domenica 29 maggio 2016
Come si calcola il part time prima della pensione
Relativame
nte al part-time agevolato per i dipendenti del settore privato prossimi alla maturazione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, l’INPS – con la Circolare n. 90 del 2016 – ha reso nota la regolamentazione operativa e le istruzioni per la fruizione di tali benefici agli interessati. Il part time pre-pensione può essere utilizzato anche dai dipendenti degli studi professionali.
Il datore di lavoro che concorda un contratto part time pre-pensione con un dipendente dovrà erogare in busta paga un “bonus” pari ai contributi pieni (in genere 23,81%) sulla retribuzione persa, anche se con il contratto a tempo pieno e trasformato prevedeva sgravi o agevolazioni economiche.
L’applicazione di un’aliquota più bassa è consentita solo nel caso in cui sussista un regime contributivo differenziato (per esempio quello dell’apprendistato).
Si prevede in favore dei dipendenti del settore privato con contratto a tempo pieno e indeterminato che maturano il requisito anagrafico (66 anni e 7 mesi gli uomini, 65 anni e 7 mesi le donne nel 2016-17, un anno in più nel 2018) per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018 ma che sono già in possesso del requisito contributivo. Per la completa operatività della disposizione occorrerà, tuttavia, attendere il 2 giugno, data di entrata in vigore del decreto ministeriale 7 aprile 2016.
La norma offre la possibilità di modificare l’entità della prestazione lavorativa svolta, stipulando con il datore di lavoro - per un periodo non superiore a quello intercorrente tra la data di accesso al beneficio e quella di maturazione del requisito anagrafico - un contratto a tempo parziale in cui la riduzione dell’attività oscilli tra il 40% e il 60% dell’orario pieno.
La diminuzione della retribuzione è in parte compensata dalla ricezione in busta paga di un “bonus” - erogato dal datore di lavoro - corrispondente ai contributi pensionistici datoriali (23,81%) calcolati sulla parte di retribuzione non più dovuta, per effetto della riduzione di orario. Tale importo è esente da imposte, contributi e premi Inail. Il periodo in part time, inoltre, non penalizza la sfera pensionistica del dipendente in quanto, in relazione alla parte non lavorata, egli può contare sulla copertura figurativa, nel limite massimo di 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018.
Nella circolare viene chiarito che, oltre ai dipendenti del settore privato, possono richiedere il part time agevolato anche i dipendenti di enti pubblici economici (Epe) che svolgono, in via principale o esclusiva, un’attività economica. L’accesso è circoscritto a chi è titolare di un rapporto subordinato a tempo pieno compatibile con il part time. Quindi non sono incluse alcune tipologie contrattuali specifiche quali il lavoro domestico, quello intermittente e a domicilio. Sul punto sorprende che l’ente di previdenza abbia indicato come esclusi i contratti a progetto, visto che non si tratta di lavoro subordinato.
L’Inps fa presente che, per tutta la durata del part time agevolato non deve essere presente, sulla posizione del lavoratore, contribuzione obbligatoria versata per altra attività lavorativa - diversa dal part time agevolato – all’assicurazione generale obbligatoria (Ago), a fondi sostitutivi, esclusivi, esonerativi della stessa, comprese le gestioni speciali dei lavoratori autonomi e la gestione separata.
Fra i principali chiarimenti, l'Istituto precisa che al provvedimento sono interessati tutti i lavoratori dipendenti del settore privato iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (Inps), nonché alle forme sostitutive (lavoratori dello spettacolo iscritti alla gestione ex Enpals) ed esclusive (ex Inpdap), compresi i dipendenti di enti pubblici economici e con la sola eccezione dei lavoratori del pubblico impiego. I datori di lavoro, a loro volta, possono essere imprenditori ma anche non imprenditori, quali ad esempio studi professionali, associazioni culturali, politiche, sindacali o del volontariato.
Dal punto di vista operativo, la legge di stabilità 2016 prevede che l’accesso ai benefici di cui alla norma in oggetto sia autorizzato dall’INPS, su domanda del datore di lavoro e previo accordo tra le parti, nei limiti delle risorse stanziate dalla legge e sulla base delle modalità stabilite con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
In particolare, il diritto all’accesso al “part-time agevolato”, previo accordo con il proprio datore di lavoro, può essere riconosciuto ai lavoratori in possesso dei seguenti requisiti e al ricorrere delle seguenti condizioni:
sussistenza, al momento della richiesta, della titolarità di un rapporto di lavoro subordinato del settore privato, anche agricolo, con contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato;
iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria o alle forme sostitutive o esclusive della medesima;
maturazione entro il 31 dicembre 2018 del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia da parte dei lavoratori già in possesso, al momento della domanda, del relativo requisito contributivo.
Nella circolare dell'INPS chiariti poi i contenuti e il procedimento per accedere al beneficio, le modifiche del rapporto di lavoro, la presentazione della domanda, i criteri che portano alla cessazione e alla revoca del beneficio e le istruzioni per la compilazione delle denunce retributive e contributive, oltre a quelle di natura contabile.
Etichette:
busta paga,
INPS,
lavoratori dipendenti,
part time agevolato,
pensione,
pre-pensione,
settore privato,
studi professionali
Programma garanzia giovani: le nuove opportunità di lavoro
Il Ministero Lavoro e delle Politiche Sociali,ha reso noto che è stato sottoscritto un 'accordo di collaborazione tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la società FlixBus, giovane operatore della mobilità che ha realizzato un connubio tra start-up tecnologica, piattaforma e-commerce e sistema di trasporti. L'accordo con Flixbus - ha affermato il Ministro, Giuliano Poletti - si inserisce nel percorso di miglioramento del programma Garanzia Giovani, con l'obiettivo di ampliare progressivamente le opportunità per i giovani iscritti".
In pratica, l'iniziativa punta a migliorare l'occupabilità dei Neet (le persone che non studiano e non lavorano) e offrirà - ai giovani in possesso di determinati requisiti e registrati a Garanzia Giovani - l'opportunità di candidarsi alle posizioni aperte nell'azienda o tra i suoi partner operativi. Dal suo canto, FlixBus Italia si è impegnata - direttamente o attraverso il coinvolgimento delle imprese a lei collegate- ad assumere 220 giovani Neet, favorendo l'inserimento lavorativo di figure con competenze specialistiche, beneficiando delle agevolazioni previste dal programma. Per questi ragazzi, è previsto un percorso di tirocinio formativo - della durata di tre/sei mesi, anche in "mobilità geografica" - finalizzato all'assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante o a tempo indeterminato.
Ecco di che si tratta.
«FlixBus 4 Young»: 220 opportunità di lavoro per giovani NEET
Con il progetto ォFlixBus 4 Youngサ saranno disponibili 220 opportunità di lavoro per altrettanti giovani NEET, attraverso l'inserimento nella società di mobilita FlixBus Italia, che si occupa di organizzare viaggi in autobus low cost, sia in Italia che in tutta Europa.
L'inserimento lavorativo avverrà direttamente in azienda, o in altre imprese con la stessa collegate, per quelle figure con competenze specialistiche, che sono iscritte al programma Garanzia Giovani e usufruiscono dei relativi incentivi.
Per i ragazzi in possesso delle competenze professionali richieste è previsto un percorso di tirocinio formativo che potrà durare dai 3 ai 6 mesi, alla scadenza dei quali ci sarà la firma di un contratto di apprendistato professionalizzante o a tempo indeterminato.
«FlixBus 4 Young»: quali sono le posizioni aperte?
Le posizioni aperte riguardano in prevalenza:
・ autisti e meccanici;
・ personale tecnico-amministrativo;
・ personale in area marketing;
・ nuove professioni digitali.
I giovani ragazzi potranno essere assunti nelle diverse sedi della FlixBus quali: Monaco, Berlino e Milano, o tra i suoi partner operativi in Lombardia, Piemonte, Trentino, Valle d’Aosta, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania e Puglia.
Come ha affermato il Ministro Giuliano Poletti l'obiettivo del Governo è quello di migliorare il programma Garanzia Giovani con l'obiettivo di ampliare progressivamente le opportunità per i giovani iscritti:
«L’esperienza Flixbus dimostra come il digitale possa rappresentare un’occasione di crescita anche per la piccola e media impresa italiana, con ricadute positive in termini di nuova occupazione».
Etichette:
apprendistato professionalizzante,
FlixBus,
formazione,
Garanzia giovani,
Ministero del Lavoro,
Neet,
opportunità di lavoro,
posizioni aperte,
tirocini
Pensioni, tutte le regole taglia-assegni e la novità del riscatto della laurea
Trovato l’acronimo, l’anticipo pensionistico cosiddetto Ape, è allo studio del gruppo di esperti coordinato dal sottosegretario Tommaso Nannicini, dell’Ape finora sono state fissate solo le coordinate principali. L’anticipo rispetto al pensionamento di vecchiaia sarà al massimo di tre anni sull’età fissata dalla riforma Fornero.
Dunque il meccanismo, se approvato con la prossima legge di Stabilità, dovrebbe interessare, per primi, i nati nel 1951 (da maggio in poi), nel 1952 e nel 1953. Si tratta dei lavoratori che, alla vigilia della pensione, hanno subito - per la riforma Fornero - un rinvio dell’assegno anche di quattro/cinque anni. Per questi lavoratori non ha operato neppure la salvaguardia introdotta dai decreti correttivi del Dl 201/11, cioè la possibilità di andare in pensione anticipata a 64 anni (cui va aggiunta l’aspettativa di vita) per quanti entro il 31 dicembre 2012 avessero maturato quota 96, con almeno 60 anni di età e 35 anni di contributi oltre ai resti. Residuale, finora, la possibilità di andare in pensione di vecchiaia a 63 anni (oltre all'aspettativa di vita) con la pensione totalmente contributiva (con almeno 20 anni di contributi versati tutti dal 1996).
Per quanto riguarda le donne del privato (lavoratrici subordinate) l’Ape potrebbe - all'inizio - avere un impatto limitato. Le nate nel 1951, dipendenti del settore privato, infatti, hanno potuto andare in pensione con 20 anni di contributi e 60 anni di età alla fine del 2011. Inoltre, fino allo scorso anno era aperta l’opzione per la pensione di anzianità con l’assegno contributivo, a patto che le lavoratrici dipendenti maturassero 57 anni di età e 35 di contributi, oltre alla speranza di vita (58 e 35 per le autonome).
Il meccanismo di anticipo dell’Ape è strutturale e, in base allo sconto massimo di tre anni rispetto al pensionamento ordinario di vecchiaia, interesserà a scorrere gli anni successivi rispetto al triennio di prima applicazione.
Come anticipato la penalizzazione percentuale per ogni anno di anticipo della pensione dovrebbe interessare la quota retributiva dell’assegno, quella, cioè, relativa ai contributi versati fino al 1995 (per quanti al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi) o fino al 2011 (per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contributi). Il taglio percentuale potrebbe essere più alto per gli assegni oltre tre volte il trattamento minimo (superiori, nel 2016, a 1.505 euro mensili): fino a questo limite la penalità potrebbe essere del 2-3% per ogni anno di anticipo, oltre potrebbe arrivare al 5-8 per cento. Si tratta naturalmente di ipotesi che andranno vagliate alla luce dei costi e della compatibilità dei conti pubblici.
Per quanto riguarda la quota contributiva della pensione non dovrebbero esserci penalizzazioni, ma occorrerà stabilire se il coefficiente di trasformazione della dote di contributi sarà quello dell’età anticipata di pensionamento o quello dell’età da legge. Nel primo caso occorrerà prevedere una copertura figurativa che, come ipotizza Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, potrebbe essere offerta dalla banche o dalle assicurazioni. L’intervento di banche e assicurazioni, in questo caso, avrà una doppia valenza, in quanto dovrà assicurare anche il finanziamento per l’anticipo della pensione, così da non caricare l’operazione sulle finanze statali e non incidere sul fabbisogno. Il conto di banche e assicurazioni, in questo modo, rincarerà.
Una prima stima dei costi, ma solo per quanto riguarda l’anticipo della pensione (e non in relazione all’utilizzo del coefficiente di trasformazione più vantaggioso) è stato fatto dalla Uil. Con un tasso di interesse del 3,5% - pari a quello applicato dall’Inps per i prestiti pluriennali ai dipendenti pubblici - per una pensione lorda di 1.500 euro mensili l’anticipo di un anno potrebbe costare al pensionato 1.700 euro; con una pensione di 3mila euro lordi il conto salirebbe a oltre 3.400 euro. La restituzione avverrà una volta raggiunta l’età della vecchiaia e potrà essere dilazionata in più anni. Occorrerà comunque prevedere una garanzia statale a favore di banche e assicurazioni in caso di mancata restituzione del prestito.
Uno degli aspetti fondamentali da chiarire è quello se l’Ape interesserà anche i pubblici dipendenti, finora non toccati dagli ammorbidimenti della legge Fornero.
Allo studio c’è anche il riscatto della laurea, cioè il versamento dei contributi per gli anni passati all’università in modo da avvicinare il momento della pensione. L’idea è rendere flessibile anche il riscatto: potendo scegliere non solo il numero degli anni da recuperare, cosa possibile già oggi. Ma anche la somma da versare e quindi l’effetto sull’assegno futuro. Perché una mossa del genere? Chi oggi è vicino dalla pensione e chiede il riscatto della laurea di solito si vede presentare un conto parecchio salato. E questo perché il calcolo viene fatto sulla base del suo stipendio attuale che, a fine carriera, tende a essere più alto. Chi chiede il conteggio, quindi, spesso rinuncia all’operazione e resta al lavoro fino alla scadenza naturale. Rendere flessibile il riscatto significa slegare la somma da pagare dallo stipendio attuale, considerarla un versamento volontario di contributi.
Etichette:
anticipo pensionistico,
Ape,
flessibilità in uscita,
INPS,
Pensioni,
previdenza,
riscatto della laurea,
versamento dei contributi
Pensioni novità: quando andare in pensione? Le proposte
Sono previsti dei percorsi alternativi, anche se non sempre facilmente attuabili, alla pensione di vecchiaia ordinaria, i cui requisiti anagrafici per il 2016 sono di 66 anni e 7 mesi per gli uomini indipendentemente dal settore lavorativo e per le donne dipendenti della pubblica amministrazione, di 65 anni e 7 mesi per le dipendenti del settore privato e di 66 anni e 1 mese per le autonome e le iscritte alla gestione separata dell'Inps. La riforma previdenziale di fine 2011 oltre alla vecchiaia ha regolato la pensione anticipata, che si raggiunge quest'anno con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) indipendentemente dall'età. Garantisce un vantaggio, rispetto alla “vecchiaia” a chi ha iniziato a lavorare non troppo dopo i venti anni di età e non ha buchi contributivi.
Sempre legata all'ultima riforma c'è la pensione anticipata con il sistema contributivo, a cui può accedere solo chi ha iniziato a versare dal 1996 e quindi è soggetto al calcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Sono necessari 20 anni di contributi (quindi proprio quest'anno diventa effettivamente fruibile), 63 anni e 7 mesi di età e l'importo dell'assegno previdenziale deve essere almeno 2,8 volte il valore di quello sociale, quindi deve essere pari almeno a 1.254,60 euro lordi.
Sono ancora in vigore le agevolazioni per i lavoratori soggetti ad attività usuranti o svolte di notte, a cui si applica ancora il sistema delle “quote” (somma di età e anni di contributi) ma aggiornato all'aspettativa di vita. I requisiti minimi per i dipendenti sono quota 97,6 con un minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi e, per gli autonomi, quota 98,6 con un minimo di 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi (per i notturnisti si possono aggiungere 1-2 anni in relazione al numero di notti lavorate).
Per le donne dipendenti che hanno maturato 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi (58 anni e 3 mesi per le autonome) entro il 2015, è ancora aperta l'opzione donna, cioè la possibilità di andare in pensione trascorsi la finestra mobile o anche successivamente a fronte però del calcolo dell'assegno con il metodo contributivo che comporta in media una penalizzazione del 25-30% rispetto al sistema misto a cui avrebbero diritto.
Ci sono poi delle alternative che prevedono il coinvolgimento del datore di lavoro e non si basano quindi sulla sola scelta del lavoratore. Sempre con la riforma del 2011 è stata introdotta la possibilità di gestire i dipendenti in esubero a cui manchino non più di 4 anni alla pensione erogando una sorta di pre pensione interamente a carico dell'azienda. Una volta raggiunti i requisiti minimi, scatterà la pensione vera e propria.
Fa convivere la pensione con il lavoro il part time introdotto con la legge di Stabilità 2016, destinato a chi, dipendente a tempo indeterminato, ha già almeno 20 anni di contributi ed entro il 2018 raggiungerà i requisiti per la pensione di vecchiaia. In accordo con l'azienda possono ridurre l'orario dal 40 al 60% e incassare oltre a quanto dovuto, la parte di contributi a carico dell'azienda per le ore non lavorate.
Infine c'è il mix di part time e pensione di più complessa attuazione. Previsto dal Jobs act attende ancora le indicazioni operative, ma può scattare solo nell'ambito di contratti di solidarietà espansivi (riduzione generalizzata di orario a fronte di nuove assunzioni): in questa situazione i dipendenti a cui mancano non più di 2 anni alla pensione si possono ridurre l'orario almeno per oltre la metà e percepire in anticipo una parte della pensione fino a incassare complessivamente quanto avrebbero preso continuando a lavorare a tempo pieno. Ulteriori misure ad hoc sono riservate ai lavoratori coinvolti nelle bonifiche dell'amianto e per i nati nel 1952.
La proposta di Damiano per la flessibilità delle pensioni prevede un pensionamento flessibile a partire dai 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi con una penalità del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di 66 anni e 7 mesi, mentre per i lavoratori precoci si garantirebbe un’uscita unica a 41 anni di contributi. Nella petizione, inoltre, c’è la volontà di ulteriori interventi per rendere più equa la previdenza italiana con:
1) l’ottava e ultima salvaguardia degli esodati;
2) il monitoraggio di opzione donna per l’inclusione di altre lavoratrici;
3) un meccanismo adeguato di indicizzazione per le pensioni medio basse. Intanto, i lavoratori precoci sono tornati a chiedere con forza l’introduzione di quota 41 senza penalizzazioni sia sui palchi delle organizzazioni sindacali che negli studi di programma che da sempre si occupano di pensionati e della flessibilità in uscita.
Etichette:
esodati,
età pensionabile,
flessibilità in uscita,
INPS,
Pensioni,
previdenza
mercoledì 25 maggio 2016
Inail: bando Isi giovedì 26 maggio 2016
Si terrà giovedì 26 maggio, tramite il cosiddetto “click day”, la fase conclusiva d'inoltro delle domande di accesso ai finanziamenti del bando Isi 2015, con cui l'Inail mette a disposizione oltre 276 milioni destinati al finanziamento in conto capitale delle spese sostenute dalle imprese per progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro da parte di imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di commercio.
Nello specifico, accedono agli incentivi Inail:
1. progetti di investimento volti al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
2. progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale;
3. progetti di bonifica da materiali contenenti amianto.
Le domande di ammissione potranno essere inviate dalle ore 16 alle ore 16.30 attraverso lo sportello informatico, utilizzando il codice identificativo che è già stato attribuito mediante la procedura di download e seguendo le istruzioni contenute nelle “Regole tecniche e modalità di svolgimento” pubblicate sul sito dell'Istituto.
Il codice identificativo corretto consiste in una stringa di 65 caratteri, che è stata attribuita al momento del salvataggio definitivo della domanda e che è visualizzabile in procedura di compilazione seguendo le indicazioni riportate nel punto 6 del Manuale Utente ISI 2015.
Attenzione: il primo carattere della stringa può essere il segno + o il segno - comunque parte integrante del codice. Nel corso del click-day: inserire il codice identificativo; inserire quanto richiesto negli ulteriori campi presenti nella pagina; cliccare sul tasto "Invia" Il codice sarà trasmesso ai sistemi INAIL e sarà visualizzato un messaggio di presa in carico.
E' bene ricordare che i finanziamenti dell'Istituto sono a fondo perduto e verranno assegnati fino a esaurimento, secondo l'ordine cronologico di arrivo delle domande. Il contributo, pari al 65% dell'investimento, per un massimo di 130mila euro e un minimo di 5mila, verrà erogato a seguito del superamento della verifica tecnico-amministrativa e la conseguente realizzazione del progetto e sarà cumulabile con benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito. Sono ammessi progetti d'investimento, progetti per l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale e progetti di bonifica da materiali contenenti amianto. Il finanziamento è cumulabile con i benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito.
Il bando ISI è uno dei principali tasselli dell’azione di promozione di cultura della sicurezza realizzata dall’Inail attraverso la formazione dei lavoratori, l’azione continua di informazione, l’assistenza, la consulenza alle imprese e le sinergie con le altre istituzioni e le parti sociali nell’azione di contrasto agli infortuni e alle malattie professionali. Come sostiene la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo relativa ad un quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020, inoltre, prevenire i rischi ed operare per rendere il luogo di lavoro più sicuro e più sano è fondamentale non solo per migliorare la qualità e le condizioni di lavoro, ma anche per promuovere la competitività. Mantenendo in salute i lavoratori si ottengono effetti positivi, diretti e misurabili, sulla produttività e si contribuisce a migliorare la sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale.
lunedì 23 maggio 2016
Ministero del lavoro: incentivi al part time e pensione
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, prevede incentivi al passaggio al lavoro part-time in prossimità del pensionamento di vecchiaia (c.d. legge di stabilità 2016). In particolare, stabilisce che i lavoratori dipendenti del settore privato iscritti all'assicurazione generale obbligatoria che hanno in corso un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, che maturano entro il 31 dicembre 2018 il requisito anagrafico per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia di cui all'art. 24, comma 6, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 e che hanno maturato i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al predetto trattamento pensionistico di vecchiaia possono, d'accordo con il datore di lavoro, trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale con riduzione dell'orario di lavoro in misura compresa tra il 40 per cento ed il 60 per cento con corresponsione mensile, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione previdenziale ai fini pensionistici a carico del datore di lavoro relativa alla prestazione lavorativa non effettuata e con riconoscimento della contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata in ragione del contratto di lavoro a tempo parziale agevolato. Ai fini dell'accesso al beneficio, il lavoratore e il datore stipulano un contratto di riduzione dell'orario di lavoro, di seguito denominato "contratto di lavoro a tempo parziale agevolato", di durata pari al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e la data di maturazione, da parte del lavoratore, del requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia, nel quale è indicata la misura della riduzione. Il beneficio di cui al comma 1 cessa, in ogni caso, al momento della maturazione, da parte del lavoratore, del requisito anagrafico per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia e qualora siano modificati i termini dell'accordo.
A questa misura potranno ricorrere i lavoratori del settore privato con contratto a tempo indeterminato ed orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Per loro sarà possibile concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell'orario tra il 40 ed il 60%, ricevendo ogni mese in busta paga, in aggiunta alla retribuzione per il part-time, una somma esentasse corrispondente ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l'orario non lavorato. Inoltre, per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa, lo Stato riconosce al lavoratore la contribuzione figurativa corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell'età pensionabile il lavoratore percepirà l'intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione.
Etichette:
lavoro dipendente,
Ministero del Lavoro,
part time,
Pensioni
Assegno nucleo familiare 2016- 2017 :gli importi dell’INPS
Gli Assegni Familiari 2016 sono una forma di prestazione a sostegno del reddito delle famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati a carico dell’INPS che hanno un reddito complessivo al di sotto di determinate fasce stabilite ogni anno per legge. Il diritto e l’importo dell’assegno dipendono dal numero dei componenti, dal reddito e dalla tipologia del nucleo familiare.
L’Assegno per il nucleo familiare spetta ai lavoratori dipendenti, ai lavoratori dipendenti agricoli, ai lavoratori domestici, ai lavoratori iscritti alla gestione separata, ai titolari di pensioni (a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti, fondi speciali ed Enpals), ai titolari di prestazioni previdenziali ed ai lavoratori in altre situazioni di pagamento diretto.
Gli ANF spettano per nucleo familiare che può essere composto da:
il richiedente lavoratore o il titolare della pensione;
il coniuge che non sia legalmente ed effettivamente separato, anche se non convivente, o che non abbia abbandonato la famiglia (gli stranieri poligami nel loro paese possono includere nel proprio nucleo familiare solo una moglie);
i figli ed equiparati di età inferiore a 18 anni, conviventi o meno;
i figli ed equiparati maggiorenni inabili, purché non coniugati, previa autorizzazione. Sono considerati inabili i soggetti che, per difetto fisico o mentale, si trovano nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi a proficuo lavoro;
i figli ed equiparati, studenti o apprendisti, di età superiore ai 18 anni compiuti ed inferiore ai 21 anni compiuti, purché facenti parte di "nuclei numerosi", cioè nuclei familiari con almeno 4 figli tutti di età inferiore ai 26 anni, previa autorizzazione;
i fratelli, le sorelle del richiedente e i nipoti (collaterali o in linea retta non a carico dell'ascendente), minori o maggiorenni inabili, solo nel caso in cui essi sono orfani di entrambi i genitori, non abbiano conseguito il diritto alla pensione ai superstiti e non siano coniugati, previa autorizzazione.
i nipoti in linea retta di età inferiore a 18 anni, viventi a carico dell'ascendente, previa autorizzazione;
Il nucleo per i titolari di pensione ai superstiti ha diritto all’ANF se composto dal coniuge superstite che ha titolo alla pensione e dai figli ed equiparati di età inferiore a 18 anni o maggiorenni inabili titolari o contitolari della pensione. Il nucleo familiare può essere composto da una sola persona se il diritto alla pensione ai superstiti è riconosciuto a orfano minorenne, vedova minorenne o maggiorenne inabile.
La domanda deve essere presentata per ogni anno a cui si ha diritto:al proprio datore di lavoro, nel caso in cui il richiedente svolga attività lavorativa dipendente, utilizzando il modello ANF/DIP (SR16).
In tale caso, il datore di lavoro deve corrispondere l'assegno per il periodo di lavoro prestato alle proprie dipendenze, anche se la richiesta è stata inoltrata dopo la risoluzione del rapporto nel termine prescrizionale di 5 anni;
all’Inps nel caso in cui il richiedente sia addetto ai servizi domestici, operaio agricolo dipendente a tempo determinato, lavoratore iscritto alla gestione separata, ovvero abbia diritto agli assegni come beneficiario di altre prestazioni previdenziali, attraverso uno dei seguenti canali:
WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino munito di PIN attraverso il portale dell’Istituto - servizio di “Invio OnLine di Domande di prestazioni a Sostegno del reddito”;
Contact Center - attraverso il numero 803164 gratuito da rete fissa o il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico
Patronati – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi;
Qualsiasi variazione intervenuta nel reddito e/o nella composizione del nucleo familiare, durante il periodo di richiesta dell'ANF, deve essere comunicata entro 30 giorni.
Se la domanda viene presentata per uno o per più periodi pregressi, gli arretrati spettanti vengono corrisposti nel limite massimo di 5 anni (prescrizione quinquennale).
Se l'erogazione degli ANF è effettuata dal datore di lavoro è necessaria l'autorizzazione nei casi in cui:
venga richiesta l’inclusione di determinati familiari nel nucleo (fratelli, sorelle, etc.)
nei casi di possibile duplicazione di pagamento (separazione, figli naturali, etc.)
per applicare l’aumento dei livelli reddituali (nuclei monoparentali, nuclei che comprendono familiari inabili a proficuo lavoro)
nei casi in cui il coniuge non sottoscriva la dichiarazione di responsabilità nel modello ANF/DIP
In tali casi l’utente deve presentare domanda di autorizzazione all’Inps, allegando la documentazione necessaria (ovvero relativa dichiarazione sostitutiva), utilizzando uno dei seguenti canali:
WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino munito di PIN attraverso il portale dell’Istituto - servizio di “Invio OnLine di Domande di prestazioni a Sostegno del reddito – funzione Autorizzazioni Anf”;
Patronati – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi;
Contact - Center attraverso il numero 803164 gratuito da rete fissa o il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico.
In seguito l’Inps rilascia all’utente il modello di autorizzazione ANF43 e l’utente presenta la domanda (ANF/DIP) al datore di lavoro con allegato il modello ANF43.
Per gli iscritti alla Gestione separata l’assegno per il nucleo familiare non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente e assimilati, relativi a tutto il nucleo familiare, è inferiore al 70% del reddito familiare complessivo considerando anche i redditi derivanti dalle attività indicate all’art. 2, c. 26, L.335/95). In questa categoria di redditi rientrano, pertanto:
redditi da lavoro dipendente od assimilati assoggettabili all’IRPEF, compresi quelli a tassazione separata
redditi conseguiti all’estero o presso Enti internazionali residenti nel territorio della Repubblica, non soggetti alla normativa tributaria italiana
・ redditi da lavoro dipendente esenti da IRPEF ma non superi nel complesso il limite di Euro 1.032,91
pensioni sociali e le pensioni ed assegni agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti, in quanto detti trattamenti sono da considerare, ai sensi dell’art. 46, secondo comma, del citato D.P.R. 917/1986, redditi da lavoro dipendente pur non essendo assoggettati all’IRPEF in virtù di specifiche disposizioni
pensioni a carico delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi in quanto anch’esse da considerare redditi da lavoro dipendente ai sensi del predetto art. 46, secondo comma, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
assegni periodici corrisposti dall’altro coniuge – ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, se dal provvedimento giudiziale non risulta la ripartizione della somma destinata al mantenimento del coniuge e dei figli, tali assegni, a norma dell’art. 3, del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, essi costituiscono reddito nella misura del 50%.
L'ANF deve essere liquidato al richiedente dall'azienda, che verifica la spettanza e, rima di procedere all'elaborazione delle retribuzioni di luglio, calcola l'importo dell'assegno, il quale spetta per intero
se permane la continuità del rapporto di lavoro - per:
ogni mese (26 giornate) di lavoro, se ha effettuato 104 ore se operaio e 130 se impiegato;
ogni settimana (6 giornate) se, in caso di mancato raggiungimento delle 104 o 130 ore mensili, ha effettuato almeno 24 ore settimanali di lavoro se operaio e 30 ore se impiegato;
ogni giornata lavorata, in caso di mancato raggiungimento delle 24 o 30 ore settimanali.
In sostanza, si riceve anche se in alcune settimane non ha raggiunto le ore ma le ha cumulate nel mese. Se invece nella settimana non si effettuano almeno 24 o 30 ore, il lavoratore ha diritto a tanti assegni giornalieri quanti sono i giorni di effettivo lavoro prestato, nelle settimane o frazioni di esse in cui non sia stato raggiunto il minimo di ore lavorative.
Etichette:
ANF,
Assegno nucleo familiare,
autorizzazione,
busta paga,
domanda,
Gestione separata,
importi,
INPS,
redditi 2015,
tabelle
venerdì 20 maggio 2016
Lavoro: bonus quarto figlio da presentare entro maggio 2016
Per la fruizione del bonus quarto figlio è necessario presentare una DSU aggiornata . Se non è già stata presentata il termine è il 31 maggio 2016. Per ricevere il beneficio non occorre presentare alcuna domanda: l’INPS utilizzerà, in automatico, la domanda già presentata dai beneficiari dell’assegno per i tre figli minori di cui art. 65 della legge n. 448 del 1998, relativo al 2015.
È necessario, però, che nell’anno 2015 o 2016, sia stata presentata una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) dalla quale risultino almeno quattro figli minori, di cui il quarto figlio sia nato o adottato nel 2015.
L’INPS ricorda che l'assegno - di massimo 500 euro - arriverà entro luglio. L'istituto previdenziale ha reso noto che a seguito del è possibile fruire del cd "bonus quarto figlio che consiste in un contributo di 500 euro , solo per l’anno 2015, per i nuclei familiari con quattro o più figli minori e con un valore ISEE non superiore a 8.500 euro l’anno.
Il primo pagamento da parte dell’Istituto verrà effettuato nel mese di luglio . Per ricevere il beneficio non occorre presentare alcuna domanda poiché l’Inps utilizzerà, in automatico, la domanda già presentata dai beneficiari dell’assegno per i tre figli minori di cui art. 65 della legge n. 448 del 1998, relativo al 2015.
È necessario, però, che nell’anno 2015 o 2016, sia stata presentata una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) dalla quale risultino almeno quattro figli minori, di cui il quarto figlio sia nato o adottato nel 2015. In assenza di una DSU con queste caratteristiche, occorre presentare una nuova DSU entro il 31 maggio 2016.Qualora le domande di assegno per i tre figli minori già presentate per il 2015 non siano inserite dai Comuni entro il prossimo 31 maggio, i pagamenti del bonus quarto figlio subiranno un ritardo tecnico e l’erogazione da parte dell’Istituto verrà effettuata solo nel mese di dicembre 2016.
L'Inps pagherà nel mese di luglio il bonus per il quarto figlio. L'istituto ricorda che il sostegno - di massimo 500 euro - andrà alle famiglie con quattro o più figli minori che hanno un valore Isee non superiore agli 8500 euro annui.
Per ricevere il bonus, "non occorre presentare alcuna domanda poiché l'Inps utilizzerà, in automatico, la domanda già presentata dai beneficiari dell'assegno per i tre figli minori". È necessario, però, la famiglia abbia presentato una Dichiarazione Sostitutiva Unica (Dsu) per il 2015 o il 2016 dalla quale risultino almeno quattro figli minori. Il quarto deve essere arrivato - per nascita o adozione - nel 2015. Chi non ha ancora presentato la Dsu dovrà farlo entro il 31 maggio 2016.
Aleggia però il rischio di un ritardo tecnico. Può capitare che i Comuni non inseriscano "entro
il 31 maggio" le domande di assegno per i tre figli minori già presentate per il 2015. In questo caso, "i pagamenti del bonus quarto figlio subiranno un ritardo tecnico e l'erogazione da parte dell'Istituto verrà effettuata solo a dicembre 2016".
A luglio il "bonus quarto figlio" per chi ha un Isee sotto 8.500 euro „È necessario, però, che "nell'anno 2015 o 2016, sia stata presentata una dichiarazione sostitutiva unica dalla quale risultino almeno quattro figli minori, di cui il quarto figlio sia nato o adottato nel 2015. In assenza di una Dsu con queste caratteristiche, occorre presentare una nuova Dsu entro il 31 maggio 2016".“
L’INPS fa presente che per corrispondere il bonus è importante che gli Uffici comunali completino l’inserimento, nella procedura prestazioni sociali, delle richieste di pagamento relative alle domande di cui al citato articolo 65, già presentate dagli utenti per il 2015 e non ancora inserite da parte dei Comuni nella predetta procedura prestazioni sociali.
Qualora le domande di assegno per i tre figli minori già presentate per il 2015 non saranno inserite dai Comuni entro il prossimo 31 maggio, i pagamenti del bonus quarto figlio subiranno un ritardo tecnico e l’erogazione da parte dell’Istituto verrà effettuata solo nel mese di dicembre 2016.
Etichette:
bonus,
dicembre 2016,
Dichiarazione Sostitutiva Unica,
DSU,
INPS,
Isee,
lavoro,
quarto figlio
mercoledì 18 maggio 2016
Lavoro: i criteri dei premi produttività 2016
Operativa la norma sui premi produttività 2016, con aliquota agevolata al 10% anche per partecipazione agli utili, detassazione totale per chi sceglie voucher e benefit.
Con decreto interministeriale del 25 marzo 2016, pubblicato in avviso nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2016, sono stati disciplinati i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai quali i contratti aziendali o territoriali legano la corresponsione di premi di risultato di ammontare variabile nonché i criteri di individuazione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.
Aumento della produzione, risparmio nei fattori produttivi, miglioramento della qualità di prodotti e processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile: sono le tipologie di aumenti di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione per cui le imprese possono riconoscere i premi di produttività 2016, in base a criteri di misurazione che devono essere previsti dal contratto collettivo o da accordi sindacali territoriali o aziendali.
Le regole operative per i premi produttività 2016 realizzano le novità sui premi di risultato previste dalla Legge di Stabilità. La regola generale è la seguente: i premi di produttività hanno una tassazione agevolata, con aliquota al 10%, per una somma fino a 2mila euro lordi annui, che possono salire a 2500 nel caso di aziende che coinvolgono i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
I contratti, nella determinazione dei criteri attraverso i quali misurare l’aumento di produttività, devono prevedere indicatori numerici o di altro genere che consentano il raggiungimento dei risultati in modo obiettivo e misurabile. La detassazione si applica anche alle somme erogate a titolo di partecipazione agli utili dell’impresa.
L’imposta sostitutiva si applica per i premi riconosciuti nel 2016, previo deposito del contratto collettivo che ne definisce i criteri di misurazione che effettuato entro 30 giorni dalla firma, utilizzando l’apposito modello allegato al decreto ministeriale.
Se l’azienda distribuisce nel 2016 somme relative a premi di risultato o partecipazioni agli utili che si riferiscono al 2015, il deposito dei relativi contratti territoriali o aziendali deve avvenire entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale in Gazzetta Ufficiale (entro il 13 giugno).
C’è una novità rilevante che riguarda la possibilità, per il lavoratore destinatario di premi di produttività, di sostituire le relative somme con i voucher o servizi di welfare , (buoni pasto, contributi previdenziali, borse di studio per i familiari, e via dicendo). In questo caso, non si applica nemmeno la tassazione del 10%, trattandosi di somme che non concorrono a formare il reddito del lavoratore. Questi servizi possono essere erogati attraverso buoni cartacei o elettronici, che non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare.
Per poter fruire dell’agevolazione, è necessario che l’erogazione avvenga in esecuzione di contratti aziendali o territoriali (contratti collettivi di “secondo livello”) sottoscritti dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalle RSU. Il contratto sottoscritto dalle parti deve necessariamente essere depositato entro trenta giorni preso la Direzione Territoriale del Lavoro competente, pena l’inapplicabilità del regime di tassazione agevolata o detassazione.
I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro sono stati stabiliti con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Come specificato dal decreto interministeriale, il premio di risultato consiste nelle somme di ammontare variabile la cui erogazione è legata ad una serie di incrementi:
produttività;
redditività;
qualità;
efficienza;
innovazione.
Etichette:
criteri,
criteri di misurazione,
detassazione,
premi di produttività 2016,
regole operative,
tassazione agevolata
Pensione e part-time agevolato: come cambia la busta paga
Per i lavoratori vicini alla pensione, la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto la possibilità di optare per un part-time senza penalità, su base volontaria e concordato con il datore di lavoro. I pensionandi con i requisiti indicati possono chiedere un part-time con riduzione tra il 40% e 60% dell’orario contrattuale. Raggiunto l’accordo, il datore di lavoro ne darà comunicazione all’INPS e alla DTL competente. Con il part-time agevolato lavoratore potrà concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell'orario tra il 40 ed il 60%, e di ricevere mensilmente l'importo corrispondente ai contributi previdenziali e alla contribuzione figurativa.
La misura si rivolge solo ai lavoratori del settore privato. I requisiti richiesti per l’accesso sono i seguenti:
contratto a tempo indeterminato;
lavoro a tempo pieno;
20 anni di contributi versati (requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia);
requisito anagrafico maturato entro il 31 dicembre del 2018.
Per i lavoratori del settore privato, con contratto a tempo indeterminato e orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Per i lavoratori che faranno ricorso all'agevolazione, cambierà, dunque, il contenuto della busta paga.
Vediamo un esempio: se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe spuntare all'ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioè riconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione ridotta in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest'ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esente da tasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società, il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo a tempo pieno), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Se il rapporto di lavoro si trasformasse in un part-time al 50%, il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro.
Per la società il costo del lavoratore sarebbe di circa 20mila euro, per lo Stato di 4.125 euro di contributi figurativi.
Tenendo poi ferma la percentuale di orario al 50% e modificando il parametro dello stipendio, si evince che: uno stipendio lordo di 35mila euro diventerebbe un netto di 18.562 euro (1.427 euro per tredici mesi), salendo a 45mila euro annui il dimezzamento dell’orario porterebbe a un reddito netto di 22.780 euro.
Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità finanzia l'agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perché nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).
Come abbiamo visto il contenuto della busta paga sarà diverso rispetto a quello previsto per l’orario pieno, infatti il datore di lavoro dovrà riconoscere la retribuzione prevista per l’orario di lavoro lavorato ed in aggiunta ad essa, il lavoratore troverà in busta paga l’importo dei contributi previdenziali a carico dell’azienda sullo stipendio previsto per l’orario non lavorato. La somma non concorrerà alla formazione del reddito e non sarà assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Lo Stato, per la porzione di orario non lavorato riconoscerà al lavoratore una contribuzione figurativa “corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell'età pensionabile il lavoratore percepirà l'intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione”. In altre parole, lo scopo è quello di evitare che il lavoratore percepisca meno contributi negli ultimi anni di attività, cosa che comporterebbe una decurtazione ingente del futuro assegno previdenziale.
Facendo un esempio pratico: nel caso in cui il lavoratore decida di ridurre il proprio orario di lavoro del 50%, grazie al meccanismo previsto all’interno del decreto, riceverà una retribuzione corrispondente a circa il 65% di ciò che percepiva in precedenza. Nel momento in cui andrà in pensione, riceverà il 100% dell’assegno previdenziale.
Il beneficio viene riconosciuto dall’INPS fino a esaurimento risorse, così ripartite:
60 milioni di euro per il 2016,
120 milioni di euro per il 2017,
60 milioni di euro per il 2018.
Etichette:
busta paga,
contributi previdenziali,
flessibilità,
orario di lavoro,
part-time,
part-time agevolato,
pensione,
stipendio annuo lordo
lunedì 16 maggio 2016
Inps: servizi online, numero verde, contatti per Assistenza
Il suggerimento è quello di rivolgersi ai contatti INPS tramite il numero verde messo a disposizione dall’Istituto.
Bene proponiamo una guida oltre a fornire tutti i numeri dell’INPS dedicati all’Assistenza e verranno forniti anche gli orari in cui è possibile contattare l’INPS e si provvede a spiegare tutte le tipologie con cui puoi entrare in contatto con l’INPS come Skype, via Fax o via email, di seguito si troveranno tutte le informazioni relative all’Inps Numero Verde.
Il Numero Verde dedicato all'Assistenza che l'Istituto di previdenza mette a disposizioni è 803.164 ed è il Contact Center integrato che offre informazioni sia per quanto riguarda le problematiche INPS che INAIL.
Naturalmente il Contact Center dell'INPS non è attivo 24 ore su 24 ma osserva in seguenti Orari dal lunedì a venerdì (8:00-20:00); sabato (8:00-14:00), la chiamata è gratuita solo ed esclusivamente dai Numeri di rete Fissa, per chi invece chiama da Cellulare il numero da contattare è lo 06.16.41.64, il numero è a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, anche in questo caso gli orari ed i giorni di attività restano sempre gli stessi.
Il Numero Verde fornisce Assistenza al Cittadino su molteplici argomenti e servizi, vediamo di seguito quali sono tutte le tipologie di argomenti per i quali è possibile contattare l'assistenza:
• informazioni su pensioni, prestazioni temporanee e contributi individuali;
• spedizione di duplicati di documenti e certificati previdenziali ai cittadini assicurati con l’Istituto (estratto conto assicurativo, estratto versamenti, certificati di pensione, CUD);
• spedizione di duplicati di documenti e certificati previdenziali ai lavoratori autonomi: artigiani, commercianti e coltivatori diretti (estratto conto assicurativo, estratto versamenti, situazione debitoria, pagamenti, …) chiarimenti e informazioni sulla situazione
• debitoria, avvisi bonari e cartelle esattoriali;
• iscrizione on-line per lavoratori parasubordinati, domestici e casalinghe;
• invio bollettini di pagamento, simulazione del calcolo dei contributi per i lavoratori domestici;
• informazioni e invio copia della ricevuta di pagamento online dei contributi per lavoratori domestici, versamenti volontari, riscatto
• laurea e ricongiunzioni contributive;
• rilascio del PIN (codice personale di identificazione);
• variazioni indirizzo di residenza;
• acquisizione e informazioni sulle domande di disoccupazione;
• stato delle domande e dei pagamenti delle prestazioni;
• stato delle richieste e dei rinnovi della Carta Acquisti;
• indirizzi e orari degli uffici INPS;
• supporto tecnico per gli utenti internet: cittadino, aziende, consulenti e professionisti, enti pubblici e previdenziali, patronati, associazioni di categoria e CAF.
Oltre al classico Numero Verde l'INPS ha messo a disposizione anche altri Canali con cui fornisce Assitenza al Cittadino, uno dei quali è il popolare programma SKYPE che permette di effettuare chiamate via web in maniera completamente gratuita, una volta installato il Programma sul vostro Pc/Notebook vi basterà andare nella pagina Contatti del sito Inps dove sarà possibile scegliere l’opzione “Contatta INPS via Skype” il programma verrà avviato automaticamente con una chiamata indirizzata al Contact Center.
Sempre via Web è possibile contattare l’Assistenza via Web in tempo reale con una Chat che vi mette in contatto con un Operatore che appena disponibile risponderà alle vostre Domande.
Come abbiamo visto ci sono davvero tantissimi modi per mettersi in Contatto con l’INPS basta semplicemente scegliere il modo migliore per voi.
Contact Center Integrato Inps-Inail
Fornisce, in automatico o con intervento dell'operatore, informazioni e servizi online, risultando uno "sportello virtuale" al servizio del cittadino.
Gli operatori sono a disposizione dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20 e il sabato dalle 8 alle 14, mentre il servizio automatico (per la provincia di Bolzano in lingua tedesca) ・in funzione 24 ore al giorno, compresi i festivi.
Fornisce informazioni anche in 7 lingue straniere (tedesco, inglese, francese, arabo, polacco, spagnolo e russo), utilizzando operatori bilingue, per i lavoratori stranieri, per gli extracomunitari e per cittadini residenti in Paesi diversi dall'Italia.
Il Contact Center INPS-INAIL trasmette alle strutture periferiche dell’INPS le segnalazioni che richiedono approfondimenti presso le Sedi dell'Istituto, le quali provvedono entro 48 ore dalla segnalazione a prendere contatti con l'utente e a fornire tutti i chiarimenti del caso. Inoltre, prenota un appuntamento, per concordare con l’utente l’incontro presso la Sede INPS, qualora sia strettamente necessaria la sua presenza per la definizione della sua richiesta.
Per quanto riguarda l’INAIL, le segnalazioni che richiedono approfondimenti, vengono inviate alle strutture di Back Office che provvedono entro le 48 ore a ricontattare l’utente per la soluzione del caso. Inoltre, prenota un appuntamento per concordare con l’utente l’incontro presso la Sede INAIL, qualora sia strettamente necessaria la sua presenza per la definizione della sua richiesta
Inps Risponde è un servizio telematico al quale potete accedere dal sito ufficiale dell’Inps www.inps.it. Anche se non avete il codice PIN, vi permette di contattare gli esperti dell’Inps semplicemente inserendo una richiesta online, come se si trattasse di un messaggio email. Una volta completata la procedura il sistema di rilascerà un numero di protocollo che vi sarà utile per la ricerca della risposta.
Etichette:
assistenza,
chiamata gratuita,
contact center,
contatti,
INPS,
numero verde,
servizi online,
Skype
sabato 14 maggio 2016
Lavoro: le regole per l’attività di vigilanza
Dall’INPS le istruzioni operative, nella circolare 76/2016 l'INPS riepiloga le regole per le ispezioni sul lavoro per uniformare le procedure degli enti ora riuniti nell'Ispettorato Nazionale.
L’INPS in vista della imminente e completa operatività del nuovo Ispettorato Nazionale del Lavoro, riepiloga ed aggiorna le istruzioni operative sull’attività di vigilanza e sul procedimento ispettivo, con lo scopo di garantire uniformità di comportamento e trasparenza, nell'interesse sia dell’Istituto che dei lavoratori e delle imprese.
La circolare si sofferma sulle procedure di designazione e affidamento delle ispezioni, sulle modalità di accesso e verbalizzazione, sottolineando per gli ispettori la necessità dell'obbligo di identificarsi ed avere un atteggiamento collaborativo. Inoltre viene affermata l'opportunità di attendere ove possibile la presenza del datore di lavoro. Non è un diritto invece per l'azienda la presenza del consulente del lavoro. Si raccomanda anche la presenza di almeno due ispettori per garantire l'effetto sorpresa e un effettivo controllo della situazione dei lavoratori dell'azienda.
Riassumiamo di seguito i principali aspetti.
Organizzazione attività ispettiva
L’accertamento ispettivo è per eccellenza un accertamento effettivo che non può tradursi in una verifica di carattere puramente contabile-amministrativo. All’Ispettore spetta la valutazione di tutte le circostanze del caso concreto e delle specifiche modalità di svolgimento e di esecuzione del singolo rapporto di lavoro verificato. E’ necessario pertanto, che gli ispettori siano impiegati, salvo casi eccezionali, nella specifica attività di controlli esterni, limitandone la presenza negli uffici delle sedi allo stretto indispensabile.
Svolgendo l’attività istituzionale prevalentemente al di fuori della sede, la stessa deve essere autorizzata dal dirigente dell’Area manageriale “Vigilanza” di competenza ai fini degli adempimenti previsti dalla procedura Sap- presenza. Particolare attenzione deve essere posta alla rendicontazione dell’attività effettuata fuori sede avendo cura di riportare nella predetta procedura gli effettivi orari di lavoro prestati, validati dal dirigente dell’Area manageriale “Vigilanza” di appartenenza.
Segnalazione e Assegnazione degli accertamenti ispettivi
Vale per le ispezioni, il principio generale in virtù del quale le ispezioni vanno condotte necessariamente in coppia, nella fase di primo accesso, nonché nelle fasi successive dell’accertamento, compresa la redazione e sottoscrizione del verbale, garanzia questa sia per i verbalizzanti che per i soggetti sottoposti a verifica. In coerenza con l’indirizzo prevalentemente programmatico dell’attività ispettiva e nell’ottica di razionalizzarne l’organizzazione, la fase di assegnazione delle pratiche dovrà avvenire attraverso la formulazione, con cadenza mensile, di un “programma”, a cura del Responsabile Area manageriale “Vigilanza” o, laddove non istituita, “Controllo Flussi e Vigilanza” nel cui ambito opera la U. O. Vigilanza Ispettiva.
Potere di accertamento - Acquisizione delle dichiarazioni
Ai funzionari ispettivi compete un complesso di poteri autoritativi che comprende, oltre al potere di ispezione e di accesso da effettuarsi nei corrispondenti luoghi di lavoro secondo i modi e i tempi consentiti dalla legge, quello di accertamento consistente nell’attività di osservazione, di ricerca di notizie e prove per verificare l’esistenza dei presupposti del rapporto assicurativo, dell’obbligazione contributiva e delle prestazioni, garantendo la corretta applicazione delle norme che regolamentano la materia.
Il personale ispettivo può valutare l’opportunità di acquisire, previo consenso, le dichiarazioni dei lavoratori anche al di fuori del posto di lavoro, affinché le stesse siano esenti da condizionamenti di sorta. Durante l’acquisizione delle dichiarazioni non è ammessa la presenza del datore di lavoro o di altra persona che comunque lo rappresenti onde evitare che ciò possa influenzare la veridicità delle dichiarazioni.
Verbalizzazione ispettiva
Una volta concluse le attività di verifica espletate nel corso del primo accesso, il personale ispettivo deve predisporre e rilasciare, un apposito verbale di primo accesso al datore di lavoro o a chi ne fa le veci o, in loro assenza, ai soggetti aventi titolo a riceverlo compreso il professionista delegato. Nei casi in cui l’accertamento si riveli complesso e prolungato nel tempo il personale ispettivo formula le necessarie richieste di informazione e/o documentazione, anche in forma scritta al soggetto ispezionato o a persona appositamente delegata con l’espresso avvertimento che l’accertamento è ancora in corso. E’ con il verbale conclusivo dell’accertamento ispettivo che si procede alla constatazione di tutti gli illeciti riscontrati dagli organi di vigilanza. Tale verbale deve essere notificato entro il termine di 90 giorni dal momento in cui si è concluso l’accertamento preferibilmente consegnandola a mani del destinatario del verbale, metodo che garantisce la certezza e la determinatezza dell’adempimento. In caso di impossibilità la notifica può avvenire a mezzo Posta Elettronica Certificata, oppure con la consueta modalità di notifica per posta.
La notifica del verbale, in quanto inerente agli adempimenti conclusivi del procedimento ispettivo, è essenziale per assicurare la certezza delle situazioni giuridiche accertate nel medesimo provvedimento.
La gestione delle fasi successive alla conclusione dell’accertamento
La competenza dell’ispettore cessa con la notifica a mani o a mezzo raccomandata del verbale contenente l’addebito contributivo. Restano tuttavia ancora a suo carico degli adempimenti. In particolare, nell’eventualità in cui si contestino illeciti diffidabili, l’ispettore deve verificare l’ottemperanza alla diffida nel termine di 45 giorni (30 per la regolarizzazione della condotta e 15 per il pagamento della sanzione amministrativa in misura c.d. ridottissima) ovvero 120 giorni in presenza di lavoratori in nero ancora in forza. In caso di inadempimento ovvero di mancato pagamento nei successivi 60 giorni della sanzione in misura ridotta, l’ispettore provvederà alla predisposizione del rapporto da trasmettere alla Direzione Territoriale del Lavoro competente.
Inoltre in caso di rilevazione di ipotesi di reato perseguibili d’ufficio, il personale ispettivo dovrà provvedere a riferire in merito al Direttore di Sede, corredando il tutto con ogni documentazione costituente fonte di prova del reato. L’obbligo del rapporto giudiziario si considererà adempiuto per effetto stesso dell'informativa al Dirigente responsabile, che a sua volta dovrà riferire i fatti in questione all'Autorità Giudiziaria.
Il personale ispettivo è tenuto altresì a comunicare, nelle medesime modalità alla Guardia di Finanza i fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie.
Etichette:
datore di lavoro,
gestione lavoratori dipendenti,
INPS,
Ispettorato Nazionale,
ispezioni sul lavoro
Quando può essere disposta la cassa integrazione e come è retribuita
Il datore di lavoro, quando intende sospendere propri dipendenti in CIG, deve preventivamente comunicare alle RSA, nonché alle organizzazioni sindacali di categoria più rappresentative operanti nella provincia, le cause di sospensione, l’entità e la durata prevedibile della stessa, nonché il numero dei lavoratori interessati. Ricevuta la comunicazione, le organizzazioni sindacali possono eventualmente chiedere un esame congiunto, il datore di lavoro deve comunicare anche i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità della rotazione. E’ anche previsto che il datore di lavoro, se ritiene per ragioni tecnico – organizzative di non adottare meccanismi di rotazione, debba indicarne le ragioni nel programma da predisporre all’atto della presentazione della domanda di CIG.
Vediamo quando può essere disposta la cassa integrazione. La legge prevede due tipi di cassa integrazione, quella ordinaria e quella straordinaria.
La prima riguarda i lavoratori dell'industria (esclusi i dirigenti) e può essere disposta nel caso di contrazione o sospensione dell’attività produttiva, derivante o da eventi aziendali transitori, non imputabili al datore di lavoro né ai lavoratori, o da situazioni temporanee di mercato. In presenza di un caso come quelli indicati, il datore di lavoro può decidere di sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, rivolgendo un'istanza all'INPS al fine di ottenere l’ammissione alla cassa integrazione ordinaria.
Quest’ultima può essere concessa per un periodo massimo di 3 mesi continuativi, eccezionalmente prorogabili trimestralmente fino a un limite massimo complessivo di 1 anno. In ogni caso, la sospensione, anche se non consecutiva, non può superare i 12 mesi in un biennio.
La cassa integrazione salariale straordinaria viene invece concessa nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale; di crisi aziendale di grande rilevanza sociale; di fallimento o altre procedure concorsuali, purché non continui l’attività. Come si vede, in questo caso – e a differenza della cassa ordinaria – il provvedimento può essere adottato a fronte di situazioni di crisi di presumibile durata anche lunga, ma anche nel caso in cui la contrazione dell’attività dipenda dalla semplice decisione del datore di lavoro di riorganizzare o ristrutturare la propria attività, a prescindere dal fatto che ciò sia imposto da una crisi.
Qualora ricorra un’ipotesi come quelle sopra descritte, dunque, il datore di lavoro può sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, previa autorizzazione del ministro del lavoro.
La sospensione straordinaria può essere disposta entro limiti temporali diversi a seconda della causa che l’ha determinata: 2 anni, prorogabili per altri 2, per le ristrutturazioni e le riconversioni aziendali; 12 mesi in caso di crisi aziendale; 12 mesi, prorogabili per altri 6, quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività, in caso di procedure concorsuali. La Cassa integrazione guadagni non può comunque protrarsi complessivamente per più di 36 mesi nel quinquennio.
La cassa integrazione straordinaria si applica ai lavoratori (esclusi i dirigenti) che abbiano maturato un'anzianità aziendale di almeno 90 giorni. L’integrazione salariale straordinaria è stata estesa, talvolta con modalità peculiari, ad altri settori: innanzi tutto, alle imprese commerciali con più di 200 dipendenti e alle imprese giornalistiche. Oltre a queste, si possono ricordare le aziende addette alla commercializzazione dei prodotti delle aziende industriali in crisi; le imprese artigiane collegate alle aziende industriali in crisi; le imprese appaltatrici dei servizi di mensa o ristorazione delle medesime imprese industriali. In ogni caso l'impresa deve avere più di 15 dipendenti da almeno 6 mesi.
Il Ministero del Lavoro nella circolare n. 24 del 2015 ha precisato che per giornate di “effettivo lavoro” si intendono le giornate di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria (quindi si conteggia anche il part-time), ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni.
Vediamo quindi come si calcola l’importo mensile della cassa integrazione.
Misura CIGO e CIGS: “Il trattamento di integrazione salariale ammonta all'80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale”. Il trattamento si calcola tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga.
L’orario contrattuale può dunque essere anche superiore a 40 ore settimanali, fermi restando ovviamente i relativi limiti di legge.
Nel caso in cui la riduzione dell'orario di lavoro sia effettuata con ripartizione dell'orario su periodi ultra settimanali predeterminati, l'integrazione è dovuta, nei limiti di cui ai periodi precedenti, sulla base della durata media settimanale dell'orario nel periodo ultra settimanale considerato.
Ai lavoratori con retribuzione fissa periodica, la cui retribuzione sia ridotta in conformità di norme contrattuali per effetto di una contrazione di attività, l'integrazione è dovuta entro i limiti dell’80% ragguagliando ad ora la retribuzione fissa goduta in rapporto all'orario normalmente praticato.
Agli effetti dell'integrazione le indennità accessorie alla retribuzione base, corrisposte con riferimento alla giornata lavorativa, sono computate secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni di legge e di contratto collettivo che regolano le indennità.
L’Inps ogni anno comunica gli importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale. L’importo della cassa integrazione ordinaria o straordinaria percepita dipende dalla retribuzione percepita dal lavoratore.
Ora vediamo quali sono gli importi massimi della cassa integrazione per l’anno 2016. A prevederli è la circolare Inps n. 48 del 14 marzo 2016. Si riportano gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui al citato art. 3, comma 5, del Decreto Legislativo n. 148/15, la retribuzione lorda mensile, maggiorata dei ratei relativi alle mensilità aggiuntive, oltre la quale è possibile attribuire il massimale più alto. Gli importi sono indicati, rispettivamente, al lordo ed al netto della riduzione prevista dall’art. 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, che attualmente è pari al 5,84 per cento:
a) euro 971,71 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;
b) euro 167,91 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.
Gli importi massimi mensili sono comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima mensilità).
Etichette:
cassa integrazione,
CIGO,
cigs,
datore di lavoro,
dipendenti,
orario contrattuale,
ordinaria,
retribuzione,
RSA,
straordinaria
mercoledì 11 maggio 2016
Trovare lavoro con un tweet ecco hashtag jobfair
Il 19 maggio Twitter con l'iniziativa #Jobfair ha lanciato una giornata di mercato virtuale dell'impiego per chi cerca e chi offre lavoro, nella quale le aziende e le persone a caccia di lavoro possano dialogare in 140 battute.
Le regole sono poche e semplici: ad ogni azienda interessata a trovare nuovo personale, dopo aver seguito la procedura d'iscrizione all'iniziativa, basterà inviare un tweet che, oltre all'hashtag #JobFair, dovrà riportarne di altri, per meglio descrivere l'offerta lavorativa.
A partire dal 2014 la società ha iniziato a celebrare delle giornate particolari, e il 19 maggio è una di queste date nella quale domanda e offerta di lavoro sono invitate ad incontrarsi. Per le aziende c'è l'opportunità di registrarsi in anticipo sotto il simbolo #Jobfair (fiera del lavoro), E compilare liste delle posizioni disponibili. nel giorno fissato gli aspiranti iniziano a consultare le inserzioni, e avviano lo scambio di messaggi per la selezione e la trattativa finale.
In Italia l'hashtag ufficiale della giornata sarà #JobFair. Sarà quindi sufficiente pubblicare i propri tweet inserendo l'hashtag ufficiale per facilitarne la condivisione. Nel corso della giornata le aziende di tutta Europa twitteranno in tempo reale le proprie offerte di lavoro, mentre chi è in cerca di una nuova occupazione risponderà inviando il proprio curriculum vitae.
Durante l’evento ci sarà anche la possibilità di ricevere consigli e suggerimenti da esperti del settore, che daranno il loro contributo aggiungendo l’hashtag ufficiale ai loro Tweet.
Le aziende o le agenzie di selezione che stanno cercando personale per le proprie posizioni aperte potranno:
・ indicare il settore di pertinenza (es. #Marketing, #Vendite)
・ il luogo di lavoro (es. #Milano, #Roma o #CentroItalia)
così da misurare al meglio la ricerca degli annunci di lavoro.
Twitter poi invierà ulteriori informazioni a tutte le aziende che si registreranno, che avranno così la possibilità di partecipare a sessioni di formazione dedicate all'uso di Twitter per le attività di job scouting.
Il tema del lavoro è sempre più comune sul social network: sono già tante le aziende che hanno attivato un account specifico sulla piattaforma per la selezione del personale e Twitter è uno strumento molto efficace che per chi voglia costruire il proprio profilo professionale e una rete di contatti, restare aggiornato sulle novità che riguardano i diversi settori e andare alla ricerca di nuove opportunità.
Certo, condensare il proprio curriculum, in appena 140 caratteri, non sarà un'impresa semplice, ma un uso sapiente degli hashtag, che mettano in risalto i punti di forza (ad esempio: #inglese, #espertomarketing, ecc.), potrebbe darvi la possibilità di essere contattati per un colloquio.
Concludendo, il 19 maggio Twitter si trasformerà in una enorme fiera del lavoro europea: un'opportunità da cogliere al volo.
Etichette:
#Jobfair,
aziende,
Cercare lavoro,
curriculum vitae,
hashtag,
lavoro,
Offerte di lavoro,
social network,
trovare lavoro,
tweet,
twitter
martedì 10 maggio 2016
Pensione: consigli per investire e sfruttare i risparmi
Vediamo di dare delle opzioni per far fruttare di più i risparmi a lungo termine mettendo in evidenza la Giornata nazionale della previdenza e del lavoro.
Nel corso delle prossime settimane la Busta arancione sarà inviata a milioni di lavoratori che non dispongono del Pin Inps, cioè del codice per accedere al sito e provare a farsi i calcoli per conto proprio.
Che cosa è conveniente fare quando arriva? «E’ necessario in ogni caso dotarsi del Pin o dello Spin, la credenziale unica di accesso ai servizi on line della pubblica amministrazione —ha risposto Carbone —. A differenza di quella cartacea, che utilizza un parametro standard, la versione elettronica offre diverse possibilità di simulazione e personalizzazione. Una volta entrati, il primo passaggio è verificare sull’estratto conto contributivo che l’intera vita lavorativa sia stata registrata in maniera corretta. Secondo l’Inps, del resto, circa il 20% degli utenti della Busta arancione ha riscontrato anomalie. Se il passato contributivo è in regola, si può pensare al futuro effettuando una o più simulazioni con parametri più prudenti per la crescita del Pil e anche sulla crescita della retribuzione.
Facciamo un esempio. Per un trentenne con reddito netto di mille euro al mese e versa un contributo di mille euro l’anno, il beneficio fiscale è di 270 euro l’anno: moltiplicato per i quarant’anni di versamenti sino al pensionamento (ipotizzato a settanta) il beneficio complessivo è di 11.366 euro. La prestazione finale sarà tassata invece a titolo definitivo con un’aliquota molto bassa, appena il 9%. Per un quarantenne con una retribuzione netta di millecinquecento euro, il beneficio fiscale è anch’esso di 270 euro l’anno e 10.565 per l’intero programma previdenziale, mentre la rendita sarà tassata con un’aliquota del 10,8%. L’ultimo esempio è relativo infine a un cinquantenne che ha una retribuzione attuale di duemila euro netti il mese e ne versa mille sempre all’anno, per i diciotto che gli restano al pensionamento. Il beneficio fiscale è di 380 euro l’anno e 6.840 complessivi, mentre la prestazione finale sarà tassata con un’aliquota del 14,1%.
Il riscatto degli anni di laurea è uno dei più forti alleati su cui può valere chi vuole migliorare il proprio futuro previdenziale, anche se piuttosto costoso. Le simulazioni che ogni lavoratore dovrà valutare attentamente la propria posizione. Di solito, solo per chi ha iniziato a lavorare presto, verso i 25 anni, il riscatto degli anni di laurea può servire ad anticipare il pensionamento. Per coloro che invece hanno iniziato stabilmente oltre i trent’anni , potrebbe non bastare per smettere prima. Un trentenne, per il quale l’età di pensionamento è stimata a 70 anni e 5 mesi potrebbe staccare a 68 e 4 con un riscatto di tre anni di studi, e a 66 e 2 se questo è di cinque anni. Per un quarantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 69 anni e 5 mesi, il riscatto di tre anni consentirebbe di anticipare a 67 e 4, quello di cinque anni a 65 e 2 mesi. L’ultimo caso è relativo infine a un cinquantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 68 anni e tre mesi: riscattando tre anni potrebbe staccare a 66 e 2, con cinque potrebbe smettere di lavorare a 63 anni e 11 mesi.
Una pensione per investire cento euro netti al mese: è un obiettivo raggiungibile con un limitato sacrificio economico, a patto di cominciare prima possibile. Le simulazioni di Progetica ipotizzano una continuità di versamenti sino all’età della pensione e l’adesione a un fondo pensione bilanciato-azionario con il 30% di titoli obbligazionari. Vengono considerati i costi medi di un fondo pensione aperto (promosso da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr), in funzione della durata. Tutti i valori sono al netto delle tasse e dell’inflazione.
La pensione per investire è in azione: solo accettando una qualche dose di rischio sui mercati (adeguata naturalmente all'età e all’orizzonte temporale), si può ottenere una rendita integrativa adeguata con un esborso sostenibile. Un trentenne che vuole ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa di cento euro netti al mese dovrebbe versarne 33 in una linea bilanciata-azionaria, sino al pensionamento fissato a settant’anni. Con una garantita, invece, il conto salirebbe a 54 euro, il 65% in più. E anche per un quarantenne e un cinquantenne, la tranquillità di una linea garantita ha un maggior costo. Per ottenere al momento del pensionamento lo stesso obiettivo, il primo deve versare per ventinove anni 56 euro se opta per un comparto bilanciato e 80 se si rifugia invece nel porto tranquillo di un garantito. Per un cinquantenne, che davanti a se ha ancora diciotto anni di lavoro, il contributo da investire è di 108 euro al mese con un bilanciato e 135 con il garantito.
«Nella previdenza integrativa, investire in una linea che ha una componente azionaria aiuta a ottenere rendimenti migliori nel medio-lungo periodo», spiega Andrea Carbone, partner di Progetica, la società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale che ha realizzato le elaborazioni. Le linee a basso rischio garantiscono infatti dalle oscillazioni di breve periodo dei mercati finanziari, ma pregiudicano la crescita nel lungo termine. Nelle tabelle sono stati considerati i costi medi di un fondo pensione aperto: tutti i valori sono in termini reali, tengono conto cioè dell’inflazione.
Il contributo aziendale, che spetta solo a chi aderisce, fa la differenza nel determinare la convenienza del fondo pensione. Nelle simulazioni realizzate viene considerata la pensione integrativa netta che si può ottenere grazie a un contributo del datore di lavoro pari all’1% della retribuzione. «Per esempio, un trentenne con un reddito attuale netto di mille euro il mese — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica — può attendersi al momento del pensionamento, ipotizzato a settant’anni, una pensione integrativa di cento euro il mese se partecipa al fondo in una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e di centocinquanta se opta invece per una bilanciata-azionaria: metà di queste rendite verrebbe finanziata dal datore di lavoro». Per un quarantenne con un reddito netto attuale di millecinquecento euro netti il mese e che davanti a sè ha ancora ventinove anni di lavoro, il contributo aziendale da solo vale una pensione integrativa di 89 euro con un comparto garantito e 122 con un bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito attuale di duemila euro netti il mese e pensionamento a 68 anni, infine, la rendita mensile integrativa è pari a 62 euro il mese nel primo caso e 77 nel secondo. Attenzione però: ha diritto al contributo aziendale solo il lavoratore che s’iscrive al fondo pensione aziendale o di categoria, oppure a quello aperto (promosso cioè da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr) su base collettiva, cioè in seguito a un accordo fra azienda e dipendenti. Anche in queste simulazioni è stata ipotizzata la continuità di versamenti sino alla pensione e sono stati considerati i costi medi dei fondi aperti in funzione della durata prevista. Tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali.
Destinare necessariamente la liquidazione alla pensione per il futuro. E’ una delle proposte di cui si sta discutendo per rilanciare una previdenza complementare che sarà sempre più necessaria, soprattutto per i giovani. Il Tfr (pari al 6,91% della retribuzione) rappresenta nel caso dei lavoratori dipendenti un’importante risorsa su cui contare. «Il conferimento del Tfr alla previdenza complementare evita di doversi privare nell’immediato di risorse — ha spiegato Andrea Carbone, partner di Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale —. Un trentenne con un reddito netto attuale di mille euro il mese che conferisce il Tfr a un fondo pensione può attendersi al pensionamento (ipotizzato a settant’anni) una rendita integrativa di 344 euro al mese se s’iscrive a una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e 519 se sceglie invece per una bilanciata-azionaria con il 70% di azioni». Un quarantenne che destina a un fondo pensione il Tfr relativo a un reddito netto attuale di 1.500 euro il mese può attendersi al pensionamento, a 69 anni, una pensione integrativa di 307 con il comparto garantito e 421 con il bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito netto di duemila euro il mese, infine, la rinuncia al Tfr (che in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione) può consentire di ottenere al pensionamento (a 68 anni) una pensione integrativa di 215 euro al mese se l’aderente sceglie una linea garantita, e 265 se opta invece per una bilanciata. Le simulazioni di Progetica presuppongono la continuità di versamenti alla previdenza integrativa sino all’età della pensione; tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali, tengono cioè conto dell’inflazione.
Etichette:
busta arancione,
investimenti,
lavoro,
pensione,
previdenza integrativa,
retribuzione,
riscatto anni di laurea,
risparmi,
Servizi on line,
tfr
Contratti di collaborazione: indennità di disoccupazione entro il 12 luglio
Estesa a tutto il 2016 l'operatività dell'indennità di disoccupazione DIS COLL da richiedere entro il 12 luglio 2016 per chi è già disoccupato. Le domande che si riferiscono a cessazione di collaborazioni avvenute tra il 1° gennaio e il 5 maggio 2016 vanno inviate all'Inps entro il 12 luglio. Per gli eventi che si verificano da oggi, invece, la domanda va presentata entro 68 giorni dalla fine del rapporto.
La circolare 74/2016 pubblicata dall’INPS ha fornito le indicazioni applicative riguardanti la Dis-Coll, ossia l'indennità di disoccupazione a beneficio dei collaboratori, anche a progetto, ma senza partita Iva che perdono involontariamente l'occupazione. Da quest'anno il sussidio viene riconosciuto anche ai collaboratori della pubblica amministrazione, a patto che, come tutti gli altri, siano iscritti alla gestione separata dell'Inps in via esclusiva, mentre, sempre degli iscritti alla gestione separata.
Sono esclusi dalla categoria dei destinatari gli amministratori, i sindaci o revisori di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica. Sono altresì esclusi dalla tutela dell’indennità DIS COLL gli assegnisti di ricerca, i dottorandi e i titolari di borsa di studio.
L’indennità DIS COLL è corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno civile precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento. Ai fini del calcolo della durata della prestazione, non sono computati i “periodi contributivi” che hanno già dato luogo ad erogazione della DIS COLL .
Per la fruizione dell’indennità DIS COLL i lavoratori con contratto di collaborazione devono presentare apposita domanda all’INPS, esclusivamente in via telematica, entro il termine previsto a pena di decadenza di sessantotto giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione.
L’indennità di disoccupazione DIS COLL spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, la prestazione DIS COLL spetta dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.
Per poter chiedere il contributo è necessario lo stato di disoccupazione e almeno tre mesi di contribuzione alla gestione separata nel periodo che, per quest'anno, parte dal 1° gennaio 2016 fino al momento in cui è terminata la collaborazione.
La durata della Dis-coll è metà dei mesi di contribuzione validi nel periodo preso in considerazione, tenuto conto anche delle frazioni di mese, ma non può in alcun caso superare i 6 mesi. L'importo, invece, è pari al 75% del reddito medio imponibile ai fini previdenziali derivante dalla collaborazione se il valore che si determina non è superiore a 1.195 euro, altrimenti è pari a 1.195 più il 25% della differenza tra il reddito medio mensile e 1.195 euro, ma comunque non può superare i 1.300 euro. In ogni caso, a partire dal quarto mese l'importo si riduce del 3% ogni mese.
Soprattutto in questo secondo anno va ricordato che, in base a una delle regole da rispettare per il calcolo della durata, i periodi di contribuzione già utilizzati per una indennità precedente non sono utili per quella successiva. Così, per esempio, se l'anno scorso si è fruito di una Dis-coll sulla base dei contributi versati nel 2015, il medesimo periodo non è utile quest'anno per calcolare la durata di una eventuale nuova indennità. Se l'anno scorso si sono “valorizzati” i mesi da gennaio a giugno, per ipotesi, poi si è fruito di 3 mesi di Dis-coll e quindi si è ripreso a lavorare, quest'anno il periodo gennaio-giugno 2015 non è valido per calcolare la durata dell'indennità in caso di perdita del lavoro, ma si dovrà tener in considerazione solo i mesi successivi.
Il beneficio decade dall’indennità, con effetto dal verificarsi dell’evento interruttivo, nei casi di seguito elencati:
perdita dello stato di disoccupazione;
non regolare partecipazione alle misure di politica attiva proposte dai centri per l’impiego;
nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato di durata superiore a cinque giorni;
inizio di una attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di un’attività parasubordinata senza che il lavoratore comunichi all’INPS entro trenta giorni, dall’inizio dell’attività o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda;
titolarità di trattamenti pensionistici diretti;
acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che non si scelga per l’indennità DIS COLL.
Etichette:
ammortizzatori sociali,
contratti di collaborazione,
Dis-coll,
domanda all’Inps,
domande,
Gestione separata,
Indennità di disoccupazione,
INPS,
sussidio di disoccupazione
domenica 8 maggio 2016
Stop al sussidio Naspi se si rifiuta il lavoro
Potrà ottenere il buono (voucher) per il ricollocamento solo chi ha fruito della Naspi e risulta disoccupato da oltre 4 mesi. Il beneficiario potrà rivolgersi anche a soggetti privati accreditati.
L'Anpal, l'agenzia per il lavoro prevista dal Jobs Act per favorire l'occupazione, sarà ''operativa a giugno''. Ad assicurarlo è il presidente dell'Agenzia, Maurizio Del Conte che spiega come opererà: dall'assegno di ricollocazione ai controlli sui sussidi.
"L'Anpal può controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione (o non accetta un lavoro) prende la Naspi – ha spiegato Del Conte. Avvertiremo in questo caso l'Inps che dovrebbe togliere almeno una parte dell'aiuto".
"Al momento per l'operatività piena dell'Anpal - afferma il presidente, Maurizio Del Conte - manca il decreto di trasferimento delle risorse e delle dotazioni organiche, ancora alla Corte dei Conti. Mi auguro che per giugno sia operativa". L'Anpal dovrebbe gestire il personale dell'Isfol e di Italia Lavoro (ne avrà le quote). I centri per l'impiego invece sono in capo alle Regioni e fino a che non si vota sul referendum costituzionale e non è possibile nessun cambiamento. Prima di allora l'Anpal non potrà fare azioni sul territorio.
"Possiamo verificare - dice Del Conte - i livelli essenziali ovvero che i servizi che vengono resi ai disoccupati rispettino gli standard. Abbiamo il potere di monitoraggio e valutazione. La nostra missione più importante comunque è quella sull'assegno di ricollocazione, una vera e propria presa in carico del disoccupato. Il nostro obiettivo è fare sì che le persone si rivolgano ai centri per l'impiego perché sono utili.
Deve esserci un sistema che accolga il disoccupato e lo accompagni. Una delle prime cose da fare è mettere in funzione un sistema informativo per far incontrare domanda e offerta". Si punta per il trattamento di disoccupazione "a un sistema di condizionalità rafforzato. Adesso chi eroga il sussidio di disoccupazione e chi dovrebbe ricollocare il lavoratore (i centri per l'impiego) fino ad ora non si sono sostanzialmente parlati mentre in Germania ad esempio sono i centri per l'impiego che fanno sia l'una che l'altra cosa (politiche attive e passive del lavoro). Il problema - spiega Del Conte - "si potrà risolvere quando saranno a disposizione in tempo reale i dati Inps sui percettori della Naspi (la nuova indennità di disoccupazione). L'Anpal può controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione (o non accetta un lavoro) prende la Naspi. Avvertiremo in questo caso l'Inps che dovrebbe togliere almeno una parte del sussidio.
L'assegno di ricollocazione consiste in una somma di denaro, graduata in funzione del profilo personale del disoccupato, proponibile presso i centri per l'impiego o presso i servizi accreditati. In sostanza, il centro per l'impiego definirà il livello di occupabilità del disoccupato: minori sono le possibilità di impiego, più elevato sarà l'importo del voucher o la dote a disposizione del lavoratore (in media sui 1.500 euro, aumentabile anche a 3-4mila nei casi più complicati).
A questo punto, il disoccupato sceglierà, tra le strutture private e pubbliche accreditate dalla regione, l'agenzia per il lavoro dalla quale farsi assistere nella ricerca di una nuova occupazione: è prevista l'assegnazione al lavoratore anche di un tutor o job advisor, che lo seguirà nel percorso verso un nuovo impiego e un eventuale percorso di riqualificazione professionale. Ma l'agenzia sarà remunerata (dallo Stato o dalla regione con la dote attribuita al lavoratore) solo a occupazione trovata.
Il voucher, in altri termini, sarà pagabile solo a seguito dell'effettivo ricollocamento del lavoratore, cioè solo a risultato ottenuto e non per l'attività comunque svolta genericamente a sostegno del soggetto. Da segnalare, comunque, che l'assegno di ricollocazione sarà rilasciato nei limiti delle disponibilità assegnate a tale finalità per la regione o per la provincia autonoma di residenza.
L'assegno, il cui importo non costituirà reddito imponibile, se richiesto (la misura è infatti facoltativa) dovrà essere "speso" dal disoccupato entro due mesi dalla data di rilascio dell'assegno a pena di decadenza dallo stato di disoccupazione e dalla prestazione a sostegno del reddito. L'assegno avrà una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero ammontare dell'assegno.
Etichette:
Agenzia per il lavoro,
Anpal,
assegno di ricollocazione,
durata,
INPS,
Jobs act,
lavoro,
Maurizio Del Conte,
rifiuto,
sussidio Naspi
domenica 1 maggio 2016
CCNL: successione e modifiche peggiorative
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è la norma che definisce le regole del rapporto di lavoro: si tratta di norme concordate, esito di una contrattazione tra le organizzazioni sindacali e le associazioni dei datori di lavoro. Questa contrattazione è detta contrattazione collettiva. Di norma i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro regolano sia gli aspetti normativi del rapporto di lavoro, sia quelli di carattere economico. Una parte, inoltre, è destinata a normare alcuni aspetti del rapporto sindacale esistente tra le organizzazioni che hanno sottoscritto l’accordo e le Associazioni datoriali, oltre che ai rapporti interni alle aziende tra i rappresentanti dell’impresa e quelli sindacali.
I CCNL servono a determinare il contenuto che regola i rapporti di lavoro nel settore di attività di appartenenza dell’azienda e a disciplinare le relazioni tra i soggetti firmatari dell’accordo stesso.
I contratti collettivi sono qualificabili come contratti di diritto comune non esplicanti efficacia verso i terzi e con efficacia vincolante limitatamente:
alle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro che lo hanno stipulato;
ai soggetti iscritti alle stesse associazioni (in virtù del mandato rappresentativo conferito dal lavoratore e dal datore con l'iscrizione alle rispettive associazioni sindacali);
ai soggetti che, pur non essendo iscritti, vi abbiano aderito anche solo implicitamente.
La normativa vigente consente che un nuovo contratto collettivo di lavoro possa introdurre modifiche peggiorative al rapporto di lavoro. Gli unici limiti a questa possibilità sono il principio della intangibilità della retribuzione e la salvaguardia dei diritti quesiti. Tuttavia, occorre considerare che i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro sono ordinari contratti di diritto comune e che quindi possono vincolare solamente i lavoratori iscritti al sindacato che gli ha “firmati”. I lavoratori non iscritti a quel sindacato possono comunque aderire all’accordo, cosa che può avvenire anche tacitamente. In mancanza di un CCNL di riferimento, nella disciplina del rapporto di lavoro si applicano infatti le norme di legge ordinaria, ovverosia il Codice Civile.
Quindi è possibile che un contratto collettivo sopravvenuto introduca, con efficacia vincolante per tutti, una disciplina peggiorativa del rapporto di lavoro, infatti la legge ammette che un nuovo contratto collettivo di lavoro introduca modifiche peggiorative al rapporto di lavoro.
Da qualche tempo sembra essere più diffuso il fenomeno del datore di lavoro non iscritto ad alcuna associazione imprenditoriale. Questa scelta è spesso dettata da motivi pratici più che ideologici, poiché la non iscrizione comporta la inapplicabilità dei contratti collettivi nazionali di lavoro, che sono ordinari contratti di diritto privato e, come tali, si applicano solamente alle parti stipulanti e ai soggetti da esse rappresentati.
Nel caso in cui il datore di lavoro, pur non essendo iscritto ad alcuna associazione imprenditoriale, abbia di fatto applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro, i lavoratori avranno diritto alla applicazione di tale contratto. Tuttavia, al di fuori di questo caso, se il datore di lavoro non è iscritto alle associazioni imprenditoriali, il rapporto di lavoro è disciplinato esclusivamente dalla legge, e i lavoratori non potranno invocare alcuna normativa contrattuale.
Il datore di lavoro può recedere dal CCNL applicato e adottarne un altro senza consultare il lavoratore?
Si. La Giurisprudenza ha stabilito che la modifica del rapporto di lavoro può avvenire anche in assenza delle rappresentanze sindacali senza che ciò comporti una violazione dei diritte dei lavoratori. Il contratto collettivo come già esposto si configura come una fattispecie di diritto comune e, pertanto, qualora non sia previsto un limite temporale alla sua efficacia, è concesso alle parti di recedere anche unilateralmente. Il lavoratore anche quando non consultato deve sempre essere messo al corrente della modifica del CCNL applicato in azienda
Ma il contratto collettivo non ha una durata di 3 anni? Si, ma validità ed efficacia sono concetti giuridici distinti, ovviamente collegati, ma comunque non coincidenti. Senza addentrarci in argomentazioni giuridiche che esulano dalla presente, basilare, trattazione è opportuno far presente che la validità concerne la conformità dell'atto alle regole legali (sia di carattere generale, sia specificamente dettate per il tipo di atto) che lo disciplinano, mentre l'efficacia attiene all'attitudine dell'atto a sortire gli effetti di cui è capace.
E’ ovvio che un contratto collettivo “scaduto” sarà privo di efficacia eccezion fatta per la parte normativa. Il datore può utilizzare un CCNL che includa condizioni peggiorative rispetto a quello adottato precedentemente? Si, ma le modifiche peggiorative non si applicano ai lavoratori già in forza nell’azienda prima dell’adozione del nuovo CCNL. Si ipotizzi ad esempio che il datore in data 1 settembre 2014 decida di adottare un nuovo contratto collettivo con retribuzioni inferiori per i vari livelli di inquadramento rispetto a quelli utilizzati prima. Ne consegue che i nuovi trattamenti economici verranno applicati ai dipendenti assunti dal 1 settembre in poi, mentre i vecchi dipendenti hanno diritto a ricevere la medesima retribuzione.
Quali sono i vantaggi nel mutare un contratto collettivo applicato in azienda?
Molteplici. Innanzitutto le disposizioni del nuovo contratto troveranno applicazione nei confronti del personale assunto dopo la variazione. In secondo luogo i CCNL offrono strumenti differenti e peculiari che li differenziano uno dall’altro (si pensi ai servizi che offerti dagli Enti Bilaterali o dai Fondi interprofessionali di formazione continua che fanno riferimento alle medesime parti sindacali firmatarie del CCNL) che non devono essere sottovalutati e che rendono un contratto più appetibile rispetto ad un altro. Ricordiamo inoltre che al di fuori dei diritti quesiti (cioè diritti già entrati nella sfera giuridica del lavoratore e quindi immutabili) il nuovo CCNL applicato in azienda può apportare mutamenti anche al trattamento complessivo dei lavoratori assunti in precedentemente alla variazione.
Etichette:
CCNL,
datore di lavoro,
diritti quesiti,
modifiche peggiorative,
Rapporto di lavoro,
retribuzione,
scadenza
Iscriviti a:
Post (Atom)