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giovedì 1 ottobre 2015

Nuovo Ccnl colf e badanti 2015 lavoro notturno



Innanzitutto è considerato notturno il lavoro prestato tra le ore 22.00 e le ore 6.00. Nel caso di lavoro ad ore, si considera lavoro notturno quello svolto per almeno 7 ore consecutive tra la mezzanotte e le 5.00 di mattina.

Il lavoro notturno viene compensato con la maggiorazione del 20% della retribuzione base oraria concordata. Il lavoro notturno prestato oltre il normale orario di lavoro e oltre il monte ore settimanale massimo consentito è da qualificarsi come lavoro straordinario notturno, con maggiorazione pari al 50% della retribuzione base oraria.
In generale, l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le 8 ore in media nelle 24 ore.
Nel caso assistenza notturna da parte di lavoratori sono previsti diversi tipi di inquadramenti e specifiche retribuzioni in base al lavoro svolto.

Il testo del rinnovo del CCNL prevede in caso di:
• semplice presenza/attesa notturna in favore di soggetti autosufficienti il livello B super
• prestazioni assistenziali notturne in favore di soggetti autosufficienti il livello C super super per lavoratori non formati
• prestazioni assistenziali notturne in favore di soggetti autosufficienti il livello D super super per lavoratori formati

Il Lavoro notturno svolto tra le ore 22 e le ore 6, se ordinario- è compensato con il 20% .

Presenza notturna
I lavoratori assunti per garantire esclusivamente la presenza notturna (e non l’assistenza o cura) rappresentano una categoria a sé.

Le prestazioni di presenza notturna sono quelle effettuate in una fascia oraria notturna interamente ricompresa tra le ore 21.00 e le ore 8.00 e prevedono che il datore di lavoro metta a disposizione del lavoratore un alloggio idoneo per il completo riposo notturno.

Questo tipo di prestazioni vengono inquadrate in una categoria specifica di lavoro domestico, la "presenza notturna", che ha un parametro retributivo specifico.

Nel contratto di lavoro dovranno essere indicata la categoria di prestazioni ("prestazioni notturne") e l'ora d'inizio e quella di cessazione dell'assistenza.

Qualora venissero richieste al lavoratore prestazioni diverse dalla mera presenza, queste non saranno considerate lavoro straordinario, bensì retribuite aggiuntivamente sulla base delle retribuzioni previste per i lavoratori non conviventi con le eventuali maggiorazioni contrattuali e limitatamente al tempo effettivamente impiegato.

Assistenza notturna
È possibile assumere personale non infermieristico perché resti a disposizione durante la notte e presti assistenza in caso di bisogno.

Questo tipo di personale viene inquadrato in una categoria specifica di lavoro domestico, "assistenza notturna", che prevede come mansioni “discontinue prestazioni notturne di cura alla persona”.

La categoria di assistenza notturna viene retribuita secondo dei parametri specifici.
Per essere inquadrata come “discontinue prestazioni notturne di cura alla persona”, l’assistenza prestata deve avere carattere di discontinuità: prevede infatti attesa, ma non sempre assistenza. Il lavoratore si obbliga perciò a garantire al datore di lavoro la propria disponibilità allo svolgimento di prestazioni di assistenza in modo discontinuo o intermittente e in un arco di tempo predefinito: la fascia oraria notturna.

Diverso è invece il caso di prestazioni esclusivamente di attesa - e non di cura, nemmeno discontinua. In questo caso, la prestazione viene inquadrata in una categoria diversa, appunto di "presenza notturna".

Si qualifica come "assistenza notturna" il lavoro prestato in una fascia oraria notturna interamente ricompresa tra le ore 20.00 e le ore 8.00.
Il datore di lavoro dovrà a tal fine provvedere all’assistente un’idonea sistemazione per la notte, qualora non fosse convivente, oltre alla cena e alla colazione.

Al personale convivente dovranno essere in ogni caso garantite undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore.

Nel contratto di lavoro dovranno essere indicate l’ora d’inizio e quella di cessazione dell’assistenza e il suo carattere di prestazione discontinua.

Le “discontinue prestazioni notturne di cura alla persona” hanno dei parametri specifici di remunerazione. Fanno infatti riferimento dei minimi retributivi previsti per legge.
In particolare, nel caso in cui l’assistenza notturna riguardi soggetti autosufficienti (bambini, anziani, portatori di handicap o ammalati), la badante verrà inquadrata nel livello B super.

Nel caso in cui l’assistenza riguardi soggetti non autosufficienti, la badante verrà inquadrata nel livello C super (se non formata) o D Super (se formata).
Massimo 10 ore non consecutive al giorno se convivente fino a 54 ore settimanali.-
Massimo 8 ore non consecutive al giorno se non convivente fino a 40 ore settimanali.

Nel caso in cui l’orario non rientrassi completamente nella fascia notturna prevista, la si applicheranno i parametri retributivi previsti per l’assistenza notturna soltanto alla frazione di orario ricompresa tra le 22 e le 8; le rimanenti ore dovranno essere retribuite secondo i parametri normali.

Rimane comunque ferma la prescrizione di una giornata lavorativa massima di 10 ore non
consecutive, se convivente e 8 ore non consecutive, se non convivente.

Presenza notturna livello unico euro 651,27.

Assistenza notturna
Livello BS Assistenza a persone autosufficienti euro 972,67.
Livello CS Assistenza a persone non autosufficienti (non formato) euro 1.102,36.- (7,20 x ora)
Livello DS Assistenza a persone non autosufficienti (formato) euro 1.361,75.- (869 x ora).


Nuovo Ccnl colf e badanti 2015 tredicesima mensilità, TFR e licenziamento o dimissioni



Ecco il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico (in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016).

Il rapporto tra il datore di lavoro e il collaboratore domestico può terminare:

• a seguito delle dimissioni del lavoratore: in questo caso il lavoratore deve rispettare il termine di preavviso indicato nel contratto collettivo nazionale;

• a seguito di un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro;

• nei rapporti a tempo determinato nel momento in cui il contratto viene a scadenza naturale;

• per licenziamento da parte del datore di lavoro che normalmente assume le forme del licenziamento disciplinare dal momento che è difficile ipotizzare casi di licenziamento per motivazione economica in casi di lavoro prestato in famiglia.

Tredicesima mensilità
Al lavoratore spetta una mensilità aggiuntiva, pari alla retribuzione maggiorata dell'indennità sostitutiva di vitto. Al lavoratore, in occasione del Natale e comunque entro il mese di dicembre, spetta una mensilità aggiuntiva, pari alla retribuzione maggiorata dell’indennità sostitutiva di vitto e alloggio. La mensilità matura in base ai mesi di lavoro per frazioni pari o superiori a 15 giorni, ed anche durante assenze retribuite per malattia, infortunio, maternità. Non matura per aspettative, assenze e permessi non retribuiti. Per colf e badanti conviventi la tredicesima mensilità è pari allo stipendio mensile + vitto e alloggio.

TFR (Trattamento di fine rapporto)
Deve essere liquidato al termine del rapporto di lavoro e indicativamente corrisponde ad una mensilità per ogni anno di servizio prestato.

Una volta stabilità qual è l'anzianità maturata dalla lavoratrice, si passa al calcolo vero e proprio.
1. Il primo passo consiste nel determinare la somma pagata nel corso dei singoli anni, comprensiva della tredicesima e delle indennità di vitto e alloggio per le colf conviventi o che consumano in casa uno o più pasti.
2. L'importo della retribuzione annuale, diviso per 13,5, rappresenta la quota annuale da accantonare per il trattamento di fine rapporto.
3. Le singole quote annuali vanno rivalutate con degli appositi coefficienti dati dalla somma di due indici di cui:
o il primo è pari al 75% dell'aumento del costo della vita accertato dall'Istat per gli operai e gli impiegati;
o il secondo è dato da una percentuale fissa pari all'1,50% all'anno (0,125% al mese).

Preavviso per licenziamento o dimissioni
Il rapporto di lavoro domestico può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro.

Non c'è necessità di motivare l'interruzione del rapporto di lavoro, ma deve essere concesso un termine di preavviso, che varia a seconda che il rapporto di lavoro sia superiore od inferiore a 24 ore settimanali, ed all'anzianità di servizio presso il datore di lavoro. Le parti possono regolare tra di loro questi termini, che però non possono comunque essere inferiori a quelli stabiliti per legge.

In caso di licenziamento, se il lavoratore è impegnato per oltre 24 ore settimanali e ha maturato fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro, il termine di preavviso deve essere almeno di 15 giorni di calendario. Il termine deve essere di almeno 30 giorni se gli anni di anzianità sono oltre i cinque.

Se invece il rapporto di lavoro è fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere pari ad 8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità e 15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.
Nel caso di dimissioni da parte del lavoratore i termini sono ridotti del 50%.


Nuovo Ccnl colf e badanti 2015 orario di lavoro, riposi, ferie e malattia


Ecco il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico (in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016).

Il lavoratori domestici (anche conosciuti come collaboratori domestici) sono quei lavoratori che svolgono la loro prestazione lavorativa per soddisfare le necessità della vita familiare del loro datore di lavoro.

All’interno di questa grande categoria rientrano le colf (ovverosia i lavoratori che svolgono le attività di gestione della casa in senso ampio curandone l’igiene e l’ordine), le badanti (ovverosia quei soggetti che svolgono assistenza continuativa presso l’abitazione di una persona non totalmente autosufficiente), le baby sitter, i cuochi, le governanti, i camerieri e in generale appunto tutti quei soggetti che operano all’interno della vita di una famiglia svolgendo dei servizi per la gestione delle esigenze di vita dei suoi componenti.

La retribuzione di un lavoratore domestico è composta da: retribuzione mensile o paga oraria pattuita, comprensiva per i livelli D e D super di uno specifico elemento denominato indennità di funzione; eventuali scatti di anzianità; eventuale indennità sostitutivo di vitto e alloggio; eventuale superminimo ; eventuali ore di lavoro straordinario; eventuali ore di lavoro straordinario notturno; eventuali ore di lavoro durante le festività e tredicesima.

La durata normale dell’orario di lavoro viene concordata fra le parti con un massimo di 10 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 54 ore settimanali, per i lavoratori conviventi e 8 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 40 ore settimanali distribuite su 5 o 6 giorni, per i lavoratori non conviventi.

Orario di lavoro
Nel lavoro a tempo pieno l'attuale durata normale dell'orario di lavoro è concordata tra le parti e comunque con un massimo di:

10 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 54 ore settimanali per i lavoratori conviventi.

8 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 44 ore settimanali per i lavoratori non conviventi.

Il lavoratore ha diritto ad un riposo di almeno 8 ore consecutive nella giornata e ad un ulteriore riposo intermedio di almeno 2 ore da fruirsi nelle ore pomeridiane.

Riposo settimanale
Il riposo settimanale è di 36 ore e deve essere goduto per:

24 ore di domenica (o altra giornata stabilita nel contratto di assunzione). Questo riposo è irrinunciabile. In caso di richiesta di prestazione lavorative per esigenze imprevedibili le ore vanno retribuite con la maggiorazione del 60% sia per i lavoratori non conviventi che per i lavoratori conviventi.

12 ore in qualsiasi altro giorno della settimana. Qualora fossero richieste prestazioni lavorative nel giorno fissato, il riposo può essere goduto in altro giorno della settimana (in assenza di recupero le ore lavorate vanno retribuite con la maggiorazione del 40% sia per i lavoratori non conviventi che per i lavoratori conviventi).

Lavoro straordinario
Personale non convivente è compensato con una maggiorazione del:

10% per le ore di lavoro prestate dalle ore 6,00 alle ore 22,00 (straordinario diurno compreso tra le 40 e le 44 ore settimanali.

25% per le ore di lavoro prestate dalle ore 6,00 alle ore 22,00 (straordinario diurno).

50% per le ore di lavoro prestate dalle ore 22,00 alle ore 6,00 (straordinario notturno).

60% per le ore di lavoro prestate nel giorno di riposo o in giorno festivo infrasettimanale.

Personale convivente è compensato con una maggiorazione del:

25% per le ore di lavoro prestate dalle ore 6,00 alle ore 22,00 (straordinario diurno).

50% per le ore di lavoro prestate dalle ore 22,00 alle ore 6,00 (straordinario notturno).

60% per le ore di lavoro prestate nel giorno di riposo stabilito e nelle festività infrasettimanali.

40% per le ore di lavoro prestate nella mezza giornata di riposo (mancato riposo).

Scatti di anzianità
Per ogni biennio di servizio presso lo stesso datore di lavoro spetta al lavoratore un aumento pari al 4% sulla retribuzione minima contrattuale, per un massimo di 7 scatti.

Ogni lavoratore ha il diritto irrinunciabile di godere di ferie annuali. Per ferie si intende un periodo di riposo, libero da attività lavorativa, che permetta al lavoratore il recupero delle energie fisiche e psichiche, sia nell’interesse del dipendente che del datore di lavoro.

I giorni di ferie devono dunque essere continuativi - non spezzati da giorni lavorativi - e devono avere una periodicità almeno annuale. Il periodo in cui è possibile utilizzare le ferie maturate nell’anno è fissato dal datore di lavoro, nel rispetto delle esigenze del dipendente. Le ferie vanno fissate generalmente da giugno a settembre, salvo diversi accordi tra le parti. Le ferie devono essere godute nell’arco dell’anno. I lavoratori di cittadinanza straniera possono però, con il consenso del datore di lavoro, accumulare le ferie in un biennio, se hanno necessità di godere di un periodo di ferie più lungo per tornare in patria in modo non definitivo.

Festività
1° gennaio - 6 gennaio – lunedì di Pasqua – 25 aprile – 1° maggio – 2 giugno – 15 agosto – 1° novembre – 8 dicembre – 25 dicembre – 26 dicembre – S. Patrono. In queste giornate il lavoratore ha diritto al completo riposo e alla retribuzione normale. Se una delle festività sopra elencate coincide con la domenica o nel giorno di riposo stabilito, il lavoratore ha diritto al recupero del riposo in altra giornata o, in alternativa, al pagamento di 1/26 della retribuzione. Se invece è lavorata è dovuto, oltre alla normale retribuzione giornaliera il pagamento delle ore lavorate maggiorate del 60%.

Ferie
Indipendentemente dalla durata dell'orario di lavoro, per ogni anno di servizio il lavoratore ha diritto a 26 giorni lavorativi di ferie se la distribuzione dell'orario di lavoro settimanale è su 6 giorni (occorre proporzionare se i giorni lavorativi sono inferiori a sei). La retribuzione dei giorni di ferie è maggiorata dell'indennità sostitutiva di vitto se dovuto. Le ferie non possono essere monetizzate (salvo i giorni non goduti che residuano alla cessazione del rapporto di lavoro).

Malattia
In caso di malattia il lavoratore deve avvisare tempestivamente il datore di lavoro ed è necessario il certificato medico (non obbligatorio per i conviventi salvo non sia espressamente richiesto dal datore di lavoro).

Come primo dovere, il datore di lavoro, una volta ricevuto il certificato medico entro 2 giorni dall'inizio della malattia fatto emettere dal lavoratore entro il giorno successivo al verificarsi dell'evento, avrà l'obbligo di mantenere il posto di lavoro per un periodo di tempo variabile in base all'anzianità di servizio della colf e /o badante, sia questa convivente che non convivente. Il periodo di conservazione del posto di lavoro è pari a:

• 10 giorni di calendario (incluse le domeniche) in caso di contratto di collaborazione domestica (sia convivente che non convivente) con anzianità inferiore a 6 mesi;

• 45 giorni di calendario (incluse le domeniche) in caso di contratto di collaborazione domestica con anzianità di servizio compreso tra i 6 mesi ed i 2 anni;

• 180 giorni di calendario (incluse le domeniche) se l'anzianità di servizio della colf è superiore a 2 anni.

Oltre l'obbligo di mantenimento del posto di lavoro, il datore di lavoro è poi obbligato a remunerare la malattia garantendo un salario coincidente al 50% della retribuzione globale di fatto per i primi 3 giorni di calendario e pari al 100% della retribuzione globale di fatto per un numero di giorni pari a:

• 8 giorni complessivi nell'anno per anzianità di servizio inferiore a 6 mesi;

• 10 giorni complessivi di calendario nell'anno per anzianità di servizio compresa tra 6 mesi e 2 anni;

• 15 giorni complessivi di calendario nell'anno per contratti di lavoro con anzianità di servizio superiore a 2 anni.

Permessi retribuiti
Per lavoratori a tempo pieno e indeterminato Con anzianità superiore a 24 mesi: 40 ore retribuite per la formazione e corsi professionali. Per lavoratori con orario superiore a 30 ore settimanali, per l’effettuazione di visite mediche documentate, purché coincidenti con l’orario di lavoro,16 ore annue;
Per i lavoratori conviventi dei LIV.C –B – e B super e per lavoratori studenti di età tra 16 e 40 anni per la frequenza di corsi per l’acquisizione di titoli di studio: 12 ore l’anno; 3 giorni lavorativi per lutto familiare ( per congiunti sino al 2° grado) 2 giorni al lavoratore padre per nascita di un figlio ore corrispondenti agli esami annuali da documentare (diritto allo studio).

Nuovo Ccnl colf e badanti 2015 assunzione ed inquadramento


Ecco il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico (in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016).

Il contratto si applica ai lavoratori, anche di nazionalità non italiana o apolidi, comunque retribuiti, addetti al funzionamento della vita familiare e delle convivenze familiarmente strutturate, tenuto conto di alcune fondamentali caratteristiche del rapporto di lavoro.

All'atto dell’assunzione il lavoratore dovrà consegnare al datore di lavoro i documenti necessari e presentare in visione i documenti assicurativi e previdenziali, nonché ogni altro documento sanitario aggiornato con tutte le attestazioni previste dalla legge, un documento di identità personale non scaduto ed eventuali diplomi o attestati professionali specifici. In caso di pluralità di rapporti, i documenti di cui sopra saranno trattenuti da uno dei datori di lavoro con conseguente rilascio di ricevuta.

Il lavoratore extracomunitario potrà essere assunto se in possesso del permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di lavoro subordinato.

Nella lettera di assunzione, devono essere indicati, oltre ad eventuali clausole specifiche:

data dell’inizio del rapporto di lavoro;

livello di appartenenza, nonché, per i collaboratori familiari con meno di 12 mesi di esperienza professionale, non addetti all'assistenza di persone, l’anzianità di servizio nel livello A o, se maturata prima del 1 marzo 2007, nella ex terza categoria;

durata del periodo di prova;

esistenza o meno della convivenza;

la residenza del lavoratore, nonché l’eventuale diverso domicilio, valido agli effetti del rapporto di lavoro; per i rapporti di convivenza, il lavoratore dovrà indicare l’eventuale proprio domicilio diverso da quello della convivenza, a valere in caso di sua assenza da quest’ultimo, ovvero validare a tutti gli effetti lo stesso indirizzo della convivenza, anche in caso di sua assenza purché in costanza di rapporto di lavoro;

durata dell’orario di lavoro e sua distribuzione;

eventuale tenuta di lavoro, che dovrà essere fornita dal datore di lavoro;

collocazione della mezza giornata di riposo settimanale in aggiunta alla domenica;

retribuzione pattuita;

luogo di effettuazione della prestazione lavorativa nonché la previsione di eventuali temporanei spostamenti per villeggiatura o per altri motivi familiari (trasferte);

periodo concordato di godimento delle ferie annuali;

indicazione dell’adeguato spazio dove il lavoratore abbia diritto di riporre e custodire i propri effetti personali.

La lettera di assunzione, firmata dal lavoratore e dal datore di lavoro, dovrà essere scambiata tra le parti.

L’assunzione può effettuarsi a tempo determinato, nel rispetto della normativa vigente, obbligatoriamente in forma scritta, con scambio tra le parti della relativa lettera, nella quale devono essere specificate le fattispecie giustificatrici.

La forma scritta non è necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni di calendario.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questo caso la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato; la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere comunque superiore, compresa la eventuale proroga, ai tre anni.

E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro nei seguenti casi:
per l’esecuzione di un servizio definito o predeterminato nel tempo, anche se ripetitivo;

per sostituire anche parzialmente lavoratori che abbiano ottenuto la sospensione del rapporto per motivi familiari, compresa la necessità di raggiungere la propria famiglia residente all’estero;

per sostituire lavoratori malati, infortunati, in maternità o fruenti dei diritti istituiti dalle norme di legge sulla tutela dei minori e dei portatori di handicap, anche oltre i periodi di conservazione obbligatoria del posto;

per sostituire lavoratori in ferie;

per l’assistenza extradomiciliare a persone non autosufficienti ricoverate in ospedali, case di cura, residenze sanitarie assistenziali e case di riposo.

Inquadramento dei lavoratori  Badanti e Colf

Livello A
Collaboratori familiari generici, non addetti all'assistenza di persone, con esperienza professionale (maturata anche presso datori di lavoro diversi) non superiore a 12 mesi.

Livello A Super
Addetto alla compagnia, baby sitter (mansioni occasionali e/o saltuarie).

Livello B
Collaboratori familiari che, in possesso della necessaria esperienza svolgono con specifica competenza le proprie mansioni, ancorché a livello esecutivo.

Livello B Super
Assistente a persone autosufficienti

Livello C
Collaboratori familiari che, in possesso di specifiche conoscenze di base, sia teoriche che tecniche, relative allo svolgimento dei compiti assegnati, operano con totale autonomia e responsabilità.

Livello C Super
Assistente a persone non autosufficienti (non formato).

Livello D
Collaboratori familiari che, in possesso dei necessari requisiti professionali, ricoprono specifiche posizioni di lavoro caratterizzato da responsabilità, autonomia decisionale e/o coordinamento.

Livello D Super
assistente a persone non autosufficienti (formato). Svolge mansioni di assistenza a persone non autosufficienti, ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti.

martedì 15 settembre 2015

La Corte di Cassazione: non esiste l’ obbligo di lavorare il giorno festivo



Nessuno può essere obbligato a lavorare nei giorni festivi ad eccezione personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private. Il datore di lavoro non può costringere un dipendente a lavorare in una giornata festiva infrasettimanale.

«Nessun datore di lavoro può obbligare un dipendente a prestare servizio in un giornata festiva collocata in mezzo alla settimana». E’ netto il giudizio della Cassazione che ha respinto il ricorso della ditta piemontese Loro Piana costretta anche a pagare le spese processuali per il suo ricorso.

Ed è illegittima la sanzione disciplinare che punisce il suo rifiuto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione e accogliendo il ricorso di un'addetta alle vendite, multata nel 2004 per non essersi presentata al lavoro il giorno dell'Epifania. Ricordiamo che l’azienda tessile famosa in tutto il mondo aveva sanzionato una commessa che non si era presentata al lavoro il giorno dell’Epifania. La multa era stata giudicata illegittima dal Tribunale di Vercelli e dalla Corte d’Appello di Torino. Ora il principio è stato sancito anche dai giudici supremi.

Anche la Corte d'Appello di Torino aveva dato ragione alla lavoratrice. La Cassazione  ha chiuso risolutivamente la questione, ribadendo che il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili solo se c'è l'accordo con il datore di lavoro.

“L'importanza di questa sentenza - spiega Barbara Grazioli, responsabile dell'ufficio vertenze Cgil Vercelli Valsesia - risiede nel principio secondo il quale il riposo per le festività, come il riposo domenicale, non hanno una semplice funzione di ristoro, bensì un'importante fruizione di tempo libero qualificato”.

La Cassazione ha ribadito che solo per il personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private sussiste l'obbligo della prestazione lavorativa durante le festività per esigenze di servizio e su richiesta datoriale.

Il fatto risale al 6 gennaio di undici anni fa. La commessa non si era presentata al lavoro ed era quindi stata sanzionata. Per l’azienda aveva infatti disatteso ciò che aveva chiesto ai proprio dipendenti. Ovvero di prestare servizio nei giorni festivi di apertura del punto vendita di Romagnano: oltre all’Epifania, anche Santo Stefano, 25 aprile e primo maggio.

Il Tribunale di Vercelli, nel 2008, aveva accolto il ricorso dell’addetta alle vendite: la multa inflittale era stata giudicata illegittima perché il datore di lavoro non poteva trasformare in modo unilaterale la festività in giornata lavorativa. Anche la Corte d’Appello di Torino aveva dato ragione alla lavoratrice, rimarcando la sistematicità della violazione del divieto al riposo della stessa azienda, per di più ripetuta su più giorni.

La Cassazione, nei giorni scorsi, ha messo fine una volta per tutte alla questione, rigettando il ricorso della azienda tessile che da un paio d’anni è stata acquisita dal gruppo francese del lusso Lvmh. La sentenza 16592/2015 ribadisce infatti che «il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili solo se c’è accordo con il datore di lavoro e non può essere obbligato».

In una fase di liberalizzazioni, crisi e debolezze sul fronte sindacale questa vicenda da respiro alle richieste dei lavoratori che osano sfidare i loro datori di lavoro sulla base di ben precise normative da far rispettare in considerazione anche delle esigenze individuali.

venerdì 3 aprile 2015

Nuove retribuzioni dal 1 aprile 2015 per chi lavora in confcommercio



Confcommercio ha sottoscritto con Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs–Uil l’accordo di rinnovo del CCNL Terziario, distribuzione e servizi.

Il rinnovo decorre dal primo aprile e avrà durata fino al 31 dicembre 2017. Per quanto riguarda il lato economico è previsto un aumento a regime di 85 euro, dal lato normativo invece troviamo novità come il contratto a tempo determinato per il sostegno all’occupazione e la semplificazione nella flessibilità dell’orario.

Ulteriore novità riguarda la flessibilità degli orari di lavoro nei periodi di picco di lavoro, in questi periodi come ad esempio il periodo natalizio o i saldi per i negozi, ma anche giugno per le aziende che fanno servizi alle imprese, i datori di lavoro potranno chiedere ai loro dipendenti di lavorare quattro ore in più (per un massimo di 16 settimane nell’arco di 12 mesi) senza che sia necessario l’ok del sindacato né del lavoratore stesso e senza che si paghi lo straordinario.
Queste ore saranno poi recuperate nell’ arco dei 12 mesi seguenti e comunque in periodi che per l’azienda sono meno impegnativi e nei quali c’è meno bisogno di personale. Si tratta quindi di una flessibilità molto importante in un settore nel quale sono frequenti i picchi di attività.

L’accordo prevede anche norme sul sottoinquadramento nel caso di assunzione di persone ”deboli” come i disoccupati o coloro che hanno concluso l’apprendistato senza che ci sia stata una stabilizzazione. Con queste persone può essere stipulato un contratto a tempo determinato di 12 mesi, di cui 6 mesi con un sottoinquadramento di due livelli e 6 mesi con un sottoinquadramento di un livello.

Il sottoinquadramento di un livello è concesso per altri 24 mesi in caso di trasformazione in contratto a tempo indeterminato. Fino al 31 marzo prosegue la vigenza del vecchio contratto (teoricamente doveva scadere a fine 2013) ma per il 2014 e i primi tre mesi del 2015 non sono previste ”una tantum”.

a) Minimi tabellari: A decorrere dalle scadenze di seguito indicate verranno erogati i seguenti aumenti salariali non assorbibili:

In merito ai Viaggiatori, l' aumento salariale può essere assorbito, fino a concorrenza, da eventuali elementi retributivi concessi con clausole espresse di assorbimento ovvero a titolo di acconto o di anticipazione sul presente contratto.

Per I' Operatore di Vendita retribuito anche con provvigione, o con altre forme di incentivo, per retribuzione si intende la media mensile dei guadagni globali percepiti nei dodici mesi precedenti la data di scadenza dell' ultima liquidazione periodica. Nel caso in cui il rapporto abbia una durata inferiore ad un anno, la media è computata con riferimento al periodo di servizio prestato.

Pertanto, i nuovi minimi retributivi saranno i seguenti:

Livello 1/4/2015 1/11/2015 1/6/2016 1/11/2016 1/8/2017
Quadro 1.775,11 1.801,15 1.827,19 1.854,97 1.896,64
I 1.599,02 1.622,48 1.645,94 1.670,96 1.708,49
II 1.383,14 1.403,43 1.423,72 1.445,36 1.477,83
III 1.182,21 1.199,55 1.216,89 1.235,39 1.263,14
IV 1.022,46 1.037,46 1.052,46 1.068,46 1.092,46
V 923,73 937,28 950,83 965,29 986,97
VI 829,33 841,50 853,67 866,65 886,12
VII 710,00 720,42 730,84 741,95 758,62
Viagg. 1.a categ 965,17 979,33 993,49 1.008,59 1.031,25
Viagg. 2.a categ. 808,69 820,58 832,47 845,15 864,17

Elemento economico di garanzia nel CCNL Commercio 2015

b)  E' stato inoltre definito un elemento economico di garanzia che verrà erogato con la retribuzione di novembre 2017 e compete ai lavoratori a tempo indeterminato nonché agli apprendisti e ai contratti di inserimento in forza al 31/10/2017, che risultino iscritti nel libro unico da almeno sei mesi. L'  azienda calcolerà l’importo spettante, secondo quanto previsto dall’art. 191, in proporzione all’effettiva prestazione lavorativa svolta alle proprie dipendenze nel periodo 1/1/2015 - 31/10/2017. L’importo non è utile ai fini del calcolo di nessun istituto di legge o contrattuale, ivi compreso il trattamento di fine rapporto ed è assorbito, sino a concorrenza, da ogni trattamento economico individuale o collettivo aggiuntivo rispetto a quanto previsto dal CCNL Terziario, che venga corrisposto successivamente all’1/1/2015;

 Quadri, I e II livello III e IV livello V, VI e VII livello
Aziende fino a 10 dipendenti 95 euro   80 euro    65 euro
Aziende a partire da 11 dipendenti 105 euro   90 euro     75 euro
 Operatori di vendita

 I categoria II categoria
Aziende fino a 10 dipendenti      76 euro      63 euro
Aziende a partire da 11 dipendenti      85 euro      71 euro.


Vediamo in dettaglio le novità introdotte dal nuovo testo:

aumento minimi tabellari: l'aumento medio è di 85 euro lordi per un IV livello (terza area professionale) da suddividere in tre fasi:
o 1 ottobre 2016
o 1 ottobre 2017
o 1 ottobre 2018

giovani assunti: la retribuzione di ingresso per i neo assunti sale dell'8%, con la penalizzazione ridotta dal 18% al 10% per il salario d'ingresso;

inquadramento del personale: entro il 2016 un cantiere di lavoro specificatamente istituito dovrà definire un nuovo schema di classificazione del personale legato soprattutto ai cambiamenti del mercato e tecnologici che hanno cambiato fortemente il settore bancario;

Fondo per l'occupazione: è stata prolungata la sua attività fino al termine dell'attuale rinnovo (dicembre 2018)  che deve favorire la rioccupazione, la riqualificazione professionale e l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.




martedì 17 marzo 2015

NASPI e ASDI, requisiti e caratteristiche per il 2015



Per i nuovi sussidi di disoccupazione della Naspi e dell'Asdi 2015 occorre considerare quali sono i casi in cui il sussidio si perde e cosa avviene con una concomitante attività lavorativa e al momento del raggiungimento dell'età pensionabile.

Vediamo le novità previste dal decreto attuativo n. 22/2015 del JOBS ACT sui nuovi ammortizzatori sociali.

Da maggio 2015 partono la NASPI e l'ASDI.
Il D. Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 disciplina la normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 cd, si tratta della NASPI, ASDI  e  DIS- COLL. Vediamo in questo speciale  le caratteristiche dei nuovI ammortizzatori sociali per i lavoratori dipendenti  che perdono il lavoro:

la  Naspi, che sostituirà progressivamente ASPI e MiniASPI)  e

l' Asdi (Assegno di disoccupazione sperimentale)  che viene concesso solo a fronte di particolari impegni assunti dal lavoratore (formazione o lavori socialmente utili) sulla base di un progetto personalizzato formulato dai Centri per l'impiego.

NASPI  sta per Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego e si prevede la sostituzione delle prestazioni ASpI e mini-ASpI con la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), con riferimento agli eventi di disoccupazione (involontaria) verificatisi a partire dal 1° maggio 2015.

La nuova indennità rientra, come le precedenti, nella Gestione INPS prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti.

Per la NASpI si applica il medesimo ambito di applicazione soggettivo valido per l'ASpI e la mini-ASpI; riguarda, quindi,

i lavoratori dipendenti privati - con esclusione degli operai agricoli

i dipendenti pubblici a tempo determinato;

I nuovi requisiti per usufruirne sono i seguenti:

tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione oppure

trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi (precedenti il periodo di disoccupazione).

Rispetto all'Aspi vi è un ampliamento del periodo di riferimento della retribuzione imponibile agli ultimi quattro anni e dell'elevamento del limite a 1.300 euro mensili (nel 2014 era pari a euro 1.165,58 mensili);

L'indennità NASPI viene ridotta progressivamente nella misura del 3 per cento ogni mese, a decorrere dal quarto mese di fruizione.

L'indennità NASpI non è soggetta ad alcuna forma di contribuzione previdenziale.

La durata dell'indennità mensile NASpI  è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (con esclusione dei periodi contributivi che abbiano già dato luogo a corresponsione di trattamenti di disoccupazione).

Per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° gennaio 2017, si pone un limite massimo di durata pari a 78 settimane. Il suddetto limite di 78 settimane è superiore a quello generale, previsto, a regime, per l'ASpI, e coincide con quest'ultimo solo per i lavoratori di età pari o superiore ai 55 anni.

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La data di entrata in vigore della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego NASpI, è fissata al 1° Maggio 2015.

ASDI - Assegno di Disoccupazione per le famiglie in stato di bisogno

L'Assegno di disoccupazione (ASDI) è istituito dall'art. 16 in via sperimentale,  con riferimento ad alcune categorie di soggetti titolari nel 2015 della summenzionata NASpI e per i quali l'intera durata di quest'ultimo trattamento sia stata fruita entro il 31 dicembre 2015. Il nuovo trattamento sarà concesso in caso di particolare stato di bisogno del nucleo familiare  ma sarà subordinato all'accettazione di alune clausole come partecipazione a iniziative di formazione e accettazione di proposte di lavoro.

L' assegno sarà   concesso (in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande) nel rispetto della dotazione del Fondo pari a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016; inoltre, il comma 8 prospetta un'eventuale estensione - in relazione al reperimento delle risorse finanziarie - per i casi di percezione del trattamento base (cioè, della NASpI) negli anni 2016 e seguenti.

L'ASDI è riservato ai soggetti privi di occupazione ed in una condizione economica di bisogno (comma 1), con priorità per i lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e, in secondo grado di priorità, per i lavoratori in età prossima al pensionamento (comma 2).

Riguardo alla condizione economica di bisogno ed ai criteri di priorità, ulteriori disposizioni saranno definite con decreto ministeriale  da emanare entro 90 giorni. Il diritto all'ASDI  sarà  subordinato all’adesione ad un progetto personalizzato, redatto dai competenti uffici dei Servizi per l’impiego e contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità per iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro; la partecipazione alle iniziative di attivazione proposte è obbligatoria, pena la perdita del beneficio;

Nello specifico sia la Naspi che l’Asdi vengono previste per lavoratori che hanno perso involontariamente la loro occupazione e entrambi i sussidi sono assegnati in misura proporzionale all’età di servizio del lavoratore in azienda.

Differenti sono però le cause di esclusione e di perdita del sussidio e gli adempimenti del lavoratore disoccupato per continuare a fruire del sussidio di disoccupazione per tutto il tempo della sua durata. Cambiano poi le modalità di fruizione dei due sussidi in concomitanza con un’attività lavorativa e al raggiungimento dell’età pensionabile.

L’erogazione della Naspi per l’intera durata del periodo in cui viene assegnato il sussidio è vincolata alla partecipazione regolare del lavoratore disoccupato a iniziative di attivazione lavorativa. Si intendono con questo termine dei corsi e degli incontri finalizzati alla riqualificazione professionale del lavoratore che vengono organizzati dai Centri per l’impiego e dalle altre strutture competenti. La mancata partecipazione a queste occasioni di riqualificazione professionale costituisce un vero e proprio caso di decadenza dalla fruizione della Naspi.

L’Asdi, il sussidio che il lavoratore può richiedere in seguito alla fruizione della Naspi, qualora non sia riuscito a trovare una nuova occupazione, prevede, invece, un percorso di riqualificazione più incisivo e dettagliato dal momento che per fruire di questa seconda prestazione a sostegno del reddito, il lavoratore è tenuto ad aderire e a compiere effettivamente le azioni previste da un progetto personalizzato che viene stilato dai funzionari dei Centri per l’Impiego. Il progetto personalizzato prevede:
un percorso personalizzato di reinserimento lavorativo tarato sul profilo professionale del lavoratore;

impegni specifici che fanno sì che il lavoratore ricerchi attivamente un lavoro;
partecipazione a percorsi di orientamento e di formazione all’interno o al di fuori dei Centri per l’Impiego;
accettazione delle proposte di lavoro ricevute, se congrue;


In entrambi i casi (Naspi e Asdi) la mancata partecipazione alle iniziative di politiche attive previste o al progetto personalizzato può implicare la decadenza dalla fruizione del sussidio.
Sussidi e lavoro Per quanto riguarda la Naspi è prevista, in linea di principio, la fruizione del sussidio anche in caso di contemporaneo lavoro part-time. In concomitanza con il lavoro è prevista la sospensione e la riduzione del sussidio a specifiche condizioni; si decade, invece dal sussidio nel caso in cui la nuova attività lavorativa duri più di 6 mesi o produca un reddito superiore a quello minimo escluso da imposizione fiscale (8.100 euro annui).

E’ opportuno ricordare anche che la Naspi può essere fruita in un’unica soluzione a titolo di sussidio per lo sviluppo dell’autoimprenditorialità. Per l’Asdi non sono state definite dal Decreto specifiche cause di decadenza per il concomitante svolgimento di un’attività lavorativa: si attende, in proposito un chiarimento del legislatore (probabilmente un decreto ministeriale).

Pensione
Altro caso in cui si decade dal beneficio della Naspi è il raggiungimento dell’età utile alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata. Se il lavoratore disoccupato ottiene, invece, la pensione di invalidità può decidere di fruire contemporaneamente anche della Naspi.


domenica 4 gennaio 2015

Lavoratori pubblici e privati: orari visite fiscali malattia



Novità per i lavoratori per quanto riguarda le visite fiscali INPS dal 2015 Cambiano dunque gli orari per le visite fiscali per l’anno 2015 e le fasce di reperibilità dei dipendenti. Le regole sono diverse in ragione della categoria di dipendenti: pubblici o privati.

Tratteremo in modo dettagliato quali sono i nuovi orari ASL che i dipendenti pubblici, compresi insegnati, militari, polizia, scuola, sanità pubblica ecc, devono rispettare e quali sono, invece, le fasce orarie obbligatorie che i dipendenti privati, metalmeccanici, personale di poste banche, o il settore del commercio devono garantire, al fine di consentire la visita fiscale da parte dell'INPS o del datore i lavoro.

I lavoratori statali (categoria in cui rientrano anche gli insegnanti, i dipendenti della P.A. e degli enti locali, i militari e il personale ASL) hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, compresi giorni festivi, prefestivi, non lavorativi e weekend, nelle seguenti fasce orarie:
dalle 9 alle ore 13;
dalle 15 alle 18.

Sono esenti da questo vincolo di reperibilità i dipendenti assenti per una delle seguenti ragioni:
malattie di una certa entità che richiedono cure salvavita;
infortuni sul lavoro;
malattie per cui è stata riconosciuta la causa di servizio o stati patologici inerenti alla situazione di invalidità riconosciuta;
gravidanze a rischio;
dipendenti per cui è già stata effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

 Per i lavoratori privati l’obbligo di reperibilità resta quello di 7 giorni su 7, ma le fasce orarie sono diverse:
dalle 10 alle 12;
dalle 17 alle ore 19.

Se il dipendente non viene trovato in casa in occasione del controllo fiscale:
perderà il diritto al 100% della retribuzione per i primi 10 giorni di malattia;
lo stipendio sarà ridotto al 50% per i giorni seguenti.

Egli avrà 15 giorni di tempo per motivare la propria assenza ed evitare di incorrere nella decurtazione dello stipendio.

Quanto viene pagata la malattia?
Durante il periodo di assenza per malattia, il dipendente riceverà uno stipendio che, progressivamente, subirà una decurtazione:
dall’inizio della malattia sino al nono mese incluso lo stipendio sarà pari al 100%;
dal decimo mese e fino ad un anno di assenza per malattia sarà pari al 90%;
dal tredicesimo mese e fino ad un anno e mezzo (diciotto mesi) sarà pari al 50%.

La visita fiscale sui dipendenti del settore del Pubblico Impiego da parte dell'ASL ha lo  scopo di verificare e accertare l’incapacità temporanea dei lavoratori a svolgere l’attività lavorativa tale da giustificare l’assenza dal posto di lavoro. Tali visite, vengono quindi effettuate dal personale ASL su richiesta dell’Amministrazione, secondo le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti.

Nello specifico, le nuove fasce orarie 2015 sono dalle ore 09.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00 per tutti i dipendenti PA compresi:
Enti locali, Statali e Comuni.
Agenzie fiscali e Ministeri, INAIL, INPS.

Insegnanti e docenti Scuola, personale ATA Pubblica Istruzione Miur.
Medici, dottori e infermieri appartenenti alla Sanità Pubblica DL 78 del 1 luglio 2009 e dal Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 18/12/ 2009 n. 206
Militari, Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia Penitenziaria.

In tali orari, il dipendente pubblico che si dichiara malato ha l'obbligo di avvisare l'Amministrazione circa la sua assenza, di certificare la malattia con specifica attestazione medica e rimanere a casa durante le fasce orarie delle visite fiscali a partire dal primo giorno e per tutta la durata del periodo indicato sul certificato medico.

Oltre all'obbligo di comunicare all’Amministrazione, qualsiasi assenza dal domicilio, qualora avvenga negli orari di reperibilità malattia.

Si ricorda a tal proposito che secondo le ultime novità e regole, la visita specialistica esami terapie per dipendenti pubblici non è più consentito prendere un giorno di malattia bensì va richiesto uno specifico permesso per motivi personali che deve essere avallato dalla consegna all'Amministrazione di una attestazione di presenza dipendenti pubblici.

Per quanto riguarda le cause esclusione obbligo di reperibilità malattia, queste sono state individuate e regolamentate dal DM 18 dicembre 2009, n. 206 che ha riconosciuto ai soli dipendenti della Pubblica Amministrazione l'esclusione dall’obbligo di rispettare gli orari qualora l’assenza, sia riconducibile a determinate cause riconosciute per legge, ossia:
Patologie gravi con terapie salvavita.

Quali sono gli orari visite fiscali per i privati?

In generale, per tutti i lavoratori del settore privato:
dipendenti poste, bancari, telecomunicazioni, metalmeccanici, settore commercio
gli orari delle visite fiscali INPS sono: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Tali fasce orarie, devono essere rispettate sin dal primo giorno di malattia e sopratutto anche il sabato e domenica, festivi, Natale e Capodanno, Pasqua e feste patronali. Ricordiamo che la disciplina che regola la visita fiscale e l'obbligo di reperibilità malattia, sono sanciti dall'articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede la facoltà del datore di lavoro o dell'INPS di richiedere il controllo fiscale sul dipendente che si assenta dal lavoro per una patologia, visita o esami, il quale deve garantire la sua presenza in casa, nello specifico presso il domicilio comunicato attraverso il certificato medico di malattia, e rimanere a disposizione durante questi orari mentre può uscire di casa al di fuori di tali fasce.

Per esempio, se ci si ammala e si è soli in casa, per andare in farmacia bisogna andare prima delle 10 o dopo le 12 stessa cosa per il pomeriggio, mentre se ci deve recare dal medico urgentemente, si può uscire ma occorre farsi fare un certificato medico dal dottore che attesti che in quel giorno e in quell'orario, si era a visita. Fare ciò è molto importante, dal momento che la mancata reperibilità ingiustificata è sanzionabile con sanzioni disciplinari, economiche e con il licenziamento.

Cosa succede se il dipendente in malattia esce di casa? Se il medico ASL o INPS si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari delle visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.

La Corte di Cassazione con sentenza del 23.7.1998, ha legittimato e ritenuta giustificata l’assenza del dipendente dal proprio domicilio per sottoporsi a trattamenti fisioterapici, cure e visita medica specialistica, analisi ma con l’accezione che l’assenza è da ritenersi giustificata solo laddove il dipendente fornisca la prova dell’impossibilità, se non a prezzo di gravi sacrifici, di effettuare le cure al fuori delle suddette fasce.

Si può uscire di sabato e domenica? No, se la malattia cade nel fine settimana, weekend, ponte o giorno di riposo, il lavoratore deve rimanere a casa durante gli orari di reperibilità perché potrebbe ricevere il controllo medico della mutua o INPS, anche durante questi giorni. Tale controllo fiscale, infatti, per il datore di Lavoro o l'Amministrazione è un diritto richiederlo anche di sabato o domenica.

E se il citofono è guasto? Se il medico preposto alla visita fiscale si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.



mercoledì 19 febbraio 2014

Contributi INPS in busta paga ecco le novità 2014



Il 2014 si apre con una serie di significative novità immediate in ambito previdenziale e alcuni possibili progetti di riforma e iniziative comunicative.

Retribuzioni minime Inps 2014 per il calcolo dei contributi dovuti. L’Inps con una circolare ha comunicato gli importi dei minimali di retribuzione giornaliera utili per il calcolo dei contributi da versare. Stabilita anche la misura per l’applicazione del contributo aggiuntivo dell’1% ed il limite per l’accredito dei mesi di contributi obbligatori e figurativi nell’estratto conto. Stabilito anche il massimale contributivo di retribuzione imponibile.

I contributi dovuti all’Inps per i rapporti di lavoro subordinato sono versati sulla base di aliquote contributive applicate all’imponibile mensile lordo previdenziale indicato in busta paga del lavoratore. La normativa Inps prevede un minimale di retribuzione giornaliera, ossia per la generalità dei lavoratori la contribuzione previdenziale e assistenziale non può essere calcolata su imponibili giornalieri inferiori a quelli stabiliti dalla legge. L’Inps ogni anno comunica con una circolare l’entità delle retribuzioni minime.

La retribuzione da assumere ai fini contributivi, quindi,  deve essere determinata nel rispetto delle disposizioni vigenti  in materia di retribuzione minima imponibile (minimo contrattuale) e di minimale di retribuzione giornaliera stabilito dalla legge. La circolare Inps n. 20 del 6 febbraio 2014 fornisce i nuovi limiti e l’aggiornamento degli altri valori per il calcolo di tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale.

I limiti di retribuzione giornaliera sono stati rivalutati per l’anno 2014 in base alla variazione percentuale da utilizzare ai fini della perequazione automatica delle pensioni che, secondo i calcoli dell’Istat per l’anno 2013, è stata pari all’1,1%.

La retribuzione da assumere ai fini contributivi (quindi come base di calcolo dei contributi previdenziali da versare all’Inps) deve essere determinata nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di retribuzione minima imponibile (minimo contrattuale) e di minimale di retribuzione giornaliera stabilito dalla legge.

Il minimale di retribuzione dei CCNL e dell’Inps ai fini contributivi. L’art. 1, comma 1, del Decreto Legge n. 338 del 1989 stabilisce che “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d’importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.

Anche i datori di lavoro non aderenti neppure di fatto alla disciplina collettiva (ai CCNL) posta in essere dalle citate organizzazioni sindacali, in forza della predetta norma, sono obbligati, agli effetti del versamento delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali, al rispetto dei trattamenti retributivi stabiliti dalla citata disciplina collettiva (quindi dei CCNL di settore). Per trattamenti retributivi si devono intendere quelli scaturenti dai vari istituti contrattuali incidenti sulla misura della retribuzione.

L’art. 2, comma 25, della legge n. 549 del 1995 recita “In caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria”. Il predetto minimo contrattuale non sopprime i preesistenti minimali di retribuzione giornaliera. Pertanto il reddito da lavoro dipendente da assoggettare a contribuzione, con l’osservanza delle disposizioni in materia di retribuzione minima imponibile, deve essere adeguato, se inferiore, ai minimali di retribuzione giornaliera.


mercoledì 1 gennaio 2014

Lavoro le novità per il 2014: Aspi over 55, ammortizzatori in deroga e contributo solidarietà



Riduzione delle pressione fiscale sul lavoro dipendente, stretta sulla cassa integrazione in deroga e fine del blocco per le pensioni superiori a tre volte il minimo, prelievo di solidarietà sulle prestazioni più alte: sono alcune delle novità principali sul fronte del lavoro che arriveranno nel 2014.

Proviamo a fare una sintesi su cosa cambierà da gennaio 2014.

Esodati. Grazie a 950 milioni di euro verranno salvaguardati altri 23.000 esodati;

Assunzioni è prevista la possibilità di dedurre l’IRAP ai neoassunti: fino a 15.000 euro annui per ogni dipendente.

Detrazione lavoro dipendente. Sono state previste nuove modalità di calcolo per la detrazione d'imposta IRPEF: per redditi fino a 8.000 euro lordi l’anno, la detrazione sarà pari a 1.880 euro (rispetto ai 1840 precedenti), per i redditi da 8.000 a 28.000 euro la detrazione sarà di 978 euro a cui si aggiunge una quota di 902 euro.

Borse di studio. Il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie viene incrementato di 50 milioni di euro.

La legge di stabilità istituisce il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica e per il biennio 2014-2015,e dalle risorse che si stima di incassare come maggiori entrate rispetto alle previsioni di bilancio grazie alla lotta all’evasione fiscale. Per i redditi tra gli 8mila e i 55mila aumentano le detrazioni per i lavoratori dipendenti. La modulazione dei benefici farà sì che le detrazioni saranno maggiori per i redditi più bassi per scendere gradualmente fino ad azzerarsi a 55mila euro annui.

Con il nuovo anno ci sarà una stretta sulla durata degli ammortizzatori in deroga, ovvero la cassa integrazione in deroga (che si esauriranno a fine 2016). La cig in deroga potrà essere concessa per un periodo non superiore a 8 mesi nell'arco di un anno. Dal 2015 e fino a fine 2016 il sussidio potrà essere concesso fino a 6 mesi nell'arco di un anno e a 12 mesi nell'arco di un biennio mobile. Per il 2014 la mobilità in deroga potrà essere concessa per un massimo di 7 mesi (10 al Sud) per chi ha beneficiato di meno di 3 anni del sussidio e per un massimo di 5 mesi (8 al Sud) per chi ha già usufruito del sussidio per tre anni o più. Le aziende con più di 15 dipendenti che non hanno cigo e cigs (e che quindi non versano contributi per questi ammortizzatori sociali) e che non abbiano per il loro settore costituito un fondo di solidarietà dovranno dal 2014 versare lo 0,5% delle retribuzioni a un fondo di solidarietà residuale presso l'Inps.

Rivalutazione pensione: dopo i due anni di blocco per le prestazioni superiori a tre volte il minimo (circa 1.500 euro di reddito da pensione mensile) prevista dal Governo Monti torna la rivalutazione anche se differenziata. Per i trattamenti pensionistici tra 3 e 4 volte il minimo la rivalutazione sarà al 95% dell'inflazione; tra 4 e 5 volte il minimo la rivalutazione sarà al 75%; per quelli tra 5 e 6 volte il minimo la rivalutazione sarà del 50%; per quanto riguarda i trattamenti pensionistici superiori a 6 volte il trattamento minimo per il 2014 ci sarà una rivalutazione del 40%.

Contributo solidarietà pensioni alte: La legge di stabilità introduce un contributo di solidarietà, per il triennio 2014-2016, sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti le 14 volte il minimo (circa 7.000 euro al mese).

L'Aspi, assicurazione per l'impiego introdotta dalla riforma del lavoro Fornero a partire dal 2013 prevede un aumento della durata del sussidio per gli over 55. Dal 2014 passa da 12 a 14 mesi. Resta invariata l'indennità normale (8 mesi) e quella per i disoccupati tra i 50 e i 55 anni (12 mesi). Nel 2015 l'Aspi passa a 10 mesi per gli under 50, 12 mesi per coloro che hanno tra i 50 e i 55 anni e a 16 mesi per gli over 55.

Dal 2014 cambiano le regole sull'Isee, l'indicatore della situazione economica da produrre per avere accesso a prestazioni legate al reddito (rette per l'università, mense ecc) per evitare che siano favoriti gli evasori. Il nuovo indicatore considera tutte le forme di reddito, comprese quelle fiscalmente esenti. Aumenta il peso della componente patrimoniale considerando il valore degli immobili rivalutati ai fini Imu. Si tiene conto delle famiglie numerose e della presenza nel nucleo di disabili.

mercoledì 11 dicembre 2013

Lavoratore dipendente in ferie: nessun obbligo di reperibilità




Il lavoratore dipendente è libero di scegliere le modalità e le località per usufruire di un periodo di ferie che ritenga più utili”. E la sua reperibilità “può essere oggetto di specifico obbligo disciplinato dal contratto individuale o collettivo del lavoratore in servizio, ma non già del lavoratore in ferie.

La Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro può sospendere le ferie solo prima della partenza per le vacanze. In sostanza la Suprema Corte protegge il posto di lavoro per i dipendenti che sono in ferie e per le neo spose durante il primo anno di nozze.

Con due sentenze depositatela numero 27057 e 27055, i giudici, annullano similmente licenziamenti bollandoli come illegittimi. Nel primo caso la massima sanzione era stata disposta nei confronti di un tecnico del Comune colpevole di essersi reso introvabile durante le ferie, ignorando l'ordine di rientrare in servizio. Secondo il datore l'obbligo di rispondere derivava da una precisa norma del contratto collettivo che imponeva la reperibilità e poco importava che le comunicazioni non fossero mai state ritirate.

Dal canto suo l'ente locale rivendicava il diritto di revocare le ferie già concesse e affermava il dovere del dipendente di interrompere gli "ozi" e presentarsi in ufficio.

La Cassazione invita a leggere correttamente le norme ossia CCNL. Non c'è dubbio che il datore debba essere informato del luogo in cui inviare le comunicazioni al suo dipendente, ma il diritto non si estende ai periodi di ferie, che sono un bene costituzionalmente tutelato. Esiste poi anche un'esigenza di privacy, coniugata con l'assoluta libertà per il lavoratore di andare dove vuole a recuperare le sue energie psicofisiche. Impresa difficile se si è obbligati a sopportare lo stress di dare le coordinate dei propri spostamenti.

Il datore, per esigenze organizzative, può modificare i periodi di ferie ma deve farlo, con un congruo preavviso, prima che queste abbiano inizio. La norma invocata specifica il diritto al rimborso delle spese documentate del viaggio interrotto per motivi di servizio, ma non fa alcun riferimento alle modalità con cui l'interruzione può essere adottata. Al contrario la giurisprudenza ha affermato il dovere di una comunicazione tempestiva ed efficace prima che il lavoratore abbia fatto le valige, momento dal quale cessa ogni obbligo di reperibilità.

Un'altra lancia contro i licenziamenti, in questo caso discriminatori, la Cassazione la spezza in favore delle neo spose (sentenza 27055). Il divieto di licenziare la lavoratrice che ha detto sì vale per l'intero anno delle nozze. Né il licenziamento può essere giustificato da ragioni di ristrutturazione e di ridimensionamento dell'organico, essendo la deroga al divieto ammessa solo in caso di cessazione dell'attività dell'azienda. La garanzia, assicurata dalla legge 7 del 1973 ha la stessa finalità della legge 1204/1971 che impedisce il licenziamento della lavoratrice madre. «Si tratta di provvedimenti legislativi che nel loro insieme - si legge nella sentenza - tendono a rafforzare la tutela della lavoratrice in momenti di passaggio "esistenziale" particolarmente importanti».

Per questo alla lavoratrice è risparmiato anche l'onere di provare il carattere discriminatorio del licenziamento, mentre spetta al datore dimostrare il contrario.

In base queste delucidazioni Un’eventuale opposta interpretazione delle norme sarebbe, infatti, “una compressione del diritto alla ferie - conclude la Suprema Corte - costringendo il lavoratore in viaggio non solo a far conoscere al datore di lavoro i luoghi e i tempi dei suoi spostamenti, ma anche ad un’inammissibile e gravosa attività di comunicazione formale, magari giornaliera, dei suoi spostamenti”.


sabato 16 novembre 2013

Tredicesime 2013 al palo, rischi per le pmi



Gli imprenditori, in difficoltà per le scadenze fiscali e la scarsa liquidità, potrebbero rimandarne il pagamento. L'auspicio è che i 37 miliardi di euro di tredicesime vengano spesi per rilanciare i consumi.

Tredicesime invariate rispetto all'anno scorso, a rischio i dipendenti di aziende privati. La previsione arriva dalla Cgia di Mestre. "Se il costo della vita è cresciuto dell'1,3 per cento - sostiene il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - l'indice di rivalutazione contrattuale Istat è salito dell'1,4 per cento. Pertanto, rispetto allo stesso periodo del 2012, il potere d'acquisto dei lavoratori è rimasto pressoché invariato".

Secondo le simulazioni della Cgia, un operaio specializzato con un reddito lordo annuo di poco superiore ai 21.000 euro (pari a uno stipendio mensile di 1.255 euro) riceverà appena un euro in più per la tredicesima di dicembre, chi ne guadagna oltre 25.600 euro (pari a una busta paga netta di 1.419 euro) 2 euro in e chi ha un reddito lordo annuo di quasi 50.000 euro (stipendio mensile netto di 2.545 euro) non beneficerà di alcun aumento.

L'importo delle tredicesime dovrebbe essere pari a 37 miliardi di euro, garantirà alle casse dell'Erario oltre 9,5 miliardi di euro, e l'auspicio è che vengano spesi per rilanciare i consumi interni.

"Mai come in questo - spiega Bortolussi - gli artigiani e i commercianti hanno bisogno di veder ripartire la domanda interna. Ricordo che per molte attività le vendite nel periodo natalizio incidono fino al 30/40 per cento del fatturato annuale".

La stima del numero di persone destinatarie della tredicesima mensilità si aggirerebbe indicativamente attorno ai 33 milioni.

Per i pensionati non dovrebbero esserci problemi, la stessa cosa non può essere affermata per i lavoratori dipendenti del settore privato. Molti imprenditori infatti potrebbero trovarsi in difficoltà nel pagare le tredicesime, dato che a dicembre sono molte le scadenze fiscali e contributive.

"E' possibile - secondo Bortolussi - considerata la scarsa liquidità a disposizione, che molti decidano di onorare gli impegni con il fisco e di posticipare il pagamento della tredicesima, o di una parte di essa, mettendo in difficoltà, loro malgrado, le famiglie dei propri dipendenti".



domenica 13 ottobre 2013

Inps: i versamenti volontari autorizzati



Gli Esodati prosecutori volontari della prima salvaguardia con versamenti sufficienti per il diritto alla pensione possono scegliere se continuare a pagare per aumentare l'assegno previdenziale, ma senza obbligo: circolare INPS.

I versamenti volontari sono uno speciale tipo di contribuzione, sostitutiva di quella obbligatoria, che gli assicurati all’Inps possono chiedere di poter pagare, per raggiungere il minimo necessario per il diritto alla pensione o per aumentarne l’importo.

I requisiti per maturare la pensione con le regole pre-riforma Fornero sono:
•    che risulti accreditato o accreditabile almeno 1 contributo volontario al 6 dicembre 2011
•    che risulti versata tutta la contribuzione volontaria (di cui siano scaduti i termini  di versamento), necessaria al raggiungimento del requisito contributivo sulla base delle norme ante legge 214/2011 (di conversione del Salva Italia).

L’autorizzazione al proseguimento dei versamenti può essere data dall’Inps sia ai lavoratori dipendenti sia agli autonomi che interrompono o sospendono l’attività. Possono essere autorizzati alla prosecuzione volontaria anche coloro che sono titolari dell’assegno di invalidità e coloro che sono iscritti ai regimi assicurativi esteri (Paesi dell’Unione Europea e Paesi convenzionati).

I versamenti volontari possono essere autorizzati in caso di:
interruzioni o sospensioni dell’attività lavorativa, previste da specifiche disposizioni di legge o contrattuali. Ad esempio, possono chiedere l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria i lavoratori che sospendono l’attività e si avvalgono di aspettativa non retribuita per motivi privati o per malattia.
Periodi di congedo parentale se i genitori, lavoratori dipendenti, chiedono:
- l’astensione facoltativa;
- i permessi per allattamento;
- i giorni di assenza previsti per malattia del bambino di età compresa tra i tre e gli otto anni

Tali periodi di assenza dal lavoro danno diritto all’accredito gratuito di contributi figurativi calcolati in base a una retribuzione convenzionale stabilita dalla legge. Per integrare l’importo dei contributi figurativi, i lavoratori possono chiedere di versare, a proprie spese, quelli volontari. In alternativa possono anche chiedere il riscatto dei periodi di sospensione o interruzione del lavoro, per la durata massima di tre anni.

L’autorizzazione non può essere concessa a chi, alla data della domanda:
svolge attività come lavoratore dipendente, iscritto all’Inps o ad altre forme di previdenza obbligatoria (Inpdap, Enpals e altri) o è titolare di pensione diretta (vecchiaia, anzianità, inabilità) a carico del Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti o delle altre forme di previdenza;
svolge attività come lavoratore autonomo (artigiano, commerciante, coltivatore diretto, colono, mezzadro) iscritto all’Inps o libero professionista iscritto all’apposita Cassa di previdenza (ingegneri, avvocati, medici, ragionieri ecc.) oppure è titolare di pensione diretta (vecchiaia, anzianità, inabilità) a carico delle predette gestioni o Casse di previdenza. Nelle attività di lavoro autonomo rientrano anche quelle che comportano l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata (ex collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto, venditori porta a porta, liberi professionisti senza Cassa di categoria, ecc.).

I lavoratori dipendenti, compresi i lavoratori domestici, possono essere autorizzati a proseguire volontariamente il versamento dei contributi in presenza di una delle seguenti condizioni:
cinque anni di contributi effettivi riferiti a qualsiasi epoca;
tre anni di contributi nei cinque anni precedenti la domanda di autorizzazione (per gli operai agricoli sono necessari 279 contributi giornalieri per gli uomini, 186 contributi giornalieri per le donne e i giovani sotto i 21 anni, mentre sono richiesti 65 contributi settimanali per i lavoratori occupati soltanto per determinati periodi dell’anno di durata inferiore ai sei mesi);
un anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono un lavoro a tempo parziale. Si può presentare la domanda allo scopo di coprire con la contribuzione volontaria le settimane che risultano scoperte (part-time verticale o ciclico) o per integrare quelle interessate dal part-time orizzontale; l’autorizzazione può essere rilasciata soltanto in costanza di rapporto di lavoro part-time e solo per periodi dal 1997 in poi;
un anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono un’attività di lavoro dipendente in forma stagionale, temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31 dicembre 1996, non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa.

I lavoratori autonomi possono essere autorizzati alla prosecuzione volontaria se hanno versato cinque anni di contributi effettivi riferiti a qualunque epoca, oppure – se artigiani o commercianti – tre anni di contributi nei cinque anni precedenti la domanda.
I coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni devono aver versato, in alternativa ai cinque anni di contributi effettivi riferiti a qualunque epoca, 156 settimane (pari a 468 contributi giornalieri) nei cinque anni precedenti la domanda di autorizzazione. Per gli iscritti alla Gestione Separata (ex collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto, venditori porta a porta, liberi professionisti senza Cassa di categoria ecc.) è invece sufficiente un anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda.

Per stabilire la misura del contributo volontario, occorre fare riferimento alla decorrenza dell’autorizzazione:
se l’autorizzazione è avvenuta entro il 31 dicembre 1995 si applica l’aliquota del 27,57% sulla retribuzione media settimanale imponibile;
se è avvenuta dal 1° gennaio 1996 in poi si applicano aliquote cre s c e n t i (0,50% in più ogni due anni) sulla retribuzione media settimanale imponibile dell’ultimo anno di contribuzione.
Le aliquote per l’anno in corso sono riportate nell’allegato alla guida, insieme ad un esempio di calcolo del contributo volontario.

Gli iscritti alla Gestione Separata versano un contributo volontario calcolato su base mensile. I pagamenti devono avvenire per trimestri solari, alle scadenze previste per la generalità degli autorizzati.

L’importo del contributo volontario dovuto è determinato applicando all’importo medio dei compensi percepiti – nell’anno di contribuzione precedente la data della domanda – l’aliquota vigente per i soggetti privi di tutela previdenziale (non assicurati e non titolari di pensione).
Le aliquote per l’anno in corso sono riportate nell’allegato alla guida.

I lavoratori iscritti alla Gestione Separata non possono versare contributi volontari presso altre forme di previdenza obbligatoria, a meno che non siano stati autorizzati prima del 1996.
Esempio: un lavoratore dipendente di 54 anni con 32 anni di contributi perde il posto di lavoro e inizia un’attività di consulenza inquadrata come collaborazione a progetto con conseguente obbligo di iscrizione alla Gestione Separata. Egli non potrà effettuare contemporaneamente i versamenti volontari per incrementare la posizione assicurativa precedente e raggiungere così i 35 anni di contributi necessari per ottenere la pensione di anzianità come lavoratore dipendente.

sabato 20 aprile 2013

Retribuzioni di produttività all'imposta del 10% per il 2013

Anche per l’anno 2013, è stata approvata la detassazione di salari di produttività. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 29 marzo del 2012, del decreto della Presidenza del consiglio dei ministri, l'agevolazione è entrata nella fase operativa. I lavoratori del settore privato, che nel 2012 hanno conseguito una retribuzione da lavoro dipendente non superiore a 40mila euro, potranno beneficiare di una tassazione al 10% al posto dell'Irpef sugli importi di massimo 2.500 euro erogati per incrementare la produttività.

L’agevolazione è stata introdotta, in forma sperimentale nel 2008 e successivamente sempre rinnovata anche su richiesta di aziende e sindacati. L’agevolazione concessa alle imprese, ed ai lavoratori contribuenti, consiste quindi nell’applicazione di una imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 10%. Pertanto i lavoratori pagano il 10% di imposta sostitutiva in luogo delle aliquote Irpef previste per scaglioni di reddito dal TUIR.

Aliquote che vanno dal 23% per i redditi fino a 15.000 euro, al 27% per la parte di reddito che va da 15.000,01 a 28.000 euro, al 38% per la parte di reddito che va da 28.000,01 a 55.000 euro, al 41% per la parte di reddito che va da 55.000,01 a 75.000 euro, al 43% per la parte di reddito oltre 75.000 euro.

Pagare il 10% in luogo di queste percentuali, è considerevole nella retribuzione netta in busta paga. Si tratta di una agevolazione fiscale, che consente ai lavoratori di ottenere un netto superiore sulle prestazioni di lavoro aggiuntive effettuate per effetto degli incrementi di produttività. Il pagamento di una imposta al 10%, e quindi un risparmio sull’Irpef del 13% o 7% o anche più, oltre al compenso maggiorato per la prestazione di lavoro straordinario, ad esempio, consentono un incasso maggiore per il lavoratore in termini di stipendio netto.

La versione attuale accoglie alcune novità rispetto all’anno scorso. I parametri individuati negli accordi, sulla base del Dpcm, possono essere sostanzialmente di due tipi. Il primo, a cui agganciare le retribuzioni di produttività, è costituito da indicatori quantitativi relativi a produttività, redditività, qualità, efficienza, innovazione. Il secondo, più complesso, richiede l’attivazione di una misura in almeno tre delle seguenti aree di intervento:

ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli flessibili;

distribuzione flessibile delle ferie;

adozione di misure volte a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori;

attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze (ossia interscambiabilità delle funzioni).

L’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10% per la detassazione di straordinari, lavoro notturno, ed elementi legati all’incremento di produttività, trova applicazione con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore nel medesimo anno 2012, a 40.000 euro, al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno 2012 all’imposta sostitutiva, sempre la produttività ma per l’anno 2012. Ricordiamo che nel 2012 il reddito era di 30.000 euro.

Limite a 2.500 euro lordi di retribuzione detassata. La retribuzione di produttività individualmente riconosciuta che può beneficiare dell’imposta sostitutiva, non può comunque essere complessivamente superiore, nel corso dell’anno 2013, ad euro 2.500 lordi di retribuzione percepita, nell’anno 2012. Ne consegue quindi che tutti gli elementi di incremento della produttività legati alla detassazione, come ad esempio il lavoro notturno, straordinario, festivo, ecc.,  non possono superare la retribuzione di 2.5000 euro annui lordi. O meglio, fino a 2.500 euro godono dell’agevolazione fiscale dell’imposta sostitutiva al 10% (in luogo dell’Irpef che come minimo è al 23% e poi sale la percentuale per scaglioni di reddito). Oltre si applicano le normali aliquote Irpef del 23% fino.

Il lavoratore può dedurre le somme relative al reddito assoggettato ad imposta sostitutiva nel modello Cud consegnato dal lavoratore.

venerdì 12 aprile 2013

Nuovo modello 730 per il 2013 guida alla compilazione


Il modello 730 2013 è disponibile sul sito Agenzia Entrate che riporta le relative istruzioni e diverse novità. Il modello 730/2013 è un modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendente e ai pensionati.

Con il modello 730 si possono dichiarare redditi di lavoro dipendente; redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; redditi dei terreni e dei fabbricati; redditi di capitale; redditi di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita Iva; alcuni dei redditi diversi (per esempio i redditi di terreni e fabbricati situati all’estero); alcuni dei redditi assoggettabili a tassazione separata (per esempio i redditi percepiti dagli eredi e dai legatari).

Il modello 730 2013 deve essere compilato dal contribuente, seguendo le istruzioni allegate al modello o fornite dall’Agenzia delle Entrate sul suo sito internet, e successivamente consegnato al proprio datore di lavoro, ad un Caf o ad altro professionista abilitato.

I documenti per la compilazione del 730 sono quelli relativi a visite mediche specialistiche o generiche e fatture rilasciate dal medico; quelli relativi ad analisi, indagini radioscopiche, ricerche; spese dentali o per apparecchi acustici e cioè fatture o scontrini parlanti del negozio; acquisti relativi a occhiali da visita o lenti a contatto; o spese relative a degenze ospedaliere, riabilitazione, ginnastica, massaggi ( in questo caso bisogna presentare la fattura rilasciata dal centro sanitario accompagnata dalla prescrizione medica), rette di case di riposo, e spese di cure termali.

Il termine per la presentazione del modello 730 2013 varia a seconda della modalità di consegna, fissata al 30 aprile 2013 per la presentazione al proprio datore di lavoro e al 31 maggio 2013 per la presentazione presso un centro di assistenza fiscale o un professionista abilitato.

I redditi di lavoro dipendente svolto all’estero in zone di frontiera, imponibili ai fini Irpef per la parte eccedente 6.700 euro, vanno menzionati indicando il codice 4 nella colonna 1 (tipologia reddito) dalla riga C1 a C3. Nella colonna 3 (reddito) va indicato l’ammontare totale dei redditi percepiti, inclusa la quota esente. Per l’anno 2012 chi presta l’assistenza fiscale terrà conto solo della parte di reddito eccedente 6.700 euro, mentre per il computo dell’acconto Irpef per il 2013 verrà esaminato l’ammontare totale del reddito percepito;

Il modello 730/2013 va presentato:
entro il 30 aprile 2013 se viene presentato al sostituto d’imposta (ente pensionistico o datore di lavoro);
entro il 31 maggio 2013 se viene presentato a un CAF o a un professionista abilitato (commercialista, consulente del lavoro).

sabato 6 aprile 2013

IRAP 2013 istruzioni per lavoro dipendente

Nuove istruzioni dall’Agenzia delle Entrate sul rimborso IRAP sui costi del lavoro dipendente le aziende possono ottenerne la deduzione con il Modello UNICO 2013 di dichiarazione dei redditi 2012.

La nuova circolare 8/E del 3 aprile spiega come ottenere la restituzione dell’imposta versata per il personale dipendente – introdotto dal Salva Italia per il 2012 e poi esteso ai quattro anni precedenti.

Il Fisco è intervenuto a chiarire di alcune questioni dubbie relative alla deducibilità dalle imposte sui redditi dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa alle spese del personale e, in particolare, segnatamente alle istanze di rimborso da presentarsi a cura dei contribuenti.

Alcuni dei temi affrontati nella circolare n. 8/E/13 riguardano la quota deducibile/rimborsabile dell'Irap versata, ma anche le modalità di cumulo della deduzione in parola con quella forfetaria – già operativa – del 10%, in presenza di spese per interessi passivi.

Per i contribuenti con il periodo di imposta coincidente con l'anno solare, l'Irap può essere dedotta dal reddito relativo al periodo di imposta 2012 (modello Unico 2013) a condizione che alla formazione del valore della produzione imponibile abbiano contribuito spese per redditi di lavoro dipendente e per redditi assimilati. Nel caso dei contribuenti con periodo di imposta non coincidente con l'anno solare, che hanno chiuso l'esercizio in data anteriore al 31 dicembre 2012, la deduzione dell'Irap dalle imposte sui redditi può, invece, essere fruita presentando istanza di rimborso. Per le annualità pregresse è possibile fare istanza di rimborso, esclusivamente per via telematica, per i versamenti per i quali al 28 dicembre 2011 (data di conversione del decreto legge 201/2011) risulti ancora pendente il termine di 48 mesi.

La deduzione sarà pari all’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato e va calcolata al netto delle deduzioni spettanti che sono quelle relative a: contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, spese e contributi assistenziali sostenuti per il personale dipendente a tempo indeterminato, spese relative agli apprendisti, ai disabili e al personale assunto con contratto di formazione e lavoro,  costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo,  indennità di trasferta per le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci e alle deduzioni previste per i contribuenti “minori”, che non superano determinate soglie del valore della produzione netta.

Ai fini della deduzione si possono considerare anche:
indennità di trasferta;

somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo;

accantonamenti per il TFR o per altre erogazioni attinenti il rapporto di lavoro dipendente e assimilato da effettuarsi negli esercizi successivi, fermo restando la necessità di recuperare a tassazione la quota IRAP dedotta nel caso in cui la quota accantonata si rilevi successivamente superiore a quella effettivamente sostenuta.

domenica 17 marzo 2013

Licenziamento sentenze della Cassazione del 2013


Con la nuova riforma del lavoro la certezza è una sola: non esiste una strada sola per le istanze di reintegro nel posto di lavoro. A fare da esempio, c'è la vertenza che riguardava un lavoratore addetto a un appalto, poi improvvisamente cessato. Quel che più conta, però, è che, nel caso esaminato, il ritorno sul posto di lavoro non è stato interpretato come diretta conseguenza del sollevamento incongruo dall’incarico.

Esclusa, per il soggetto coinvolto, anche la possibilità di vedersi collocato ad altra mansione o funzione sempre nello stesso ambiente di lavoro.
Qualora un caso simile fosse pervenuto all’attenzione del Tribunale prima dello scorso 18 luglio, quando, cioè, è diventata legge dello Stato la riforma Fornero, l’esito del procedimento sarebbe stato opposto. Dunque, anche qualora l’autorità giudiziaria ravvisi l’illiceità dell’interruzione del rapporto di lavoro, non è automatico che a questa sentenza consegua il ritorno all’occupazione precedentemente svolta o a una affine.

Ne consegue che il diritto al reintegro non vada in alcun modo collegato alla legittimità o meno dell’atto di licenziamento, poiché viene inteso come collegato, ma non corrispondente, alla decisione di interruzione del rapporto di lavoro. Infatti, non è un caso che il datore di lavoro sia stato condannato, in chiusura di dibattimento, al risarcimento del lavoratore, ma non alla sua riassunzione completa. Quindi, il panorama sviluppatosi con la legge Fornero è molto, forse troppo, variegato e scivoloso: saranno le situazioni contingenti a determinare il diritto al reintegro o meno del lavoratore ingiustamente licenziato che ha sporto ricorso. Questo è uno scenario che porta sempre più incertezza sulla posizione occupazionale di moltissimi dipendenti, anche nel caso si rivolgano al giudice essendo certi di spuntarla contro il datore di lavoro.

Comunque la riforma del mercato del lavoro potrebbe riportare in primo piano la figura del licenziamento discriminatorio, anche se – alla luce degli orientamenti della giurisprudenza – non sarà facile per un lavoratore dimostrare di esserne stato vittima. La legge 92/2012 ha modificato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, incidendo sui licenziamenti disciplinari e su quelli per motivi economici, ma ha sostanzialmente lasciato immutata la disciplina dei licenziamenti discriminatori.

Mentre la risoluzione del rapporto basata su motivi disciplinari o economici, se ritenuta illegittima, può essere oggi sanzionata, in alcuni casi, con il solo indennizzo economico, in luogo della reintegrazione sul posto di lavoro, l'illegittimità del licenziamento discriminatorio continua a prevedere come sanzione la reintegrazione del lavoratore in azienda.

Con la sentenza 3547 del 7 marzo 2012, la Cassazione ha affermato che il licenziamento del dirigente può essere considerato arbitrario solo quando si dimostra pretestuoso e quindi non corrispondente alla realtà. In pratica, se il licenziamento è collegato a un effettivo processo di riorganizzazione del settore aziendale, la motivazione risulterà lecita e obiettivamente verificabile, escludendo in questo modo l'arbitrarietà del provvedimento espulsivo. Di diverso avviso la tesi del ricorrente, secondo cui la soppressione dell'area di responsabilità non rientrava in precise scelte organizzative ma era dettata da intenti ritorsivi o discriminatori.

Ricordiamo inoltre che in un'altra vicenda giuridica la Cassazione ha dato ragione al direttore provinciale di una confederazione e consigliere di amministrazione di una società controllata dalla stessa confederazione. Il lavoratore sosteneva di essere stato licenziato per volontà del presidente in conseguenza del proprio rifiuto di sottoscrivere il bilancio aziendale e di aver espresso un fermo rifiuto sul distacco di alcuni dipendenti della federazione presso la società controllata, poiché si sarebbe potuta ravvisare l'ipotesi di somministrazione di manodopera vietata. La Cassazione, con la sentenza 2958 del 27 febbraio 2012, ha confermato la pronuncia di merito ritenendo che l'assunto difensivo fosse adeguatamente motivato. Infatti, da un lato c'erano indici di ritorsione nei confronti del dipendente, dall'altro era mancato un riscontro fattuale del motivo economico posto alla base del licenziamento per riduzione dei costi ingenti legati alla posizione lavorativa del direttore.

Altra sentenza. Niente licenziamento se il lavoratore è costretto all'inattività. E' quanto ha stabilito la Cassazione con la sentenza 1693 depositata il 24 gennaio 2013. Un dipendente di un'azienda telefonica denunciava di aver subito una dequalificazione professionale giungendo alla totale inattività lavorativa. La ditta aveva privato quasi completamente il dipendente delle sue mansioni, fino a licenziarlo per giusta causa per mancata osservanza dell'orario di lavoro. Il tribunale accoglieva la domanda di risarcimento del danno e rigettava quella sull'illegittimità del licenziamento. In appello, invece, la corte disponeva la reintegra del lavoratore e gli riconosceva il risarcimento del danno. In sostanza, l'inattività forzosa  del lavoro voluta dall'azienda ha contribuito a determinare l'inadempimento del lavoratore, ridimensionando la gravità delle mancanze imputategli. La società sosteneva che per il datore di lavoro esiste solo l'obbligo di retribuire il proprio dipendente, non anche quello di farlo lavorare, e che se il datore di lavoro provvede al regolare pagamento della retribuzione il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire la propria prestazione.

La Cassazione ha affermato che il rifiuto del lavoratore subordinato di svolgere la propria prestazione lavorativa (mansioni inferiori) può essere legittimo, e quindi non giustificare il licenziamento in base al principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive, se il rifiuto è proporzionato all'illegittimo comportamento del datore di lavoro e conforme a buona fede (Cassazione n. 4060/2008). L'interesse aziendale all'esecuzione della prestazione è venuto meno nella misura in cui il comportamento del dipendente di non osservare l'orario di lavoro è stato tollerato dalla società che non ha contestato immediatamente con sanzioni di carattere disciplinare. L'inattività forzata del lavoratore non solo non giustificherà il licenziamento ma sarà anche fonte dell'obbligo di risarcimento del danno in capo al datore di lavoro.

La Cassazione civile, sezione lavoro con la sentenza 4197 del 20 febbraio 2013 ha stabilito che è illegittimo il licenziamento per abbandono del posto di lavoro se il codice disciplinare aziendale richiede, per rendere lecito l'atto del datore di lavoro, una condizione in più, vale a dire che il comportamento del lavoratore abbia determinato un danno o pericolo all'azienda o a persone.

Il caso riguarda un dipendente di una società cooperativa, che, durante l'attività lavorativa, lascia, improvvisamente, il posto di lavoro, esce dall'azienda e viene, di conseguenza, licenziato. Il lavoratore impugna l'atto del datore di lavoro di fronte al giudice sostenendo, a sua giustificazione, di essersi dovuto recare in ospedale per rimuovere un corpo estraneo dall'occhio e, comunque, di avere comunicato l'uscita al proprio superiore. Il tribunale dà ragione alla società e conferma il licenziamento. Il dipendente licenziato si rivolge alla Corte d'appello, che rovescia la decisione di primo grado, ritenendo illegittimo il licenziamento: secondo i giudici, il lavoratore era ricorso, effettivamente, a cure mediche, aveva segnalato il suo allontanamento al suo superiore e non aveva determinato, con la sua condotta, né interruzione nel ciclo produttivo aziendale né, come richiesto per la liceità del licenziamento dalla specifica regolamentazione aziendale, danno o pericolo a cose o a persone.

La Cassazione riconosce, che si era verificato un infortunio sul lavoro, avvalorando così le affermazioni del lavoratore circa l'esistenza di una situazione di emergenza. In secondo luogo, la Corte d'appello ha tenuto presente il principio in base al quale un licenziamento è giustificato solo se la condotta del lavoratore fa venir meno la fiducia del datore nell'esattezza delle future prestazioni.
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