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domenica 15 febbraio 2015

Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro aspetti da conoscere e norme



Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è il contratto che viene stipulato a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le associazioni rappresentanti i datori di lavoro, le quali predeterminano in maniera congiunta la disciplina dei rapporti individuali di lavoro e parte dei rapporti reciproci.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro è un accordo collettivo siglato dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni dei datori di lavoro che disciplina i trattamenti economici e normativi dei rapporti di lavoro nei diversi settori produttivi.

Il CCNL disciplina i trattamenti economici e normativi minimi comuni per tutti i lavoratori impiegati in un specifico settore. Esso inoltre definisce modalità e ambito di applicazione della contrattazione di secondo livello e regola il sistema di relazioni industriali a livello nazionale, territoriale ed aziendale. Si tratta di un contratto atipico e come tale è disciplinato dalle norme del codice civile sui contratti in generale.

Il contratto collettivo ha forza di legge tra le parti (datori di lavoro e organizzazioni sindacali) e produce i suoi effetti solo nei confronti delle parti collettive direttamente stipulanti, nonché dei soggetti individuali appartenenti alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro (o di un singolo datore di lavoro) che lo hanno stipulato.

Può accadere però che alla delegazione dei lavoratori siano rimaste estranee una o più organizzazioni non ritenute rappresentative.

Il CCNL è costituito essenzialmente da una parte normativa ed una obbligatoria.

La parte normativa contiene disposizioni volte a disciplinare ogni singolo rapporto di lavoro in merito al trattamento economico e normativo (minimi retributivi, trattamenti di anzianità, maggiorazioni, durata del periodo di prova, di preavviso o di comporto; disciplina del lavoro straordinario, festivo o notturno; trattamenti di malattia, maternità e infortunio; particolari tipologie di contratti come l'apprendistato, il contratto a termine, la somministrazione di lavoro, ecc.

La parte obbligatoria contiene invece disposizioni volte a disciplinare i rapporti tra le parti collettive, sindacati e organizzazioni degli imprenditori o i singoli imprenditori.

Adesione

Il datore di lavoro può scegliere liberamente l'organizzazione sindacale a cui iscriversi, ed una volta iscritto deve obbligatoriamente applicare il CCNL relativo all'organizzazione a cui ha aderito.

In tal caso il CCNL si applica a tutti i dipendenti, a prescindere dalla mansione concretamente svolta dai medesimi.

In assenza di iscrizione ad una organizzazione sindacale, il datore di lavoro non ha l'obbligo di applicare un CCNL. Pertanto si possono verificare due ipotesi:

il datore di lavoro può decidere di applicare un determinato CCNL, aderendovi esplicitamente, ad esempio indicandone gli estremi nel contratto individuale o nella lettera di assunzione

l'adesione può anche essere implicita, quando il datore di lavoro applica spontaneamente e costantemente un determinato CCNL o almeno le sue clausole più rilevanti e significative

Forma

La legge lascia alle parti libertà di forma, tuttavia, nella prassi, per consentire la certezza del diritto, è utilizzata la forma scritta.

Durata

Il CCNL ha una durata triennale. Alla scadenza, il contratto cessa di produrre i suoi effetti e non è più vincolante per le parti.

Le clausole concernenti il trattamento economico conservano, però, la loro efficacia, anche scaduto il contratto.

Rinnovo

Ciascun CCNL deve definire i tempi e le procedure per la presentazione della piattaforma contrattuale e i tempi per l'apertura e lo svolgimento dei negoziati.

In ogni caso le proposte per il rinnovo del contratto devono essere presentate in tempo utile per consentire l'apertura della trattativa sei mesi prima della scadenza.
Le trattative sfociano in un accordo sulle modifiche da apportare al testo contrattuale (la c.d. ipotesi di accordo), che è condizionato, nelle aziende, all'approvazione dei lavoratori mediante assemblea o referendum.

Ciascun CCNL stabilisce inoltre un meccanismo che, alla data di scadenza del contratto precedente, riconosca ai lavoratori in forza una copertura economica per il periodo di vacanza contrattuale.

Recesso

Il recesso del datore di lavoro dal CCNL prima della sua scadenza integra un inadempimento contrattuale, oltre che una condotta antisindacale.

Il datore di lavoro può recedere unilateralmente da un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, per applicare uno di altra categoria più vicina alla propria, purché sia sempre rispettato il principio dell'irriducibilità della retribuzione.

Gli scopi del CCNL sono sostanzialmente i seguenti:

determinare il contenuto dei contratti individuali di lavoro nei vari settori, sia per ciò che concerne l’aspetto economico, sia per quel che riguarda l’aspetto normativo;
 
disciplinare i rapporti tra i soggetti collettivi.



domenica 25 gennaio 2015

Tfr in busta paga, cosa accadrà dal 1 marzo 2015?



Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), rappresenta una porzione di retribuzione dovuta al lavoratore subordinato che viene erogata, dal datore di lavoro, in maniera differita rispetto la cessazione del rapporto di lavoro.

Se il lavoratore richiede di ricevere il Tfr in busta paga, l'opzione resta irrevocabile fino al 30.06.2018.

La misura, sperimentale, vale per i periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 e fino al 30 giugno 2018, nei confronti dei lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi i lavoratori domestici e i lavoratori del settore agricolo, che siano in forza da almeno sei mesi.

Alcuni emendamenti propongono la modifica dei requisiti per l’accesso: viene, per esempio, elevata ad un anno la durata del rapporto di lavoro in essere presso lo stesso datore di lavoro e con questa anzianità di servizio viene consentito anche ai dipendenti contrattualizzati del settore pubblico di chiedere direttamente all’Inps l’anticipazione del trattamento di fine rapporto o di fine servizio a cui avrebbe diritto al momento della richiesta.

In base a questa proposta emendativa anche per i dipendenti del settore privato l’erogazione non sarebbe più una quota integrativa della retribuzione, ma diventerebbe una richiesta di anticipazione ed in quanto tale soggetta a tassazione.

Il datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze meno di 50 dipendenti e che non intenda erogare l’anticipazione con risorse proprie potrà accedere ad un finanziamento assistito da fondo di garanzia, da rimborsare in rate mensili con un minimo di cinque anni e un massimo di dieci.

L'opzione, qualora esercitata, è irrevocabile fino al 30.06.2018. L'opzione può essere esercitata anche per le quote destinate dal lavoratore a forme di previdenza complementare. La parte integrativa della retribuzione costituita dalla quota di Tfr corrisposta è assoggetta a tassazione ordinaria (non, quindi, a tassazione sostituiva come accadrebbe in caso di corresponsione del TFR al termine del percorso lavorativo). Tuttavia, non è imponibile ai fini previdenziali e non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini della verifica della spettanza del bonus "80 euro".

Dal 1° marzo potrà acquisire la forma di un'integrazione della retribuzione mensile, ovvero viene ora riconosciuta al dipendente un'ulteriore e alternativa possibilità, cioè quella di chiedere il pagamento mensile dell'importo maturando di Tfr (nel medesimo mese), che in tal modo diventa, come precisa la stessa norma, un'integrazione della retribuzione, previdenziale non imponibile, da assoggettare a tassazione ordinaria.

La nuova opzione, che si aggiunge a quelle già esistenti (mantenimento in azienda o trasferimento ad un fondo pensione), rischia però di modificare le scelte già effettuate, posto che lo stesso articolo 6 della legge di Stabilità prevede che la scelta della monetizzazione può riguardare anche la quota già destinata al fondo pensione.

Le conseguenze dell'opzione La legge di Stabilità precisa che la manifestazione della volontà in favore della liquidazione monetaria, una volta effettuata, non possa essere modificata fino al 30 giugno 2018.

La norma riserva questa nuova possibilità a tutti i lavoratori dipendenti privati, esclusi gli agricoli e i domestici, con almeno sei mesi di anzianità di servizio presso il datore di lavoro tenuto all'erogazione, ed esclude dall'obbligo le sole aziende sottoposte a procedure concorsuali e quelle in crisi in base all'articolo 4 della legge 297/1982.

La nuova opzione produce effetti differenziati i nei confronti dei numerosi soggetti coinvolti. Il primo interessato è sicuramente il dipendente che attraverso la nuova scelta potrà fruire di un incremento del netto in busta paga. Ma il beneficio sarà fortemente attenuato dalla circostanza che sull'integrazione della retribuzione subirà la tassazione ordinaria, con applicazione dell'aliquota marginale Irpef e delle addizionali, mentre sull'importo erogato a fine rapporto di lavoro a titolo di Tfr avrebbe subito la tassazione separata, che è una tassazione Irpef (escluse addizionali) agevolata in quanto tiene conto del fatto che la somma è maturata nel corso del rapporto a fronte di un'erogazione differita al momento della cessazione.

Ecco perché il maggior guadagno sarà per l'Erario, che incasserà subito e cioè mese per mese, un'Irpef più alta in quanto calcolata con modalità ordinaria.

A perdere saranno i fondi pensioni che per i prossimi tre anni, salvo successive proroghe, rischiano di perdere una delle più importanti fonti, rappresentata appunto dal Tfr trasferito dai lavoratori dipendenti.

Ma l'effetto più immediato ed evidente sarà comunque rappresentato per aziende, consulenti, spetterà l’ulteriore complicazione “gestionale” ed ”amministrativa” del Tfr, o meglio di quello che fino al 31 dicembre 2006 era una semplice forma di retribuzione differita e che dal 2007 a oggi può assumere forme e diverse, e cambiarle nel corso della vita lavorativa. A “perdersi” probabilmente non saranno solo gli operatori del settore, che in fase di assunzione dovranno intervistare in modo approfondito il lavoratore sulle pregresse scelte effettuate, ma anche gli stessi lavoratori che potranno non avere più contezza di quella che un tempo era una consolazione economica della fine del rapporto di lavoro.

Dopo le perplessità espresse in sede di audizione parlamentare da Banca d’Italia e Corte dei Conti, arriva una presa di posizione di Assofondipensione, che ritiene la misura un pericolo per lo sviluppo della previdenza complementare. L’associazione ha espresso preoccupazione ritenendo che l’anticipazione del TFR, unitamente all'aumento della tassazione sui fondi pensione prevista dalla Legge di Stabilità, è una sfida al sistema della previdenza complementare, che coinvolge circa 2 milioni di lavoratori. Sulla tassazione dei fondi pensione l’associazione non esclude ricorsi per via giudiziaria, anche rivolgendosi alla Corte Europea.



venerdì 12 dicembre 2014

Lavoro e diritto allo studio come conciliarli



I lavoratori dipendenti hanno diritto di assentarsi dal lavoro, usufruendo di appositi permessi studio, da non confondersi con l'aspettativa per motivi di studio. In questo modo la legge e i contratti collettivi danno attuazione a quanto previsto dalla nostra Costituzione (diritto allo studio).

Lo Statuto dei Lavoratori prevede che i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, possano usufruire di permessi o di particolari agevolazioni per la realizzazione del diritto allo studio, allo scopo di elevare la propria cultura e di sviluppare le proprie capacità professionali.

Possono fruire dei permessi studio tutti i lavoratori studenti iscritti e che frequentano regolari corsi di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, parificate, legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali. La disposizione si applica anche a coloro che frequentano corsi di formazione professionale.

Al fine di promuovere il diritto allo studio e la possibilità di conciliazione studio-lavoro, i lavoratori dipendenti possono assentarsi, usufruendo di permessi o periodi di aspettativa espressamente dedicati e regolati dalla legge (Art.10 L.300/70).

Rispetto a tali benefici, la contrattazione collettiva di settore può prevedere integrazioni e, in linea generale, essa stabilisce un numero di ore retribuite (mediamente 150) da spalmarsi in un certo arco temporale, ed il tetto massimo di fruitori di tale diritto entro una medesima struttura aziendale, al fine di garantire il normale svolgimento delle attività produttive.

I permessi studio sono indirizzati a tutti i lavoratori-studenti iscritti a regolari corsi di studio nonché a coloro che frequentano corsi di formazione professionale.

Annesso a tale beneficio vi è la possibilità per il lavoratore di eseguire turni facilitanti le sue esigenze di studio – ma già previsti ed esistenti in azienda e senza che, tale flessibilità, si traduca in uno svantaggio per gli altri lavoratori. Un ulteriore diritto del soggetto consta nell'avvalersi di rifiutare di effettuare orari straordinari.

Al fine di usufruire dei permessi studio in forma retribuita, il lavoratore interessato deve presentare una domanda scritta entro i tempi stabiliti a livello aziendale così come, dal canto suo, il datore di lavoro può richiedere di entrare in possesso della documentazione attestante l'effettiva frequenza ai corsi o la partecipazione ad un esame; senza di essa, il lavoratore perde il diritto al pagamento delle ore di permesso.

I permessi studio hanno anche la funzione di agevolare la preparazione e lo svolgimento degli esami (art.10 L300/70 e art.13 L845/78) e sono da concedersi anche se l'esame non rientra nell'orario lavorativo - un'eccezione a riguardo è il caso in cui si sostenga lo stesso esame più di due volte all'anno.

Al permesso retribuito, si somma il diritto alla fruizione di due giorni ulteriori precedenti l'esame, sempre retribuiti.

Per quanto riguarda i permessi non retribuiti, invece, i lavoratori-studenti hanno a disposizione 120 ore, il cui utilizzo deve essere programmato trimestralmente e tenendo in considerazione la ratio e le esigenze aziendali.

L’ammontare dei permessi studio viene stabilita dai singoli contratti collettivi nazionali, ma è ormai prassi abbastanza consolidata quella di concedere 150 ore di permesso in un determinato periodo di tempo, di solito un triennio. Se il titolo di studio che il lavoratore vuole conseguire è della scuola dell’obbligo (ad esempio il titolo di licenza media), le ore possono aumentare fino a 250.
I permessi studio possono essere utilizzati esclusivamente per la frequenza dei corsi; questo vuol dire che sarà ammissibile la concessione dei permessi studio finalizzati a seguire un corso universitario, ma non per lo studio necessario alla preparazione dell’esame.

Il datore di lavoro può richiedere le certificazioni comprovanti l’effettiva frequenza dei corsi. I lavoratori iscritti e frequentanti regolari corsi di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, hanno diritto ad essere inseriti in turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami.

Inoltre, questi lavoratori non sono obbligati a prestare lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.

Sono inoltre previsti dei permessi giornalieri per sostenere i singoli esami.

Le 150 ore non spettano al personale assunto con contratto a  termine. L'art. 6 D.Lgs. n. 368/2001, pur stabilendo il principio di non discriminazione dei trattamenti economici e normativi riconosciuti al personale assunto a termine rispetto a quello a tempo indeterminato, fa salve le eventuali eccezioni, legate all'obiettiva incompatibilità dell'estensione di taluni istituti tipici del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con le caratteristiche proprie del contratto a termine. Il personale a termine può però beneficiare dei permessi retribuiti di cui all' art. 10 della L. n. 300/70, limitatamente ai giorni in cui deve sostenere le prove d'esame.

Le 150 ore possono essere concesso ai dipendenti con un  rapporto di lavoro a tempo parziale verticale con  regola della proporzionalità, per le diverse tipologie di assenza. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, trova ugualmente applicazione la regola del riproporzionamento.

Ai lavoratori studenti è riconosciuta l'indennità temporanea assoluta ove si infortunino nell'esercizio di esperienze tecnico scientifiche o esercitazioni pratiche o esercitazioni di lavoro e svolgono un'attività lavorativa retribuita soggetta alla tutela contro gli infortuni. Deve ritenersi che l'indennità spetti anche ai giovani con contratto di formazione lavoro qualora l'infortunio si verifichi durante lo svolgimento dello stage formativo.

Gli adolescenti o i giovani, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'università e gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, possono inoltre svolgere durante le vacanze estive, tirocini estivi di orientamento. Come ogni tirocinio non è un rapporto di lavoro, ma costituisce un'esperienza formativa svolta in azienda.



lunedì 29 settembre 2014

Cud 2015, anzi CU per autonomi e professionisti le novità



Il prossimo anno il Cud cambia grafica, allarga la platea degli interessati e diventa la Cu2015, ovvero la certificazione unica. Sono diverse le novità che, nel 2015, riguarderanno il fisco italiano: in primis la dichiarazione dei redditi precompilata e il Cu2015. La nuova certificazione unica dovrà essere rilasciata dai sostituti di imposta a coloro che hanno percepito nel 2014 somme e valori soggetti a ritenuta.

Ai destinatari canonici dell'adempimento – lavoratori dipendenti e percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro subordinato – si aggiungono soggetti nuovi. Il Cu2015 diventa, infatti, anche la certificazione per i redditi erogati a lavoratori autonomi (nella specie, professionisti), percettori di provvigioni comunque denominate e percettori di redditi diversi soggetti a ritenuta, a titolo d'acconto o di imposta. L'aggiunta di questi ultimi soggetti non stupisce stante che il nuovo modello e la sua trasmissione sono propedeutici all'operazione "dichiarazione precompilata" che dovrebbe mettere nel 2015 a disposizione di circa 20 milioni di contribuenti il 730 precompilato.

Quello che meno si comprende è l'inclusione dei professionisti e degli agenti e rappresentanti di commercio che, in quanto titolari di partita Iva, non sono fra i soggetti ammessi alla dichiarazione con il 730. La sezione o loro dedicata richiede, fra gli altri dati, il totale delle somme corrisposte, l'importo non soggetto a ritenuta, le spese rimborsate, l'imponibile e le ritenute di anni precedenti, i contributi previdenziali sia a carico del sostituto che del sostituito.

Per quanto riguarda i percettori di redditi di lavoro dipendente, una sezione è riservata al credito di 80 euro per i dipendenti il cui reddito non supera i 26mila euro. Dovranno essere indicati i dati relativi al credito spettante, a quello che ha trovato capienza nell'imposta, il credito rimborsato, quello non riconosciuto e l'eventuale importo del credito recuperato dal sostituto in quanto non spettante.

Anche le somme erogate per la produttività del lavoro trovano spazio in una sezione che richiede il totale erogato, le ritenute operate e sospese e l'indicazione dell'eventuale opzione per la tassazione ordinaria in luogo di quella sostitutiva del 10 per cento. In questa sezione trova anche posto il dato relativo ai redditi non imponibili di cui al comma 6 dell'articolo 51 del Tuir, che esclude dalla tassazione il 50% delle indennità di navigazione e di volo nonché le indennità e le maggiorazioni di retribuzione corrisposte ai lavoratori tenuti per contratto a prestare l'attività in luoghi sempre variabili e diversi.

Il frontespizio del Cu si arricchisce di una tabella che include tutti i dati che sono serviti per l'attribuzione delle detrazioni per i familiari a carico. Vi debbono essere indicate tutte quelle informazioni che comportano il riconoscimento di particolari benefici, quali la presenza di un figlio con disabilità, il primo figlio che sostituisce il coniuge mancante, i figli minori di tre anni, la percentuale di detrazione spettante per le famiglie numerose. Per ogni persona indicata è richiesto il codice fiscale, il numero dei mesi a carico, la percentuale di detrazione e l'eventuale detrazione al 100% in caso di affidamento dei figli. Mentre la mancata consegna della certificazione al percettore entro il 28 febbraio non dava luogo all'addebito di sanzioni purché non impedisse a quest'ultimo l'espletamento dei suoi doveri di contribuente, per ogni Cu non trasmessa, tardiva o errata è comminata la sanzione di 100 euro, evitabile solo se in caso di errori la nuova certificazione è trasmessa entro cinque giorni dalla scadenza del termine.

L’Agenzia delle entrate ha pubblicato una bozza del nuovo Cu2015 che sarà necessario per attestare sia i redditi di lavoro dipendente e assimilati, sia altri redditi che finora sono certificati in forma libera. Con il Cu2015 i sostituti d’imposta dovranno compilare un solo frontespizio contenente i propri dati, le informazioni anagrafiche del contribuente e il prospetto dei figli e degli altri familiari a carico del dipendente o pensionato in relazione ai quali sono state riconosciute le detrazioni per carichi di famiglia.

Il Cu2015, a differenza di quanto accade per il Cud, deve essere presentato all’Agenzia dal sostituto entro il 9 marzo 2015. Inoltre, mentre la mancata consegna del Cud al lavoratore entro il 28 febbraio non comportava alcuna sanzione, a patto che non impedisse a quest’ultimo l’espletamento dei suoi doveri di contribuente, per ogni Cu non trasmessa, tardiva o errata è fissata la sanzione di 100 euro.


mercoledì 21 maggio 2014

Rimborsi da 730 per il 2014



Il 730 è il modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendenti e pensionati.


Stop al pagamento in busta paga dei maxi-crediti d’imposta del modello 730. La novità inserita nella legge di stabilità approvata a fine dicembre aveva dichiaratamente una funzione anti-truffe, ma la sua concreta applicazione sta portando qualche preoccupazione tra i contribuenti che ogni anno sfruttano la possibilità di farsi accreditare direttamente sullo stipendio le somme relative a detrazioni ed altre agevolazioni fiscali. Da quest’anno scatta un filtro nel caso di crediti d’imposta di importo superiore ai 4.000 euro. In questo caso la somma non sarà più erogata dal sostituto d’imposta ma dall’Agenzia delle Entrate, al termine di controlli «anche documentali» sulla spettanza delle detrazioni. Ovvero oltre i 4.000 euro scattano i controlli dell'Agenzia delle Entrate.

Comunque il contribuente non deve trasmetterlo personalmente all’Agenzia delle Entrate perché a questo adempimento ci pensano, a seconda dei casi, il datore di lavoro o l’ente pensionistico o l’intermediario abilitato (Caf e iscritti agli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili e dei consulenti del lavoro);

il rimborso dell’imposta arriva direttamente in busta paga (luglio) o con la rata della pensione (agosto o settembre); in alternativa, dal 2014 è possibile utilizzare in compensazione il credito che risulta dal 730/2014, per pagare, oltre all’Imu, anche le altre imposte che possono essere versate con il modello F24;

se dall’elaborazione del 730 emerge un saldo a debito, invece, le somme vengono trattenute direttamente in busta paga (luglio) o dalla pensione (agosto o settembre).

Se lo stipendio o la pensione sono insufficienti per il pagamento di quanto dovuto, la parte residua, maggiorata degli interessi mensili (0,40%), viene trattenuta dalle competenze dei mesi successivi.

Il contribuente può anche chiedere di rateizzare in più mesi le trattenute, indicandolo nella dichiarazione; per la rateizzazione sono dovuti gli interessi nella misura dello 0,33% mensile.

Dal 2014, l’Agenzia delle Entrate, entro il mese di dicembre (oppure entro sei mesi dalla data della trasmissione del modello, se questa è successiva alla scadenza del 30 giugno), effettua dei controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni. Il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo è erogato dall’Agenzia delle Entrate.

La data da segnare per chi effettua la dichiarazione a mezzo di CAF e altri sostituti d'imposta è quella del 31 maggio. In tale data infatti, i contribuenti sopramenzionati avranno l'obbligo di effettuare la dichiarazione per rispettare la scadenza del 730 2014.

La scadenza del modello Unico 2014 invece sarà, fortunatamente più lontana nel tempo. Per fortuna sì, perché gli impegni fiscali nell'ultimo non hanno minimamente tenuto degli oneri per contribuenti e professionisti, finendo col creare un calendario tutt'altro che apprezzabile e che spesso ha generato non pochi disagi. Così, arriva una nota rassicurante per quanti temevano che, per modello 730 e Unico 2014, la scadenza fosse la stessa. Chi invia la dichiarazione online avrà tempo addirittura fino al 30 settembre mentre per coloro i quali non volessero o non avessero tale opportunità, la scadenza del modello Unico 2014 è fissata al prossimo 30 giugno.


Questi, se provenienti da somme versate in eccedenza, non verranno liquidati automaticamente attraverso la busta paga di luglio, ma verranno sborsati direttamente dall'Agenzia delle Entrate.




martedì 29 aprile 2014

Busta paga di maggio 2014 come applicare il credito di 80 euro



Arrivano a tempo record le istruzioni dell'Agenzia delle Entrate per applicare a partire dalla busta paga di maggio il bonus Irpef da 80 euro. E' stata infatti pubblicata la circolare con le indicazioni per riconoscere il credito ai lavoratori dipendenti "e assimilati" con un reddito fino a 26 mila euro.

Il bonus per lavoratori dipendenti e assimilati sarà riconosciuto in busta paga, a partire da maggio, senza dover fare alcuna domanda. Il credito, riservato a chi guadagna fino a 26mila euro, sarà infatti erogato direttamente dai datori di lavoro in tutti i casi in cui l'imposta lorda dell'anno è superiore alle detrazioni per lavoro dipendente.

Chi ha tutti i requisiti per ricevere il bonus, ma non ha un sostituto d'imposta, ad esempio perché il rapporto di lavoro si è concluso prima del mese di maggio, chiarisce l'Agenzia, potrà comunque richiederlo nella dichiarazione dei redditi per il 2014.

I soggetti titolari nel 2014 di redditi da lavoro dipendente, le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica, per esempio le colf casalinghe, e tutti i soggetti il cui rapporto di lavoro si è concluso prima di maggio, potranno chiedere il credito nella dichiarazione dei redditi 2014, utilizzarlo in compensazione, o richiederlo a rimborso. E' uno dei chiarimenti forniti dall'Agenzia delle Entrate in merito al bonus Irpef.

"Siamo in presenza di un bonus, che è in media annua di 54 euro, e non di un intervento strutturale. Meglio di niente, però non è quello che era stato detto", anche per quanto riguarda "la platea, che non è larga come si era detto all'inizio". E’ quanto ha sostenuto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni sottolineando che comunque questo da solo non basta per rilanciare i consumi e quindi l'economia. "Mi pare - ha aggiunto - siano provvedimenti che hanno il sapore elettoralistico".

I contribuenti che hanno diritto al credito sono i soggetti che nel 2014 percepiscono redditi da lavoro dipendente (e alcuni redditi assimilati) - al netto del reddito da abitazione principale - fino a 26 mila euro, purché l'imposta lorda dell'anno sia superiore alle detrazioni per lavoro dipendente. Il bonus spetta invece se l'imposta lorda è azzerata da altre categorie di detrazioni, ad esempio quelle per carichi di famiglia.

Il credito complessivo di 640 euro, 80 euro mensili a partire da maggio, vale per i redditi fino a 24mila euro. Se il reddito supera i 24mila il bonus si riduce gradualmente fino a 26 mila. Il bonus (che non concorre alla formazione del reddito) andrà ai lavoratori dipendenti e assimilati la cui imposta lorda sia superiore all'importo della propria detrazione per lavoro dipendente. Inoltre, per espressa previsione del Decreto legge, il credito "è rapportato al periodo di lavoro nell'anno". Per questo motivo il credito dovrà essere calcolato in relazione alla durata del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell'anno.

I sostituti d'imposta riconosceranno il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio. Nel caso in cui ciò non sia possibile per ragioni tecniche legate alle procedure di pagamento degli stipendi, i sostituti riconosceranno il credito a partire dalle retribuzioni del mese di giugno, ma dovranno comunque assicurare al lavoratore tutto il credito spettante nel corso del 2014.

I soggetti titolari nel corso dell'anno 2014 di redditi di lavoro dipendente, le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica, e tutti i soggetti il cui rapporto di lavoro si è concluso prima del mese di maggio, potranno chiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014, utilizzarlo in compensazione, oppure richiederlo a rimborso.

I contribuenti che non hanno i requisiti per ricevere il bonus, ad esempio perché hanno un reddito complessivo superiore a 26 mila euro per via di altri redditi (oltre a quelli erogati dal sostituto d'imposta), devono comunicarlo al sostituto che recupererà il credito nelle successive buste paga. Se un contribuente ha comunque percepito un credito in tutto o in parte non spettante dovrà restituirlo nella dichiarazione dei redditi.

I soggetti titolari nel 2014 di redditi da lavoro dipendente, le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica, per esempio le colf casalinghe, e tutti i soggetti il cui rapporto di lavoro si è concluso prima di maggio, potranno chiedere il credito nella dichiarazione dei redditi 2014, utilizzarlo in compensazione, o richiederlo a rimborso.

Per consentirne una rapida fruizione da parte dei beneficiari, il decreto prevede che il credito sia riconosciuto automaticamente da parte dei datori di lavoro, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei beneficiari stessi. Il credito spettante è attribuito dai datori di lavoro ripartendone il relativo ammontare sulle retribuzioni erogate a partire dal primo periodo di paga utile successivo alla data di entrata in vigore del decreto.

I sostituti di imposta devono determinare la spettanza del credito e il relativo importo sulla base dei dati reddituali a loro disposizione. In particolare, i sostituti d’imposta devono effettuare le verifiche di spettanza del credito e del relativo importo in base al reddito previsionale e alle detrazioni riferiti alle somme e valori che il sostituto corrisponderà durante l’anno, nonché in base ai dati di cui i sostituti d’imposta entrano in possesso, ad esempio, per effetto di comunicazioni da parte del lavoratore, relative ai redditi rivenienti da altri rapporti di lavoro intercorsi nell’anno 2014.

Il credito “è rapportato al periodo di lavoro nell’anno”. Per tale ragione, ove ricorrano i presupposti per fruirne, il credito di euro 640, o il minore importo spettante per effetto della riduzione prevista per i titolari di reddito complessivo superiore a euro 24.000 ma non a euro 26.000, deve essere rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all’anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell’anno.

Al riguardo si precisa che il calcolo del periodo di lavoro nell’anno 2014 va effettuato tenendo conto delle ordinarie regole applicabili a ciascuna tipologia di reddito beneficiaria, non prevedendo il decreto delle deroghe a tal riguardo.

Il bonus (che non concorre alla formazione del reddito) andrà ai lavoratori dipendenti e assimilati la cui imposta lorda sia superiore all'importo della propria detrazione per lavoro dipendente. Inoltre, per espressa previsione del Decreto legge, il credito "è rapportato al periodo di lavoro nell'anno". Per questo motivo il credito dovrà essere calcolato in relazione alla durata del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell'anno.

Il datore di lavoro (sostituto d’imposta) utilizza, fino a capienza, l’ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, in relazione ai quali, limitatamente all’applicazione del presente articolo, non si procede al versamento della quota determinata ai sensi del presente articolo, ferme restando le aliquote di computo delle prestazioni.

“L’INPS recupera i contributi non versati dai datori di lavoro alle gestioni previdenziali rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all’Erario nella sua qualità di sostituto
d’imposta.

I soggetti titolari nel corso dell'anno 2014 di redditi di lavoro dipendente, le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica, e tutti i soggetti il cui rapporto di lavoro si è concluso prima del mese di maggio, potranno chiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014, utilizzarlo in compensazione, oppure richiederlo a rimborso.


domenica 27 aprile 2014

I dettagli del bonus Irpef: a partire da maggio 2014




Il decreto Irpef taglia il traguardo: permetterà ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 24mila euro di percepire un bonus di 80 euro al mese fino a dicembre, ma non solo. Il decreto istituisce anche un fondo per rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale, con una dotazione di 2,7 miliardi nel 2015 e di 4,7 miliardi nel 2016. Il provvedimento non riguarda però solo l'Irpef, ma anche le rendite finanziarie, che da luglio saranno soggette a una tassazione più pesante, i debiti della Pa, l'edilizia scolastica, il contrasto all'evasione, e la razionalizzazione della spesa pubblica.

Nel testo è stato confermato il bonus di 80 euro al mese per gli stipendi fino a 24mila euro lordi l’anno, fino a dicembre 2014, per un totale di 640 euro. Restano esclusi gli incapienti, ossia coloro che non pagano l’Irpef perché l’imposta lorda determinata sui redditi è di importo inferiore a quello della detrazione spettante con reddito lordo annuo sotto gli 8mila euro così come restano fuori le Partite IVA, per i quali ci si impegna ad un decreto successivo. Bonus decrescenti, fino a zero previsti per i redditi da 24mila euro a 26mila euro.

Viene quindi riconosciuto un credito, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a:
•    640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;
•    640 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro, in questo caso il credito spetta  per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.

Vediamo come funziona il bonus 2014, il cosiddetto bonus monetario che i lavoratori dipendenti si ritroveranno nelle buste paga a partire da maggio. Il Governo lo definisce impropriamente credito d’imposta (perché operativamente sarà un importo detratto dalle ritenute future operate dai sostituti d’imposta o, se insufficienti, dai contributi dai contributi previdenziali dovuti) e, altrettanto impropriamente, per attuarlo normativamente, interviene sulla disciplina dell’Irpef. Ma in realtà il “bonus” non modifica la struttura dell’Irpef, ed è collegato all’imposta personale unicamente perché il suo ammontare è legato al reddito complessivo a fini Irpef. La soluzione prescelta non è stata dunque quella inizialmente ipotizzata di agire attraverso un rafforzamento della detrazione Irpef da lavoro dipendente. E neppure quella di operare sui contributi sociali introducendo un’aliquota ridotta fino a una certa soglia di reddito e fiscalizzando lo sconto a fini previdenziali.

Il secondo elemento qualificante è la delimitazione della platea dei beneficiari del “bonus”. Sono i lavoratori dipendenti e gli assimilati (come i co.co.pro), ma tra questi sono esclusi i contribuenti con l’imposta lorda Irpef minore o uguale alla sola detrazione da lavoro (cioè quelli che hanno redditi inferiori a 8.145 euro se percepiti per l’intero anno, circa 3 milioni di soggetti. Restano fuori anche i pensionati.

Infine, la scalettatura del beneficio è variabile a seconda del reddito complessivo Irpef del lavoratore dipendente. In particolare, il “bonus” per il 2014 è pari a zero se il reddito complessivo, percepito per l’intero anno, è inferiore a 8.145 euro (la fascia dell’incapienza, come sopra specificato), a 640 euro costanti per i redditi compresi tra 8.145 e 24mila euro (circa 10 milioni di contribuenti); superata tale soglia, il “bonus” decresce in modo lineare e assai repentino fino ad azzerarsi a 26mila euro (circa 1,3 milioni di contribuenti).

Il beneficio massimo in termini di aumento di reddito netto, pertanto, è pari a 640 euro all’anno: sono circa 53 euro mensili, che diventano esattamente 80 se si considera il fatto che il beneficio per il 2014 non vale per tutto il periodo d’imposta, ma solo per i mesi che vanno da maggio a dicembre. Il costo della misura è pari a circa 7 miliardi, non poco se si considera il gettito complessivo Irpef.

Se il “bonus” dovesse essere confermato anche per il 2015, l’andamento del credito per l’anno intero dovrebbe avere l’andamento della linea rossa del grafico 1 con un beneficio annuo massimo pari 960 euro annui (sempre 80 euro mensili). In questo caso, il costo sarebbe un po’ superiore ai 10 miliardi di euro, che salirebbero a circa 13 se il “bonus” dovesse essere esteso nella medesima misura anche ai contribuenti incapienti.

Pregevole è innanzitutto che agli annunci del presidente del Consiglio siano seguiti in tempi brevi i fatti: gli 80 euro in più (su base mensile) sono ora realtà per ben 10 milioni di dipendenti: rispetto alla dispersione in micro-interventi del Governo Letta questa è un cambio di passo riconoscibile. Certo, la promessa è stata mantenuta solo in parte: l’annuncio originario di metà marzo lasciava intendere che i mille euro in più sarebbero stati recapitati a tutti i dipendenti con redditi minori di 25 mila euro, incapienti compresi. Ma la coperta finanziaria era evidentemente troppo stretta per includere anche i redditi più bassi, e si è preferito concentrare le risorse disponibili su un insieme comunque ampio di lavoratori (8-24mila euro).

Positiva è tutto sommato la scelta tecnica di aver veicolato la nuova misura attraverso un“bonus”, e non mediante un intervento sulle detrazioni Irpef. Data l’urgenza dell’intervento e l’indisponibilità di risorse finanziarie per affrontare in modo adeguato la questione degli incapienti, quella di evitare di intaccare in modo frettoloso gli elementi costitutivi dell’Irpef è stata una decisione prudenziale. Peraltro, il provvedimento dichiara apertamente che si tratta di una soluzione temporanea, preannunciando un intervento strutturale da realizzare con la Legge di stabilità per il 2015, quando anche il quadro delle coperture finanziarie sarà, si spera, più solido.

La scelta del “bonus” in luogo del rafforzamento della detrazione per redditi da lavoro, inizialmente ipotizzata, permette poi di includere tra i beneficiari anche alcuni lavoratori incapienti. Potranno infatti ricevere il bonus, anche se incapienti, i lavoratori con redditi superiori a 8.145 euro che non sono incapienti per la sola detrazione da lavoro, ma che lo diventano considerando anche altre tipologie di detrazioni, come quelle per carichi familiari (circa 1,1 milioni di soggetti).

Dall’altra parte, l’introduzione del “bonus” denuncia tutta una serie di criticità, legate soprattutto alla sua natura emergenziale, di misura da adottare a tamburo battente per dare un segno tangibile di cambiamento, che comporteranno la necessità di ritornarci sopra a breve in modo più strutturale.

Per ragioni di compatibilità finanziaria e, non da ultimo, di complessità operative, si è scelto, come detto, di rinviare al futuro l’attribuzione del beneficio anche ai redditi più bassi che per ora restano fuori dal perimetro dei beneficiari. Quello degli incapienti è un problema a lungo dibattuto, la cui mancata soluzione comporta problemi di iniquità fiscale e di indebolimento degli effetti macroeconomici di rilancio della domanda interna, nella misura in cui sono i lavoratori più poveri quelli ad avere la maggiore propensione al consumo.

È poi lo stesso disegno del bonus che desta qualche perplessità; anche se è svincolato dalla struttura dell’Irpef, la variazione di reddito disponibile (cioè tenendo conto sia del bonus sia del prelievo Irpef) al variare del reddito complessivo produce un effetto indesiderato: nella fascia 24-26mila euro: in soli 2mila euro l’ammontare del “bonus” crolla dal suo livello massimo a zero, comportando aliquote marginali effettive (Irpef + “bonus”) pari al 63,5 per cento su base annua con il bonus erogato per otto mesi come sarà effettivamente nel 2014 (ma che sfiorano l’80 per cento su base annua con il bonus erogato per dodici mesi “a regime”), contro un’aliquota Irpef che in questa fascia di reddito è attualmente pari al 31,5 per cento In questa ristretta fascia di reddito, in cui ricadono circa 1,3 milioni di contribuenti, un’ora di straordinario sarà dunque drammaticamente disincentivata. Per contro, in tutte le altre fasce di reddito le aliquote marginali effettive non cambiano.

Infine, c’è da osservare che il bonus è applicato indistintamente, a parità di reddito, a tutti i contribuenti interessati. Per esempio, lo stesso bonus verrà riconosciuto sia a un dipendente single sia, se con eguale reddito, a lavoratore con moglie e figli a carico. Si tratta insomma di una serie di distorsioni che rendono difficile immaginare che il bonus in questa forma avrà lunga vita, e che invece richiedono, superate le urgenze di questa fase, un intervento più strutturale nell’ambito dell’Irpef.


martedì 8 aprile 2014

Documento di Economia e Finanza 2014 e gli 80 euro in busta paga



Al via il bonus del taglio Irpef con 80 euro in busta paga per lavoratori dipendenti da maggio 2014, nonché il taglio Irap del 10% per le imprese con il DEF 2014, il Documento di economia e finanza al varo del Consiglio dei Ministri.

Detrazioni Irpef con un risparmio fino a 80 euro mensili per 10-15 milioni di lavoratori dipendenti. Avvio della manovra di alleggerimento dell'Irap per le imprese. Aumento dell'aliquota per la tassazione del risparmio. Le novità sul pagamento dei debiti della Pa nei confronti delle aziende. Tetto agli stipendi per i dirigenti della Pubblica amministrazione. Interventi sui costi della sanità e sulle forniture di enti locali e altre amministrazioni.

Con gli 80 euro in busta paga ''gli italiani avranno la 14/ma grazie all'operazione di questo governo. E' giustizia sociale: in questi anni alcuni hanno preso tanto. Troppo. Ad esempio i manager pubblici. Che ora non potranno prendere più di quanto prende il Presidente della Repubblica''. E annunciando i tagli agli stipendi dei manager: "238.000 euro per chi lavora nel pubblico è più che sufficiente, è un elemento di limite che ci vuole, in questi anni si è totalmente sforato".

"Il 10 per cento della retribuzione la si prenderà solo se il paese va bene come le stock options nelle aziende. Non è possibile che un manager prenda un premio massimo se il paese va a rotoli. Da adesso inizia a pagare chi non ha mai pagato, è un'operazione di giustizia sociale". E parlando dei tetti agli stipendi pubblici: "Spero che anche gli organi costituzionali accettino l'equiparazione al presidente della Repubblica e abbiano la lungimiranza, il coraggio e l'intelligenza di tornare in sintonia col Paese".

Nel Def si legge che "l’effetto espansivo delle riforme si manifesterà debolmente nel 2014 per poi risultare via via più pronunciato negli anni successivi". Inoltre, il Pil raggiungerebbe gradualmente nel 2018 un livello di 2,1 punti percentuali più elevato. Nel 2015 la crescita sarà dell’1,3%, nel 2016 dell’1,6%, nel 2017 dell’1,8% e nel 2018 dell’1,9%.

Nel Def si legge che "l’effetto espansivo delle riforme si manifesterà debolmente nel 2014 per poi risultare via via più pronunciato negli anni successivi". Inoltre, il Pil raggiungerebbe gradualmente nel 2018 un livello di 2,1 punti percentuali più elevato. Nel 2015 la crescita sarà dell’1,3%, nel 2016 dell’1,6%, nel 2017 dell’1,8% e nel 2018 dell’1,9%.

Con il Def 2014 quindi ci sarà il “Taglio Irpef 10 miliardi a regime. I lavoratori dipendenti sotto i 25 mila euro di reddito lordi, circa 10 milioni di persone, avranno un ammontare di circa 1.000 euro netti annui a persona, attraverso coperture con la revisione della spesa”. Circa 10 miliardi quindi saranno destinati ad incrementare a partire dal 2015 l’aumento del reddito disponibile di lavoratori dipendenti e assimilati (co.co.co.) in modo da beneficiare, in particolare, i percettori di redditi medio-bassi. Già a partire da maggio 2014, in via transitoria i dipendenti che percepiscono oggi 1500 euro mensili netti da Irpef conseguiranno un guadagno in busta paga di 80 euro mensili.




domenica 5 gennaio 2014

Formazione gratuita per i lavoratori dipendenti



I Fondi Paritetici Interprofessionali finanziano piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, che le imprese in forma singola o associata decideranno di realizzare per i propri dipendenti.

Oltre a finanziare i piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, i Fondi Interprofessionali potranno finanziare anche piani formativi individuali, nonché ulteriori attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è chiamato a svolgere, accanto a compiti di vigilanza e controllo, una funzione strategica di monitoraggio delle attività finanziate.

La formazione professionale sta assumendo sempre più un'importanza strategica nel mondo produttivo. Essa viene incontro, da una parte, ai fabbisogni formativi espressi dalle aziende; dall'altra alle esigenze dei giovani di acquisire competenze e dei lavoratori di mantenersi aggiornati ai continui cambiamenti del mercato.

L'Unione Europea promuove la mobilità transnazionale in materia di istruzione e formazione attraverso una serie di Programmi rivolti a favorire: maggiori opportunità professionali, l'apprendimento di una lingua straniera, la conoscenze di culture diverse, lo scambio e il confronto di esperienze.

Le imprese vogliono offrire ai propri dipendenti un’opportunità di crescita che ne arricchisca le competenze e il loro valore in azienda, per tal fine possibile ricorrere ai fondi interprofessionali per la formazione gratuita dei lavoratori.

E' bene mettere in evidenza che Fondimpresa offre 66 milioni di euro per la messa a punto di piani formativi per i lavoratori delle imprese che partecipano al fondo. È possibile richiedere un finanziamento a fondo perduto compreso tra 70 e 200mila euro per ogni piano.

L’istanza può essere presentata: da i dipendenti che accedono alla formazione, che abbiano già aderito a Fondimpresa; dagli enti di cui all’art. 1 della legge n. 40/1987 riconosciuti dal ministero del Lavoro; dagli enti accreditati per attività di formazione secondo le normative regionali, o in possesso della certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008, settore EA 37, in corso di validità, per le sedi di svolgimento delle attività formative; dalle Università pubbliche e private riconosciute; dagli Istituti tecnici che rilasciano titoli di istruzione secondaria superiore; da altri soggetti, pubblici o privati, in grado di svolgere le attività oggetto del bando di cui trattasi.

I piani formativi devono essere destinati a lavoratori, compresi quelli con contratti di inserimento, reinserimento, in cassa integrazione guadagni, cassa integrazione in deroga, con contratti di solidarietà, stagionali tempo determinato, personale in forza che abbia aderito a Fondimpresa prima dell’avvio della formazione o prima della presentazione del piano formativo, per i cui lavoratori sia obbligatorio versare il contributo integrativo.

I piani formativi devono interessare almeno 80 dipendenti di 5 diverse imprese e devono riguardare un ambito preciso tra quello territoriale (quando si riferiscono esclusivamente ad una regione o una provincia autonoma), o settoriale (se riguardano reti e filiere produttive di imprese che insistono su un minimo di tre regioni o province autonome, imprese appartenenti alla stessa categoria merceologica o a reti e filiere organizzate in modo da ottenere il medesimo prodotto finale). I piani devono riguardare innovazione tecnologica di prodotto e di processo, digitalizzazione dei processi aziendali, commercio elettronico, contratti di rete, internazionalizzazione delle imprese, sviluppo dell’operatività dei consorzi per l’internazionalizzazione, sviluppo organizzativo, ambiente, sicurezza e innovazione organizzativa, competenze tecnico-professionali, competenze gestionali e di processo, qualificazione/riqualificazione.

Le imprese che vogliono formare o specializzare i propri dipendenti possono anche sfruttare le risorse gratuite messe a disposizione da Fondoprofessioni, il fondo paritetico interprofessionale per i dipendenti e apprendisti di aziende e studi professionali che versano il contributo previsto dall’art. 12, L. 160/1975, modificato dall’art. 25, L. 845/1978 (Legge quadro sulla formazione professionale) e hanno già aderito al Fondo prima di avviare la formazione per la quale chiedono l’agevolazione.  Il contributo erogato per ogni domanda equivale all’80% dell’imponibile Iva di ogni richiesta fino a un massimo di 1.500 euro. Sono disponibili due canali:  fino a 10 dipendenti (disponibilità 600mila euro); con più di 10 dipendenti (disponibilità 400 mila euro).


sabato 12 ottobre 2013

Una speranza per il 2014, più soldi in busta paga



Il 2014 potrebbe iniziare nel migliore dei modi per gli italiani. Il governo starebbe infatti studiando una riduzione del cuneo fiscale che avrebbe un beneficio sulle buste paghe dei lavoratori.

“Nel 2014 i lavoratori italiani avranno un beneficio in busta paga, ne discuteremo con le parti sociali e ci saranno vantaggi anche per le imprese”, una promessa del premier Enrico Letta, che ha sottolineato che “la legge di stabilità avrà come cuore la riduzione del cuneo fiscale”.

La misura che sarà contenuta nella legge di stabilità 2013. Potrebbe valere tra i 250 e i 300 euro sulla busta paga un ipotetico intervento sul cuneo fiscale di 2,5 miliardi di euro destinato ai lavoratori. E' quanto possibile calcolare considerando l'intervento sulle detrazioni Irpef per il lavoro dipendente e presumendo che del possibile intervento di 4-5 miliardi nella legge di stabilità

Però secondo fonti sindacali, si può calcolare più o meno per ogni 100 euro di aumento medio di stipendio, attraverso l’aumento delle detrazioni Irpef sul lavoro dipendente, circa 1 miliardo di spesa. Ma tra le ipotesi potrebbero esserci anche quelle di mettere un tetto al reddito, per usufruire delle detrazioni. Come c’è anche il capitolo pensionati.

Si tratta dunque di cifre non elevatissime, in media circa 20-25 euro al mese, che possono dare un piccolo contributo positivo alla ripresa dei consumi e alla competitività dell'economia, senza però fare miracoli. Infatti, per ridurre davvero il cuneo fiscale ci vogliono tanti soldi, molto più dei 4-5 miliardi di cui si sta parlando. Va ricordato, infatti, che i contributi sociali pagati ogni anno dalle imprese sulle retribuzioni raggiungono complessivamente la cifra smisurata di quasi 220 miliardi di euro. Destinando alle aziende la metà dei tagli promessi dal governo (cioè 2,5 miliardi su 5), il sistema Italia otterrebbe una riduzione del costo del lavoro totale di poco superiore all'1%.

Su come si snoderanno le misure sul cuneo fiscale, che è l’incidenza sugli stipendi di contributi e imposte cioè la differenza, pari oggi a oltre il 46%, tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del dipendente, si possono fare solo ipotesi. Stando alle cifre circolate finora, pari a circa 2,5 miliardi a favore del lavoro a cui se ne aggiungerebbero altrettanti destinati alle imprese, il beneficio nelle buste paga potrebbe valere tra i 250 e i 300 euro, forse erogati in un’unica tranche . Le imprese «avranno un vantaggio che sarà una spinta ad assumere e capitalizzare le loro imprese» ma solo se « assumeranno con contratti a tempo indeterminato».

Stando invece ai calcoli che si possono fare sulla base delle cifre sull'erosione fiscale fornite dal ministero dell'Economia nel 2011, le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e da pensione costano 37,726 miliardi. Gli interessati, tra lavoratori e pensionati sono 36,281 milioni per un beneficio pro capite di circa 1.040 euro.

Aumentando di 2-3 miliardi di euro la dotazione di queste detrazioni si avrebbe un beneficio secco medio per ciascuno (tra lavoratori e pensionati) di 70-80 euro l'anno. Solo mettendo paletti sulla platea dei beneficiari si potrebbe dunque arrivare a bonus superiori a queste cifre.

martedì 27 agosto 2013

Operai in ferie, manager cercano di svuotare la fabbrica




Dometic, che produce sistemi di refrigerazione per camper, ha annunciato alcuni giorni fa l'intenzione di chiudere le sedi italiane con la sola eccezione di quella romagnola per delocalizzare in Cina. Di fatto però, stando al racconto dei sindacati, la scorsa notte la dirigenza ha tentato il colpo di mano: "Alle 3 di notte – si legge nel comunicato - l'amministratore delegato di Dometic Italy, il responsabile europeo della produzione e un terzo dirigente svedese, accompagnati da una decina di persone sconosciute, hanno cercato di caricare i generatori presenti nei magazzini degli stabilimenti di Via Virgilio e Via Zignola a Forlì".
Dopo il trasferimento all'estero della Firem di Modena all'insaputa dei lavoratori, arriva una seconda segnalazione in Emilia Romagna. La denuncia è arrivata dai sindacati. Secondo la nota congiunta, nella notte del 23 agosto l'amministratore, il responsabile europeo della produzione e un terzo dirigente svedese della multinazionale hanno cercato di caricare i generatori degli stabilimenti e sono stati fermati dai lavoratori e le forze dell'ordine.

I lavoratori immediatamente accorsi davanti ai cancelli hanno chiamato le forze dell'ordine. All'arrivo dei carabinieri la situazione, paradossale nella sua gravità, era quella dei dirigenti di una multinazionale svedese che, comportandosi come ladri nel cuore della notte, cercavano di svuotare i magazzini".

A Formigine nel modenese, i sindacati della Firem seduti a un tavolo con Comune, Provincia e proprietà, ottenevano una prima vittoria evitando la chiusura dello stabilimento produttivo i cui macchinari, un paio di settimane fa, erano stati trasferiti in Polonia all'insaputa dei lavoratori in ferie, un episodio analogo è stato registrato a Forlì alle 3 della scorsa notte alla Dometic.

Se a Formigine il peggio è stato scongiurato dopo una trattativa fiume il cui risultato è, la promessa della proprietà di mantenere la produzione nello stabilimento e congelare i posti di lavoro dei dipendenti almeno fino alla presentazione di un nuovo piano industriale in Regione entro 20 giorni, pur avviando la nuova fabbrica in Polonia, a Forlì la situazione, secondo quanto riportato in un comunicato dalle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, il peggio è dietro l'angolo.

A giudizio dei sindacati, ancora, “il comportamento della Dometic appare ancora più grave dal momento che in data 2 agosto è stato firmato dallo stesso amministratore Marco Grimandi, insieme a Confindustria, un accordo con Fim, Fiom, Uilm e la Rsu che, oltre a congelare i tempi della procedura di mobilità, impegnava le parti a non mettere in atto iniziative unilaterali fino all’incontro già fissato il 5 settembre prossimo: riteniamo, a questo punto, che l’incontro del 5 settembre vada tenuto in una sede istituzionale”. In modo da “evitare il ripetersi di situazioni come quella di questa notte – chiosano i sindacati – sarà allestito un presidio permanente davanti ai cancelli di via Virgilio e Via Zignola”.

Gli operai sono in vacanza, i proprietari trasferiscono la fabbrica all’estero. Dopo il caso della Firem di Formigine, l’azienda produttrice di resistenze elettriche che ha portato merci e macchinari in Polonia durante la chiusura per ferie, arriva la seconda segnalazione da uno stabilimento di Forlì.

lunedì 24 giugno 2013

Controlli sui conti correnti anche per i lavoratori dipendenti

Il Fisco potrà controllare anche i conti corrente dei dipendenti in caso di scostamenti e movimentazioni fra la Dichiarazione dei redditi e le indagini bancarie effettuate, ad esempio, all’interno delle procedure del Redditometro. A renderlo chiaro è la Corte di Cassazione con la sentenza 3 aprile n. 8047. Oltre che sulle imprese, gli accertamenti verranno svolti anche per questi lavoratori non autonomi, dunque dipendenti, quando ci si trovi di fronte ad evidenti anomalie.

Conti correnti senza segreti per il Fisco. Dal 24 giugno 2013 parte la nuova anagrafe dei conti: le banche e gli altri operatori finanziari potranno inviare all'amministrazione i dati e le movimentazioni bancarie di ciascun correntista. Adesso a piena  applicazione la disposizione del Dl 201/2011 che ha imposto a tutti gli intermediari (banche, Sim, poste e così via) di informare l’Agenzia delle Entrate dei saldi dare-avere risultanti all'inizio e al termine di ciascun esercizio. L'esatta portata delle informazioni da comunicare è stata resa nota solo con il provvedimento del 25 marzo 2013.

E’un quadro dettagliato di tutti i rapporti tra contribuente (persona fisica o giuridica) e intermediari finanziari. Una tessera si è così aggiunta alle molte informazioni a disposizioni del Fisco per verificare (o ricostruire) il reddito di ciascun contribuente in modo da risalire, con scarso margine di errore, al stile di vita e comparare se quanto dichiarato sia compatibile con le spese e gli incassi emersi.

Nel provvedimento del 25 marzo è presunto che si dovranno definire i criteri con cui le Entrate provvederanno all'elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione. E da quanto si deduce, sembra che solo eventuali anomalie che emergeranno dalla comunicazione dei saldi bancari potranno indurre il Fisco a controllare un determinato soggetto. Salvo ripensamenti, queste nuove informazioni potranno essere utilizzate per accertamenti di tipo sintetico in capo ai contribuenti, i quali, opportunamente, potrebbero adottare strategie di difesa con largo anticipo rispetto al l'eventuale contestazione.

Si può ipotizzare l'uso che dei dati potrà essere fatto, è attendibile che le movimentazioni bancarie in uscita permetteranno di ricostruire le spese effettuate dal contribuente. Rientrano tra queste i pagamenti con bancomat, gli addebiti diretti in conto, gli utilizzi delle carte di credito o i prelevamenti in contanti.
Potranno confermare il beneficiario dei pagamenti effettuati ovvero il soggetto che ha erogato denaro relativamente ai versamenti. Se il contribuente può disporre di prestiti o donazioni di denaro da terzi privati (parenti o conoscenti) è necessario che i trasferimenti siano effettuati con sistemi tracciabili (assegni o bonifici) evitando il denaro contante. Medesime considerazioni, valgono per i versamenti relativi a stipendi, affitti ovvero redditi di vario genere. Nel limite del possibile, vanno evitate le movimentazioni extra-conto. Si pensi ad esempio al cambio assegno, il cui denaro ricevuto è versato successivamente sul conto corrente.

Purtroppo, mancando un collegamento diretto tra le movimentazioni extra-conto e il versamento effettuato, c'è il pericolo che l'Agenzia delle Entrate possa valutare duplicata l'entrata. Questi accorgimenti, potranno agevolare l'eventuale successiva fase di contraddittorio o difesa, quando, cioè, il contribuente è chiamato a fornire chiarimenti. Lì si dovranno produrre quante più prove possibili al fine di confermare che il reddito dichiarato sia coerente con il denaro attuale e per eventuali differenze esistano precise e comprovate spiegazioni.

Quindi al fine di stanare contribuenti rei di evasione fiscale, il fisco può infatti imputare a reddito imponibile i movimenti rilevati sui conti del contribuente anche nel caso in cui non si tratti di un lavoratore autonomo. La sentenza n. 8047 del 3 aprile 2013 estende a tutti, indipendentemente dall'attività professionale svolta, il dovere di giustificare i versamenti bancari che non compaiono nella dichiarazione dei redditi e quindi dimostrare che non si devono applicare prelievi fiscali.

sabato 4 maggio 2013

Feltrinelli : da giugno 2013 contratti di solidarietà per 1.370 unità


Librerie Feltrinelli, insieme ai sindacati, ha messo a punto un'ipotesi di contratto di solidarietà per i 1,370 dipendenti delle tre società che costituiscono il retail del gruppo (Librerie Feltrinelli,
Finlibri, Librerie delle Stazioni).

Dal 10 giugno per 1.370 dipendenti delle librerie Feltrinelli scatteranno i contratti di solidarietà con l'obiettivo di "riportare la produttività e il costo del lavoro a livelli sostenibili rispetto alle contingenze di mercato" e "superare la difficile fase congiunturale". La durata della solidarietà è fissata in 12 mesi e coinvolgerà 102 negozi con un recupero di 216mila ore totali annue. Ne dà notizia una nota di Librerie Feltrinelli. Per la società editoriale, nel 2012 si è registrato un calo delle vendite nette del 5% "nonostante l'apertura di nuovi punti vendita".

Nonostante il difficile quadro di mercato, l'azienda continua a credere nel ruolo insostituibile delle librerie nella diffusione di idee e cultura e prosegue con determinazione il suo piano di investimenti in nuove aperture, innovazione di formato (RED) e trasformazione della rete di vendita''.

Per informazioni sul contratto di solidarietà si invita a leggere la pagina sul contratto di solidarietà pubblicata.

domenica 14 aprile 2013

730 2013 rimborsi lavoratori dipendenti e pensionati


Il 730 è il modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendenti e pensionati. In questa pagina parliamo dei rimborsi di chi ha busta paga o pensione.

E importante evidenziare che il contribuente non deve trasmetterlo personalmente all’Agenzia delle
Entrate perché a questo adempimento ci pensano il datore di lavoro o l’ente pensionistico o un ente preposto quali Caf gli iscritti agli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili e consulenti del lavoro.

Il rimborso dell’imposta arriva direttamente in busta paga (luglio) o con la rata della pensione (agosto o settembre),  è bene ricordare che se dall’elaborazione del 730 emerge un saldo a debito, invece, le somme vengono trattenute direttamente in busta paga (luglio) o dalla pensione (agosto o settembre).

Se lo stipendio o la pensione sono insufficienti per il pagamento di quanto dovuto, la parte residua, maggiorata degli interessi mensili (0,40%), viene trattenuta dalle competenze dei mesi successivi.

Il contribuente può anche chiedere di rateizzare in più mesi le trattenute, indicandolo nella dichiarazione; per la rateizzazione sono dovuti gli interessi nella misura dello 0,33% mensile.

Con la dichiarazione dei redditi (modello 730) è possibile detrarre le spese mediche sostenute nell’arco dell’anno d’imposta anno 2012. E per la dichiarazione dei redditi una delle prime cose da inserire sono i familiari a carico (parenti fiscalmente a carico).

Alcune spese, come ad esempio quelle sostenute per motivi di salute, per l’istruzione o per gli interessi sul mutuo dell’abitazione, possono essere utilizzate per diminuire l’imposta da pagare. In questo caso si parla di detrazioni. La misura di queste agevolazioni varia a seconda del tipo di spesa (19 per cento per le spese sanitarie, 36 o 50 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia, ecc.).

Tramite il modello 730/2013 vi sono delle deduzioni, ossia una serie di spese, come per esempio i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori e volontari o le erogazioni liberali in favore degli enti non profit, può ridurre il reddito complessivo su cui calcolare l’imposta dovuta.

Alcuni oneri e spese (spese sanitarie, premi di assicurazione, le spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, i contributi previdenziali e assistenziali) danno diritto alla detrazione o alla deduzione anche se sono stati sostenuti nell’interesse delle persone fiscalmente a carico. In questo caso, la detrazione o deduzione spetta anche se non si fruisce delle detrazioni per carichi di famiglia, che invece sono attribuite interamente ad un altro soggetto. Il documento che certifica la spesa deve essere intestato al contribuente o al figlio fiscalmente a carico.

Possono presentare il modello 730 tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato ed i pensionati.

Per i lavoratori a tempo determinato, invece, è necessario che abbiano un rapporto di lavoro compreso, almeno, dal mese di giugno al mese di luglio 2013.

Possono, inoltre, utilizzare il modello 730/2013 anche i collaboratori coordinati e continuativi purché il rapporto di lavoro sussista nel periodo luglio-agosto 2013.

Oneri spese detraibili e oneri deducibili devono essere specificate le spese mediche sostenute nel 2012, che garantiscono una detrazione pari al 19%. Le spese mediche che possono essere detratte sono quelle previste dal TUIR (art. 15, comma 1, lettera c), dalle quali è possibile detrarre il 19% per la quota eccedente di 129,11 euro e sono: spese mediche di assistenza specifica, spese chirurgiche, spese per prestazioni specialistiche, spese per protesi dentarie e sanitarie in genere, medicinali il cui acquisto deve essere certificato mediante scontrino fiscale o fattura.



sabato 12 gennaio 2013

Assenze per malattia procedura ed indennità uguale per il settore pubblico e privato


La procedura per l'invio online dei certificati di malattia riguarda tutti i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, con esclusione dei dipendenti del settore pubblico disciplinati da propri ordinamenti (forze armate e di polizia, vigili del fuoco, ecc.).

Con la nuova procedura, il medico invia il certificato di malattia online direttamente all'INPS (anche se il lavoratore è iscritto a un altro ente previdenziale) e comunica al lavoratore il numero di protocollo del certificato trasmesso. Al lavoratore, ove richiesto, resta l'obbligo di comunicare al proprio datore di lavoro il numero di protocollo del certificato.
Durante la visita, il lavoratore comunica al medico il codice fiscale e l'indirizzo presso il quale sarà reperibile (qualora diverso dalla residenza o dal domicilio abituale), ricevendo dal medico il numero di protocollo del certificato inviato online.

L'invio online effettuato dal medico soddisfa l'obbligo del lavoratore di recapitare o inviare l'attestazione di malattia al proprio datore di lavoro e il certificato all'INPS. Rimane l'obbligo per il lavoratore di informare il proprio datore di lavoro dell'assenza e dell'indirizzo presso il quale sarà reperibile per gli eventuali controlli medico-fiscali. Inoltre, qualora espressamente richiesto, il lavoratore dovrà comunicare al datore di lavoro il numero di protocollo del certificato che gli è stato rilasciato dal medico.

Utilizzando il proprio codice fiscale e il numero di protocollo, il lavoratore può visualizzare e stampare l'attestato di malattia in qualsiasi momento collegandosi al sito web www.inps.it, ovvero verificarne l'avvenuto invio telefonando al contact center dell'INPS al 803.164.

Con l'integrazione disposta dal Dl 179/2012 al decreto legislativo 165/2001, il medico (o la struttura sanitaria) invia telematicamente la certificazione all'indirizzo di posta elettronica personale del lavoratore, se questo ne fa espressa richiesta, fornendo l'indirizzo. Al lavoratore, se previsto, resta l'obbligo di comunicare al datore di lavoro il numero di protocollo del certificato.

L'invio online effettuato dal medico soddisfa l'obbligo del lavoratore di recapitare o inviare l'attestazione di malattia al proprio datore di lavoro e il certificato all'Inps. Rimane l'obbligo per il lavoratore di informare il proprio datore di lavoro dell'assenza e dell'indirizzo presso il quale sarà reperibile per gli eventuali controlli medico-fiscali. Con questo sistema, il datore di lavoro non può più richiedere ai propri dipendenti di presentare la copia cartacea dell'attestato di malattia relativo a un certificato inviato online dal medico, ma può prenderne visione esclusivamente tramite i servizi dell'Inps.

Il datore di lavoro del settore privato può comunque chiedere ai propri dipendenti di comunicare il numero di protocollo del certificato online.

sabato 1 dicembre 2012

Lavoro, tasse e IMU. Addio tredicesima di dicembre 2012


A dicembre il saldo dell'Imu rischia di mangiarsi tutta la tredicesima. E' quanto ha reso noto l'Osservatorio periodico sulla fiscalità locale della Uil, secondo cui, il 17 dicembre, il saldo medio dell'Imposta municipale sugli immobili per la prima casa sarà di 136 euro, con punte di 470 euro, mentre per le seconde case sarà di 372 euro, con punte addirittura di 1.209 euro.

In arrivo la stangata del saldo Imu che per molte famiglie assorbirà l'intera tredicesima del 2012. La seconda tranche dell'imposta sarà particolarmente pesante sulle seconde case (soprattutto nelle grandi città, prima tra tutte la Capitale), dal momento che potrà arrivare fino a 1.209 euro. Tariffe più contenute per la prima casa, con punte fino a 470 euro. Sono questi i dati che emergono da uno studio dell'Osservatorio periodico sulla fiscalità locale della Uil Servizio Politiche Territoriali, che ha esaminato le delibere dei 6.169 Comuni pubblicate sul sito del ministero dell'Economia. I calcoli sono sul 76,2% dei Comuni e dunque molto vicini a quello definitivo reale, tanto che la Uil calcola anche il gettito complessivo finale: 23,2 miliardi di euro, un paio in più rispetto a quelli che erano stati preventivati con il Salva-Italia (21 miliardi). Ma di questi 23,2 miliardi di euro di gettito (3,8 per la prima casa), 14,8 miliardi di euro saranno incassati dai Comuni, mentre lo Stato incasserà 8,4 miliardi di euro.

''Sarà, dunque, un Natale amaro – ha commentato Guglielmo Loy - per lavoratori dipendenti e pensionati, in quanto dovranno far fronte alla rata di saldo dell'Imu con le tredicesime.

Infatti, con il saldo a dicembre, le famiglie italiane dovranno versare ai Comuni e allo Stato, ancora 13,6 miliardi di euro, che si aggiungono ai 9,6 miliardi di euro già pagati con l'acconto di giugno. E purtroppo l'Imu è solo la punta dell'iceberg tra le voci di erosione nelle buste paga, già alleggerite da tutti gli aumenti delle Addizionali Regionali e Comunali IRPEF e dalla Tassa/Tariffa sui rifiuti''.

Quindi questo difficile anno di crisi economica finirà con una forte stangata e le tredicesime tanto sognate ed aspettate verranno in gran parte utilizzate per pagare la tassa sulla casa.

sabato 3 novembre 2012

Tredicesime 2012 più leggere per i lavoratori dipendenti


La tredicesima di quest'anno sarà per i lavoratori dipendenti più leggera di quella del 2011. I calcoli, realizzati dalla Cgia di Mestre, dicono che un operaio specializzato, con un reddito lordo annuo di poco superiore ai 20.600 euro, si troverà con una tredicesima decurtata di 21 euro. Un impiegato, con un imponibile Irpef annuo leggermente superiore ai 25.100 euro, perderà 24 euro.

Un capo ufficio, invece, con un reddito lordo annuo di quasi 49.500 euro, percepirà una tredicesima più leggera di 46 euro. I motivi di questa limatura delle tredicesime, spiega il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia, vanno ricercati nella crescita dell'inflazione, cresciuta nel 2012 più del doppio rispetto agli aumenti retributivi medi maturati con i rinnovi contrattuali.

"Se nei primi 9 mesi di quest'anno il costo della vita è cresciuto del 3,1%, - ha osservato Bortolussi - l'indice di rivalutazione contrattuale Istat è salito solo dell'1,4%. Pertanto, nei primi 9 mesi di quest'anno, rispetto allo stesso periodo del 2011, il potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti è diminuito". "Dopodiché – ha proseguito Bortolussi - il valore delle tredicesime riferite al 2012 è stato deflazionato, utilizzando l'indice generale dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati cresciuto, secondo l'Istat, del + 3,1%".

Non essendo ancora disponibile la variazione annua riferita a tutto il 2012, la Cgia ha calcolato questi due indici sulla base del confronto tra i primi 9 mesi 2012 e lo stesso periodo del 2011. Per far recuperare un po' di potere d'acquisto alle famiglie, ha sostenuto Bortolussi, bisognerebbe che il Governo, "e sarebbe un bel regalo di Natale", detassasse una quota parte della tredicesima.

"E' vero che le risorse sono poche, - ammette il segretario Cgia - ma un taglio del 30% dell'Irpef potrebbe costare alle casse dello Stato tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro. Un mancato gettito che, probabilmente, potrebbe essere coperto attraverso un'attenta razionalizzazione della spesa pubblica. Per contenere ancor più la spesa, si potrebbe concentrare la detassazione solo sui redditi più bassi".

Secondo le stime effettuate dalla Cgia, un eventuale taglio del 30% dell'Irpef che grava sulle tredicesime lascerebbe nelle tasche di un operaio 115 euro in più, 130 euro in quelle di un impiegato e oltre 315 euro in quelle di un capo ufficio.

giovedì 1 novembre 2012

Legge di stabilità 2013 per i lavoratori dipendenti


Niente più taglio delle aliquote Irpef, e destinazione dei risparmi alla sterilizzazione della aliquota intermedia dell'Iva, quella del 10%, e a detrazioni a favore del lavoro. Con la legge di Stabilità 2013: saltano il taglio delle aliquote IRPEF per i primi scaglioni di reddito e la retroattività al 2012 per detrazioni e deduzioni fiscali, a beneficio di una riduzione del cuneo fiscale e della abolizione dell’aumento IVA per la sola aliquota del 10% che non salirà all’11%.

Quindi non è una sorpresa neppure l’abolizione del taglio alle aliquote IRPEF per i redditi fino a 28mila euro. Le imprese avevano espressamente chiesto al Governo di abolire gli sconti per i contribuenti con redditi inferiori preferendovi un taglio del cuneo fiscale.

In sintesi, si dirottano le risorse per ridurre le tasse ai meno abbienti per finanziarie interventi che possano ridurre il costo del lavoro per le imprese (obiettivo: favorire produzione e investimenti) e compensare il mancato aumento dell’aliquota IVA all’11% (obiettivo: non massacrare i consumi).

Le misure che il Governo adotterà per ridurre il cuneo fiscale andranno in primis a vantaggio dei dipendenti e solo in un secondo momento a beneficio anche delle imprese: «prima si redistribuiranno le risorse residue dal mancato taglio delle aliquote al costo del lavoro, privilegiando per il 2013 i lavoratori dipendenti, e dal 2014, una volta valutate le risorse disponibili, anche le imprese», ha dichiarato il relatore Pier Paolo Baretta.

«Nell'ordine - ha precisato Baretta - prima si provvederà a evitare l'aumento dell'Iva e quindi si redistribuiranno le risorse residue dal mancato taglio delle aliquote al costo del lavoro, privilegiando per il 2013 i lavoratori dipendenti, e dal 2014, una volta valutate le risorse disponibili, anche le imprese». Renato Brunetta ha invece «dato atto al Governo che ci sarà una buona riscrittura del testo» e «sarà riscritta interamente e sarà più intelligente».

Dunque salta la riduzione di un punto dei primi due scaglioni delle aliquote Irpef che restano al 23 e al 27%. Con quelle risorse, hanno spiegato i relatori del ddl Stabilità, l'aliquota al 10% dell'Iva non aumenterà, viene «sterilizzata», e ci sarà un taglio del cuneo fiscale a favore del lavoratore per il 2013.

Ci sarà una identificazione del Fondo sociale da 900 milioni di Palazzo Chigi e l'istituzione di un nuovo fondo nel quale potrebbero essere riversate le risorse del cosiddetto piano Giavazzi. Sarà identificato nella parte strettamente sociale, il secondo dovrà invece servire alla riduzione del carico fiscale per famiglie e imprese.

Per cuneo fiscale si deve intendere il 68,3% dei profitti delle imprese, che  è oggi rappresentato da oneri fiscali e contributivi, come ha sottolineato il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, in audizione al Parlamento sulla manovra finanziaria 2013, mettendo a più riprese l’accento sull’elevato «livello del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro e del carico fiscale sulle imprese».
Due sono le possibili alternative, la seconda delle quali è la più accreditata:
1.destinare le risorse che il rigore nella gestione dei conti pubblici (spending review) e l’azione di contrasto all’evasione fiscale libereranno alla riduzione del cuneo fiscale.

2.rinunciare al taglio IRPEF in favore delle detrazioni su lavoro dipendente e riduzione IRAP.

Tema canto caro per i lavoratori dipendenti, ossia l’intervento su detrazioni e deduzioni resta in sospeso: però è data per scontata la cancellazione dell’effetto retroattivo, ma potrebbe entrare successivamente in vigore eventualmente in forma un po’ più raffinata.

lunedì 18 giugno 2012

Lavoro straordinario e premi produzione 2012


La detassazione del lavoro straordinario e dei premi di produzione dei lavoratori dipendenti del settore privato, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali regionale e comunale, con aliquota del 10%, è stata confermata per il 2012 dalla legge di stabilità dello scorso anno (legge 183/2011, articolo 33, comma 12), e con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 30 maggio, è stato stabilito l’importo massimo assoggettabile alla tassazione agevolata e il limite di reddito per l’accesso al beneficio.

La sua pubblicazione rende di fatto applicabili gli accordi aziendali sottoscritti. Per l’insieme della detassazione il governo ha fissato un limite di 835 milioni di euro per il 2012 e di 263 milioni per l'anno 2013. Il decreto inoltre stabilisce che nel 2012 la tassazione agevolata del 10% dei premi di produttività trova applicazione entro il limite di importo complessivo di 2.500 euro lordi (anziché di 6.000 come lo scorso anno) e solo per i redditi da lavoro dipendente non superiori, nell'anno 2011, a 30.000 euro (anziché i 40.000 dello scorso anno) nei quali devono essere conteggiate anche le somme assoggettate, sempre nel 2011, all'imposta agevolata.

L'agevolazione – introdotta dall'articolo 2, comma 1, del Dl 93/08 (convertito dalla legge 126/08) – consente l'assoggettamento dei salari incentivanti, con l'obiettivo di incrementare la produttività. Il fine della norma si è però scontrato con un'evoluzione intricata, caratterizzata da diversi interventi e dalla veste sperimentale che la misura mantiene tuttora: una mancanza di regole certe che penalizza datori di lavoro e lavoratori.
I tetti determinati dal decreto attuativo per il 2012 ridurranno drasticamente il numero dei lavoratori beneficiari (2 milioni in meno secondo alcune stime): il perimetro è riferito al settore privato ma limitatamente ai soggetti che svolgono in modo esclusivo attività economica . I destinatari possono usufruire della detassazione per un importo complessivo di 2.500 euro solo se il reddito da lavoro dipendente, conseguito nel 2011, non ha superato i 30mila euro, al lordo delle somme assoggettate nello stesso anno all'imposta sostitutiva del 10 per cento.
Le somme incentivanti devono essere corrisposte in attuazione di accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali
Si deve trattare di emolumenti accessori della retribuzione corrisposti ai lavoratori in collegamento a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa nonché correlati ai risultati dell'andamento economico dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale (straordinari, lavoro notturno, lavoro supplementare, premi di secondo livello e altro)
Gli accordi aziendali devono essere redatti in forma scritta.
È esclusa la retroattività della detassazione sulle somme corrisposte in periodi antecedenti alla stipula degli accordi.
Dovrebbero rientrare anche le intese preesistenti al 2012 purché in corso di efficacia e con valore di ultrattività per l'anno in corso.
Nell'alveo agevolabile rientrano anche i contratti di prossimità sottoscritti ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 148/2011 (secondo le disposizioni di cui all'articolo 22 della legge di stabilità 2012).

sabato 31 marzo 2012

Lavoratori dipendenti guadagno più dei datori di lavoro. E le imprese falliscono

Nel 2011 11.615 aziende hanno chiuso i battenti per fallimento, un dato mai toccato in questi ultimi 4 anni di crisi. Lo afferma la Cgia di Mestre, precisando che "questo dramma non è stato vissuto solo dai datori di lavoro, ma anche dai dipendenti: secondo una prima stima, in almeno 50.000 hanno perso il posto di lavoro".
Un record che ci segnala quanto siano in difficoltà le imprese italiane, soprattutto quelle di piccole dimensioni che, come ricorda la Cgia di Mestre, continuano a rimanere il motore occupazionale ed economico del Paese. "La stretta creditizia, i ritardi nei pagamenti e il forte calo della domanda interna - segnala il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi - sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli a portare i libri in Tribunale.

Purtroppo, questo dramma non è stato vissuto solo da questi datori di lavoro, ma anche dai loro dipendenti che, secondo una nostra prima stima, in almeno 50.000 hanno perso il posto di lavoro". Ma, ricorda la Cgia, il fallimento di un imprenditore non è solo economico, spesso viene vissuto da queste persone come un fallimento personale che, in casi estremi, ha portato decine e decine di piccoli imprenditori a togliersi la vita. "La sequenza di suicidi e di tentativi di suicidio avvenuta tra i piccoli imprenditori in questi ultimi mesi - prosegue Bortolussi - sembra non sia destinata a fermarsi. Solo in questa settimana, due artigiani, a Bologna e a Novara, hanno tentato di farla finita per ragioni economiche. Bisogna intervenire subito e dare una risposta emergenziale a questa situazione che rischia di esplodere. Per questo invitiamo il Governo ad istituire un fondo di solidarietà che corra in aiuto a chi si trova a corto di liquidità".

Il segretario commenta poi i dati sui redditi resi noti ieri dal dipartimento delle Finanze del Tesoro. "Attenti - dice - a dare queste chiavi interpretative fuorvianti e non corrispondenti alla realtà. Le comparazioni vanno fatte tra soggetti omogenei, ad esempio tra artigiani e i loro dipendenti. Ebbene, se confrontiamo il reddito di un dipendente metalmeccanico con quello del suo titolare artigiano, quest'ultimo dichiara oltre il 40% in più, con buona pace di chi vuole etichettare gli imprenditori come un popolo di evasori".

I lavoratori dipendenti superano per guadagno gli imprenditori: se i primi dichiarano infatti un reddito medio di 19.810 euro, i loro datori di lavoro, gli imprenditori, hanno invece, un reddito medio di 18.170 euro. E' quanto risulta dalle ultime dichiarazioni diffuse dal ministero dell'Economia. Solo l'1% dei contribuenti dichiara più di 100.000 euro, mentre circa la metà ha un reddito che non supera i 15mila euro, e un terzo non supera i 10.000 euro. Inflazione stabile a marzo al 3,3% annuo, +0,5% mensile. Si porta ai massimi dal 1995 la forbice fra prezzi e retribuzioni. E' quanto risulta dalle ultime dichiarazioni Irpef, presentate nel 2011, rese note dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia.

Reddito medio è pari a 19.250 euro, +1,2%. Il reddito medio degli italiani è pari a 19.250 euro. E' quanto risulta dalle ultime dichiarazioni dei redditi Irpef (dichiarazioni 2011 su anno di imposta 2010). In un anno il reddito è cresciuto dell'1,2%. La distribuzione per classi di reddito - rimarca il Dipartimento -è in linea con l'anno precedente. Dall'analisi per tipologia di reddito, si legge ancora nel comunicato, "emerge che i lavoratori autonomi hanno il reddito medio più elevato, pari a 41.320 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 18.170 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 19.810 euro, quello dei pensionati pari a 14.980 euro e, infine, il reddito medio da partecipazione è stato pari a 16.500 euro".
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