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sabato 23 novembre 2013

Giovani e lavoro con gli ITS 6 studenti su 10 trova lavoro subito



Più della metà degli studenti con un lavoro subito dopo aver ottenuto il diploma, è  un vero exploit per le nuove tecnologie per il made in Italy: è positivo il primo bilancio degli ITS, le scuole post-diploma ad alta specializzazione nate due anni fa con l’intento di formare tecnici nelle aree tecnologiche strategiche.

A presentare i dati sulle performance dei 62 istituti sparsi in tutta Italia è stato il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, durante Job&Orienta, la 23esima edizione della mostra-convegno che si tiene a Verona su orientamento, scuola, formazione e lavoro.

Alcuni ITS sfiorano ormai quasi il 100% di occupati tra i neo-diplomati: in pratica gli iscritti non fanno in tempo a uscire dalla scuola che già c'è un posto che li aspetta in azienda. E molto spesso si tratta della stessa dove hanno già trascorso un stage obbligatorio che vale almeno il 30% dell'orario delle lezioni.

La media di occupati tra gli studenti già usciti dai 64 ITS d'Italia è comunque altissima: sei su dieci hanno infatti un posto di lavoro. Da qui la spinta del ministero dell'Istruzione che nel suo recente decreto sulla scuola ha eliminato, tra le altre cose, il divieto di creare non più di un ITS in ogni Regione per la stessa area tecnologica.

Su 2971 studenti che frequentano i 139 percorsi di studio attivati finora dalle 62 Fondazioni, si sono già diplomati 825 ragazzi, e circa 250 completeranno il corso biennale tra novembre e dicembre: 470 hanno già un posto di lavoro, il 56,96%. Ovviamente ci sono casi assolutamente virtuosi, come l’ITS Accademia mercantile di Genova, dove tutti e 65 i diplomati sono già occupati o l’ITS di Gallarate per la mobilità sostenibile, dove 24 ex studenti su 24 lavorano, o ancora l’ITS di Vicenza per la meccanica, dove sono 21 su 22 i ragazzi che hanno trovato un impiego. Ma ci sono anche casi meno positivi: l’istituto di Conegliano per il made in Italy agroalimentare ha un solo studente che è entrato nel mondo del lavoro contro 11 diplomati, quello di Ferrara per i Beni culturali ne conta 8 su 23, l’ITS di Pavia per il made in Italy nel settore della casa conta 5 lavoratori su 15.

Poi abbiamo l'ITS Caboto di Gaeta che forma i professionisti del mare a quello di Somma Lombardo che prepara i tecnici del cielo, dall'ITS meccatronico di Vicenza all'Istituto di Scandicci che sforna i professionisti della moda. Performance da record di occupati si registrano anche nei sette ITS che gravitano attorno all'universo di Finmeccanica (in Lombardia, Piemonte, Campania, Puglia, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Liguria).

Attualmente si contano più di 5mila corsisti e 825 studenti già con il titolo in mano, di cui ben 491, pari al 59,52% con un posto di lavoro. Questi i settori dove operano e la percentuale di occupazione: efficienza energetica (69,57%), mobilità sostenibile (79,73%), nuove tecnologie della vita (72,22%), tecnologie dell'informazione e comunicazione (36,79%), tecnologie innovative per i beni e le attività culturali-turismo (47,62%). Sul made in Italy infine: servizi alle imprese (34,38%), agroalimentare (32%), sistema casa (33,33%), sistema meccanica (65,15%), sistema moda (56,12%).

Finora sono stati avviati a percorsi di orientamento al lavoro 50mila studenti, con 550 istituti messi in rete da «Italia Lavoro». Un'iniziativa che ha un duplice obiettivo: favorire e migliorare la transizione scuola-lavoro e ridurre la contraddizione tra il titolo di studio acquisito e l'occupazione trovata. Dei 550 istituti, 327 sono stati individuati come capofila e hanno già realizzato al loro interno uno sportello di placement per mettere in collegamento giovani e imprese. Sono stati infine avviati 17mila percorsi personalizzati di orientamento e placement, di cui 2.368 conclusi. Un vero e proprio ponte tra istruzione e lavoro, per promuovere l'ingresso e la permanenza dei giovani nel mercato del lavoro.


domenica 10 novembre 2013

Ricerca lavoro: flessibilità e capacità adattamento sono valutate più di esperienze acquisite



Il mondo del lavoro sta cambiando in maniera rapida, quasi frenetica. La globalizzazione, la transizione verso 'un'economia della conoscenza' e la disponibilità di un ventaglio di strumenti tecnologici sempre più ampio, sono tra i fattori che stanno radicalmente mutando il modo di operare e ricercare personale  delle aziende. E le risorse umane devono evolversi, se vogliono restare al passo con un mercato sempre più mutevole. E' quanto emerge da un'analisi di Hays, uno dei leader del recruitment in middle e top management.

I responsabili delle risorse umane stanno cominciando a privilegiare nei professionisti una maggiore flessibilità, intesa come capacità di adattarsi alle richieste del mercato di domani, ridimensionando il peso di abilità tecniche ed esperienze acquisite.

"Ora come ora – ha affermato Carlos Manuel Soave, managing director di Hays Italia - un approccio basato sulle sole competenze tradizionali non è più sufficiente. Educazione ed esperienza dei candidati continuano ad essere una discriminante importante in fase di colloquio, ma sono ben lungi dall'essere gli unici fattori con cui, oggi, va valutata l'idoneità di una professionista".

Di pari passo con l'evoluzione del mercato del lavoro, i responsabili delle risorse umane devono essere in grado di individuare i lavoratori che fanno proprio dell'adattabilità, il loro asso nella manica.

L'obiettivo della selezione del personale è di vagliare i risultati raggiunti da un professionista nel sua esperienza lavorativa, così da avere un'idea di quali risultati potrà raggiungere in futuro. Ma in un mondo del lavoro dove i ruoli, le competenze e gli obiettivi cambiano di mese in mese, per non dire di settimana in settimana, la valutazione dell'esperienza passata non è più garanzia di successo futuro".

"Gli attuali strumenti - avverte - delle hr (analisi del ragionamento verbale e astratto, delle capacità matematiche e del pensiero logico non verbale) sono utili per valutare l'idoneità dei candidati per i ruoli esistenti, ma si rivelano deboli per le esigenze dell'immediato futuro".

"E' auspicabile - conclude Carlos Manuel Soave - un'evoluzione nelle tecniche di selezione, che per esempio considera social network e tecnologie digitali un alleato di fondamentale importanza per individuare i candidati più adatti a rispondere alle nuove risorse del mercato. Attenzione però a non dimenticare il lato umano: per evitare di scadere in un colloquio sterile e poco produttivo, ai tool della selezione più specifici, i recruiters devono saper alternare una buona dose di istinto".

Secondo alcune ricerche le aziende in questo momento faticano comunque a trovare candidati che corrispondano alle proprie esigenze, a tale proposito il gruppo Hays, uno dei principali leader nel settore del recruitment dei manager, enumera tra le maggiori cause di ciò «la mancanza di particolari know how»: un problema che non interessa solo l’Italia, ma che è riscontrabile a livello globale». «La percezione più comune tra i nostri clienti» dichiara Carlos Manuel Soave, managing director di Hays Italia «è che i candidati che si apprestano oggi ad affrontare una nuova ricerca del lavoro non abbiano un livello sufficiente di capacità personali». Aggiungo che quello che, forse, manca a molti giovani neolaureati, e non solo, è la scarsa padronanza della lingua inglese, e una certa debolezza che riguarda le cosiddette “soft skill”: lavorare in gruppo, comunicazione, problem solving e gestione del tempo. Forse sarebbe utile l’inserimento delle “soft skill” nella didattica universitaria, in stage durante il percorso di laurea attraverso maggiori partnership azienda/università, rafforzando i servizi di placement delle università, e potenziare, ma già dalle scuole superiori, l’insegnamento dell’inglese e dei nuovi mezzi di comunicazione.


martedì 1 ottobre 2013

Mercato del lavoro: con l'apprendistato




L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».

Formazione più agile, costi leggeri, minori vincoli sulle stabilizzazioni. E ancora: ridurre la differenza territoriale dei percorsi formativi e rafforzare l'alto apprendistato nell’università.

Sono le mosse per rilanciare l'apprendistato, l'appesantimento dei costi determinato dalla riforma Fornero è il primo tema da rivedere nel dossier di interventi proposti dalle imprese, oltre alla necessità di spostare il fulcro della formazione dall'aula all'azienda. Dai sindacati, invece, si sollecita l'attuazione del repertorio nazionale delle qualifiche e il maggior coinvolgimento dei fondi interprofessionali.

In questo periodo sappiamo bene quanto sfuggire alla preoccupazione della disoccupazione sia arduo, in maggior misura per i giovani. Basti valutare che il deficit di posti di lavoro, negli ultimi cinque anni, è cresciuto in maniera esponenziale proprio tra le fila dei laureati, fino a sfiorare nel 2012 ben il 22,9 % dei neo-dottori. Senza contare che il mercato del lavoro si prospetta agli occhi di milioni di giovani, laureati e non, più complesso di quanto si possa immaginare. La natura dei contratti in circolazione è varia e difficile da capire e le nuove leve devono riuscire ad orientarsi senza rischiare di annegare come nelle sabbie mobili. Quello dell’apprendistato risulta essere una delle formule maggiormente rappresentative dell’ingresso nel mondo professionale non solo del nostro Paese, ma dell’Europa intera. Da una parte le aziende godono di forte agevolazioni fiscali che incentivano all’assunzione, dall’altra ai giovani viene garantita sia la formazione che una tutela paragonabile a quella degli altri contratti di lavoro subordinato.

Il contratto di apprendistato consente ai giovani di fare il primo passo nella mercato del lavoro sotto la guida e la supervisione di occhi esperti. Si tratta di una formula rivolta ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che delega all’azienda responsabile dell’assunzione il compito di monitorare e migliorare la formazione dell’apprendista attraverso un insegnamento di tipo pratico, tecnico-professionale. In questo modo viene garantita ai giovani una sorta di fase di transizione tra gli studi e il lavoro, in cui vengono preparati alle esigenze e alle regole del mercato, senza correre il rischio di disorientarsi o restare vittime dell’implacabile crisi occupazionale.

Esistono tre tipi fondamentali di contratto di apprendistato: quello per la qualifica e il diploma professionale, quello professionalizzante, e l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Il primo si rivolge soprattutto agli adolescenti che abbiano almeno 15 anni, ha una durata massima di tre anni e consente, in un percorso di studio e lavoro, di conseguire una qualifica o diploma professionale. La seconda tipologia, invece, riguarda una fascia d’età superiore, compresa tra i 18 e i 29 anni, prevede un apprendimento di tipo tecnico-professionale e una formazione sul lavoro che può estendersi fino ad un massimo di 6 anni. Infine, l’apprendistato di alta formazione e ricerca è mirato all’acquisizione di un titolo di studio di livello secondario, di alta formazione, o per la specializzazione tecnica superiore. Anche in questo caso sono i giovani dai 18 ai 29 anni a poter essere assunti con quest’ultima formula di contratto.

Qualsiasi contratto di apprendistato si basa sulla disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla legge 25/1955, e assicura, pertanto, ai giovani apprendisti le garanzie di un normale lavoratore: assistenza per infortunio o sanitaria per malattie, congedo matrimoniale, indennità di maternità. L’apprendista viene assunto all’interno di un inquadramento, vale a dire grado, che non può essere inferiore di oltre due livelli rispetto a quello di chi svolge la stessa mansione all’interno dell’azienda. Inoltre, nel percorso di perfezionamento è prevista una regolare retribuzione mensile, non stabilibile in base a tariffe di cottimo. Questa tipologia di assunzione offre alle giovani generazioni l’opportunità di inserimento graduale e guidato nel mondo del lavoro, e consente loro di perfezionarsi nel corso di un’esperienza pratica, potendo contare su un compenso.

Nell’ambito dell’apprendistato e dei contratti somministrazione di lavoro sono stati chiariti i limiti di utilizzabilità. Ferma restando la possibilità di ricorrere a personale apprendista fornito da una agenzia di somministrazione – si prevede infatti che il datore di lavoro può assumere un dato numero di apprendisti direttamente o “indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro.


domenica 22 settembre 2013

Rapporto Centro studi di Confindustria su occupazione e assunzioni


L'occupazione nel 2012 è diminuita dello 0,6%, ma sono aumentate le assunzioni a tempo indeterminato. E' quanto emerge dall'indagine annuale del Centro studi di Confindustria sull'occupazione nelle aziende associate. Il calo nel numero di occupati è più accentuato rispetto al 2011, quando era dello 0,3%, ma meno pesante dell'1,1% del 2010. Le nuove assunzione sono maggiori nel Nord-Ovest, il 40,8% del totale, e nelle imprese di grandi dimensioni, il 41% rispetto al 31,3% delle medie e al 32,3% delle piccole.

È il quadro che emerge dall'indagine annuale del Centro studi di Confindustria sulle condizioni dell'occupazione nelle aziende. Lo studio ha fatto il punto anche sul ricorso alla Cig, in crescita nel 2012: la forza lavoro potenziale assorbita è stata pari al 5,3% delle ore lavorabili nell'industria (era il 4,2% nel 2011), e pari al 2,5% nei servizi (dall'1,3%).

L'indagine Csc sul mercato del lavoro nel 2012 risolleva anche la crescita della quota di neoassunti a tempo indeterminato, più alta rispetto a 2011 e 2010, ed il particolare nel Nord Ovest (40,8% delle assunzioni totali) e nelle imprese di grandi dimensioni (41% nelle aziende con oltre 100 addetti, 31,3% nelle medie, 32,3% nelle piccole). La "probabilità di stabilizzazione" nei rapporti di lavoro è più alta nell'industria: le trasformazioni di contratti da tempo determinato a indeterminato sono state il 38,6% mentre si sono fermate al 23,9% nei servizi.

Stabile invece l'assenteismo dei dipendenti: nel 2012, le ore di assenza sulle ore lavorabili nelle aziende associate è rimasta sui livelli dell'anno precedente (7,0% da 7,3%) e si è confermata più elevata nei servizi (7,4% contro il 6,7% nell'industria, comprese le costruzioni) e nelle imprese grandi (7,8% in quelle con più di 100 addetti; 4,9% in quelle fino ai 15). Il maggior tasso di assenza per le donne (10,3% contro il 5,7% degli uomini) è attribuibile all'utilizzo più frequente dei congedi familiari; d'altra parte, soprattutto al genere femminile è lasciato l'onere dell'accudimento familiare.

Quanto alle tipologie contrattuali, nel 2012 risultano coperti da un accordo aziendale due lavoratori su tre nell'industria, uno su due nei servizi. La contrattazione di secondo livello è meno diffusa nelle imprese più piccole: la svolgono due su tre di quelle con più di 100 addetti, una su dieci di quelle con meno di 15 dipendenti.

Parliamo adesso dell’analisi del Fondo Monetario in cui sono esposte le seguenti previsioni: «La crescita mondiale è ancora debole e i rischi al ribasso sono diventati più marcati» questa è la previsione del Fondo Monetario nel World Economic Outlook che indica tra i rischi le conseguenze del rallentamento della Cina, della politica monetaria Usa e di una possibile stagnazione in Eurolandia. Per la zona Euro, il Fmi ritiene fondamentale rafforzare l'area ed i governi dovrebbero in particolare «migliorare ulteriormente la qualità degli aggiustamenti di bilancio allargando la base imponibile e riformando il sistema degli sgravi fiscali». In sostanza, secondo il Fmi, visto che tutti questi fattori «si rafforzano a vicenda, una risposta vigorosa su tutti i fronti è il miglior modo di agire. La risposta deve comunque essere supportata da comprensive riforme dei mercati del lavoro, finanziari, dei prodotti e dei servizi».

venerdì 23 agosto 2013

Lavoro incerto tuttavia l’acquisto dei libri scolastici salirà



Proponiamo in tempo in cui il mercato del lavoro sta vivendo momenti di alta difficoltà una guida per risparmiare sull'acquisto dei libri e corredo scolastico. Si parte dalla denuncia del Codacons: la spesa media per l'acquisto dei libri salirà del 5%.

In questo clima di congiuntura economica il costo dei libri non molla e per le famiglie sono previste spese fino a 1000€, infatti, secondo le stime di Federconsumatori, i genitori sborseranno, tra libri e materiale scolastico, quasi mille euro.

Quest’anno mediamente per i libri + 2 dizionari si spenderanno 521,00 € per ogni ragazzo, il +2,8% rispetto allo scorso anno (calcolo effettuato prendendo in considerazione scuole medie inferiori, licei ed istituti tecnici). Per alcune classi gli aumenti sono però più marcati rispetto alla media, è questo il caso, ad esempio, degli alunni della prima media e del primo liceo, i quali, per l’acquisto dei libri, dovranno far fronte ad aumenti del 5-6%. Secondo i dati dell'osservatorio un ragazzo di un liceo spenderà per i libri di testo + 4 dizionari 787,05 € (il 6% in più rispetto allo scorso anno) +499,50 € per il corredo scolastico ed i ricambi, per un totale di ben 1.286,55 €.

Il Codacons ha messo in cattiva luce la scelta del Ministero che, ritenendo “di dover tutelare i diritti patrimoniali dell’autore e dell’editore”, invece degli stipendi dei dipendenti statali che non sono più indicizzati da oltre 3 anni, ha pensato bene di aumentare “i prezzi di copertina in misura pari al tasso di inflazione programmata”. In pratica, dell’1,5%. In realtà, la crescita del 5% – emersa dalle prime stime del Codacons – non si riferisce al prezzo di copertina del singolo libro, ma all’aumento di spesa previsto per le famiglie italiane. Nel totale delle uscite sono previsti sia i volumi obbligatori, che quelli consigliati. Questi ultimi, precisa l’associazione, non dovrebbero prevedere alcun obbligo di acquisto: eppure, spesso diventano a tutti gli effetti indispensabili, utilizzati e richiesti dai docenti nel loro programma.

Fortunatamente è possibile risparmiare, sia sull’acquisto del corredo scolastico che dei libri, voce dell’elenco della spesa per il rientro a scuola che grava di più sui bilanci delle famiglie. Un aiuto arriva dalla Grande Distribuzione Organizzata  che mette a disposizione sconti interessanti per le famiglie alle prese con l’acquisto dei libri.

Per risparmiare sull'acquisto di libri e corredo scolastico, le associazioni dei consumatori suggeriscono come.

Per quanto riguarda astucci, zaini, quaderni ecc.., il primo consiglio del Codacons è quello di non inseguire le mode: se si riesce a non farsi condizionare dal mercato pubblicitario, si può spendere per il corredo scolastico - assicura - il 40% in meno, acquistando prodotti di identica qualità. Nei supermercati poi si può arrivare a risparmiare fino al 30% rispetto alla cartolibreria.

In questo periodo alcune catene di supermercati vendono i prodotti scolastici addirittura a prezzi stracciati: sono i cosiddetti prodotti "civetta"; vengono venduti anche sottocosto, contando sul fatto che poi le famiglie finiranno comunque per acquistare anche tutto il resto.

E invece - è la dritta che arriva dall'associazione di consumatori - si sfruttino le offerte acquistando solo i prodotti civetta e poi si cambi supermercato. Altro suggerimento è quello di rinviare alcuni acquisti: le scorte di quaderni e penne si possono anche comprare in un momento successivo e, spesso, aspettando, si risparmia. Sconti, in alcuni punti vendita, si possono ottenere "rottamando" lo zaino vecchio mentre per le cose più tecniche (tipo il compasso) è bene attendere le indicazioni dei professori, onde evitare acquisti superflui.

Ben vengano i kit a prezzo calmierato. Quanto ai libri, Federconsumatori invita ad approfittare delle bacheche (fisiche o online, specialmente sui social network) che consentono lo scambio di libri usati; a ricercare le promozioni messe in campo da librerie, punti vendita e ipermercati che, ad esempio, offrono buoni sconto anche del 20% e un dizionario in omaggio; ad acquistare i testi presso i numerosi mercatini dell'usato, che dilagano anche su internet; a prendere libri e dizionari in prestito presso biblioteche, associazioni o conoscenti e ad acquistare la versione elettronica dei libri di narrativa, risparmiando fortemente sul prezzo.

I ritardi sul digitale comporteranno per gli italiani altri costi aggiuntivi: lo scorso anno era entrato in vigore il divieto di utilizzare testi esclusivamente a stampa, con un aumento ulteriore dei costi di circa 80 euro per il Codacons. Il motivo? L’adozione dei libri multimediali, che avevano sostituito quelli cartacei, aveva impedito, per esempio, il passaggio dei testi dal figlio maggiore al minore.

Senza considerare come non tutte le case editrici si fossero adattate alle nuove regole, costringendo di fatto gli insegnanti a cambiare libri. Certo, il passaggio al digitale era inevitabile, anche se erano stati commessi errori sulla tempistica, secondo le associazioni che tutelano i consumatori. Il ministero, invece, nel tentativo di risolvere i problemi, ha preferito tornare al passato, togliendo per quest’anno l’obbligo del digitale (o del formato misto). In pratica, per il Codacons si tratta di “un vero pasticcio”, oltre che “un regalo alla lobby degli editori che rischia di causare per l’anno scolastico 2014/2015 una vera e propria scoppola per le famiglie”.



mercoledì 7 agosto 2013

I migliori master post laurea per trovare lavoro 2013-2014



Dopo la Laurea triennale o specialistica i Master universitari di Primo o Secondo livello rappresentano un titolo di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente o ricorrente. I master delle Università hanno finalità ed organizzazione diverse rispetto ai master delle Business School. Innanzitutto, essi seguono l'iter della formazione universitaria e si dividono in due tipologie (I e II livello) in base al momento del percorso formativo universitario a cui si riferiscono. I master di I livello sono destinati a concludere e completare con una specializzazione teorica e pratica il percorso della Laurea Breve triennale.

I Master universitari possono spaziare in diverse discipline, da quelle economiche a quelle giuridiche, dagli ambiti tecnici a quelli medici e scientifici, oltre naturalmente alle aree umanistiche e manageriali. I laureati, per poter frequentare questa tipologia di corsi di alta formazione devono aver conseguito la laurea almeno la triennale.

Per trovare lavoro specializzarsi non basta, bisogna farlo nella giusta direzione e con un master che abbia un occhio di riguardo verso l'internazionalizzazione è quello che sta richiedendo il mercato del lavoro. Nonostante la crisi che attanaglia l'Italia, trovare lavoro è possibile, ovviamente se si cerca nelle direzioni giuste, ovvero quelle in cui la richiesta di candidati da parte delle aziende è superiore all'offerta.

Secondo una indagine de Il Sole 24 Ore esisterebbero dei corsi post laurea in grado di garantire  un tasso di occupazione del 100% degli iscritti.

Il segreto per trovare lavoro, dunque, non starebbe tanto nel fare un master di specializzazione quanto farlo in quelle discipline per le quali le aziende non riescono a trovare lavoratori e, visto che si andranno a spendere tempo e soldi, meglio ancora se il corso che si sceglierà avrà competenze internazionali. In questo modo si allargherà il bacino di aziende presso le quali potersi candidare una volta concluso il corso.

In un periodo di generale di difficoltà contrazione economica dopo l'improvviso crollo del sistema finanziario, il mercato del lavoro sembra attraversare una fase critica. Molte sono le aziende anche di grande profilo costrette a tagliare sul versante del personale, e di conseguenza anche le assunzioni hanno subito un arresto.

Secondo diversi studi, portiamo ad esempio quelli promossi dalla prestigiosa Fondazione CUOA di Vicenza, la risposta tanto alla contrazione quanto all'ampliamento del mercato del lavoro non può che consistere nell'alta formazione. Con un comunicato SDA Bocconi informava che “L’attenzione per i programmi Mba è particolarmente forte in questi mesi, perché sono considerati un investimento anticiclico. I giovani manager preferiscono investire nel completamento a tempo pieno della propria formazione quando i salari a cui devono rinunciare risentono del momento di crisi”.

Esistono Facoltà che storicamente consentono sbocchi professionali più agevoli, come Ingengeria o Agraria, altre che intrinsecamente prevedono un durissimo iter di specializzazione post laurea, come Medicina o Giurisprudenza.

E' bene ricordare che la maggior parte dei Master vanta un certo numero di partner, più o meno prestigiosi, che oltre a fornire docenti per le lezioni reclutano tirocinanti ed eventualmente li inquadrano nel proprio personale. Vi sono imprese che si occupano in prima persona dell'organizzazione di corsi, con l'obiettivo di formare i propri futuri lavoratori: Finmeccanica, ad esempio, propone un “Master in International Business Engineering”, e restituisce la quota di iscrizione a quegli allievi che alla fine del corso stipulano un contratto di lavoro con l'azienda. La stessa ENI ha costituito negli anni, in collaborazione con alcuni Atenei italiani, un ente di formazione che promuove master sull'energia e la raffinazione: la ENI University.

Dal punto di vista strettamente amministrativo, i Master possono essere Universitari, cioè organizzati da atenei pubblici, o meno. Tra i Master Universitari ne esistono alcuni accessibili ai possessori di qualsiasi diploma di Laurea, ed è il caso dei Master di I livello, e altri riservati esclusivamente a coloro che hanno conseguito una laurea almeno quadriennale, e dunque laureati nel vecchio ordinamento o possessori di Laurea Magistrale: sono i Master di II livello. Sulla carta, istituzionalmente, non esiste differenza tra le due tipologie in termini di spendibilità: in pratica un Master di II livello non è più “prestigioso”, non garantisce maggiori possibilità di occupazione, ma semplicemente ha un orientamento più specialistico, mentre un Master di I Livello va a sostituire un percorso di Laurea magistrale avvicinandosi più al mondo aziendale che a quello strettamente accademico.

La scelta del corso da frequentare è molto delicata anche in virtù dei costi di iscrizione e partecipazione. Tendenzialmente, i Master degli Atenei pubblici risultano più abbordabili, ma siamo sempre nell'ordine delle migliaia di euro, soprattutto al Nord.

Vediamo dove si possono frequantare master

L'Università di Bologna offre una delle più ampie scelte di Master, Corsi di specializzazione e di Alta formazione. Solo i Master di I e II livello sono quasi un centinaio. Naturalmente vengono coperte tutte le tematiche inerenti le facoltà dell'ateneo. Dai master economici (lavoro, risorse umane, business management, marketing), ai master legali, ai master socio-culturali e ai master dell'area medica

LUniversità di Trento offre diversi master sia in ambito economico (Gestione delle imprese sociali, Tourism management, e-procurement), Giuridico e Politico, della Pubblica-Amministrazione (e-government, informatore europeo) e nelle nuove tecnologie (Sistemi elettronici, Computational and systems biology e Integrated Design for Energy Efficiency)

Centro di Formazione Permanente dell'Università di Genova - offre diversi prodotti formativi nelle aree Umanistica, Economica, Scientifica e Socio-sanitaria. In particolare, rilevanti i Corsi di perfezionamento in traduzione e i Master in commercio internazionale e il master in logistica

Università Cattolica sono molti e spaziano su quasi tutte le discipline (dal business management, al mercato dei petroli, alle risorse umane, alla progettazione di eventi, alla museologia, alla psicologia sino al terzo settore). Inoltre, ogni sede (Milano, Roma, Piacenza-Cremona e Brescia) offre una propria offerta formativa e la possibilità di seguire in sede le ore d'aula

L'Università Statale di Milano offre diversi master nell'area economica, scientifico-tecnologica, umanistica e sanitaria. L'offerta dei master è particolarmente sensibile alle nuove tecnologie con master in Editoria multimediale, TV digitale e redazione su internet

Libera Università di Lingue e Comunicazione - IULM I master sono naturalmente legati al mondo della comunicazione e vanno a trattare questa tematica all'interno delle varie aree professionali e lavorative dal giornalismo, al turismo, alla cultura, alla politica, alla moda e al marketing

L'Università di Padova offre molte possibilità ed in molte aree formative. Si può scegliere tra i Master, Master FSE, Master Internazionali e Master in Lingua straniera. Un'offerta post-laurea che presenta una scelta ricca e che copre tutte le tematiche di insegnamento

L'Università Ca' Foscari di Venezia offre una quarantina di master tra quelli prodotti dall'Ateneo, quelli consorziati e quelli compartecipati. Di particolare rilievo i master economici, ma molto importanti sono anche i master in ambito umanistico e dell'ambiente

Università di Torino offre una scelta ampissima di master in tutte le discipline, dall'agraria, all'economia, al diritto, alla comunicazione e la medicina. Un'offerta di qualità molto legata ai percorsi formativi delle facoltà

Università di Firenze Molto ricca l'offerta didattica della Facoltà di Ingengeria, Medicina, Scienze politiche. Tra i master interfacoltà, Gestione e sviluppo delle risorse umane e Progettista e gestore di formazione

Università di Pisa Alla Facoltà di Lettere e Filosofia un Master in "Comunicazione pubblica e politica". A Matematica "Web and Wireless". "Management Sociale e Sviluppo locale" e "Scienza della Legislazione" alla Facoltà di Scienze Politiche

La Scuola Superiore di Pisa offre dei Master specialistici in ambito tecnico-scientifico (International master on communication networks engineering, Management, innovazione e ingegneria dei servizi, Gestione e controllo dell'ambiente: tecniche e tecnologie per il ciclo dei rifiuti e International master in information technology) nell'ambito socio-politico (Master of arts in human rights and conflict management) e nell'ambito medico (Medicina subacquea e iperbarica, Master in Management e sanità e Master internazionale in cardiologia, cardiochirurgia, anestesia e radiologia)

Università La Sapienza di Roma prevede moltissimi master in molti settori dall'architettura, all'economia, alle scienze politiche e amministrazione pubblica, al diritto alla medicina, alla comunicazione e persino in ambito aerospaziale. Ogni facoltà prevede un percorso di specializzazione post-laurea con master di qualità e alcuni di importanza nazionale ed internazionale

Università di Tor Vergata  di Roma offre un numero molto elevato di Master sia di I che di II livello. In particolare, rivestono un particolare interesse i Master delle facoltà di Ingegneria ed Economia

Università degli Studi Roma 3 Un'offerta di master completata dall'offerta delle Scuole di perfezionamento e dai Corsi di perfezionamento. Molto interessanti i master prodotti dalla facoltà di Economia "Federico Caffè" ed in particolare il Master sull'innovazione e management della P.A. Rilevanti sono anche i master della facoltà di Scienze della Formazione e di Scienze Politiche

 LUISS - Guido Carli I prodotti formativi della Luiss Guido Carli sono di assoluta qualità ed anche i Master sono in linea con gli standard dell'ateneo. Master nei settori "classici" (economia, gestione della P.A. e diritto) ma anche in ambito particolare come gli Studi strategico militari o la Gestione del Non-profit. Rilevanti anche le Scuole di specializzazione in Giornalismo e professioni legali

Politecnico di Bari I master del Politecnico sono di alta specificità tecnica poiché si rivolgono a dei destinatari che hanno delle specifiche competenze. Sono prodotti master in ambito edilizio, delle telecomunicazioni, della sicurezza e dell'energia

Università di Napoli "Federico II" offre moltissime opportunità di formazione e specializzazione post-laurea. Ogni Facoltà presenta diversi percorsi per implementare le proprie competenze e le proprie conoscenze. Un master molto importante è quello in "Economia e Finanza" dove vi sono moltissimi docenti internazionali

Università di Lecce  ha un'offerta formativa post-laurea dell'ateneo si divide tra i master offerti dall'Università (economia, giurisprudenza, scienze della formazione), dalle scuole di specializzazione e dalla Scuola di specializzazione I.s.u.f.i. che offre 4 master internazionali di grande interesse.

Naturalmente dipende dall'area formativa scelta, ma in generale i percorsi di carriera di chi ha frequentato un Master universitario di primo livello si caratterizzano per una crescita a livello manageriale grazie alla specializzazione acquisita.

domenica 4 agosto 2013

Mercato del lavoro e la Laurea quali prospettive



Evolve il mercato del lavoro e di conseguenza anche i profili più richiesti dalle aziende, che oggi sembrano più interessate all’impiego di giovanissimi diplomati (43%) che di professionisti in possesso di un titolo universitario (8%), tanto che molti laureati hanno deciso di togliere dal proprio CV l’informazione relativa a questi studi. Questa è la sorprendente rivelazione dell’ultimo rapporto elaborato da Excelsior – Unioncamere sulle previsioni di assunzioni lavorative.

Secondo questa rilevazione l’indagine svolta sulle imprese italiane nel 2012 ha registrato un andamento altalenante anche per questo genere di lauree. Non esiste perciò un indirizzo di laurea “anticrisi” per eccellenza: infatti si è rilevato che anche alcune lauree di ingegneria hanno registrato un calo delle assunzioni, e questo vale anche per alcuni settori delle lauree in biologia.

Ma complessivamente esistono professioni tecniche, specializzate e qualificate per le quali i laureati in discipline scientifiche sono molto ricercati. Sono ancora una garanzia, quindi, le lauree in ingegneria elettronica e dell’informazione, in ingegneria industriale, in informatica, ed è in crescita, secondo la ricerca di Almalaurea, la prospettiva occupazionale dei laureati in Agraria.

Per quanto riguarda gli annunci di lavoro per il 2013. La crescita della ricerca di diplomati da parte delle imprese riguarda tanto gli impieghi stagionali (+3,9%: 38, 6% contro 42,5%) che per quelli non stagionali (passati dal 38,9% del 2012 al 43,9% del 2013) che riguardano soprattutto i settori dell’industria e dei servizi.

Per quanto riguarda le lauree tecniche riguardanti l’architettura e l’urbanistica, si rimane essenzialmente sui livelli precedenti.

Tra le lauree, quelle che hanno maggior probabilità di trovare subito un impiego ci sono quelle nel settore chimico-farmaceutico, medico-odontoiatrico e sanitario-paramedico.

Tra i vari indirizzi dei corsi di laurea in ingegneria, quelli relativi all’ingegneria elettronica e dell’informazione sono i più ricchi di prospettive lavorative. Si pongono, infatti, al secondo posto nella graduatoria delle lauree più richieste dopo quelle di indirizzo economico-statistico, e i principali settori di sbocco di questi laureati sono sicuramente l'informatica e le industrie elettroniche, ma vi sono anche altre opportunità.

Le figure professionali più richieste sono tutte di alto profilo, tra cui quella dello sviluppatore di software, seguita da quella del programmatore informatico, del progettista elettronico e del progettista elettrico. Anche il settore dell’ingegneria industriale (aerospaziale, aeronautica, meccanica, energetica, ecc.) ha ottime opportunità di inserimento professionale, con il 7,5 % di assunzioni totali di laureati.

Il maggiore settore di sbocco è quello dell’industria metalmeccanica, ma c’è richiesta in tutti i settori industriali e nei servizi avanzati di progettazione e consulenza tecnica. Buone possibilità anche per i laureati in ingegneria gestionale e logistica e dell’automazione, ma la metà delle assunzioni è concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. La rinomata possibilità lavorativa offerta dalle lauree in ingegneria subisce un arresto per quanto riguarda le lauree in ingegneria civile, ambientale ed edile, che vede le assunzioni in calo rispetto al triennio precedente e concentrate per lo più nel Nord Ovest e in Lombardia. Gli sbocchi professionali sono soprattutto nelle imprese di servizi avanzati di progettazione e consulenza tecnica e nelle costruzioni. Opportunità anche nel campo dell’ambiente e dello sviluppo delle infrastrutture.

Altro indirizzo in espansione sono le lauree in scienze biologiche, geologiche, ambientali e della natura, geografiche e in biotecnologie. Le opportunità di inserimento professionale per chi è in possesso di queste lauree sono in generale piuttosto contenute, se si esclude il settore agricolo e pubblico. Questi laureati vengono soprattutto inseriti nelle imprese che offrono servizi avanzati di consulenza tecnica, nella sanità, nel settore dell'istruzione privata o negli studi professionali. La figura professionale più ricercata dalle aziende è il biologo, seguito dal professore di scuola secondaria superiore, il ricercatore clinico, l'analista chimico, per poi arrivare al tecnico rilevatore geofisico e al tecnico sicurezza ambiente lavorativo.

Il settore comprende le lauree in matematica e fisica, le lauree in astronomia, in scienza dei materiali e in informatica, che comprendono l'80% delle oltre 1.800 assunzioni previste nel 2012 per l'insieme di laureati "scientifici": il settore offre buone prospettive lavorative, tanto che nel 2012 le assunzioni di questi laureati risultano in aumento rispetto alla media del triennio 2009/2011. Sono richiesti soprattutto dalle imprese di grandi dimensioni che operano nei servizi avanzati nell’ICT, per esercitare professioni di alto profilo collegate all’informatica (con la concorrenza di ingegneri elettronici e dell’informazione). Un altro settore in cui questi laureati hanno buone occasioni di inserimento è quello dell’istruzione, con l’ insegnamento di discipline scientifiche nelle scuole superiori.

Tra i corsi di laurea in architettura, in disegno industriale, moda, design, grafica, comunicazione, in pianificazione territoriale ed in storia e conservazione dei beni architettonici e ambientali, i primi due sono i corsi di laurea che offrono le maggiori opportunità di lavoro dipendente presso le imprese private, le cui richieste per il 2012 si aggirano intorno alle 740 unità, con un calo negli ultimi tre anni più contenuto rispetto alla media delle altre lauree. Molti di questi laureati si orientano però verso la libera professione o il settore pubblico, mentre nel privato gli sbocchi principali sono nei servizi avanzati di progettazione e consulenza tecnica, nelle costruzioni, nelle industrie del legno e del mobile, per professioni nel campo dell'industrial design e, naturalmente, negli studi di architettura. La figura professionale più richiesta è quella dell’architetto, seguito dal disegnatore di mobili e arredamento e dal progettista edile. Vengono poi i disegnatori tecnici, i tecnici esperti del recupero dei terreni, gli stilisti.

Secondo la ricerca condotta da Almalaurea che consegue la laurea in Agraria, in 5 anni più dell’80% lavora, e circa il 70% svolge un lavoro stabile, seppure è da notare che circa il 70% per cento complessivo ha frequentato o sta frequentando una specializzazione post-laurea. E’ più del 62% degli intervistati, a 5 anni dalla laurea, che sostiene di aver riscontrato l’utilità dei propri studi nel trovare un lavoro.


lunedì 15 luglio 2013

Ministro del Lavoro Enrico Giovannini, è favorevole a sperimentare il più possibile i contratti flessibili



Il governo punta a introdurre maggiore flessibilità nel mercato del lavoro con una "sperimentazione" sui contratti a termine. Lo afferma il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, in un'intervista sulla Stampa. Camusso: no a continue forme di flessibilità.

Questa settimana inizia l’iter parlamentare del decreto lavoro. C’è chi insiste per introdurre più flessibilità all’ingresso nel mercato del lavoro dei più giovani derogando alle regole in vigore almeno per la durata dell’Expo’. I sindacati, in particolare la Cgil, sono contrari. Troverete una sintesi? 

«Un intervento sull’Expò tutto concentrato sui soli contratti a termine sarebbe riduttivo. Comunque la risposta è sì, stiamo immaginando di mettere insieme un pacchetto equilibrato di novità».

Ci sarà maggiore flessibilità per i contratti a termine? 

«Sono favorevole ad una sperimentazione, a privilegiare il più possibile i contratti flessibili “buoni” - i contratti a termine - rispetto a quelli “cattivi” – come le “false” partite Iva - ma non può essere un intervento di deroga generalizzata senza razionalità».

Sta dicendo che è contrario a forti deroghe alle regole in vigore? 

«Non dobbiamo guardare all’Expò come a qualcosa che termina con la chiusura dei padiglioni. Dobbiamo pensare che sarà un volano di crescita per il Paese, così come è stato per la Cina con Shanghai. Di accordi sindacali per gestire il picco di occupazione in Lombardia se ne stanno già facendo. Altra cosa è pensare a effetti permanenti sull’occupazione derivante da un investimento su filiere particolari come il turismo».

Ci saranno interventi per ridurre gli intervalli fra un contratto e l’altro? È possibile una accorciamento dei tempi dell’apprendistato?

«Stiamo lavorando su varie ipotesi. Mi faccia però dire una cosa: anche concentrare il dibattito solo su come cambiare i tipi di contratto è riduttivo. In Italia ci sono più di due milioni di giovani che non studiano e non lavorano. È una massa di giovani che ci costano ogni anno 25 miliardi di euro di perdita di capitale umano. Possibile pensare che il loro futuro si giochi solo sulla modifica di questa o quella forma contrattuale per due anni?».

Il ministro del Lavoro ha convocato per 16 luglio le parti sociali per individuare "soluzioni equilibrate" in vista dell'Expo 2015 e su eventuali modifiche al dl lavoro. Lo ha annunciato lo stesso ministro a margine della presentazione di un rapporto sul lavoro degli immigrati. "Ho convocato la parti sociali domani mattina - ha detto - per l'addio della discussione su questi temi. Sono sicuro che troveremo soluzioni equilibrate".

Sugli attriti tra le due principali forze di maggioranza, Pd e Pdl, sui temi del lavoro, Giovannini ha sottolineato che "non è una questione di attriti, bisogna trovare una soluzione". Sui circa 500 emendamenti al dl lavoro, Giovannini ha aggiunto: "Stiamo valutando cosa recepire, poi saranno le parti politiche a dover trovare un equilibrio. Alcune idee rafforzano l'approccio del governo, ne stiamo discutendo".

“Siamo un Paese che ha una altissima precarietà, non bisogna affrontare in questo modo il problema della disoccupazione”

«Ho convocato per domani mattina le parti sociali». L’annuncio è del ministro del lavoro Enrico Giovannini. Sul tavolo del confronto gli interventi per rendere flessibili i contratti a termine in vista dell’Expo 2015, che il governo aveva tirato fuori dal pacchetto approvato in Cdm e ora all’esame del Parlamento, per ulteriori approfondimenti e riflessioni. La convocazione, già arrivata a sindacati e imprese, è per domani mattina alle nove. La Cgil sembra comunque avere già le idee chiare. «Non si affrontano i temi della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità», ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, commentando le parole del ministro. In una intervista a La Stampa, Giovannini ha parlato di privilegiare i contratti flessibili `buoni´. «Siamo un Paese - ha sottolineato Camusso - che ha una altissima precarietà. E ciò non toglie che questo è uno degli elementi di debolezza del sistema dei servizi».

«Noi- ha concluso - siamo per distinguere tra la discussione generale e l’accordo per governare il periodo di Expo attraverso percorsi legislativi che diano certezza, non incertezza ai lavoratori». 

Per Camusso, sull’ipotesi di una manovra d’autunno, «Quando si cominciano ad annunciare della manovre, c’è una grande preoccupazione, soprattutto se l’origine della manovra è per evitare che ci sia una normale tassazione sulla casa, come c’è in tutti i Paesi del mondo». «Si continua a pensare - ha aggiunto - di far pagare di più chi ha poco rispetto a chi ha molto». 

Ancora in tema di flessibilità, «non bisogna affrontare il problema della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità»: il segretario della Cgil, Susanna Camusso, è tornata a sostenerlo a Milano, la città che nel 2015 ospiterà l’esposizione mondiale. E proprio in vista dell’Expo si sta valutando la possibilità di contratti a termine acausali, ma la sindacalista non vuole generalizzare. «Siamo per distinguere - ha sottolineato - tra una discussione generale e un accordo per governare il periodo di Expo attraverso percorsi legislativi che diano certezza e non incertezza ai lavoratori ». «Expo - ha concluso - è un evento straordinario. C’è bisogno di regolare un periodo straordinario. Ciò che non è sopportabile è che si approfitti di un evento straordinario per deregolare il sistema ».


martedì 14 maggio 2013

Il ministro Enrico Giovannini e la priorità del lavoro per il 2013

Il lavoro è la prima priorità del governo. Ma «è irrealistico» pensare che interventi di natura normativa fiscale e contributiva possano riassorbire la disoccupazione. Serve che la produzione torni a crescere. Insomma, leggi senza crescita non creano posti di lavoro. Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini , ha illustrato in audizione dinnanzi alla commissione Lavoro del Senato gli interventi allo studio del governo su occupazione, ammortizzatori sociali e salvaguardati. Il ministro ha fatto il punto sul mercato del lavoro in Italia, con una platea di "sottoccupati" che conta circa 3 milioni di disoccupati e altri 3 milioni di "inattivi". Il tasso di disoccupazione giovanile è al 38,4%, ci sono 635mila giovani ufficialmente disoccupati.

Modifiche limitate e mirate alla legge Fornero Per aumentare l'occupazione giovanile Giovannini ha parlato di «modifiche limitate e mirate» alla legge Fornero, in particolare su tempo determinato e apprendistato. Si interverrà anche per potenziare l'alternanza scuola-lavoro. E con l'Ocse è in piedi un lavoro per costruire un pacchetto su buone pratiche internazionali, quantificandone i limiti di spesa. Nel pacchetto di misure allo studio del ministero del Lavoro c'è anche la staffetta generazionale anziani-giovani, e agevolazioni fiscali e contributive per favorire nuovi contratti. Il ministro ha illustrato i dati Isfol sul monitoraggio della legge 92 sull'andamento delle principali tipologie dei contratti: negli ultimi mesi del 2012 prosegue il crollo delle collaborazioni e del lavoro intermittente. Aumentano lievemente i contratti a termine e quelli di apprendistato, diminuiscono i contratti a tempo indeterminato e crescono le "cessazioni dal lavoro". Nel quarto trimestre 2012 le collaborazioni hanno registrato una riduzione del 9,2% su base congiunturale e del 25,1% su base tendenziale. Per i contratti a termine si registra un +3,7% congiunturale. Per questo, secondo Giovannini, bisogna stare «molto attenti» a toccare una riforma «che sta finalmente producendo una serie di effetti voluti». Il ministro ha rilanciato sulla necessità di un robusto monitoraggio sugli effetti della legge 92; un'esigenza condivisa dal presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi .

Bisogna rivedere i meccanismi di concessione della cassa in deroga. D'accordo poi sulla priorità di rifirnanziare la cassa integrazione in deroga (il decreto con un miliardo aggiuntivo arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri venerdì; ma c'è ancora da risolvere il rebus sulle coperture), Giovannini ha detto che è in corso con le regioni una discussione per rivedere i meccanismi di individuazione ed erogazione dei sussidi in deroga per un utilizzo corretto. C'è poi da "rispolverare" la delega sul riordino dei servizi per l'impiego; e sul fronte pensioni si punta a una revisione delle regole sulla previdenza con la "flessibilizzazione" delle possibilità di uscita dal lavoro "in cambio di penalizzazioni". Il governo non ha invece intenzione di adottare interventi sulla rappresentanza su cui stanno lavorando le parti sociali. Il ministro ha infine ricordato come per gli oneri burocratici legati al lavoro e alla previdenza le imprese spendano 5 miliardi l'anno. Di qui l'annuncio di voler avviare una grande operazione di semplificazione che sarà affidata a un sottosegretario.

Giovanini è intervenuto anche sul rifinanziamento della Cig in deroga: "Nel Consiglio dei ministri di venerdì ci sarà un intervento tampone o uno più ampio. Stiamo verificando, da un lato le coperture, dall'altro un cambiamento del monitoraggio e dell'informazione per una gestione più attenta e trasparente del sistema". Comunque, ha proseguito Giovannini, "il governo sta valutando, a brevissimo, se ci sarà una soluzione esaustiva per l'anno o solo un intervento parziale". Sul lavoro: "L'esecutivo sta mettendo a punto un pacchetto realistico. Non si può immaginare di arginare la disoccupazione solo con la defiscalizzazione".

Bisogna stare molto attenti a toccare una riforma che sta producendo una serie di effetti voluti. Eventuali modifiche dovranno essere limitate e puntuali". Così il ministro del Lavoro, Giovannini, sulla riforma Fornero. "E' irrealistico - ha proseguito - pensare che interventi di natura fiscale e contributiva possano riassorbire la disoccupazione. Non si possono creare posti di lavoro senza la crescita della produzione nei prossimi mesi e anni". Staffetta giovani-anziani:"E' un intervento vantaggioso, ma costoso". Pensioni: "Il governo pensa di modificare la riforma per consentire l'uscita dal lavoro in cambio di penalizzazioni".

venerdì 10 maggio 2013

Bce: subito le riforme sul lavoro


Sull’Eurozona pesano ancora rischi sulla crescita e per questo i banchieri centrali di Francoforte giudicano «fondamentale» proseguire nell’attuazione delle riforme strutturali. Nel bollettino di maggio della Bce si punta il faro in particolare sull’Italia, unico paese della periferia nel quale «la competitività non è migliorata dal 2008». Mentre la Bce nota che in alcuni paesi europei, come l’Irlanda, Spagna e Portogallo, dove in precedenza «i costi del lavoro erano andati aumentando a ritmi superiori a quelli medi europei», a partire dal 2008 invece «è in atto un processo di aggiustamento della competitività» del costo del lavoro.

La riforma del mercato del lavoro in atto in Italia - così come i provvedimenti adottati nello stesso campo da Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna - contempla «alcuni importanti provvedimenti volti ad accrescere la flessibilità delle strutture di negoziazione salariale e degli orari di lavoro, e a ridurre un’eccessiva tutela del posto di lavoro». Si tratta di misure che rappresentano «i primi passi verso il miglioramento delle dinamiche del mercato del lavoro e della competitività in questi paesi, e nell’area dell’euro nel suo insieme». In Italia la competitività di costo del lavoro «non è migliorata dal 2008», si legge nel bollettino della Bce, la quale rileva che già in alcuni paesi europei dal 2008 «è in atto un processo di aggiustamento della competitività, dove in precedenza i costi del lavoro erano andati aumentando in modo persistente e significativo e ritmi superiori a quelli medi europei».

I miglioramenti ottenuti con gli interventi dei governi sono «nel complesso incoraggianti», ma sul fronte delle riforme strutturali «sono necessari ulteriori sforzi».

Intanto, notizie cattive sul fronte dei prestiti bancari: si è registrata un’ulteriore stretta in Italia a marzo 2013, quando - si legge nella rilevazione periodica di Bankitalia - i prestiti delle banche al settore privato hanno registrato una contrazione su base annua dell’1,6 per cento (1,4 per cento a febbraio). I prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,8 per cento sui dodici mesi (-0,7 per cento a febbraio); quelli alle società non finanziarie sono diminuiti del 2,8 per cento (-2,7 per cento a febbraio).
 

domenica 21 aprile 2013

Guida ai falsi annunci di lavoro. Come muoversi


Se ne leggono di annunci di lavoro, la maggior parte sul web: centinaia di pagine e bacheche visitate con i clic per cercare lavoro. Si legge, ci si candida, si aspettano risposte. Poi un giorno arriva una mail: un’offerta condizionata all’invio di denaro, in certi casi. Un’offerta che non esiste veramente, in altri. L’affare dei falsi annunci di lavoro è un affare che si sta infiltrando velocemente sul web, sulla Rete.

A volte la troppa esperienza del mondo degli annunci di lavoro possono giocare brutti scherzi a chi è in cerca in modo spasmodico una occupazione. Come se non bastasse la scarsezza di offerte con contratto e retribuzione dignitose, spesso infatti bisogna anche fare i conti con aziende poco serie o finte, che pubblicano proposte da cui è meglio stare alla larga per non rischiare di perdere soldi.
Sempre più spesso, quando si naviga in siti creati appositamente per la pubblicazione di annunci di lavoro, capita d'imbattersi in inserzioni poco chiare, su alcuni punti di vista o, troppo espliciti su altri, dalla quale è sempre meglio stare lontano.

 Ecco allora una guida su come muoversi verso gli annunci di lavoro falsi.

Come primo aspetto è bene avere un grande attenzione, buonsenso e una dose di diffidenza sono i tre pilastri fondamentali che chi cerca lavoro non dovrebbe mai dimenticare. Tuttavia, in tempo di crisi e quando il mercato del lavoro sembra non offrire alcuna opportunità, anche la persona più navigata rischia di cadere in offerte che non hanno nulla di serio.

Un primo consiglio è non considerare le offerte di lavoro in cui non è indicato il nome dell'azienda e non è presente neppure una presentazione in forma anonima del settore in cui opera e dell'attività che svolge. Diffidate da questi annunci anche nel caso ci sia indicato un numero di telefono o una email con nome e cognome, non sono per niente una garanzia.
E' meglio stare alla larga dalle offerte che cercano profili generici e che propongono attività poco chiare, così come da quelle che promettono facili guadagni. Le aziende serie sono sempre molto attente ai requisiti professionali e personali delle persone da inserire e in tempi di crisi diventano ancora più esigenti: gli annunci che promettono lavori facili e alte remunerazioni nella quasi totalità dei casi nascondono una truffa.

Bisogna diffidare dalle offerte di lavoro che richiedono l'invio di dati personali riservati, del codice fiscale, del numero della carta di credito o del conto corrente per le ragioni più svariate e spesso (purtroppo) apparentemente legittime e del tutto motivate: nessuno assume sulla base dell'anagrafica e/o del conto in banca. Anzi, gli annunci che non prevedono neppure un colloquio telefonico o via Skype sono da considerare finti e potenzialmente pericolosi.

Diffidare gli annunci di lavoro in cui sono prospettati facili guadagni. Infatti, niente è facile, neanche trovare un lavoro, figurasi un guadagno.

Per quanto perfetti possano essere, tali annunci, per questioni inderogabili, presentano delle falle, che è possibile individuare magari rileggendo più volte, nel caso il nostro intuito, trovi qualcosa di poco convincente in quelle righe. In genere le caratteristiche che segnalano un falso annuncio, sono le seguenti:

Attenzione anche ai colloqui di lavoro da svolgere via telefono o tramite Skype, è una questione di buon senso in questo caso. E' consigliabile quindi e, in tutti i casi, svolgere un approfondita e accurata ricerca sull'azienda in questione,  prima di recarsi di persona al colloquio.

Comunque per difendersi dalle truffe e segnalare quella in cui si è eventualmente finiti, evitando ad altri la stessa spiacevole esperienza, il consiglio è allora di visitare il sito Bob Spammit, sempre aggiornatissimo e agguerrito contro chi vuole fare della sfortuna degli altri la propria fortuna.

mercoledì 27 marzo 2013

Apprendistato dopo la circolare n. 5 del 2013 Ente Regione

L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».Ricordiamo che in tutte le ipotesi in cui il rapporto di apprendistato venga “disconosciuto”, sia per violazione degli obblighi di carattere formativo, che per assenza dei presupposti di instaurazione del rapporto stesso (ad es. violazione limiti numerici, violazione degli oneri di stabilizzazione, assenza requisiti anagrafici ecc.), il lavoratore è considerato un “normale” lavoratore subordinato a tempo indeterminato.

Vediamo alcune importanti fasi di controllo tracciate dalla circolare. Una prima fase riguarda l'individuazione del momento in cui si può ritenere violata la disciplina formativa del contratto per giustificare un intervento ispettivo. Con riguardo all'apprendistato professionalizzante sono due gli aspetti da considerare a seconda che si tratti di formazione trasversale o di formazione di tipo professionalizzante: laddove la Regione decida di rendere facoltativa la formazione trasversale, in assenza della configurabilità di un vero e proprio obbligo, non è possibile l'adozione di un provvedimento di carattere sanzionatorio; laddove il contratto collettivo di riferimento scelga di rimettere al datore di lavoro l'obbligo di erogare anche la formazione trasversale, nelle more dell'intervento della Regione, non potrà non ravvisarsi un corrispondente "ampliamento" delle responsabilità datoriali e pertanto dei connessi poteri sanzionatori in capo al personale ispettivo.

Una volta accertata la violazione dei contenuti formativi, scatta una fase due che ha lo scopo di verificare se è possibile recuperare l'interesse sostanziale della norma e far fare la necessaria formazione all'apprendista. Proprio su questo punto interviene la circolare della direzione generale per l'Attività ispettiva, fornendo un criterio di ragionamento da applicare in modo uniforme sul territorio.

Ricordiamo inoltre che, se la Regione attiva i corsi della formazione trasversale dopo l'inizio del rapporto di apprendistato non è necessario il recupero delle ore riferite ai periodi del contratto già trascorsi. Tuttavia, se la Regione lo prevedesse espressamente in un proprio provvedimento, allora la violazione di questo obbligo potrebbe comportare il disconoscimento del rapporto di lavoro.

Alla luce delle novità contenute nella circolare, è necessario individuare il momento in cui l'azienda incorre in una violazione nella gestione della formazione dell'apprendista. Il primo presupposto per violare la norma è che il datore di lavoro impedisca all'apprendista di ricevere la formazione che costituisce la causa mista del contratto. L'impedimento deve essere di esclusiva competenza del datore di lavoro. Un secondo presupposto che fa scattare la sanzione è il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi.
Impedimento all'apprendista di ricevere la formazione, la responsabilità prevista dalla legge si realizza quando il datore impedisce all'apprendista di seguire i corsi formativi regionali che devono risultare effettivamente operanti (e non solo disciplinati). La responsabilità del datore si potrebbe realizzare anche quando esso violi adempimenti amministrativi previsti dalla Regione ai fini del coinvolgimento dell'apprendista nei percorsi formativi. D'altronde, l'inoperosità del datore di lavoro potrebbe pregiudicare l'organizzazione formativa da parte dell'ente preposto.

Posizione più tenera quando la Regione decida di rendere facoltativa tale formazione: in questo caso la mancata formazione non può dare luogo ad alcun provvedimento di carattere sanzionatorio. E ciò anche se il contratto collettivo di riferimento scelga di rimettere al datore di lavoro l'obbligo di erogare anche la formazione trasversale.

Con riferimento alle modalità di erogazione della formazione cosiddetta "formale" la previsione dei Ccnl trae origine nel Decreto 26 settembre 2012. Il quale prevede che per apprendimento formale si intende quello erogato in un contesto organizzativo e strutturato appositamente progettato come tale, in termini di obiettivi di apprendimento e tempi o risorse per l'apprendimento: a questo riguardo, la declinazione spetta ai contratti collettivi. Per esempio, il contratto del commercio prevede che la formazione interna può essere svolta in aula, on the job, nonché con strumenti di formazione a distanza o di e-learning. In questo ultimo caso, il contratto collettivo prevede che l'attività di accompagnamento potrà essere realizzata in modalità virtualizzata e attraverso strumenti di tele-affiancamento o videocomunicazione da remoto. Ovviamente, la scelta di svolgere la formazione interna deve presupporre la presenza di personale idoneo a trasferire le competenze.

Questa modalità di erogazione della formazione deve necessariamente essere certificata in un documento interno completo di firma dell'apprendista e del contenuto della formazione erogata. L'attività ispettiva sarà concentrata a verificare la documentazione che "certifica" la formazione svolta e ad acquisire le dichiarazioni del lavoratore interessato e di altri soggetti in grado di confermare l'effettività di tale formazione. Peraltro, la Direzione generale per l'attività ispettiva precisa che nei casi di più complessa valutazione è opportuno procedere alla emanazione della "disposizione" per consentire pur sempre una possibilità di recupero del debito formativo.

Mentre è stato dato il via libera all'assunzione di apprendisti anche per le aziende che operano nei settori in cui il contratto collettivo (anche interconfederale) non ha regolato la materia, ovvero per le aziende che regolano i rapporti di lavoro con contratti individuali plurimi: in questo caso è sufficiente applicare le previsioni contenute in un contratto collettivo appartenente a un settore affine a quello di riferimento.
Questa precisazione ha il merito di togliere gli ultimi ostacoli all'applicazione generalizzata del contratto di apprendistato. Infatti una prima categoria è rappresentata dalle imprese che operano sulla base di un contratto collettivo aziendale, ovvero un contratto individuale plurimo. Questi sono casi molto diffusi nell'ambito di scuole o università private. Un altro settore interessato è quello delle palestre e impianti sportivi che sembrerebbe ancora non aver disciplinato la possibilità di assumere apprendisti.

Apprendistato dopo la circolare n. 5 del 2013 e la formazione in azienda


L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».  Ricordiamo che in tutte le ipotesi in cui il rapporto di apprendistato venga “disconosciuto”, sia per violazione degli obblighi di carattere formativo, che per assenza dei presupposti di instaurazione del rapporto stesso (ad es. violazione limiti numerici, violazione degli oneri di stabilizzazione, assenza requisiti anagrafici ecc.), il lavoratore è considerato un “normale” lavoratore subordinato a tempo indeterminato.

Innanzitutto chiariamo che la L. n. 92/2012 è intervenuta a modificare anche la disciplina dell’apprendistato, contenuta nel recente d.lgs. n. 167/2011. Si tratta di interventi che interessano trasversalmente tutte le tipologie di apprendistato disciplinate dal Decreto (per la qualifica e per il diploma professionale, professionalizzante o contratto di mestiere, di alta formazione e ricerca) e di interventi legati alla specifica disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante.

Per quanto riguarda gli obblighi formativi e gli aspetti sanzionatori. Non è prevista nessuna sanzione per il contratto di apprendistato se il datore di lavoro non effettua nel primo anno la formazione annunciata dal piano individuale; al contrario, la violazione genera le sanzioni amministrative e di conversione del rapporto se nel secondo anno di durata del contratto il datore di lavoro non svolge almeno il 40% delle ore di formazione accumulate oppure, nel terzo anno, il 60% delle ore accumulate.

Relativamente agli aspetti sanzionatori è stato stabilito che “in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione”. Qui è sono messi in evidenza due aspetti uno la esclusiva responsabilità del datore di lavoro e della gravità della violazione, tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo.

Questo è uno dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 5/2013  del ministero del Lavoro che ha fatto il punto sulla corretta applicazione del contratto di apprendistato dopo le recenti modifiche introdotte dalla legge 92/2012. La circolare precisa anche che gli apprendisti in somministrazione possono essere assunti solo a tempo indeterminato: sono così nulle le clausole di alcuni Ccnl che dispongono in modo diverso. Inoltre, le aziende con meno di 10 dipendenti dovranno rispettare le percentuali di stabilizzazione fissate dalla contrattazione collettiva. Mentre le aziende con un organico superiore dovranno rispettare i parametri di legge, ossia confermare in servizio almeno il 30% dei contratti venuti a scadere negli ultimi 24 mesi (50% dal 18 luglio 2015).

Solo se le percentuali sono rispettate e quindi il datore ha raggiunto un numero minimo di ore svolte, allora l'ispettore può passare alla fase tre: vale a dire impartire una "disposizione" per effettuare il resto della formazione entro un termine. Diversamente, la fase tre è rappresentata dall'applicazione integrale del regime sanzionatorio.

Nell’ambito dell’apprendistato e dei contratti somministrazione di lavoro sono stati chiariti i limiti di utilizzabilità. Ferma restando la possibilità di ricorrere a personale apprendista fornito da una agenzia di somministrazione – si prevede infatti che il datore di lavoro può assumere un dato numero di apprendisti direttamente o “indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 276/2003” – si chiarisce ora che “è in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”. In sostanza, le agenzie di somministrazione potranno fornire lavoratori assunti con contratto di apprendistato solo in forza di una somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing).

domenica 24 marzo 2013

Contribuzione dovuta sulle interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato


L'INPS, con la circolare n. 44 del 22 marzo 2013, ha fornito alcuni chiarimenti sui criteri impositivi e sulla misura del nuovo contributo sulle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato previsto dalla legge di Riforma del mercato del lavoro.

La legge introduce un nesso tra il contributo e il teorico diritto all’Aspi da parte del lavoratore il cui rapporto di lavoro è stato interrotto; conseguentemente, i datori di lavoro saranno tenuti all’assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa.

Restano escluse dall’obbligo contributivo le cessazioni del rapporto di lavoro a seguito di:

dimissioni (ad eccezione di quelle per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità);

risoluzioni consensuali, ad eccezione di quelle derivanti da procedura di conciliazione presso la D.T.L., nonché da trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;

decesso del lavoratore. 

Il contributo non è dovuto, per il periodo 2013 – 2015, nei seguenti casi: 

licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai CCNL;

 interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.   

Ne consegue che, per le interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nel 2013, a decorrere dal 1 gennaio, per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, la contribuzione da versare sarà pari a € 483,80 (€1.180X41%).  

Per i soggetti che possono vantare 36 mesi di anzianità aziendale, l’importo massimo da versare nel 2013 sarà, quindi, € 1.451,00 (€483,80 X 3).

L'Inps ha precisato che:
1. il contributo è scollegato all’importo della prestazione individuale; conseguentemente, lo stesso è dovuto nella misura indicata, a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro cessato (full time o part time);

2. per i rapporti di lavoro inferiori ai dodici mesi, il contributo va rideterminato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto di lavoro; a tal fine, si considera mese intero quello in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario. Per un rapporto di 10 mesi, ad esempio, l’importo da versare nel 2013 sarà pari a € 403,16;

3. nell’anzianità aziendale si devono includere tutti i periodi di lavoro a  tempo indeterminato. Quelli a tempo determinato si computano se il rapporto è stato trasformato senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione del contributo dell’1,40%.

4. nel computo dell’anzianità aziendale non si tiene conto dei periodi di congedo di cui all’articolo 42, c. 5 del D.lgs, 151/2001; 

5. la contribuzione va sempre assolta in unica soluzione, non essendo prevista una definizione rateizzata.

6. il contributo è dovuto anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi compreso il recesso del datore di lavoro al termine del periodo di formazione.


domenica 17 marzo 2013

Licenziamento sentenze della Cassazione del 2013


Con la nuova riforma del lavoro la certezza è una sola: non esiste una strada sola per le istanze di reintegro nel posto di lavoro. A fare da esempio, c'è la vertenza che riguardava un lavoratore addetto a un appalto, poi improvvisamente cessato. Quel che più conta, però, è che, nel caso esaminato, il ritorno sul posto di lavoro non è stato interpretato come diretta conseguenza del sollevamento incongruo dall’incarico.

Esclusa, per il soggetto coinvolto, anche la possibilità di vedersi collocato ad altra mansione o funzione sempre nello stesso ambiente di lavoro.
Qualora un caso simile fosse pervenuto all’attenzione del Tribunale prima dello scorso 18 luglio, quando, cioè, è diventata legge dello Stato la riforma Fornero, l’esito del procedimento sarebbe stato opposto. Dunque, anche qualora l’autorità giudiziaria ravvisi l’illiceità dell’interruzione del rapporto di lavoro, non è automatico che a questa sentenza consegua il ritorno all’occupazione precedentemente svolta o a una affine.

Ne consegue che il diritto al reintegro non vada in alcun modo collegato alla legittimità o meno dell’atto di licenziamento, poiché viene inteso come collegato, ma non corrispondente, alla decisione di interruzione del rapporto di lavoro. Infatti, non è un caso che il datore di lavoro sia stato condannato, in chiusura di dibattimento, al risarcimento del lavoratore, ma non alla sua riassunzione completa. Quindi, il panorama sviluppatosi con la legge Fornero è molto, forse troppo, variegato e scivoloso: saranno le situazioni contingenti a determinare il diritto al reintegro o meno del lavoratore ingiustamente licenziato che ha sporto ricorso. Questo è uno scenario che porta sempre più incertezza sulla posizione occupazionale di moltissimi dipendenti, anche nel caso si rivolgano al giudice essendo certi di spuntarla contro il datore di lavoro.

Comunque la riforma del mercato del lavoro potrebbe riportare in primo piano la figura del licenziamento discriminatorio, anche se – alla luce degli orientamenti della giurisprudenza – non sarà facile per un lavoratore dimostrare di esserne stato vittima. La legge 92/2012 ha modificato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, incidendo sui licenziamenti disciplinari e su quelli per motivi economici, ma ha sostanzialmente lasciato immutata la disciplina dei licenziamenti discriminatori.

Mentre la risoluzione del rapporto basata su motivi disciplinari o economici, se ritenuta illegittima, può essere oggi sanzionata, in alcuni casi, con il solo indennizzo economico, in luogo della reintegrazione sul posto di lavoro, l'illegittimità del licenziamento discriminatorio continua a prevedere come sanzione la reintegrazione del lavoratore in azienda.

Con la sentenza 3547 del 7 marzo 2012, la Cassazione ha affermato che il licenziamento del dirigente può essere considerato arbitrario solo quando si dimostra pretestuoso e quindi non corrispondente alla realtà. In pratica, se il licenziamento è collegato a un effettivo processo di riorganizzazione del settore aziendale, la motivazione risulterà lecita e obiettivamente verificabile, escludendo in questo modo l'arbitrarietà del provvedimento espulsivo. Di diverso avviso la tesi del ricorrente, secondo cui la soppressione dell'area di responsabilità non rientrava in precise scelte organizzative ma era dettata da intenti ritorsivi o discriminatori.

Ricordiamo inoltre che in un'altra vicenda giuridica la Cassazione ha dato ragione al direttore provinciale di una confederazione e consigliere di amministrazione di una società controllata dalla stessa confederazione. Il lavoratore sosteneva di essere stato licenziato per volontà del presidente in conseguenza del proprio rifiuto di sottoscrivere il bilancio aziendale e di aver espresso un fermo rifiuto sul distacco di alcuni dipendenti della federazione presso la società controllata, poiché si sarebbe potuta ravvisare l'ipotesi di somministrazione di manodopera vietata. La Cassazione, con la sentenza 2958 del 27 febbraio 2012, ha confermato la pronuncia di merito ritenendo che l'assunto difensivo fosse adeguatamente motivato. Infatti, da un lato c'erano indici di ritorsione nei confronti del dipendente, dall'altro era mancato un riscontro fattuale del motivo economico posto alla base del licenziamento per riduzione dei costi ingenti legati alla posizione lavorativa del direttore.

Altra sentenza. Niente licenziamento se il lavoratore è costretto all'inattività. E' quanto ha stabilito la Cassazione con la sentenza 1693 depositata il 24 gennaio 2013. Un dipendente di un'azienda telefonica denunciava di aver subito una dequalificazione professionale giungendo alla totale inattività lavorativa. La ditta aveva privato quasi completamente il dipendente delle sue mansioni, fino a licenziarlo per giusta causa per mancata osservanza dell'orario di lavoro. Il tribunale accoglieva la domanda di risarcimento del danno e rigettava quella sull'illegittimità del licenziamento. In appello, invece, la corte disponeva la reintegra del lavoratore e gli riconosceva il risarcimento del danno. In sostanza, l'inattività forzosa  del lavoro voluta dall'azienda ha contribuito a determinare l'inadempimento del lavoratore, ridimensionando la gravità delle mancanze imputategli. La società sosteneva che per il datore di lavoro esiste solo l'obbligo di retribuire il proprio dipendente, non anche quello di farlo lavorare, e che se il datore di lavoro provvede al regolare pagamento della retribuzione il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire la propria prestazione.

La Cassazione ha affermato che il rifiuto del lavoratore subordinato di svolgere la propria prestazione lavorativa (mansioni inferiori) può essere legittimo, e quindi non giustificare il licenziamento in base al principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive, se il rifiuto è proporzionato all'illegittimo comportamento del datore di lavoro e conforme a buona fede (Cassazione n. 4060/2008). L'interesse aziendale all'esecuzione della prestazione è venuto meno nella misura in cui il comportamento del dipendente di non osservare l'orario di lavoro è stato tollerato dalla società che non ha contestato immediatamente con sanzioni di carattere disciplinare. L'inattività forzata del lavoratore non solo non giustificherà il licenziamento ma sarà anche fonte dell'obbligo di risarcimento del danno in capo al datore di lavoro.

La Cassazione civile, sezione lavoro con la sentenza 4197 del 20 febbraio 2013 ha stabilito che è illegittimo il licenziamento per abbandono del posto di lavoro se il codice disciplinare aziendale richiede, per rendere lecito l'atto del datore di lavoro, una condizione in più, vale a dire che il comportamento del lavoratore abbia determinato un danno o pericolo all'azienda o a persone.

Il caso riguarda un dipendente di una società cooperativa, che, durante l'attività lavorativa, lascia, improvvisamente, il posto di lavoro, esce dall'azienda e viene, di conseguenza, licenziato. Il lavoratore impugna l'atto del datore di lavoro di fronte al giudice sostenendo, a sua giustificazione, di essersi dovuto recare in ospedale per rimuovere un corpo estraneo dall'occhio e, comunque, di avere comunicato l'uscita al proprio superiore. Il tribunale dà ragione alla società e conferma il licenziamento. Il dipendente licenziato si rivolge alla Corte d'appello, che rovescia la decisione di primo grado, ritenendo illegittimo il licenziamento: secondo i giudici, il lavoratore era ricorso, effettivamente, a cure mediche, aveva segnalato il suo allontanamento al suo superiore e non aveva determinato, con la sua condotta, né interruzione nel ciclo produttivo aziendale né, come richiesto per la liceità del licenziamento dalla specifica regolamentazione aziendale, danno o pericolo a cose o a persone.

La Cassazione riconosce, che si era verificato un infortunio sul lavoro, avvalorando così le affermazioni del lavoratore circa l'esistenza di una situazione di emergenza. In secondo luogo, la Corte d'appello ha tenuto presente il principio in base al quale un licenziamento è giustificato solo se la condotta del lavoratore fa venir meno la fiducia del datore nell'esattezza delle future prestazioni.

venerdì 4 gennaio 2013

Stage e tirocini dal 2013 retribuiti con congrua indennità


La riforma del lavoro ha previsto la revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo. Infatti, è stato introdotto anche il riconoscimento di una “congrua indennità” anche in forma forfettaria in relazione alla prestazione svolta, e il mancato rispetto sarà punito con sanzioni ingenti da un minimo di mille a un massimo di 6mila euro. Gli stage dovranno essere retribuiti.

Quindi si pone fine ai tirocini e agli stage non retribuiti per chi ha terminato la formazione universitaria e nelle scuole di specializzazione. Per queste figure le aziende sono tenute a proporre forme contrattuali remunerate. Per chi ha terminato il proprio percorso formativo è possibile attivare contratti di apprendistato e, se si sono superati i 29 anni, contratti di inserimento lavorativo.

L’apprendista, all’interno dell’azienda, sarà seguito da un tutor.

Vedendo la legge di riforma la normativa non prevede alcun tetto sulle somme da percepire somme per chi fa un tirocinio. Però gli stagisti vi sarà una retribuzione minima di 400 euro al mese e tetto massimo per tutto il periodo del tirocinio. Quello che fino a poco tempo fa si limitava a un’esperienza molto semplice e spesso di dubbia utilità.

Ricordiamo che una volte su due, in Italia, lo stage non prevedeva nemmeno un rimborso spese. Il compenso è pari a euro zero nel 52,4% dei casi, secondo l'ultimo studio curato dall'Isfol, l'Istituto per lo sviluppo della formazione dei lavoratori, e dalla «Repubblica degli stagisti», una rivista on line tutta dedicata. Adesso, se la legge di riforma del lavoro verrà attuta le cose dovrebbero cambiare con una soglia minima di 400 euro lordi al mese.

La novità è prevista dalla bozza delle linee guida sui tirocini che il ministero del Lavoro ha definito e sarebbe una rivoluzione. Oggi non esiste uno «stipendio» minimo per gli stagisti. Non a livello nazionale almeno, anche se alcune Regioni hanno fissato un livello base valido solo nel loro territorio.

Un primo passo era stato fatto con la riforma del mercato del lavoro approvata a luglio 2012: dice la legge Fornero che per gli stage va riconosciuta una «congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta». E aggiunge che la somma va fissata entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge con un documento che metta d'accordo governo e Regioni. I 180 giorni scadono alla fine di gennaio e l'intesa sulle linee guida sembra a buon punto. Il via libera da parte della Conferenza Stato-Regioni dovrebbe arrivare nella prima riunione dopo le feste, probabilmente il 24 gennaio.

L'impianto del documento va bene c'è solo qualche dettaglio da mettere a punto» ha sostenuto Gianfranco Simoncini, assessore alle Attività produttive della Toscana e coordinatore della commissione Lavoro per la conferenza delle Regioni. Rispetto alla bozza iniziale un punto è già stato cambiato: non c'è più il limite massimo al rimborso mensile.

La regola era stata pensata con l'obiettivo di evitare un uso distorto dello stage che a volte può mascherare un contratto sottopagato. Ma è stata tolta per non mettere fuori legge quei tirocini più ricchi dove il compenso supera i 750 euro al mese.

Le linee guida prevedono anche dei limiti temporali: il tirocinio standard non potrà durare più di sei mesi; quello di reinserimento, riservato a disoccupati e cassaintegrati, non più di un anno; quello riservato ai disabili non più di due anni. Tutti limiti che non sono prorogabili. Non sarà possibile fare più di uno stage presso lo stesso datore di lavoro e ci sarà anche un tetto al numero di stagisti a seconda delle dimensioni dell'azienda: al massimo uno stagista per le aziende fino a cinque dipendenti e così via a salire. Mentre le imprese senza dipendenti potranno avere tirocinanti solo se appartengono al settore dell'artigianato artistico, anche se su questo punto c'è ancora da lavorare.

Per quanto riguarda la retribuzione mensile non sarà possibile scendere sotto i 400 euro, che sarà vincolante dopo l'intesa della Conferenza Stato-Regioni.

Il legislatore comunque ha rimandato alla Conferenza Stato-Regioni il compito di indicare le linee guida in materia di tirocini e stage. La Riforma individua, però, alcuni principi da seguire per riordinare l’impianto vigente: revisione della disciplina dei tirocini formativi; prevenzione e arginamento dell’uso distorto di questo strumento; individuazione degli elementi qualificanti. Importante novità è l’introduzione del riconoscimento di una “indennità” in relazione alla prestazione svolta, la cui mancanza sarà punita con sanzioni fino a 6mila euro.

domenica 18 novembre 2012

Produttività 2012 2013 , cosa prevede il documento


In sintesi il contenuto del documento. Le parti firmatarie dell'intesa chiedono a governo e Parlamento di applicare sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui la detassazione del salario di produttività, con la determinazione di un'imposta,sostitutiva di Irpef e addizionali, al 10%. Le parti inoltre chiedono di applicare la legge del 2007 che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello fino al limite del 5% della retribuzione contrattuale percepita. Infine chiedono al governo una riforma fiscale per ridurre il prelievo sul lavoro e sulle imprese.

Rafforzamento della contrattazione di secondo livello e sgravi fiscali per il salario di produttività. Sono i punti chiave su cui si basa l'accordo sulla produttività tra imprese e sindacati, un'intesa in sette punti con cui le parti sociali mandano un segnale a governo e partiti facendo la loro parte per il rilancio dell'economia.

Nel documento c'è la richiesta al governo sulle agevolazioni fiscali. Imprese e sindacati chiedono all'esecutivo "di rendere stabili e certe" le misure per la detassazione del salario di produttività, sui redditi da lavoro dipendente fino a 40mila euro, "attraverso la determinazione di un'imposta, sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali, al 10%". Per la decontribuzione del salario di produttività, inoltre, chiedono la "compiuta applicazione" della legge che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello, fino al limite del 5% della retribuzione.

L'accordo tra imprese e sindacati è diviso in sette capitoli, dalla riforma fiscale alla contrattazione collettiva per la produttività. Questi sono i punti chiave del documento, con le richieste condivise.

Contrattazione collettiva. Alla contrattazione collettiva spetterà "una piena autonomia negoziale" sui temi relativi all'equivalenza delle mansioni e all'integrazione delle competenze, "la ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione anche con modelli flessibili", e "le modalità attraverso cui rendere compatibile l'impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori". Imprese e lavoratori chiedono quindi che siano "assunti a livello legislativo, anche sulla base di avvisi comuni, provvedimenti coerenti con le intese intercorse e con la presente intesa".

Relazioni industriali. Il contratto nazionale, garantendo "la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori, deve prevedere una chiara delega al secondo livello di contrattazione delle materie e delle modalità che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività, quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l'organizzazione del lavoro". I contratti nazionali possono quindi "definire che una quota degli aumenti economici derivanti dai rinnovi contrattuali sia destinata alla pattuizione di elementi retributivi da collegarsi a incrementi di produttività e redditività definiti dalla contrattazione di secondo livello".

Fisco. È necessario, dicono imprese e sindacati, che il governo "tracci le linee guida per attuare una riforma strutturale del sistema fiscale che lo renda più equo e, quindi, in grado di ridurre la quota del prelievo che oggi grava sul lavoro e sulle imprese in maniera del tutto sproporzionata". Le parti sociali "sono consapevoli degli effetti che la contrattazione collettiva, in particolare al secondo livello, può esercitare sulla crescita della produttività" e "convengono sulla necessità di condividere col governo i criteri di applicazione degli sgravi fiscali e contributivi" per il salario di produttività.

Rappresentanza. Entro il 31 dicembre 2012, la materia della rappresentanza "sarà disciplinata per consentire il rapido avvio della procedura per la misurazione della rappresentanza nei settori di applicazione dei contratti nazionali, in attuazione dei principi contenuti nell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011". Le intese dovranno prevedere "disposizioni efficaci per garantire l'effettività e l'esigibilità delle intese sottoscritte, il rispetto delle clausole di tregua sindacale, di prevenzione e risoluzione delle controversie collettive, le regole per prevenire i conflitti, non escludendo meccanismi sanzionatori per le organizzazioni inadempienti".

Partecipazione dei lavoratori. Imprese e sindacati, considerato che la riforma del mercato del lavoro "dispone che siano i contratti collettivi a dare attuazione alle misure per la partecipazione", chiedono al governo di esercitare la delega "subordinatamente a un approfondito confronto con le parti sociali". Ritengono anche che i contributi versati per i sistemi di welfare contrattuale "debbano beneficiare di un regime fiscale e contributivo di vantaggio, a partire dalla previdenza complementare". Sarebbe utile anche avviare un confronto "per favorire l'incentivazione dell'azionariato volontario dei dipendenti, anche in forme collettive".

Formazione e occupazione. È necessario "realizzare un miglior coordinamento tra il sistema della formazione pubblica e privata non solo per ottenere maggiori benefici e migliori risultati, ma anche per favorire processi di coordinamento e indirizzo con le politiche attive". Le parti sociali, per rendere "più agevole ed efficace l'azione dei fondi interprofessionali per la formazione, anche nella prospettiva del potenziamento delle politiche attive, auspicano la chiara affermazione per legge della loro natura privatistica".

Mercato del lavoro. Imprese e sindacati chiederanno al governo "un confronto sui temi del mercato del lavoro", in particolare una verifica "sugli effetti dell'applicazione della recente riforma sull'occupazione". Le parti sociali ritengono opportuno definire "linee guida operative per affrontare con il governo i processi di ristrutturazione e le situazioni di crisi". E c'è la volontà di "individuare soluzioni utili a conciliare le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori più anziani, favorendo percorsi che agevolino la transizione dal lavoro alla pensione, creando nello stesso tempo nuova occupazione anche in una logica di solidarietà intergenerazionale".
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