.

ANF famiglie numerose:
La legge prevede l’erogazione di un assegno a favore dei nuclei familiari che si compongono di almeno tre figli minori. La domanda per l’Assegno per i nuclei familiari numerosi, relativo all’anno 2015 per assegno terzo figlio INPS, per il nucleo familiare numeroso (almeno 3 figli minori di 18 anni) composto da cittadini italiani o comunitari residenti in Italia, deve essere presentata entro il 31 gennaio 2016. Per maggiori approfondimenti o per vedere le novità introdotte per i nuclei familiari rimandiamo ai nostri articoli su: aiuti famiglie a basso reddito 2015 e bonus famiglie numerose 2015.

Assegni familiari 2015 dipendenti pubblici scuola:
Il sistema NoiPA con il messaggio n. 39 7 maggio 2015 domanda ANF 2015/2016 ha provveduto a comunicare che la domanda assegno al nucleo familiare 2015/2016 dovrà essere presentata dal dipendente pubblico solo dopo aver aggiornato il reddito 2014 utilizzando il modello di domanda scaricabile dalla sezione moduli sul portale NoiPA. Pertanto, a partire dal mese di maggio, i dipendenti pubblici scuola, riceveranno un messaggio nell'area riservata del portale, al fine di presentare la nuova domanda ANF valida dal 1° luglio 2015 fino al 30 giugno 2016.




Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog