domenica 24 febbraio 2013

Motivazione del personale e l’aspetto retributivo


I lavoratori devono essere motivati per fornire buone prestazioni. Una retribuzione appropriata, oltre a valori immateriali quali le possibilità di formazione e di sviluppo nonché impegni accattivanti, sono fondamentali.
Non esistono regolamentazioni circa gli stipendi minimi nell'ambito dei rapporti di lavoro privati, a meno che non sussista un contratto collettivo di lavoro (CCNL) che lo preveda. Lo stipendio è dunque soprattutto una questione che va negoziata.

Un stipendio corretto dovrebbe almeno:
corrispondere alle prestazioni del collaboratore
considerare gli sforzi richiesti dalla posizione
essere in conformità col mercato
rientrare nell'ambito delle possibilità dell'impresa
rispettare diritto ed etica (ad es. stipendi minimi che assicurino l'esistenza)

Il sistema salariale inoltre dovrebbe essere privo di contraddizioni e apparire corretto.
Mentre molti lavoratori in passato erano suddivisi per classi salariali fisse, oggi vengono impiegate sempre di più fasce salariali individuali. Questo significa che il stipendio iniziale e lo stipendio massimo sono definiti per ciascuna fascia. Lo stipendio viene stabilito individualmente entro queste fasce.

Sempre più datori di lavoro versano inoltre quote salariali variabili e questo non solo ai dirigenti. Una determinata parte del stipendio dipende dunque dal successo dell'impresa, del team o del singolo collaboratore.

Se un datore di lavoro decide di versare i bonus deve prestare particolare attenzione ai seguenti punti:

a quanto ammonta l'importo complessivo da versare?

qual è la base di valutazione? (utile, soddisfazione dei clienti ecc.)

com'è la chiave di distribuzione? (anzianità di servizio, scala gerarchica, sistema a punti ecc.)

cosa comprende il bonus? (denaro contante, azioni ecc.)

Lo stipendio di base deve garantire una retribuzione commisurata agli impegni. A questo si aggiunge l'esperienza con cui si premia il collaboratore o la collaboratrice. La parte relativa alla prestazione viene valutata con la qualifica e una retribuzione corrispondente.

Un'ulteriore parte del stipendio è quella sociale che comprende assegni per i figli, assegni familiari e contributi alle assicurazioni sociali. Infine, vi si possono aggiungere anche gratifiche, provvigioni o prestazioni accessorie al stipendio, i cosiddetti fringe benefits (ad es. ferie gratuite nella casa di vacanza della ditta).

Lo stipendio a tempo è la forma più frequente di retribuzione. Altre forme sono il stipendio a cottimo o il stipendio a premi. Indipendentemente dalla forma scelta, per ogni versamento va sempre allestito un conteggio del stipendio che indichi:
stipendio e eventuali provvigioni (ad es. stipendio mensile, da cui risulta il stipendio lordo)
deduzioni sociali (AVS, AD, cassa pensioni, assicurazione contro gli infortuni non professionali ecc., da cui risulta il stipendio netto)
spese (secondo conteggio o forfait)
assegni (ad es. assegni per figli)
saldo ferie
eventuali prestazioni pro rata (ad es. 13esima mensilità in caso di partenza nel corso dell'anno)
importo da versare e conto

Le spese sono una questione che riguarda il datore di lavoro. Stando alla legge, i lavoratori hanno diritto al rimborso di tutte le spese, al più tardi col versamento del stipendio.

Tuttavia, sussiste una certa libertà d'interpretazione circa cosa si possa definire come spese e cosa no. Le spese di tragitto casa-lavoro e viceversa ad esempio sono a carico del collaboratore, a condizione che non sia stato stabilito diversamente. Se un dipendente deve utilizzare la propria automobile durante il lavoro, ha diritto a un risarcimento, a patto che l'uso dell'automobile privata sia stato discusso prima col datore di lavoro. Il datore di lavoro può anche versare ai lavoratori un importo forfetario per le spese, il quale dovrà coprire mediamente le spese.

I bonus e le gratificazioni si differenziano nel modo seguente: i bonus (e anche la 13ma mensilità) sono componenti salariali stabiliti da un contratto, le gratificazioni invece no. Quindi le imprese devono definire in maniera corretta il tipo di gratificazione al momento di redigere il contratto di lavoro.

Una gratificazione può diventare parte salariale fissa quando l'impresa retribuisce di sua spontanea volontà e senza riserve un importo sempre uguale nel corso di più anni. I tribunali del lavoro considerano questo tipo di retribuzione un "accordo contrattuale tacito" e quindi vincolante.

La valutazione e la motivazione delle risorse umane

Analizzare le tecniche per misurare le performance dei collaboratori, le tecniche di motivazione per migliorarne le prestazioni e i risultati nell’impresa e/o organizzazioni. Questi sono i principali canali di valutazione delle risorse umane.
Analisi della realtà e valutazione nelle organizzazione. Sistemi di valutazione: complessità, problemi, orientamenti. La valutazione delle risorse umane: contesti colturali e qualità del servizio. La valutazione tra sistemi di gestione e pratiche empiriche. La misura della personalità in ambito organizzativo: i big five (emergenza dei big five, definizione dei big five, gli strumenti di misura dei cinque fattori, il NEO-Personality Inventory, Il Big. Five Questionnaire. Strumenti di rilevazione: dall’analisi della posizione alla valutazione del potenziale. L’intervista di valutazione delle prestazioni. Gli Assessment Center.

Si trascorre una buona parte della vita lavorando. Diversi studi e ricerche evidenziano come non sia solo l'aspetto retributivo, per quanto importante, il solo parametro per rendere qualsiasi lavoro piacevole a priori.

Compito del management aziendale dovrebbe essere anche quello di migliorare gli aspetti sociali del lavoro, sempre finalizzato all'incremento della produttività e al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Saper dirimere controversie e mediare tra situazioni e necessità diverse, caratteri differenti e differenti sensibilità - spesso causa di attriti che nulla hanno a che vedere con i progetti o il core business - è una delle caratteristiche più apprezzabili, considerate parte integrante della "capacità di gestione" di un'attività imprenditoriale. E più ancora la capacità di creare un ambiente di lavoro piacevole, quale che sia l'accezione che si vuole dare al termine.

In un interessante convegno è emerso che la capacità di gestire e motivare le risorse umane e l'importanza strategica per un'azienda di far emergere quelle competenze che spesso rimangono trascurate rimanendo un patrimonio non utilizzato ancorché sconosciuto. Tra gli interventi espressi da responsabili di HR provenienti da differenti realtà, è emerso come l'orientamento aziendale verso aspetti di "buon governo" non è non differibile, perchè rappresenta quel plus che può fare la differenza rispetto ai competitor.

Il ruolo del management diventa fondamentale in seno al tessuto culturale dell'azienda: quanto un'azienda sia attenta ai bisogni delle proprie risorse fa la differenza in termini di risultati.
Il dilemma emerso nel corso degli interventi è dicotomico: necessità di intervenire in tempi medio lunghi per riconoscere le capacità effettive delle risorse, oppure necessità aziendale di raggiungere standard di produttività coerente con i parametri di redditività propri? In questo senso i contratti a tempo determinato risultano negativi, perchè non consentono di acquisire sufficiente conoscenza delle risorse in organico.

Disporre di più tempo per farsi conoscere grazie ad un contratto a tempo indeterminato può portare a una brillante carriera in seno alla società, con soddisfazione da parte di entrambe le parti.
Per i responsabili di HR, il problema di conoscere, verificare e far crescere queste peculiarità insite in ciascuna risorsa si scontra con l'innegabile necessità di disporre di molto tempo per approfondire tali aspetti, onde poter definire il migliore utilizzo della risorsa per l'azienda stessa, massimizzando i risultati.

Questo si scontra con la realtà quotidiana per cui le competenze sono rigorosamente espresse dai curricula delle persone che interagiscono con l'azienda e che individuano rigidamente il reparto in cui la specifica risorsa verrà inserita. A questo si aggiunge la difficoltà ad accettare che il personale possa essere utilizzato in altri ruoli effettuando una sorta di rotazione che consentirebbe l'emergere di capacità differenti da quelle reimpostate, ad esempio, dalla carriera scolastica.

Lavorare nella gestione risorse umane e il ruolo della motivazione



Quando l’entusiasmo e la motivazione calano, in ufficio si lavora male. E un collaboratore insoddisfatto è più pericoloso di un affare mancato. la mancanza di motivazione al lavoro è un fenomeno più frequente di quanto si immagini. Statistiche internazionali hanno rilevato che il 70% dei lavoratori è insoddisfatto del proprio lavoro.

In Italia sta emergendo un nuovo fenomeno: sempre più aziende si rivolgono a professionisti della motivazione e del benessere per risolvere conflittualità interna e mancanza di coinvolgimento. Si riconosce infatti che l’entusiasmo è una moneta a due facce, in quanto per le aziende è fondamentale annoverare nel proprio team persone coinvolte in un obiettivo comune, per un’equazione molto semplice: entusiasmo uguale a maggiore redditività. Tutto ciò ha a un ritorno di immagine sui dipendenti che vedono un’azienda interessarsi a loro sia come figure professionali sia come persone e quindi, sentendosi accuditi e curati, fanno qualcosa in più di ciò che stanno già facendo. Il risultato è a tutto vantaggio dell’azienda.

Un consulente esterno all’azienda esperto in benessere, motivazione e gestione delle risorse umane, riesce a riaccendere entusiasmo e motivazione anche negli individui apparentemente più spenti o che si lamentano maggiormente.

La presenza del consulente può essere inoltre importante in alcune situazioni critiche che si possono presentare nella vita di un lavoratore – dipendente, come ad esempio, quando viene richiesto un cambiamento di mansione, che potrebbe generare angoscia e resistenza con il rischio di non recepire la richiesta di crescita dell’azienda.

Tutto questo può sfociare in una considerazione di sé che provoca frustrazione e ferisce generando un senso di inadeguatezza, incapacità di reagire razionalmente di fronte alle difficoltà influenzando così la motivazione e l'interesse al lavoro. In questi casi non è sufficiente individuare l’inserimento del soggetto nelle giuste forme di orientamento formativo, ma è necessario richiamare una forte attenzione alla dimensione psicologica per poter coinvolgere il soggetto a prendere consapevolezza delle proprie risorse, individuarle e gestirle.

Il consulente può entrare in gioco con la sua professionalità stimolando la presa di coscienza delle proprie capacità e facendo emergere l’energia necessaria per affrontare il cambiamento con competenza e sicurezza.

Grazie alle tecniche di ascolto attivo e di autoesplorazione, il cliente arriva a valutare serenamente le proprie abilità, il proprio talento, le proprie motivazioni, i propri valori e a rispettare le proprie paure senza essere giudicato.

Occorre facilitare il passaggio da una possibile valutazione confusa di sé ad un’autoconoscenza consapevole verso la riattivazione della fiducia e di risorse.

Le aziende sono composte da persone con i loro sentimenti, le loro emozioni, le loro modalità comunicative, le loro aspirazioni, i loro bisogni. Tutto questo non emerge dai bilanci, dai budget, dalle relazioni mensili, eppure ne è la forza propulsiva, ne è l’essenza, l’anima.
Il consulente affronta le conoscenze e le dinamiche perché questa essenza, questo potenziale, possa esprimersi sempre di più verso l’eccellenza, in simbiosi con gli altri per realizzare team straordinari.

Il consulente aziendale ha un obiettivo primario: il potenziamento e lo sviluppo delle risorse dell’individuo, attivando le capacità latenti di ognuno e trasformandole in capacità reali, dando spazio all’efficacia relazionale e alla soddisfazione personale in rapporto al proprio vissuto professionale. E' necessario, quindi, migliorare il livello di competenze individuali e al tempo stesso improntare una relazione di aiuto che riveli motivazioni, ambizioni, e conflitti e incapacità di gestire le proprie frustrazioni.
Al consulente spetta il compito di mediare tra azienda e dipendente. L’azienda desidera migliorare il rendimento delle varie professionalità in termini quantitativi e qualitativi e in questo senso il benessere dei lavoratori è la più grande risorsa ed investimento. In questo senso è possibile immaginare nel ruolo del consulente, una figura che inizia con il lavoratore un percorso che va dall’acquisizione di una maggiore autonomia di sé all’apprezzamento verso il valore dell’interdipendenza, riuscendo a realizzare forme di relazioni positive e sinergie efficaci.

Lavoro con partiva IVA crescono per i giovani under 35


Nel 2012 sono state circa 549mila le nuove aperture di partite Iva (+2,2% rispetto al 2011) e oltre la metà fanno capo a under 35. Gli aumenti maggiori, secondo il ministero dell'Economia, si si registrano nella scuola, nei trasporti e nella sanità. Per la Cgil "i giovani sono costretti ad aprire una partita Iva per poter lavorare. Basta pensare che il 14% dei contratti a progetto negli ultimi mesi è stato trasformato in incarico a partita Iva che è di più facile utilizzo per le aziende".

Forte crescita nel 2012 delle partite Iva: ne sono state aperte 549.000 (+2,2% sul 2011), e il 38,5% del totale, pari a 211.500 (+8,1%), sono ascrivibili a giovani con meno di 35 anni. L'incremento maggiore, secondo l'analisi della Cgia di Mestre su dati del ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze, tra gli under 35 è stato al Sud (37,8% del totale). L'aumento del numero delle partite Iva in capo alle donne under 35 è stato del 10,1%.

L'anno scorso le nuove iscrizioni tra le giovani donne hanno superato le 79.100 unità (pari al 37,4% del totale under 35). Il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, interpreta così questi risultati: "L'aumento del numero delle partite Iva in capo ai giovani lascia presagire,u nonostante le misure restrittive introdotte dalla riforma del ministro Fornero, che questi nuovi autonomi lavorano prevalentemente per un solo committente.

Visto che questo boom di nuove iscrizioni ha interessato in particolar modo gli agenti di commercio/intermediari presenti nel settore del commercio all'ingrosso, le libere professioni e l'edilizia riteniamo che la nostra chiave di lettura non si discosti moltissimo dalla realtà".
Secondo Bortolussi, i tre settori che hanno registrato il maggior numero di aperture tra gli under 35 sono stati: il commercio all'ingrosso e al dettaglio (51.721 pari al 24,4% del totale nuove partite Iva aperte dai giovani); le attività professionali (45.654 pari al 21,5% del totale); le costruzioni (20.298 pari al 9,6% del totale).

Sostituto d'imposta Cud 2013 le novità


Il datore di lavoro, l'ente pensionistico e i sostituti d'imposta in genere devono attestare i redditi di lavoro dipendente (Cud), assimilati e di pensione corrisposti nel 2012, oltre alle ritenute d'acconto operate, le detrazioni effettuate, i dati previdenziali e assistenziali relativi alla contribuzione versata e/o dovuta all'Inps e all'ex Inpdap e l'importo dei contributi previdenziali a carico del lavoratore.

Entro il 28 febbraio i sostituti d’imposta dovranno consegnare i modelli CUD 2013 a dipendenti e pensionati, con la certificazione di emolumenti corrisposti e ritenute fiscali quindi i redditi percepiti nell'anno 2012: per le aziende si tratta di certificare i redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati.

Nel CUD dovranno essere indicate generalità e codice fiscale del contribuente che ha percepito il reddito; la natura dello stesso; l’oggetto e la data dell’operazione; la quantità delle attività finanziarie oggetto dell’operazione; corrispettivi, differenziali e premi.

Vediamo  alcune importanti novità presenti  nel modello CUD 2013.

Per i lavoratori residenti in Italia, pur prestando servizio in zone di frontiera, i cosiddetti lavoratori “transfrontalieri”, il limite di reddito esente dalla tassazione è fissato a 6.700 euro (contro gli 8.000 euro del 2011).

Chi versa i contributi e lavora per la prima volta potrà inoltre godere di una ulteriore deduzione per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari grazie al plafond accumulato nei primi 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.

La maggiore deduzione fruibile dai lavoratori di prima occupazione per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari;

La detassazione sulle somme erogate per l'incremento della produttività;

L'agevolazione destinata ai lavoratori impiegati all'estero che rientrano in Italia;

Le indicazioni sulla regolarizzazione degli adempimenti e dei versamenti omessi dopo il terremoto in Emilia del 2012 e la detrazione di 145,75 euro per il personale impiegato nel comparto sicurezza prevista per il 2012.

Ricordiamo che i lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007, a partire dal 2012, possono portare in deduzione dal proprio reddito complessivo (nei venti anni successivi al quinto, di partecipazione a forme di previdenza integrativa) i contributi versati ai fondi complementari, usando  oltre all'ordinario plafond di deducibilità di 5.164,57 euro annui – un ulteriore bonus corrispondente a 2.582,29 euro annui, sino a concorrenza dell'ammontare che corrisponde alla differenza positiva fra l'importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche. Il sostituto d'imposta deve inserire questi dati nella parte B, sezione «Altri dati», nei punti da 122 a 126.

L'agevolazione fiscale prevista dalla legge 238/2010, destinata ai lavoratori italiani che sono rientrati in Italia dopo aver maturato esperienze culturali e professionali all'estero, consiste nell'abbattimento della base imponibile dichiarata ai fini Irpef pari all'80% se i soggetti coinvolti sono donne e al 70% se uomini. Per questa casistica, nella parte B - punto 1, deve essere indicato il 20% o il 30% dei redditi corrisposti ai lavoratori che hanno richiesto di fruire del beneficio fiscale, mentre nelle annotazioni deve essere riportato l'ammontare complessivo delle somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile (codice BM)

Un’altra novità riguarda l’8 per mille, dove fanno ingresso i nuovi beneficiari “Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa”, “Chiesa apostolica in Italia” e “Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia”.

In caso di personale impiegato nel comparto sicurezza, la detrazione è fissata per quest’anno a 145,75 euro.

È una conferma invece l’abbattimento della base imponibile per il cosiddetto rientro dei cervelli in Italia, ovvero lavoratrici (80%) e lavoratori (70%) – per effetto della legge n. 238/2010 – che hanno avuto esperienze culturali e lavorative all’estero e tornano in Italia: con il codice “Bm” si dà conto degli sconti fiscali per il rientro dei talenti nel Paese. E’ possibile indicare il valore complessivo delle somme erogate e di quelle che non hanno concorso a formare il reddito imponibile dei lavoratori rientrati dall’estero.

Confermati anche le imposte sostitutive dell’IRPEF al 10% per le somme erogate in caso di incrementi della produttività con un massimale di 2.500 euro lordi.

Mentre per i redditi esenti la compilazione del codice BQ non è obbligatorio. Si tratta della nuova annotazione in cui i sostituti d’imposta devono indicare i redditi non tassati da loro erogati, che non incidono sulle imposte dovute dal contribuente.  I sostituti d’imposta non sono tenuti a segnalare nella nuova annotazione BQ del Cud 2013, i redditi esenti da loro corrisposti nel 2012, se i sistemi informativi a disposizione, non consentano di inserire il dato entro il 28 febbraio, data ultima per la consegna della certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati.

Di conseguenza, se il sostituto ha erogato soltanto questo tipo di redditi esenti, può anche non consegnare il Cud. Si tratta, infatti, di redditi non imponibili, che non vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non incidono sul calcolo delle imposte dovute dal contribuente.

L’opportunità, di cui informa l’Agenzia delle Entrate con un comunicato stampa, tiene conto delle possibili difficoltà tecniche applicative incontrate per la gestione del dato.

Nella parte C del Cud devono essere indicati i dati previdenziali e assistenziali Inps riferiti ai lavoratori subordinati e ai collaboratori coordinati e continuativi (sezione 1 e 2). È stata aggiunta la sezione 3 riservata ai dipendenti pubblici, dopo la soppressione dell'Inpdap

Se il sostituto d'imposta – a seguito della cessazione del rapporto di lavoro nel 2012 – ha rilasciato al lavoratore il modello prima dell'approvazione dello schema Cud 2013 e non ha quindi potuto indicare tutti i dati previsti, deve compilare una certificazione integrativa.

sabato 23 febbraio 2013

Calcolo tfr per i lavoratori dipendenti


Il calcolo del TFR è l'importo che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore al termine del rapporto di lavoro e a richiesta dopo un periodo (anticipazione del TFR), di solito 8 anni di servizio nella stessa azienda in determinati casi stabiliti dalla legge come, ad esempio, la necessità di affrontare importanti spese medico-sanitarie. L'anticipazione è limitata al 70% dell'importo liquidato in caso di risoluzione del contratto di lavoro.

Il calcolo TFR annuale deve essere indicato, insieme al cumulo pluriennale, nella busta paga e nel CUD del lavoratore. Il lavoratore riceve l'importo accantonato come TFR nel momento in cui si conclude il rapporto di lavoro a causa di licenziamento, dimissioni o pensionamento.

Il datore di lavoro procede alla liquidazione del TFR lordo totale maturato fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro al netto delle imposte e delle eventuali anticipazioni richieste dal lavoratore negli anni precedenti. L'imposta definitiva sul TFR è corrisposta dal lavoratore entro il 31 dicembre del 3° anno successivo alla dichiarazione al fisco del datore di lavoro.

La procedura di calcolo del TFR è la seguente:
ogni anno di lavoro uno quota accantonata annualmente pari al 6.91% della retribuzione utile.

Tale quota corrisponde alla retribuzione annua divisa per 13.5, si tiene conto inoltre che lo 0.5% é destinato all'Inps come contributo per le prestazioni pensionistiche.

Le somme accantonate come TFR sono indicizzata al 31 dicembre in base ad un tasso di interesse fisso di 1,5% maggiorato del 75% dell'incremento dell'indice dei prezzi al consumo Istat ( v. coefficiente rivalutazione TFR );

le somme accantonate sono tassate al 11%.

L'indicizzazione degli importi accantonati avviene ogni anno al 31 dicembre, applicando un tasso del' 1.5% fisso più il 75% dell'aumento dell'indice Istat. Qualora di decidesse di destinare il proprio TFR ad un fondo pensione il calcolo del valore del capitale lordo accantonato ogni anno sia del tfr che del fondo pensione, é effettuato nella maniera seguente :

Parametri per il calcolo tfr:

 stipendio annuo lordo -> valore usato per calcolare il 6.91% spettante alla voce tfr

la percentuale della rivalutazione annua dello stipendio -> tale previsione deve essere fatta in base a previsioni di aumenti contrattuali e scatti di carriera

la percentuale del tfr destinata al fondo pensione

 previsione del rendimento annuale netto dal tfr (0.75 x l'inflazione annuale istat a cui aggiungete un 1,5%, a tale valore va sottratta l'imposta sostitutiva)

 totale anni lavorativi restano per la pensione

stima del rendimento annuo del fondo pensione scelto

contributi obbligatori e volontari rispettivamente del datore di lavoro e del lavoratore se previsti dal contratto

L’anticipo del TFR può essere richiesto dai lavoratori dipendenti pubblici o privati secondo determinate casistiche:  acquisto prima casa;  cure sanitarie ed ospedaliere; spese per periodi formativi o per congedo parentale.

Tuttavia bisogna considerare alcuni vincoli.
Per ottenere un anticipo del TFR é necessario avere almeno 8 anni di anzianità lavorativa presso lo stesso datore di lavoro. L’anticipo del TFR non può eccedere del 70% della cifra accantonata alla data della richiesta. I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste di anticipo della liquidazione dei dipendenti entro il 10% degli aventi titolo e comunque nei limiti del 4% del numero totale dei dipendenti.

Nel caso un lavoratore non riesca a ottenere l’anticipo del TFR e abbia esigenze di liquidità immediate, ci sono diverse tipi di prestiti garantiti come la cessione del quinto, dove per esempio il TFR accantonato o la busta paga costituiscono le garanzie per il finanziamento.
calcolo tfr, lavoro dipendente, anticipazione del TFR,  datore di lavoro, finanziamento, retribuzione, Istat, contratto di lavoro

venerdì 22 febbraio 2013

Elezioni 2013: compensi e retribuzione per il servizio di scrutatore, segretario e presidente di seggio


Il 24 e 25 febbraio gli italiani saranno chiamati al voto per le elezioni politiche 2013.

Sono migliaia gli italiani che vivranno le elezioni nelle vesti di pubblici incaricati, a tutela del corretto svolgimento delle procedure democratiche. Lì dove si svolgeranno anche elezioni regionali (Lombardia, Molise e Lazio) le “buste” saranno più cospicue e verranno coperte per due terzi dallo Stato e per il restante dalla Regione.

In occasione delle consultazioni elettorali, tutti i lavoratori dipendenti chiamati a svolgere funzioni elettorali hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per il periodo necessario allo svolgimento delle relative operazioni; ne consegue che il datore di lavoro non può, in nessun caso, impedire al proprio dipendente di adempiere a tale compito.

In sintesi, ai lavoratori interessati deve essere garantito:
lo stesso trattamento economico che sarebbe spettato in caso di effettiva prestazione lavorativa, per i giorni lavorativi passati al seggio;
un’ulteriore retribuzione (pari a una giornata di retribuzione) o un riposo compensativo, per i giorni non lavorativi o festivi trascorsi ai seggi per lo svolgimento delle operazioni elettorali.

La giurisprudenza ha precisato che in caso di svolgimento di operazioni che occupino anche solo una porzione di giornata il diritto ad assentarsi debba valere per l’intero giorno lavorativo.

Il Ministero dell’Interno ha emanato una circolare che definisce tutte le specifiche di competenze e di indennizzo per tutti coloro che, i prossimi 24 e 25 febbraio, saranno impegnati nelle vesti di ufficiali nominati ai seggi del Comune di residenza. Per le competenze ai componenti dei seggi si applicano le disposizioni di cui al citato art. 1, della legge 13 marzo 1980, n. 70.

Ai componenti dei seggi, sia normali che speciali, spetta un onorario fisso. Per l’imminente consultazione, le competenze dovute ai componenti dei seggi ordinari sono quelle riportate di seguito e sono comprensive delle maggiorazioni di € 37,00 (Presidenti) e di € 25,00 (Scrutatori e Segretari) da corrispondere per ogni consultazione da effettuare contemporaneamente alla prima.

Elezioni politiche (n. 2 schede)
Ai Presidenti  spetta una retribuzione di  € 187,00; ai Scrutatori e Segretari: € 145,00.

Elezioni politiche ed elezioni regionali (n. 3 schede)
Spetta una retribuzione Presidenti: € 224,00;  Scrutatori e Segretari: € 170,00.

A ciascuno degli scrutatori ed al segretario dell’ufficio elettorale di sezione, il comune nel quale ha sede l’ufficio elettorale deve corrispondere un onorario fisso forfettario di euro 120.

Per ogni elezione da effettuare contemporaneamente alla prima e sino alla quinta, gli onorari di cui ai commi 1 e 2 sono maggiorati, rispettivamente, di euro 37 e di euro 25. In caso di contemporanea effettuazione di più consultazioni elettorali o referendarie, ai componenti degli uffici elettorali di sezione possono riconoscersi fino ad un massimo di quattro maggiorazioni.

Ricordiamo che l'orario coincide con quello delle votazioni, ovvero domenica 24 dalle 8:00 alle 22:00 e lunedì 25 dalle 7 alle 15. Alla chiusura dell'orario di voto scatta lo scrutinio, che naturalmente ha durata variabile.

Nei casi in cui, invece, il Presidente sia stato assegnato a un seggio oltre i confini del proprio Comune di residenza, allora alla legge prevede il diritto al trattamento di missione, con eventuali rimborsi di biglietti ferroviari, se necessario l’alloggio, i pasti e, all’occorrenza, anche i chilometri percorsi con la propria auto (ma solo se assente il collegamento ferroviario).

Entro sei mesi dalla data elettorale, poi, dovranno essere le singole amministrazioni a redigere un piano delle spese sostenute dai singoli incaricati, inviandolo quindi alle Prefetture per vedersi consegnare le cifre investite.

Per le circoscrizioni estere, gli indennizzi restano i medesimi che nel caso di seggi aperti per le sole elezioni politiche – 187 euro ai Presidenti, 145 agli scrutatori e segretari. Per i seggi speciali aperti a Roma, presso la Corte d’Appello, dove le schede giunte da oltreconfine verranno scrutinate, le quote ammonteranno rispettivamente a 90 euro e 60 euro.

Prima dello svolgimento delle operazioni elettorali il lavoratore dipendente nominato presidente di seggio, segretario, scrutatore è tenuto ad avvisare, sia verbalmente che per iscritto, il proprio datore di lavoro della sua partecipazione ai seggi, affinché quest’ultimo si possa organizzare in vista di tale assenza.

Concluse le votazioni ed il relativo scrutinio, il lavoratore è tenuto a consegnare al datore di lavoro un attestato da cui risulti l’indicazione dei giorni (e delle ore) trascorsi al seggio. Tale attestato deve essere firmato dal Presidente del seggio e deve riportare il timbro della sezione elettorale presso cui il lavoratore è stato chiamato ad adempiere alle funzioni elettorali.
I compensi sono complessivi, non al giorno. Le cifre sopra riportate rappresentano il totale dell'onorario che si percepirà.

domenica 17 febbraio 2013

Lavoro: diritto alle ferie e disciplina legislativa


La consulenza del lavoro ha trovato nelle nuove direttive legislative un campo fertile per la gestione del personale dipendente in materia di gestione delle ferie.

Tutti i dipendenti hanno il diritto ad usufruire di un periodo di riposo per ricostituire le energie fisiche e intellettuali in base all’art. 36 della Costituzione e alla disciplina dell’art. 10 D.lgs. 66/2003.

L’art. 10 del d. lgs 66 del 2003 ha previsto che ogni lavoratore abbia diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, limite che può essere derogato dalla contrattazione collettiva, solo in senso migliorativo. E dunque è possibile fissare un periodo inferiore alle due settimane di ferie che, per legge, dovrebbero essere fruite nel corso dell'anno. A patto che siano rispettate le garanzie costituzionalmente riconosciute ai lavoratori.
Ulteriori modifiche a quanto stabilito dal D.lgs 66 del 2003 sono state apportate dal D.lgs 213/04.

Delle quattro settimane di ferie, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione. Il periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, va fruito per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione.

Il diritto alle ferie è irrinunciabile e, pertanto, tale periodo non è monettizabile diversamente, ossia non è sostituibile con una indennità per ferie. Solo se il rapporto termini prima del godimento della pausa feriale, il lavoratore avrà diritto a percepire una indennità proporzionale alle ferie non godute.
Qualora residuassero dei giorni di ferie maturati, ma non goduti, il restante periodo deve essere accordato e fruito entro 18 mesi dal compimento dell'anno di maturazione, a meno che il lavoratore non consenta di rinviare ulteriormente tale scadenza.

Tale possibilità, esercitata anche attraverso la contrattazione collettiva, è accordata dalla legge proprio per agevolare l'effettivo godimento delle ferie da parte del lavoratore.

I contratti collettivi di lavoro, anche aziendali, possono stabilire condizioni di miglior favore.
Ciò è dovuto alla peculiare finalità dell’istituto delle ferie, atte a provvedere ad un ripristino delle energie fisiche e morali del lavoratore.

Il periodo feriale è annuale, nel senso il lavoratore deve utilizzarlo entro l’anno. Tuttavia, anche a chi lavora per periodi inferiori all’anno è garantito 1/12 di ferie per ogni mese prestato.

Il periodo di ferie spettanti al lavoratore viene individuato dal datore di lavoro in relazione alle esigenze aziendali, mentre la retribuzione del periodo feriale è stabilita dalla contrattazione collettiva.
La malattia insorta durante il periodo di ferie ne interrompe il decorso, ma solo ove tale malattia non sia compatibile con il loro godimento.
Il lavoratore non può usufruire delle ferie durante il periodo del preavviso.
Le ferie non godute non possono essere monetizzate. E’ quanto detta il decreto legislativo n. 66 dell'8 aprile 2003, che ha recepito alcune direttive europee in materia di diritto del lavoro. Per quanto riguarda il periodo e la gestione dipendenti in ambito di ferie , rientra l’impossibilità per i lavoratori dipendenti di ricevere un indennizzo sostitutivo per le ferie non godute.

Il periodo annuale di ferie retribuite, non si può convertire in denaro. La disposizione, tuttavia, non interessa i casi di cessazione dal lavoro per i quali le ferie non godute vengono liquidate nel trattamento di fine rapporto. Inoltre il periodo di ferie di cui può usufruire un lavoratore non può essere inferiore a quattro settimane.

Ulteriori modifiche a quanto stabilito dalle normative vigenti sono state apportate dal decreto legislativo n. 213 del 19 luglio 2004. Delle quattro settimane di riposo, il lavoratore ha diritto a godere almeno di due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Quello alle ferie retribuite è un diritto riconosciuto dal Codice Civile e dalla Costituzione che, all'art. 36, stabilisce che il lavoratore "ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi. Quello che quindi, indiscutibilmente, è un diritto per tutti, non opera però per tutti allo stesso modo.
Per alcune particolari categorie di lavoratori o in alcune fasi del rapporto di lavoro ci sono delle eccezioni. I dirigenti sono gli unici lavoratori dipendenti che possono rinunciare volontariamente alle ferie.
E’ quanto ha stabilito la Cassazione considerando la grande autonomia di cui dispongono per organizzare il loro lavoro. Dunque, se in questa auto-organizzazione, i dirigenti decidono di non inserire un periodo di riposo, è da intendersi che vi abbiano rinunciato.

I lavoratori a domicilio, che svolgono la loro attività a casa non possono godere delle ferie. Alla loro retribuzione viene comunque sommata un'apposita percentuale, stabilita dai CCNL, a titolo di indennità per le ferie e le festività non godute. Per i lavoratori domestici che prestano la loro attività per meno di quattro ore continuative al giorno, il Codice Civile provvede la fruizione di un minimo di otto giorni di riposo retribuito. Giorni che salgono a 15, 20 o 25 (a seconda dell'anzianità di servizio o di inquadramento), nel caso di lavoratori che prestano la loro opera per più di 4 ore giornaliere.

Considerando le lavoratrici in maternità, bisogna distinguere il congedo obbligatorio, che precede il parto, in cui matura il diritto alle ferie, e il periodo successivo, facoltativo, in cui invece questo diritto non matura. Vanno esclusi agli effetti della maturazione delle ferie, anche i congedi parentali, ottenuti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per accudire il bambino nei suoi primi anni di vita. Il periodo trascorso in cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, non dà diritto alle ferie se è a zero ore. Se invece è a orario ridotto, matura il diritto alle ferie e alla relativa retribuzione.

Il diritto alle ferie retribuite vale, ovviamente, anche per i lavoratori dipendenti a tempo parziale, ma bisogna fare una distinzione tra contratto a tempo parziale orizzontale e verticale. Nella prima ipotesi, la riduzione dell'orario di lavoro, rispetto a quello dei lavoratori a tempo pieno, risulta in relazione all'orario giornaliero complessivo. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale invece, l'attività lavorativa è svolta per tutto il normale orario di lavoro giornaliero, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale, il principio di non discriminazione comporta che la durata delle ferie non sia diversa da quella riconosciuta ai lavoratori a tempo pieno. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale verticale il periodo di godimento delle ferie, previsto dalla contrattazione collettiva per i lavoratori a tempo pieno, non viene riconosciuto integralmente, ma viene ridotto in proporzione all'attività lavorativa effettivamente svolta.

Il lavoro temporaneo per sua natura è difficilmente compatibile con l'effettivo godimento delle ferie: difficilmente il datore di lavoro potrà attuare una politica di gestione ferie per assegnare periodi di ferie a lavoratori dei quali ha esigenza solo per un determinato periodo di tempo. In tema di gestione ferie, quindi, il principio di parità di trattamento tra lavoratori interinali e lavoratori dipendenti, vale solo ai fini del calcolo della retribuzione delle ferie maturate e dell'indennità per le ferie non godute.

Diversa la situazione per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che hanno diritto a godere delle ferie previste in favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, in proporzione al periodo lavorativo prestato, salvo che ciò non sia incompatibile con le esigenze aziendali.

Gestione del lavoro con foglio presenze


Le applicazioni realizzate con Microsoft Excel, foglio presenze, e con software gestione del personale generano in modo automatico il calendario lavorativo.

Con il foglio presenze è possibile inserire le variabili giornaliere e mensili per tenere il conto dei giorni di ferie, malattia, permessi e recuperi usufruiti nel corso del periodo valutato per i dipendenti.

I programmi scaricabili online permettono di compilare il foglio presenze dei lavoratori dipendenti.

Dove è possibile impostare profili orari (gestione orari di lavoro), effettuare statistiche che servono per un’accurata gestione del personale ed una valutazione sull'assenteismo.

Segnaliamo alcuni indirizzi online dove è possibile scaricare il foglio presenze ed i software per una valida gestione delle variabili per un'azienda:
Marbaro.it dove sono proposti una serie di applicazioni foglio presenze etc.. Microsoft Excel;
Liberodominio.it è presente una giuda al software oltre alle applicazioni per le variabili per la gestione del personale;
Xdownload.it sono presenti nel sito online una serie di software per il foglio presenze;
Programmi-gestionali.it è presente un foglio presenze Microsoft Excel che genera il calendario dell’anno in corso ed altre applicazioni per la gestione del personale con le sue variabili.

Parliamo inoltre del Libro unico del lavoro che sostituisce i libri paga e matricola e gli altri libri obbligatori dell'impresa riguardanti la gestione del personale. Il Libro unico del lavoro ha la funzione di documentare ad ogni singolo lavoratore lo stato effettivo del proprio rapporto di lavoro e agli organi di vigilanza lo stato occupazionale dell'impresa. La nuova disciplina, semplificando la struttura di gestione dei rapporti di lavoro, in particolare riguardo alla tenuta dei libri in azienda, ha finalità di prevenzione e contrasto del lavoro sommerso, oltre che di snellimento degli oneri burocratici ed economici gravanti sulle imprese.

Vi sono dei programmi che permettono di compilare il foglio presenze mensile del personale dipendente. Dove è possibile impostare diversi profili orari, effettuare statistiche sulle ore lavorate nel mese o nell'anno, stampare il foglio presenze su carta A4 già preventivamente vidimata dall'INAIL. I programmi solitamente utilizzano il calendario per precompilare ogni mese il foglio presenze ed imposta automaticamente quelle che sono le festività nazionali, permettendo un risparmio di tempo e fatica nella compilazione delle presenze mensili.
 

Lavorare nel settore del personale. Adempimenti e sanzioni


La legge del 6 agosto del 2008 n 133 ha fatto in modo di recare delle disposizioni per la gestione del personale privato con adempimenti e sanzioni varie.

Adempimenti e sanzioni: l'articolo 39
L’art. 39 del dispositivo legislativo reca dal punto di vista della gestione del personale degli adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro.
Il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo.

Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l'anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.

Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro.

Il libro unico del lavoro deve essere compilato coi dati, per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo.
Il Ministro del lavoro stabilisce, con decreto da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le modalità e tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro e disciplina il relativo regime transitorio.
Con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro il datore di lavoro adempie agli obblighi di cui alla legge 5 gennaio 1953, n. 4.

Adempimenti e sanzioni: quali sanzioni sono previste?
La violazione dell'obbligo di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 2.500 euro. L'omessa esibizione agli organi di vigilanza del libro unico del lavoro è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 200 a 2.000 euro;
La mancata ottemperanza, entro 15 giorni e senza giustificato motivo, alla richiesta di documentazione da parte del personale addetto alla vigilanza, commessa dai professionisti individuati dalla legge n. 12/1979 è punita con una sanzione amministrativa compresa tra 250 e 2.000 euro che in caso di recidiva, sale ad una sanzione compresa tra 500 e 3.000 euro;
Salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele registrazione dei dati che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 150 a 1500 euro e se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 500 a 3000 euro;
La violazione dell'obbligo è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 150 a 1500 euro;
la mancata conservazione entro il 16 del mese successivo è punita con una sanzione compresa tra 100 e 600 euro: tale somma aumenta se riguarda più di 10 lavoratori (da 150 a 1.500 euro)
Alla contestazione delle sanzioni amministrative è opera degli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Il rapporto ex art. 17 della legge n. 689/1981 va inviato alla DTL competente per territorio.
 

Lavoro: gestione software recruiting come gestire al meglio i CV


Il software recruiting è una sistema software integrato di gestione processo di recruiting e selezione del personale.
Il sistema software recruiting potrebbe essere un ottimo meccanismo tecnologico per le aziende con lo scopo di ottimizzare la sezione web denominata Lavora con noi.
Con questo innovativo sistema di selezione del personale si aprono sicuramente nuove frontiere della tecnologia e nuove opportunità per ogni azienda di ottimizzare la pagina Web "Lavora con noi" sfruttando le potenzialità offerte dal software recruiting.
Che cosa può dare un software recruiting.
Primo aspetto aumentare il numero e migliorare la rispondenza alle specifiche esigenze aziendali dei curriculum ricevuti, quindi strumenti informatici appropriati consentono di gestire efficacemente anche il più voluminoso database di curricula e di monitorare i CV in ingresso.
CVweb è software recruiting che è in grado di dare un forte supporto per la gestione dell’intero processo di selezione e reclutamento, dalla nascita dell’esigenza fino all’inserimento della risorsa in azienda.
Vediamo le funzionalità offerte alle aziende:
gestire dettagliatamente le campagne di recruiting;
effettuare sofisticate ricerche di curricula basate su una serie di variabili;
impostare un messaggio di alert (all’erta, allarme) per i curricula più interessanti ed affini;
analizzare i risultati della campagna intrapresa.
Altro sito online di significativa importanza come software recruiting è hrweb.
Che consente alle aziende di gestire in modo autonomo il processo di reclutamento e selezione del personale.
Con questo sistema software recruiting è possibile gestire la pubblicazione degli annunci di lavoro ed il processo di pre-selezione e selezione delle candidature ricevute. La peculiarità di questo software si può individuare per la versatilità e le innumerevoli possibilità di adattamento ai contesti aziendali più differenti.
L'azienda non solo può gestire al proprio interno e ottimizzare i processi di selezione del personale, ma ha anche la possibilità raggiungere un numero consistente di contatti, sfruttando anche sistemi di mailing e di newsletter automatici. Tutte le professionalità di una società di recruiting condensata in un unico software.
DCV Editor è un programma che consente di produrre, salvare, aggiornare e trasmettere via internet un curriculum elettronico, in formato digitale (formato DCV), il quale risponde alle necessità delle aziende e delle Società per la Ricerca e Selezione del Personale che siano interessate all'assunzione presente o futura di personale e pertanto abbiano interesse a creare e mantenere aggiornato un archivio di curricula al fine di ricercare in esso i profili dei candidati da invitare ai colloqui di valutazione.
Il DCV Editor è utilizzato anche dalle aziende che vogliano creare e mantenere aggiornato il database dei propri dipendenti e dai fornitori di servizi di database on line reclutamento  e selezione. L'inserimento di un curriculum DCV Editor in un database è automatico e il costo che l'azienda deve sostenere è modesto, rendendo possibile la creazione e la gestione di un database di Curriculum Vitae.
Il curriculum DCV, inoltre, non perde mai la sua validità in quanto i dati essenziali di un candidato e della sua esperienza lavorativa vengono trasformati automaticamente dal DCV Editor in chiavi di ricerca e in codici digitali e ciascuna informazione è inserita al posto giusto ed in modo omogeneo.

Lavoro: software gestione del personale


La gestione del personale con le sue variabili ha un forte bisogno di un efficace software gestione del personale. Il software per la gestione del personale deve permettere la gestione automatica delle informazioni e dei dati relativi al personale come la rilevazione di presenze, assenze, ferie e permessi riducendo ampiamente i margini di errore.

Il software gestione del personale ha lo scopo, generalmente di centralizzare la richiesta delle variabili (permessi, ferie e trasferte) permettendo di conservare una documentazione al fine di permettere una valutazione del personale ed un valido controllo di gestione delle risorse umane. Ed avere della gestione del personale un vincolo di norme da rispettare.

Per la gestione del rilevamento presenze è di primissima importanza avere un tecnologia informatica che sia di estrema flessibilità d’impiego e dia un livello di elaborazioni e di controlli diversificabili e garantire la massima riservatezza dei dati nel rispetto delle leggi in vigore.

Un software gestione del personale deve offrire:

una organizzata gestione dell'anagrafica delle risorse umane;

avere sempre visibile la storia lavorativa degli orari di presenza di ogni singola risorsa;

avere il riepilogo per ogni periodo per una reale gestione del personale in forza;

avere il veloce riscontro di orari di notturno, feriale, di straordinario e di festivo che sono stati impiegati;

avere la capacità di aggiornare ed integrare in maniera semplice per adeguarlo alle necessità normative in continua evoluzione.

Inoltre un adeguato strumento di gestione del personale deve abbinare ad avanzate applicazioni di nuova generazione per la gestione completa di tutti gli aspetti relativi la gestione del personale, innovativi strumenti di comunicazione e di acquisizione dei processi sia informatici che legislativi.

Un sistema che deve rispondere pienamente alle aziende che necessitano di strumenti che favoriscono la collaborazione e lo scambio di informazioni a tutti i livelli aziendali la diffusione di conoscenza, la riconfigurabilità dei processi per rispondere all'esigenza delle organizzazioni con più unità organizzative e a quelle con crescente mobilità di personale.

Software gestione del personale deve essere ideato e realizzato per dare una risposta effettiva a precise esigenze nell'ambito aziendale e di un gruppo con più strutture dando l'opportunità, alle aziende coinvolte, di gestire, senza inutili sprechi, preferibilmente in tempo reale, tutte le operazioni relative alla gestione del personale e alla rilevazione delle presenze con tutte le variabili per una corretta gestione delle risorse umane. Il software gestione del personale deve prevedere anche la gestione delle presenze del personale utilizzando anche sistemi di rilevazione in base alle norme della legge sulla privacy e sulla sicurezza dei dati sensibili.

Vediamo i terminali rilevazione presenze come funzionano.
I prodotti terminali rilevazione presenze si devono caratterizzare per una determinata ed elevata flessibilità, la quale deve essere collegata con le norme e le esigenze aziendali, e sarebbe rilevante per l’azienda utilizzare terminali rilevazione presenze facendo riferimento a tutte le variabili (CCNL, piano di lavoro, esigenze dei vari servizi e/o settori) quindi bisogna avere dei terminali rilevazione presenze specializzati per tutte le esigenze aziendali.

Ricordiamo che dal punto di vista della gestione dipendenti e di una corretta rilevazione presenze è importante adottare una soluzione organizzativa per la gestione delle risorse umane che vada ad incidere sul grado di competitività e produttività ed un sistema informatico di rilevazione presenze che deve essere uno strumento tecnolocico-informatico fondamentale, per chi ha la cura nella gestione rilevazione presenze per operare in modo pratico e razionale nell'ambito dell'azienda e dei sui vari aspetti organizzativi.

Vediamo gli aspetti che sono prodotti dai terminali rilevazione presenze.
Innanzitutto bisogna considerare i riflessi dei sistemi di rilevazione presenze sulla tutela della privacy del personale dipendente.

Diciamo che attualmente, oltre foglio firme, al cartellino orologio e al badge magnetico, vi sono i più sofisticati sistemi di rilevazione biometrica (cioè quella tecnica di identificazione automatica o di verifica dell'identità di un soggetto (lavoratore dipendente) sulla base di caratteristiche fisiche e comportamentali; va però osservato che i sistemi biometrici di rilevazione delle presenze sono osteggiati dal Garante per la privacy.

Da parte del datore di lavoro la gestione dei terminali rilevazione presenze deve consentire di visualizzare le timbrature effettuate dai dipendenti nei terminali, conoscere in tempo reale le presenze ed assenze e fare in modo di poter gestire il cartellino presenze oltre ad avere una anagrafica dipendente la quale deve contenere cognome e nome del dipendete, numero di  matricola ma anche una serie di informazioni utili ad uso statistico o logistico quali dati anagrafici, centro di costo, reparto e qualifica.

I sistemi informatici (terminali rilevazione presenze) sono strumenti computerizzati e sono composti da orologi marcatempo, controllo accessi e produzione dati e devono essere sistemi informatici in grado di gestire le presenze ed assenze in modo pratico e funzionale per identificare la storia lavorativa del personale dipendente.

INAIL: per l'autoliquidazione il 18 febbraio 2013 termine per le correzioni




Ricordiamo che entro il 18 febbraio 2013 i datori di lavoro devono pagare i premi assicurativi INAIL a saldo 2012 e acconto 2013, mentre le dichiarazioni delle retribuzioni devono essere presentate entro il 18 marzo esclusivamente per via telematica.

 
A pochi giorni dal termine l' INAIL - con la nota 1091/2013 - ricorda che la revisione della spesa o spending review ha azzerato per quattro anni (dal 2012 al 2015) l'agevolazione prevista per l'assunzione dei dirigenti da parte delle aziende che hanno alle proprie dipendenze meno di 250 dipendenti. Si tratta della possibilità di usufruire di uno sconto pari al 50% della contribuzione complessiva dovuta agli Istituti di previdenza, per una durata non superiore a dodici mesi. Le aziende che hanno già eseguito i calcoli per l'autoliquidazione, inserendovi anche l'agevolazione abolita, dovranno procedere al ricalcolo e, qualora abbiano già pagato, versare la differenza di premio (entro il 18 febbraio). È facoltà delle aziende provvedere a rinviare la dichiarazione delle retribuzioni, se già trasmessa.

Pertanto, stante il mancato rifinanziamento della misura agevolativa in questione, a decorrere dall'autoliquidazione 2012/2013 la riduzione del premio del 50%, prevista dall'art. 20, comma 2, della legge 7 agosto 1997, n. 266, non sarà applicata né in regolazione né in rata.

I datori di lavoro che avessero già effettuato il pagamento del premio avvalendosi della predetta riduzione devono, pertanto, ricalcolare il premio dovuto e versare la differenza entro il termine del 18 febbraio 2013.

Gli interessati hanno facoltà di inviare nuovamente la dichiarazione delle retribuzioni 2012, ove già trasmessa, fermo restando che l'Istituto non applicherà la riduzione indipendentemente da detto nuovo invio.

Con l’autoliquidazione del premio il datore di lavoro comunica anche le retribuzioni effettivamente corrisposte nell’anno precedente ai lavoratori ed agli altri soggetti assicurati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, compilando il modello 1031 (Dichiarazione delle retribuzioni).

sabato 16 febbraio 2013

Pensioni 2012-2013 cala il potere d’acquisto


Pensionati sempre più poveri: il loro assegno ha perso, rispetto al costo della vita, un terzo del valore dalla seconda metà degli anni Novanta. Ossia, il potere d'acquisto delle pensioni in caduta libera: in 15 anni è diminuito del 33%. Nello stesso arco temporale il valore di una pensione media è sceso del 5,1%. A rilevarlo è lo Spi-Cgil, che parla di un ''crollo vertiginoso'' del reddito da pensione rispetto all'andamento dell'economia reale. Mentre tasse e tariffe aumentano sempre più: nel 2013 saranno ''alle stelle'' e incideranno sui pensionati per 2.064 euro a testa, il 20% in più sul 2012.

“In Italia la patrimoniale c'è ed è quella che grava sui pensionati, che più di tutti stanno pagando il conto della crisi. Sarebbe bene che il prossimo governo la facesse pagare ai ricchi, che invece poco o nulla stanno contribuendo alle sorti del Paese''. Lo chiede il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, anche alla luce degli ultimi dati sulla perdita del potere d'acquisto delle pensioni, in 15 anni crollato del 33%. ''Bisogna intervenire con urgenza - continua Cantone - per sostenere il potere d'acquisto delle pensioni, rimuovere l'odioso blocco della rivalutazione annuale, alleggerire il carico fiscale e rilanciare welfare e sanità. I pensionati rappresentano il 25% degli elettori e a votare ci vanno eccome. La politica dovrebbe avercelo chiaro e agire di conseguenza''.

Il potere d'acquisto delle pensioni, già falcidiato (-33% in 15 anni, dal 1996 al 2011), è destinato a peggiorare ulteriormente per effetto del blocco della rivalutazione annuale introdotto dalla riforma Fornero per il 2012-2013 sulle pensioni superiori tre volte il minimo (circa 1.400 euro lordi al mese). A lanciare l'allarme è lo Spi-Cgil, evidenziando che lo stop all'indicizzazione rispetto all'inflazione toglie mediamente 1.135 euro nel biennio in considerazione a 6 milioni di pensionati. Ad oggi, un pensionato con un assegno di circa 1.200 euro netti ha perso 28 euro al mese nel 2012 e nel 2013 ne perderà 60, mentre chi percepisce una pensione di circa 1.400 euro netti ha perso 37 euro al mese nel 2012 e ne perderà 78 nel 2013.

Ministero del Lavoro la circolare n. 3 del 2013 sul Tfr e retribuzione


Il tentativo obbligatorio di conciliazione può allargare la propria efficacia fino a diventare una sorta di accordo "omnibus": trattandosi infatti di una procedura a carattere conciliativo, il ministero del Lavoro ha precisato nella circolare 3/2013 che in questa intesa è possibile comprendere altre questioni di natura economica inerenti al rapporto di lavoro come, ad esempio, le differenze retributive, le ore di lavoro straordinario o il trattamento di fine rapporto.

Quindi sono i tre binari su cui si articola la circolare n. 3/2013 del ministero del Lavoro sulla conciliazione obbligatoria preventiva (articolo 7 della legge 604/1966, modificato dalla legge Fornero 92/2012, articolo 1, comma 40). Senza dimenticare l'obbligo di pagamento del ticket sui licenziamenti scattato il 1° gennaio scorso, che va versato a prescindere dall'esito della conciliazione, salvo le ipotesi – in via transitoria fino al 2015 – di licenziamento per cambio appalto e chiusura cantiere in edilizia. Le imprese e la casistica. La conciliazione preventiva è un vero e proprio percorso a tappe.

Obbligatorio per i datori di lavoro che occupano più di 15 lavoratori (in base alla legge 300/1970) e che effettuano licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, vale a dire per motivi inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro. Il Ministero del Lavoro ha precisato che il calcolo della base numerica – per il rispetto della disposizione – deve essere effettuato tenendo conto della media dei lavoratori occupati negli ultimi sei mesi, secondo i consolidati indirizzi della giurisprudenza in materia. Il computo dell'organico deve essere depurato dalle tipologie contrattuali escluse per effetto di disposizioni legislative ad hoc, come i rapporti di apprendistato, i lavoratori somministrati, e così via.

Rientrano invece nel conteggio i lavoratori a tempo parziale, "pro-quota" rispetto all'orario normale contrattuale, così come i lavoratori intermittenti.

Con riferimento alle ipotesi di recesso, la circolare ha precisato che, oltre alle ipotesi per legge  di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, rientrano nell'obbligo di conciliazione anche i licenziamenti intimati per inidoneità fisica, per impossibilità di ripristino (destinazione del lavoratore ad altre mansioni), per chiusura di cantiere in edilizia e quelli conseguenti a provvedimenti di natura amministrativa (si pensi al ritiro del porto d'armi per una guardia giurata).

La procedura si sviluppa in tre fasi  per intraprendere la conciliazione:

il datore di lavoro deve trasmettere alla Direzione Territoriale del Lavoro DTL competente per territorio (in base al luogo di attività del dipendente), e per conoscenza al lavoratore, una comunicazione in cui manifesta la volontà di intimare il licenziamento e indica i motivi alla base di questa scelta;

quando la Dtl riceve la comunicazione, la procedura si intende avviata, e la convocazione delle parti avviene entro il termine perentorio di sette giorni;

entro 20 giorni da questa convocazione, la conciliazione deve concludersi (salvo il caso di sospensione o richiesta delle parti).

Fatte salve le eccezioni per l'edilizia indicate in precedenza, qualunque sia l'esito della procedura – recesso o risoluzione consensuale del rapporto – il datore di lavoro è tenuto a versare all'Inps il ticket sui licenziamenti introdotto dalla riforma per finanziare l'Aspi (articolo 2, comma 31 della legge 92/2012): ora il ticket può arrivare fino a 1.376 euro, ma si attende ancora la rivalutazione per il 2013.

Se la conciliazione sfocia in un accordo di risoluzione consensuale, il lavoratore potrà fruire dell'Aspi solo se ha i requisiti previsti: in questa ipotesi, il sussidio va corrisposto anche per le risoluzioni avvenute dal 18 luglio 2012 (messaggio Inps n. 20830/2012).

Un'altra criticità potrebbe derivare dalla gestione della "sospensione" del rapporto durante la procedura, fino alla sua cessazione: se il lavoratore ha continuato a prestare la propria attività, questo periodo deve essere considerato come preavviso lavorato, anche nei casi in cui il relativo periodo disposto dal Ccnl è inferiore alla durata del procedimento di conciliazione. Una stortura a cui il datore di lavoro potrebbe ovviare specificando nella comunicazione di avvio della procedura che la prestazione lavorativa non è richiesta e impegnandosi a corrispondere l'indennità di mancato preavviso.

È giusto sottolineare l'importanza che durante la procedura sia osservato con cura: la motivazione del licenziamento è rimessa alla valutazione del datore di lavoro, ma il recesso intimato in violazione degli obblighi sulla conciliazione è inefficace, con l'applicazione di un'indennità risarcitoria a favore del lavoratore, che il giudice può determinare tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità.

Il difetto di motivazione potrebbe portare a conseguenze sanzionatorie ben più pesanti nel momento in cui, in caso di contenzioso giudiziale, il licenziamento fosse classificato in ipotesi diverse da quella del giustificato motivo oggettivo. La mancata attivazione della conciliazione obbligatoria può comunque essere sanata se le parti intendono attivare una conciliazione in sede sindacale dopo il licenziamento: in questa ipotesi, il recesso dà luogo all'Aspi.
In queste ipotesi, il lavoratore deve essere pienamente consapevole della definitività e inoppugnabilità dell'intesa che andrà a sottoscrivere (in base all'articolo 410 del Codice di procedura civile): la commissione di conciliazione, nel caso vi siano somme corrisposte a vario titolo, dovrà evidenziare separatamente quelle finalizzate all'accettazione del licenziamento.

Per quanto riguarda gli aspetti di natura fiscale e contributiva legati alla transazione, costituiscono redditi da lavoro dipendente quelli che derivano da titoli che hanno a oggetto la prestazione lavorativa.

Nel caso di fallimento della procedura presso la Dtl, le parti possono ancora tentare altre vie per scongiurare il contenzioso giudiziale: ad esempio, attivando la conciliazione facoltativa in sede sindacale o affidando la controversia a un collegio arbitrale irrituale, come previsto dal collegato lavoro (legge 183/2010).

Nella prima ipotesi, l'accordo tra le parti è solitamente già stato raggiunto e la conciliazione serve a definire il verbale conciliativo: questo deve essere sottoscritto dal datore di lavoro, dal lavoratore e dai rappresentanti sindacali che hanno assistito le parti.

L'importanza della sottoscrizione, anche da parte del sindacato, è evidenziata da una sentenza della Cassazione (n. 13910/1999): per la Corte, il regime di inoppugnabilità (secondo gli articoli 410 e 411 del Codice di procedura civile) delle rinunzie e delle transazioni relative a diritti inderogabili dei lavoratori (articolo 2113 del Codice civile) presuppone che la conciliazione sia caratterizzata dall'intervento di un soggetto «terzo», ritenuto idoneo a tutelare il lavoratore nel momento in cui effettua la rinuncia o la transazione.

Una volta sottoscritto, il verbale in sede sindacale è depositato presso la Dtl a cura di una delle parti o per il tramite di un'associazione sindacale e poi nella cancelleria del tribunale per essere dichiarato esecutivo.

Nel secondo caso, la controversia può invece essere risolta attraverso un collegio arbitrale irrituale composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente.

La parte che intenda avvalersi di questa procedura deve notificare un ricorso sottoscritto e diretto alla controparte. Se quest'ultima accetta, nomina a sua volta il proprio arbitro di parte per proseguire nell'iter della conciliazione.

Anche i contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali più rappresentative, possono prevedere commissioni "ad hoc" alle quali i datori di lavoro o i lavoratori possono affidare la risoluzione della vertenza lavorativa.
 

Dati del CERVED: nel 2012 perse oltre 100.000 imprese


Il 2012 è stato l'anno più duro della crisi per il numero di imprese che hanno chiuso: tra fallimenti (12mila), liquidazioni (90mila), procedure non fallimentari (2mila) sono state 104mila le aziende italiane perse. Lo affermano dati Cerved che sono state 104mila le aziende italiane perse.

La forte crescita delle nuove forme di concordato preventivo è nata con la riforma entrata in vigore a settembre: Cerved, il gruppo specializzato nell'analisi della situazione finanziaria delle imprese, stima che nel solo quarto trimestre del 2012 siano state presentate circa 1.000 domande, soprattutto nella forma del concordato con riserva. Il dato totale sulla chiusura delle aziende l'anno scorso è stato superiore del 2,2% al record toccato nel 2011. «Il picco toccato dai fallimenti - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato del Cerved - supera del 64% il valore registrato nel 2008, l'ultimo anno pre crisi: sono stati superati anche i livelli precedenti al 2007, quando i tribunali potevano dichiarare fallimenti anche per aziende di dimensioni microscopiche». Nel 2012 la recessione ha avuto un impatto violento nel comparto dei servizi (+3,1%) e nelle costruzioni (+2,7%), mentre la manifattura - pur con un numero di fallimenti che rimane a livelli critici - ha registrato un calo rispetto all'anno precedente (-6,3%). Dal punto di vista territoriale, le procedure sono fortemente aumentate nel Nord Ovest (+6,6%) e nel Centro (+4,7%), mentre sono rimaste ai livelli dell'anno precedente nel Sud e nelle Isole (-0,4%). Nel Nord Est i casi sono invece più chiaramente diminuiti (-4,3%), un dato compensato dal forte incremento delle liquidazioni, che ha portato il totale di chiusure in quell'area a superare quota 20mila (+8,6% sul 2011).

Quattrocentottanta occupati in meno al giorno. Tanto ci è costata la recessione più grave del Dopoguerra. I conti li ha fatti l'ufficio studi della Confartigianato in uno studio sul mercato del lavoro dal 2007 a oggi di prossima pubblicazione.

Gli occupati erano 23 milioni e 541 mila ad aprile 2008. Allora, giustamente, si diceva che una delle priorità dell'Italia era di aumentare il numero di persone che lavorano. L'aggiornamento degli obiettivi di Lisbona (Europa 2020) prevede infatti per l'Italia un target del 67-69% di occupati nella fascia d'età 20-64 anni da raggiungere entro il 2020. Eravamo al 63% nel 2008, cioè a meno quattro dall'obiettivo. Purtroppo la crisi mondiale ha cambiato il corso delle cose e la priorità è diventata un'altra: evitare la falcidia di posti di lavoro. Che purtroppo c'è stata. A dicembre 2012 gli occupati sono stati calcolati dall'Istat in 22 milioni e 723 mila: 818 mila in meno rispetto a quattro anni e mezzo prima, 480 posti persi al giorno, appunto. E il tasso di occupazione (20-64 anni) è sceso al 61%: il traguardo di «Europa 2020» si allontana. Ed è praticamente impossibile da raggiungere, secondo Confartigianato.

Infatti, se prendiamo a riferimento il tasso di variazione dell'occupazione previsto per il triennio 2013-2015 nel Documento di economia e finanza del governo, che è pari allo 0,6%, i livelli di occupazione pre crisi verranno ripristinati solo nel 2025, cioè fra 18 anni. Insomma, è lo stesso governo a non credere in un rilancio a breve dell'occupazione.

L'altro dato che colpisce analizzando il dossier è che in questi 5 anni a diminuire, di circa il 20%, sono stati gli occupati fino a 35 anni, scesi di quasi un milione e mezzo, mentre c'è stato un aumento di quasi 600 mila occupati con più di 55 anni. Abbiamo insomma molti più lavoratori anziani. Si tratta di una delle conseguenze dell'aumento dell'età pensionabile dovuto da ultimo alle riforme Sacconi e Fornero, certamente necessario, ma che evidentemente, avvenuto in coincidenza della grave crisi economica, ha tolto occasioni di lavoro ai giovani. E non c'è neppure da stupirsi se, sempre nel quinquennio, gli occupati a tempo pieno sono diminuiti del 5,1% mentre quelli a part-time aumentati dell'11,3%. I disoccupati sono raddoppiati: da 1,4 milioni prima della crisi a 2,8 milioni oggi.

Il poco lavoro che c'è è sempre più difficile da difendere. Spesso i dipendenti sono costretti ad accettare riduzioni di orario. Nelle situazioni più gravi intervengono gli ammortizzatori sociali, che negli ultimi 4 anni hanno raggiunto livelli record, per una spesa complessiva di 53 miliardi.

L'artigianato ha sofferto molto perché più presente nei settori con maggiore cedimento dell'occupazione, dal manifatturiero alle costruzioni. Imprenditori e lavoratori in proprio hanno subito una sorta di decimazione, passando dai quasi 4 milioni del 2008 ai 3,6 milioni di oggi. Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, lancia un messaggio disperato alle forze politiche: «Le drammatiche cifre sul calo di occupati sono il risultato delle debolezze strutturali del nostro mercato del lavoro penalizzato da tanti vincoli burocratici e gestionali, da un cuneo fiscale troppo elevato, dalla distanza tra scuola e mondo del lavoro. Inoltre, le recenti misure introdotte sulla flessibilità in entrata rischiano di comprimere ulteriormente le opportunità occupazionali».

venerdì 15 febbraio 2013

Denuncia infortuni sul lavoro la nuova procedura 2013

E bene ricordare che alla data del 1° luglio 2013 l'invio telematico sarà obbligatorio, oltre che per i datori di lavoro titolari di posizione assicurativa presso l'Istituto già abilitati attualmente, anche per le pubbliche amministrazioni assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato, per gli imprenditori agricoli, nonché per i privati cittadini (in qualità di datori di lavoro di collaboratori domestici, badanti o lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio).

L'obiettivo è semplificare la gestione dei rapporti assicurativi in vista della scadenza del primo luglio 2013, quando lo scambio di informazioni e documenti con l’utenza dovrà avvenire esclusivamente online, e il miglioramento della raccolta dei dati a fini statistici. E acquisire informazioni più complete circa la dinamica, la causa e gli agenti materiali coinvolti, il modello richiede una più attenta descrizione dell'infortunio.

L'Istituto fornisce all'utenza il modello cartaceo e l'applicativo web, informando che l'inoltro online diventerà obbligatorio dal 1° luglio 2013. Il tracciato del modello richiede un maggior dettaglio delle informazioni che il datore di lavoro deve fornire in sede di compilazione della denuncia/comunicazione.

In vista di tale scadenza quando lo scambio di informazioni e documenti tra le imprese e le amministrazioni pubbliche dovrà avvenire esclusivamente in via telematica, nel Punto Cliente del portale Inail è già in vigore la nuova procedura per l’invio della denuncia, che sarà utilizzata anche per la comunicazione degli infortuni con prognosi inferiore a tre giorni ed è destinata a migliorare la gestione dei rapporti assicurativi, con l'obiettivo di ridurre i tempi di istruttoria delle pratiche e di raccogliere dati più puntuali per l’analisi del fenomeno.

Gli interventi come sensibilizzato dall'INAIL hanno l'obiettivo di:

consentire gradualmente l'utilizzo esclusivo della modalità telematica per la corrispondenza con i datori di lavoro e, ove possibile, anche per quella con i lavoratori (acquisendo in via sistematica gli indirizzi di posta elettronica ordinaria e certificata per i primi e in via facoltativa per i secondi);

recepire in modo strutturato direttamente dal datore di lavoro informazioni aggiuntive, attinenti sia lo specifico rapporto assicurativo in essere (tipo polizza e voce di tariffa), sia l'eventuale utilizzo di forme contrattuali di lavoro introdotte o rivisitate di recente dal legislatore (ad esempio, con la previsione di una apposita evidenza per gli eventi lesivi occorsi a lavoratori occasionali di tipo accessorio);

sistematizzare, in linea con le recenti disposizioni in materia di tracciabilità dei pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni9, le opzioni a disposizione del datore di lavoro per le modalità di rimborso delle somme erogate da quest'ultimo a titolo di anticipazione ai propri dipendenti infortunati, della indennità per inabilità temporanea assoluta, ai sensi dell'art. 70 del t. u. infortuni (ad esempio, con l'inserimento del campo relativo al codice IBAN);

acquisire i dati finalizzati alla gestione del rapporto assicurativo secondo linguaggi e codifiche omogenee con quelle utilizzate all'esterno. A tal fine sono state adottate le classificazioni predisposte dall'ISTAT (voce professionale), dal CNEL (settore lavorativo e categoria) e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (tipologia di lavoratore);

introdurre in fase di denuncia il concetto di unità produttiva10, quale sede di lavoro abituale del lavoratore (definita come lo "stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale"); lo stesso concetto viene utilizzato anche ai fini della implementazione del costituendo Registro infortuni aziendale telematico11;

acquisire informazioni sui fenomeni infortunistici e tecnopatici finalizzate a verifiche sulla frequenza di manifestazione degli eventi lesivi, in una ottica di studio e prevenzione dei rischi in ambiente di lavoro (ad esempio, al fine di identificare gli infortuni occorsi durante lo svolgimento di attività per conto terzi in regime di appalto, subappalto o altra forma di esternalizzazione);

integrare le informazioni riguardanti il luogo dell'evento ed introdurre, a fini statistici, specifici indicatori in relazione agli infortuni occorsi con un mezzo di trasporto.

Quindi ci saranno più informazioni sul luogo e la tipologia dell'evento. La partenza della nuova procedura è stata preceduta da incontri informativi con le associazioni di categoria che fanno riferimento ai datori di lavoro e gli ordini professionali per presentare le tante novità introdotte nella nuova denuncia, a partire dalla sezione dedicata alla descrizione dell'infortunio, che è stata integrata con maggiori informazioni utili sia per individuare l'ubicazione esatta dell'evento, sia per definire in modo più puntuale i diversi tipi di incidente avvenuti con mezzi di trasporto. Nella stessa sezione sono stati inseriti campi specifici per acquisire, ad esempio, informazioni in merito all'esistenza di contratti di appalto, subappalto o altre forme di esternalizzazione del lavoro, che rispondono a esigenze formulate anche da interlocutori esterni.

Tra le novità rileviamo la necessità di indicare, dopo aver scelto la Pat, anche la polizza e la voce di tariffa (scelta tra quelle presenti negli archivi) da associare all'infortunio denunciato. Si vuole con ciò agevolare la corretta imputazione degli oneri per infortuni e malattie professionali, nell'ottica di una conforme determinazione dei tassi specifici aziendali.

Trovano posto nella comunicazione/denuncia i dati relativi all'Unità produttiva (stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale); verrà altresì implementato il Registro infortuni aziendale telematico, in via di costituzione. Ricordiamo che nel descrivere l'evento sono previste ulteriori informazioni, al fine di individuare il luogo esatto dell'infortunio, le modalità con cui lo stesso è avvenuto (in itinere, utilizzando un mezzo di locomozione, eccetera). Si deve altresì dare notizia dell'eventuale regime di appalto, subappalto o altra forma di lavoro per conto di terzi dell'azienda.

Le informazioni relative all'infortunio devono essere rese – entro 48 ore dal ricevimento del certificato medico – alla sede dell'istituto competente per territorio in base al domicilio dell'infortunato. La certificazione medica va allegata solo alla denuncia cartacea mentre si può omettere in caso di inoltro tramite web (l'Inail può chiederla successivamente). Nel caso di infortuni con prognosi iniziale inferiore a tre giorni, successivamente prolungata, l'obbligo di trasmettere la denuncia/comunicazione, entro le successive 48 ore, sorge dal momento della ricezione del nuovo certificato medico. Resta confermata la necessità di trasmettere copia delle denuncia/comunicazione di infortunio all'Autorità locale di pubblica sicurezza, se la prognosi è superiore a tre giorni (escluso quello dell'evento).

domenica 10 febbraio 2013

Il lavoro interinale dopo la riforma Fornero


Ormai il mondo del lavoro richiede il concetto di flessibilità: un concetto che si traduce in un radicale cambiamento del modo di pensare del passato, rivolto al posto fisso, a favore di altre tipologie di contratti di lavoro (atipici). Ed in questo contesto sono nate le agenzie per il lavoro interinale. Che sono agenzie private e, a differenza dei centri per l’impiego, un lavoratore può iscriversi a tutte le agenzie per il lavoro che ritenga opportune

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

I due rapporti contrattuali coinvolgono tre soggetti distinti ed è l'Agenzia per il lavoro che rappresenta il datore di lavoro onerato degli obblighi retributivi e contributivi in favore del lavoratore. Questi, poi, saranno misurati alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore nell'azienda cui il lavoratore viene somministrato.

La riforma Fornero ha parzialmente inciso sul regime della somministrazione di lavoro. In particolare, le innovazioni concernenti la causalità del contratto a tempo determinato hanno riguardato anche il lavoro interinale. Viene così previsto che, per quel che concerne la prima assunzione, il rapporto di lavoro conseguente ad un contratto di somministrazione a tempo determinato possa essere slegato dall'obbligo di indicazione della causale.

Infatti il nuovo comma 1 bis dell’art. 1 del D.Lgs. n 368 del 2001, introdotto dalla Legge n 92 del 2012, ha infatti stabilito la possibilità di assumere a tempo determinato o a mezzo di contratto di somministrazione di lavoro, senza causa, nell’ipotesi in cui la durata del rapporto non sia superiore ai 12 mesi.

Ulteriore previsione normativa dedicata alla disciplina giuridica del contratto di somministrazione del lavoro è quella ricavabile dal neo introdotto art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/2001 (cfr. art. 1, comma 9, lett. j) della legge n 92 del 2006. Nella previgente disciplina del contratto a tempo determinato già si prevedeva che il termine complessivo massimo dei contratti a tempo determinato stipulabili con riferimento ad analoghe mansioni da parte di un unico datore di lavoro fosse quello di 36 mesi.

In forza dell'indicata novità normativa, ai fini del computo del suddetto termine massimo, debbono essere presi in considerazione anche i periodi di lavoro svolti in forza di contratti di somministrazione. La norma prevede infatti che: "ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi di durata del contratto a tempo determinato si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti dai medesimi soggetti".

Le agenzie interinali si propongono di offrire alle aziende un insieme di strumenti innovativi per trovare le proprie risorse che garantiscano la trasparenza del mercato del lavoro, in modo da offrire nuovi canali di inserimento soprattutto ai disoccupati, a chi è in cerca della prima occupazione, a chi è in cerca di uno sviluppo di carriera.

L’azienda stipula con l’agenzia interinale un contratto di lavoro ad interim (prestazioni professionali), per un periodo di tempo determinato. Con questo contratto, il lavoratore non dipende dall’impresa ma dall’agenzia e sarà quest’ultima a corrispondergli la retribuzione che dovrà in ogni caso corrispondere a quella degli impiegati presenti all’interno dell’impresa, poiché il legislatore allo scopo di evitare norme discriminatorie ha equiparato il livello retributivo del lavoratore temporaneo a quello dei lavoratori dipendenti.
 

domenica 3 febbraio 2013

INPS: maternità e domande online


Le domande di astensione obbligatoria e facoltativa vanno presentate all'Inps e al datore di lavoro. La domanda di riposi orari della madre, per allattamento, va presentata al datore di lavoro, quella del padre va presentata all'Inps e al datore di lavoro; la domanda per ottenere i giorni di congedo per malattia del bambino deve essere presentata al datore di lavoro con allegato un certificato di un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale che attesti la malattia e, inoltre, una dichiarazione che attesti che l'altro genitore non sia in astensione dal lavoro per gli stessi giorni.


Per le lavoratrici dipendenti la paga durante l'astensione obbligatoria è pari all'80% della retribuzione media giornaliera per i giorni di astensione obbligatoria. Per le colf, le lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane e commercianti) e le lavoratrici agricole a tempo determinato la misura dell'indennità è pari all'80% delle retribuzioni "convenzionali" stabilite anno per anno dalla legge; per le parasubordinate l'indennità di maternità è di importo variabile a seconda dei contributi accreditati.

Mentre  per astensione facoltativa è pari al 30% della retribuzione media giornaliera.
Il congedo di maternità è pagato in genere dal datore di lavoro, il quale viene poi rimborsato dall'Inps tramite il conguaglio dei contributi. Alle lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane e commercianti), alle colf, alle lavoratrici agricole dipendenti, alle lavoratrici stagionali e alle disoccupate o sospese che non usufruiscono di trattamenti di integrazione salariale e alle parasubordinate, l'indennità è  pagata direttamente dall'Inps.

L'indennità di maternità o "indennità per astensione obbligatoria"', è sostitutiva della retribuzione e viene pagata alle lavoratrici assenti dal lavoro per gravidanza e puerperio o per interruzione di gravidanza dopo il 180° giorno.

L’indennità di maternità spetta anche nei casi di adozione o di affidamento, secondo le seguenti modalità.

In caso di adozione nazionale:
l’indennità spetta per i 5 mesi successivi all’ingresso del minore in famiglia, a prescindere dall’età del minore.

In caso di adozione internazionale:
l'indennità spetta per un totale di 5 mesi, a prescindere dall'età del minore. Il congedo può essere utilizzato, anche parzialmente, prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero necessario per l'incontro col minore e per il completamento della procedura adottiva.

Per ricevere l'indennità di maternità:

le lavoratrici dipendenti, domestiche e operaie agricole devono presentare la domanda (modulo MAT.) sia alla sede Inps competente per residenza sia al datore di lavoro;
le lavoratrici parasubordinate devono presentare la domanda prima dell’inizio del congedo di maternità (modulo MAT./ GEST.SEP) sia alla sede Inps competente per residenza sia al datore di lavoro;

le lavoratrici autonome devono presentare la domanda (modulo MAT.AUT) dopo il parto, e solo alla sede Inps competente per residenza.

Lavoro e congedo maternità per interruzione della gravidanza


Alla lavoratrice dipendente, nel caso di interruzione della gravidanza, spetta:
l’indennità di maternità per tutto il periodo di congedo, se l’interruzione della gravidanza si verifica dopo il 180° giorno dall'inizio della gestazione (l’evento viene considerato, a tutti gli effetti, parto);
l’indennità di malattia, se ricorre, per tutto il tempo necessario al ripristino della capacità lavorativa, nel caso di interruzione della gravidanza che si verifica prima del 180° giorno dall’inizio della gestazione (l’evento viene considerato aborto).

L'interruzione della gravidanza avvenuta dopo il 180° giorno dall'inizio della gestazione è considerata a tutti gli effetti parto. L'interruzione avvenuta, invece, prima del 180° giorno dall'inizio della gestazione è considerata aborto e equiparata alla malattia; la lavoratrice, quindi, non ha diritto al congedo di maternità, ma a quella di malattia.
Alle lavoratrici autonome viene pagata una indennità per 30 giorni in caso di interruzione della gravidanza tra il terzo mese e il 180° giorno di gestazione. In caso di parto prematuro i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. Se il parto prematuro è avvenuto prima dei due mesi di astensione pre-parto, ovvero durante il periodo di interdizione anticipata disposta dall'Ispettorato del lavoro, è riconosciuto un periodo massimo di astensione obbligatoria dopo il parto pari a cinque mesi.

Per poter fruire del congedo maternità occorre che:  non vi sia stata attività lavorativa nel periodo per il quale si chiede il riconoscimento; l'interessata presenti una domanda all'Inps entro 30 giorni dal parto allegando il certificato di nascita del bambino. I giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto non possono essere aggiunti al termine dei mesi di proroga dell'astensione dopo il parto disposta dall'Ispettorato del lavoro.

La legge ha introdotto dal 1° gennaio 2001 un congedo straordinario retribuito per l'assistenza di figli disabili. Il congedo ha la durata massima di due anni nell'arco della vita lavorativa e può essere frazionato (a giorni, a settimane, a mesi ecc.).
Questo congedo maternità spetta: ai genitori, naturali o adottivi, e dal 27 aprile 2001 (data di entrata in vigore del decreto legislativo che riordina i permessi e i congedi per i genitori di portatori di handicap grave) anche agli affidatari di disabili per i quali è stata accertata la situazione di gravità; i genitori non possono fruire del congedo contemporaneamente; ai fratelli o alle sorelle conviventi del portatore di handicap grave, in caso di decesso di entrambi i genitori o quando questi ultimi siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili.

Non è possibile fruire del congedo parentale (astensione facoltativa) e del congedo per grave handicap contemporaneamente. Per ottenere il congedo sono richieste le stesse condizioni che permettono di fruire degli speciali congedi previsti dalla legge sull'handicap (giorni di permesso mensili retribuiti, prolungamento dell'astensione facoltativa, permessi orari retribuiti ecc.).

Il congedo è retribuito con un'indennità pari all'ultima retribuzione percepita, è coperto dai contributi figurativi e viene corrisposto per tutti i giorni per i quali il beneficio è richiesto. Per i periodi per i quali non è prevista attività lavorativa (es. part-time verticale), il congedo non è riconosciuto. Il congedo di maternità non può essere riconosciuto ai lavoratori domestici e ai lavoratori a domicilio.
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