martedì 31 luglio 2012

Riforma del lavoro 2012 incentivi assunzioni

Le nuove agevolazioni per le aziende che assumono donne o lavoratori over 50, come previsto dalla riforma del in vigore dal 18 luglio ha introdotto una serie di regole per la corretta applicazione di incentivi e bonus assunzioni. Che probabilmente resta nella teoria.

Il governo e gli incentivi per i giovani: assunti 11mila under 35, ma i disoccupati sono oltre gli 836 mila.
Tra i numerosi interventi di stimolo, o tentato  all'economia e al mercato del lavoro, il governo dei tecnici ha introdotto, nel dicembre 2011, aiuti fiscali alle imprese che avrebbero assunto giovani under 35. Sembrava un intervento volto al la deducibilità integrale delle imposte dirette dell’Irap, relativa alla quota imponibile per le spese per il personale. In pratica si voleva cercare di dare una spinta all'occupazione giovanile riducendo in modo consistente, sia le tasse che il costo del lavoro per chi assumeva gli under 35. Passati  sette mesi dalla disposizione legislativa, secondo i dati forniti dal ministero del Lavoro, solo 3.085 aziende hanno richiesto (e ottenuto) il beneficio per un numero totale di assunzioni pari a 11 mila 442. Una goccia nell'oceano se si pensa che i disoccupati dai 25 ai 34 anni, secondo l'Istat, nel primo trimestre 2012 si sono attestati a 836 mila unità.

E per di più nel bel mezzo di una recessione non sono gli incentivi sui contributi o sulle imposte il solo elemento che induce le aziende ad assumere. Certamente, però, la creazione di nuovi posti di lavoro resta una priorità, alla quale la riforma del mercato del lavoro appena entrata in vigore non sembra riservate la
giusta attenzione.

Sul fronte del sostegno alle assunzioni, infatti, sembra che sia stata persa un'occasione: escono di scena il contratto di inserimento e una serie di incentivi legati alla reintroduzione nel mercato del lavoro dei percettori di ammortizzatori sociali.

Quali potrebbero essere i benefici
Una deducibilità che riguarda solo i lavoratori di età inferiore a 35 anni assunti a tempo indeterminato. «Questi sgravi non sono sufficienti – ha commentato Maurizio Del Conte, professore di diritto del lavoro all'Università Bocconi - e questi dati lo dimostrano. Per sbloccare l'occupazione giovanile ci vuole una manovra decisiva, uno sgravio del costo del lavoro del 22% per arrivare a un'aliquota secca per tutti del 10%. Dal 2008 al 2011 – HA aggiunto il professore - sono spariti dalla dichiarazione dei redditi 200 mila giovani. È necessario un intervento choc per invertire la rotta e rendere veramente vantaggiosa l'assunzione dei giovani. Qualsiasi altro timido intervento non produrrà risultati. Il rischio, oggi, è che si perda una generazione che non troverà chance occupazionali in tutti questi anni».

Disoccupazione a giugno 2012, record storico

Il tasso di disoccupazione a giugno del 2012 é al 10,8%, in rialzo di 0,3 punti percentuali su maggio e di 2,7 punti su base annua. E' il tasso più alto da gennaio 2004 (inizio serie storiche mensili). E’ quanto ha rilevato l'Istat (dati destagionalizzati, stime provvisorie). Guardando le serie trimestrali è il più alto dal III trimestre 1999. Il numero dei disoccupati a giugno è di 2 milioni 792 mila. Lo rileva l'Istat (dati provvisori). Si tratta di un record storico, il livello più alto dall'inizio delle serie mensili (gennaio 2004) e delle trimestrali (quarto trimestre 1992).

L'Istat inoltre ha evidenziato che a giugno gli occupati sono 22 milioni 970 mila, in calo dello 0,1% rispetto a maggio (-29 mila unità). La diminuzione, aggiunge l'Istituto, riguarda in particolare le donne. A confronto con giugno 2011 il numero di occupati mostra invece una lieve crescita (+11 mila unità). Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione nel confronto congiunturale di 0,1 punti percentuali e stabile in termini tendenziali.

Il numero disoccupati ha registrato un numero sempre più catastrofico ogni mese in rialzo su base annua del 37,5%, ovvero di 761 mila unità.  Il numero dei disoccupati, pari a 2 milioni 792 mila, cresce a giugno del 2,7% rispetto a maggio (73 mila unità) ai massimi storici.

Lo scenario globale è ulteriormente peggiorato. E in Italia la diminuzione del Pil proseguirà». Con la chiusura del secondo trimestre con tutti gli indici negativi si sono annullate «le probabilità di rilancio nella seconda metà dell'anno». È quanto si legge nella Congiuntura Flash del Centro Studi Confindustria. «C'é qualche timido segnale di rallentamento della flessione a partire dall'estate inoltrata», ha aggiungto il Csc.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è invece al 34,3%, in diminuzione di un punto percentuale su maggio. L'Istat ha aggiunto che tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 608mila. I giovani disoccupati rappresentano il 10,1% della popolazione di questa fascia d'età.

A maggio i disoccupati in Italia rappresentavano il 10,1% della forza lavoro (8,2% nell'agosto 2011). A fronte di un'occupazione sostanzialmente stabile (+0,1% in nove mesi), sono sempre più numerose le persone, specie donne, che prima erano inattive e che ora cercano assiduamente un impiego per rimpinguare il bilancio familiare», ha sottolineato il centro studi dei Confindustria. «L'espansione della forza lavoro (+0,2% su aprile, +2,0% su agosto 2011) proseguirà anche nei prossimi mesi. Sono alti, infatti, sia i timori di peggioramento della situazione economica familiare sia la paura per l'andamento della disoccupazione (indice a 112 a luglio, +25 punti da dicembre). La fiducia dei consumatori resta così ai minimi storici (indice a 86,5)».

domenica 29 luglio 2012

Annunci di lavoro: come individuare le aziende che cercano lavoro


Nelle inserzioni pubblicate online la maggioranza delle aziende non riesce a spiegare che cosa concretamente cerca e, nello stesso tempo, i lavoratori non riescono a capirlo.
Quindi le aziende che cercano nuove forze lavoro faticano a trovare collaboratori adeguati e i lavoratori non riescono a identificare opportunità cui proporsi con ottime possibilità.

Vediamo tre esempi di errori che le aziende possono commettere durante la stesura di un annuncio di lavoro:

L’azienda non si presenta in modo adeguato: sebbene per legge l’azienda sia obbligata a presentarsi, in realtà la parte descrittiva risulta carente, spesso ricca di frasi ad effetto che però non spiegano bene l'obiettivo.

L’azienda è poco chiara riguardo la mansione richiesta: spesso la job description non illustra in modo efficiente il tipo di lavoro che si richiede.

Molto spesso nelle inserzioni di lavoro si riduce ad uno sterile elenco di requisiti che non mettono a fuoco le reali mansioni richieste.

Se l’azienda non è ben presentata è buona norma ricercare informazioni sulla stessa navigando sul on line, sul sito internet.

Quando non vi è ben chiaro cosa realmente cerca l’azienda, qual è la mansione richiesta, cercate di analizzare il testo dell’annuncio e valutate la corrispondenza tra le proprie capacità e le richieste dell’azienda.

Se siete decisi a trovare un nuovo posto di lavoro fate attenzione. Non tutti gli annunci celano proposte lavorative di uguale valore. Inoltre, il breve contenuto testuale dell’annuncio va letto con estrema attenzione, al fine di comprendere quali sono i requisiti sui quali vale la pena puntare nella fase di recruitment.

Vediamo come comportarsi davanti a una serie di annunci di lavoro?
Ruolo e figura ricercata: “consulenti commerciali” che nascono dei meri ruoli di promoting, “account manager” che sono veri e propri direttori commerciali e così via. A volte scorrere con troppa rapidità gli annunci di lavoro, pur avendo fiducia del solo intuito sulla denominazione della figura professionale ricercata, è sbagliato. E’ invece meglio impiegare qualche minuto in più, andando a leggere soprattutto le caratteristiche richieste delle attività da svolgere, chiarendo così ogni dubbio sulla natura della professione per la quale ci si sta candidando.

Esperienza: la presenza o meno, nell’annuncio, di una richiesta “esperienza nel ruolo”, è importante per scindere le proposte professionali tra senior e junior. Se l’esperienza è richiesta espressamente, e non ne possedete alcuna, è meglio non procedere ovviamente alla propria candidatura.

Lingue: se l’annuncio richiede esplicitamente la conoscenza delle lingue, fate attenzione. Il colloquio verterà su un breve dialogo nella lingua conosciuta. Meglio essere onesti, e indicare, nel messaggio di risposta, le sole lingue effettivamente conosciute ed il livello di conoscenza.

Chiarimenti: se siete fortemente interessati a partecipare a un processo di selezione per un determinato annuncio, ma non siete soddisfatti del contenuto testuale dell’annuncio, giudicato non troppo chiaro, niente vieta di procedere a un contatto diretto con l’azienda, al fine di chiarire determinati dubbi.

Secondo il dossier della Cgil, salgono a 131 i tavoli di crisi aziendale aperti al Ministero dello Sviluppo dove sono coinvolti 163.152 lavoratori, e «gli ammortizzatori non bastano».

A luglio è salito a 131 il numero delle vertenze che vengono discusse con maggiore frequenza al Ministero dello Sviluppo economico (erano 109 a gennaio 2011) per un totale di 163.152 lavoratori coinvolti (135.839 a gennaio 2011), secondo i dati riportati dallo stesso Mise.

Questo quanto emerge dal dossier.
''Cifre - ha spiegato la Cgil - che stanno crescendo vertiginosamente, se si considerano gli innumerevoli altri casi di crisi aziendali non ancora giunte al Ministero, ma già avviate a livello territoriale che contribuiscono a mettere in ginocchio il tessuto industriale ed occupazionale di intere Regioni''.
Per la Cgil ''occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico, che non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali''.
Quindi non solo grandi crisi e grossi nomi come Alcoa, Eurallumina, Fiat, Ilva: a luglio è salito a 131 il numero delle vertenze che vengono discusse con maggiore frequenza al ministero dello Sviluppo economico.

Numeri «che stanno crescendo vertiginosamente, se si considerano gli innumerevoli altri casi di crisi aziendali non ancora giunte al Ministero - si legge nel dossier - ma già avviate a livello territoriale che contribuiscono a mettere in ginocchio il tessuto industriale ed occupazionale di intere Regioni». Per la Cgil «occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico, che non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali».

Sono oltre 30mila le imprese che hanno chiuso i cancelli dal 2009. «Siamo ormai al quarto anno di Cassa integrazione, un ammortizzatore sociale del quale ad oggi usufruiscono circa 500mila lavoratori che, in media, hanno visto diminuire il proprio reddito di circa 4mila euro». Si tratta, afferma la Cgil, di «un quadro decisamente preoccupante sotto tutti i punti di vista e che rende necessario e urgente un disegno di politica industriale con al centro gli investimenti e l'innovazione» senza il quale «c'è solo il perdurare della recessione».


sabato 28 luglio 2012

Pensioni 2012 dimezzate nel primo semestre


Buone notizie per l'Inps: nei primi sei mesi del 2012, le nuove pensioni liquidate dall'ente di  previdenza si sono dimezzate rispetto allo stesso periodo del 2011. Parallelamente, nel primo semestre dell'anno, l'età media di accesso alla pensione è cresciuta di quasi un anno rispetto al dato precedente. Meno nuovi pensionati, quindi, e più vecchi. I dati risentono della finestra mobile e dello scalino scattati nel 2011, ma inizia a farsi sentire pure l'effetto delle riforme Monti-Fornero, anche se l'impatto maggiore di queste misure si avrà nella seconda metà del 2012 e a partire dal 2013.

Gli assegni liquidati dall'Inps sono stati 84.537 con un calo del 46,99% rispetto allo stesso periodo 2011 (erano 159.485). Il dato è l'effetto diretto della finestra mobile e dello scalino scattati nel 2011 mentre la riforma Fornero avrà il vero impatto a partire dal 2013.

Nei primi sei mesi del 2012 l'età media per l'accesso alla pensione nel privato è stata di 61,3 anni, un anno in più' rispetto ai 60,4 anni registrati nel 2011. E' quanto emerso dalle  tabelle Inps. L'età media è superiore di due anni rispetto alla Francia (59,3 anni) e vicina a quella tedesca (61,7 anni).

I dati esposti dall'Inps sul calo delle nuove pensioni dimostrano che le riforme "hanno funzionato" e che il sistema previdenziale "é stato messo in sicurezza": lo ha affermato il presidente Inps, Antonio Mastrapasqua precisando che "questi sono dati dell'economia reale del Paese. E' un segnale per l'Europa e per i mercati".

lunedì 23 luglio 2012

Mercato del lavoro:le baby pensioni quanto costano?

Pubblichiamo un’inchiesta fatta dal quotidiano Il Messaggero.

Innanzitutto l'età media dei baby-pensionati oggi si aggira sui 65 anni. Significa che per almeno altri 15 anni (considerando la vita media) il sistema sociale italiano dovrà far fronte a queste spese. La pensione media di un baby pensionato è di 1500 euro al mese. Importo di tutto rispetto calcolando l'esigua contribuzione e la durata del trattamento: almeno 3 volte quanto versato.

Noi tutti, paghiamo ancora più di mezzo milione di pensioni baby, liquidate a lavoratori con meno di 50 anni d’età: 535.752 per la precisione, che costano circa 9,5 miliardi di euro l’anno. Ancora oggi l’Inpdap, l’ente di previdenza del pubblico impiego, paga 428.802 pensioni concesse sotto i 50 anni: di queste più di 239 mila vanno a donne e quasi 185 mila a uomini, per una spesa nel 2010 di 7,4 miliardi. A queste pensioni si sommano 106.905 pensioni liquidate a persone con meno di 50 anni nel sistema Inps (regimi speciali e prepensionamenti) per un costo di altri 2 miliardi.

Le baby pensioni compaiono nel nostro ordinamento con il decreto (Dpr 1092) che entrò in vigore il 29 dicembre 1973. È l’anno della crisi energetica, della guerra del Kippur, del Watergate nella sua pienezza.
Sono gli anni ’70, quel groviglio di fortissime tensioni politiche, di trasformazioni sociali e di terrorismo.

Il Dpr 1092 prevede per il settore pubblico la possibilità di andare in pensione con 14 anni sei mesi e un giorno per le donne con prole, 19 anni sei mesi e un giorno per gli uomini, e 24 anni sei mesi e un giorno per i dipendenti degli enti locali.

Alberto Brambilla, già sottosegretario al Ministero del Lavoro e uno dei massimi esperti italiani di pensioni, quest’anno, in occasione della giornata mondiale della previdenza, ha curato un testo molto utile per la ricostruzione storica della previdenza in Italia, un libro sfogliabile in internet, “I 150 anni della previdenza sociale nei 150 anni dell’Unità d’Italia”. Ha spiegato al Messaggero: “Quel Dpr chiude un ciclo di interventi esiziali sulle pensioni. Nel 1969 c’era stata la legge Brodolini con l’adozione generalizzata del sistema retributivo, con l’istituzione delle pensioni di anzianità, e l’adeguamento automatico delle pensioni al costo della vita. I due provvedimenti, quello del 1969 e questo del 1973 hanno inciso pesantemente e negativamente sui conti pubblici. Già nel 1978, prima dei lavori della commissione Castellino, era chiaro che
il sistema previdenziale era squilibrato”.

Franco Marini, segretario della Cisl tra il 1985 e il 1991 in quel dicembre del 1973 era appena entrato nella segreteria confederale della Cisl guidata da Storti. Dice: “Sì, è vero che non c’era nella classe politica né nel corpo della stato di allora una grande consapevolezza di quello che sarebbe accaduto, dell’impatto che l’allargamento del welfare avrebbe avuto sui conti pubblici. Però il provvedimento sulle baby-pensioni causò sin da subito una forma di imbarazzo anche nel sindacato che a quel tempo aveva un fortissimo potere contrattuale nei confronti della politica. Era una norma squilibrata. Ci fu disagio nei confronti dei lavoratori privati che erano esclusi da quel trattamento. Anche se qualcuno riteneva che il baby pensionamento compensasse il fatto che i dipendenti del privato avessero avuto fino a quel momento salari molto più alti”.

Secondo un calcolo effettuato da Confartigianato i baby pensionati italiani (pubblici e privati) rispetto al pensionato medio hanno ricevuto un trattamento più lungo di quasi sedici anni. Questo significa che a valori 2010 la differenza (cioè il costo in più rispetto a un normale trattamento pensionistico) varrebbe 148,6 miliardi di euro. Cioè: in questi 40 anni, l’esistenza delle baby pensioni ci è costata quasi 150 miliardi più di quanto ci sarebbe costata la previdenza se i baby pensionati fossero andati a riposo con le stesse regole degli altri. Una tassa cumulata – secondo le stime degli artigiani – di circa 6.630 euro che grava su ognuno degli occupati italiani.

Si tratta di persone che in un calcolo medio restano in pensione per quasi 41 anni.
Per farsi un’idea, i nove miliardi e mezzo l’anno che noi spendiamo per le pensioni baby (tra il 4 e il 5% del totale della nostra spesa pensionistica) sono all’incirca il doppio di quanto – secondo una stima fatta da Confindustria – ci costano tutti gli anni i circa 180.000 eletti del sistema politico-istituzionale italiano, la cosiddetta casta: quattro miliardi contro cui un pezzo di opinione pubblica è costantemente mobilitata.

Eppure le incrostazioni corporative, i riflessi automatici, i punti di principio sono rimasti. Quando l’anno scorso il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, propose un contributo di solidarietà dell’un per cento che avrebbe toccato anche le pensioni baby ci fu una levata di scudi sui diritti acquisiti, che proprio non si toccano. Eppure è chiaro che in alcuni casi la costruzione dei diritti acquisiti è il risultato dell’iniquità, dell’inopportunità o dell’incongruenza di una norma.

Di sicuro c’è un punto che riguarda la natura del debito pubblico: se l’eccesso di spesa pubblica è servito a trasferire sullo stato il costo dei privilegi accordati dalla competizione politica a pezzi di società, forse per recuperare quelle risorse dobbiamo innanzitutto rivolgerci a chi per primo ne ha beneficiato (in previdenza, concessioni fiscali, aiuti, regalie e sprechi). Ovviamente i baby pensionati non sono i più ricchi tra i beneficiari della spesa pubblica allegra, però sono tra quelli che più apertamente hanno goduto di uno squilibrio. Forse è stata una generosità che è andata oltre gli obblighi della solidarietà.

Lavoro: il trasferimento in azienda deve essere motivato

Il trasferimento che comporta dequalificazione professionale. Non è sanzionabile con il licenziamento per giusta causa il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa dovuta a causa della ritenuta dequalificazione. A precisarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4709 del 23 marzo del 2012.

E’ bene ricordare che  l’art. 2103 c.c. dispone che il trasferimento possa essere attuato solo in presenza di "comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive".
Quindi lavoratore dipendente può essere trasferito solo a condizione che il datore di lavoro possa dimostrare:

l'inutilità di tale dipendente nella sede di provenienza;

la necessità della presenza di quel dipendente, con la sua particolare professionalità, nella sede di
destinazione;

la serietà delle ragioni che hanno fatto cadere la scelta proprio su quel dipendente e non su altri colleghi che svolgano analoghe mansioni.

Queste ragioni debbono essere portate a conoscenza del dipendente per iscritto, prima del trasferimento. Se la lettera non contiene l'indicazione delle ragioni è però necessario che il dipendente le richieda espressamente.

In mancanza delle condizioni sopra esposte, il trasferimento è illegittimo e può essere annullato dal pretore del lavoro, a cui l’interessato deve rivolgersi se ritiene che il provvedimento sia illegittimo.
Il trasferimento presuppone che, nonostante la modifica del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, resti invariato il datore di lavoro.

Resta chiaro dopo la sentenza n. 4709 che, il lavoratore può rifiutare di prestare la propria prestazione di lavoro se il provvedimento di trasferimento non è adeguatamente motivato.

La vicenda vede coinvolto un impiegato addetto all'ufficio commerciale che era stato trasferito ad altro stabilimento con la nuova qualifica di responsabile del magazzino materie prime. Il dipendente aveva aderito al trasferimento ma dopo un breve periodo di lavoro presso la nuova sede, si era messo a disposizione dell'azienda presso la propria abitazione.

L’azienda aveva contestato l’assenza ingiustificata e gli aveva quindi comunicato il licenziamento per giusta causa. Ad avviso del ricorrente il trasferimento ed il conseguente licenziamento erano da ritenersi illegittimi, considerato che il rifiuto di svolgere mansioni dequalificanti era del tutto giustificato, anche in considerazione della palese inconsistenza delle dedotte esigenze di riorganizzazione della gestione del magazzino.

Nei fatti, tuttavia, il dipendente aveva aderito al trasferimento ma dopo un breve periodo di lavoro presso la nuova sede, si era messo a disposizione dell'azienda presso la propria abitazione.

Ad avviso del ricorrente il trasferimento ed il conseguente licenziamento erano da ritenersi illegittimi, considerato che il rifiuto di svolgere mansioni dequalificanti era del tutto giustificato, anche in considerazione della palese inconsistenza delle dedotte esigenze di riorganizzazione della gestione del magazzino.

La sentenza ha ricordato la pronuncia n. 43 del 2007 sul trasferimento di dipendente divenuto invalido che non poteva più essere adibito alla sede originaria. La Cassazione aveva precisato che nella valutazione comparativa dei presunti inadempimenti reciproci, non si può prescindere dalla doverosa considerazione per cui il lavoratore non può rendersi totalmente inadempiente sospendendo ogni attività lavorativa, se il datore di lavoro assolve a tutti gli altri propri obblighi (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa, assicurazione del posto di lavoro).

La Corte, nel fare riferimento all'art. 2103 del codice civile, sottolinea come il datore di lavoro abbia l'onere di provare in giudizio le ragioni fondate che hanno determinato il trasferimento, dimostrando le reali ragioni che giustificano il provvedimento. In assenza di ciò, il licenziamento viene annullato.

domenica 22 luglio 2012

Lavoro: il posto fisso resta un miraggio

Meno di due assunzioni su dieci sono a tempo indeterminato. In Italia la crisi si vede anche da questo: i contratti senza la data di scadenza diventano sempre più rari. A dirlo è un'indagine di Unioncamere e ministero del Lavoro sul terzo trimestre di quest'anno. E nel periodo luglio-settembre le assunzioni stabili previste sono appena il 19,8% su un totale di quasi 159 mila. Nello stesso periodo dello scorso anno la percentuale di assunzioni previste era tra il 27 e il 34%.

Nello specifico, si avranno 42 contratti atipici ogni 100 contratti di assunzione diretti (25,8 nel 2° trimestre) e 25 contratti di lavoro «non dipendente» ogni 100 contratti di lavoro dipendente (diretti o interinali), quasi il doppio rispetto ai 13 del trimestre precedente.

Le stime del terzo trimestre confermano in qualche misura il dato dei tre mesi precedenti, mentre nei quattro trimestri precedenti la quota era compresa fra il 27% e il 34%. Il calo dei posti fissi messi a disposizione dalle imprese è stato forte e più brusco. Basti pensare che nello stesso periodo dello scorso anno le assunzioni previste a tempo indeterminato rappresentavano il 28,3%. Il trend in discesa viene confermato anche tenendo conto della stagionalità. Nel bollettino sui programmi occupazionali delle imprese viene evidenziato che, escludendo le assunzioni stagionali, i contratti stabili si attestano al 35,8%, mentre nei precedenti cinque trimestri la loro quota oscillava fra il 41% e il 43% circa. Inoltre, sottolinea l'indagine, se si rapportano "i contratti a tempo indeterminato a tutti i contratti di lavoro o di collaborazione che le imprese prevedono di stipulare nel periodo (inclusi quindi quelli 'atipici'), si scende dal 16 al 14% circa".

Un terzo dei nuovi assunti per il terzo trimestre dell'anno saranno giovani: queste le previsioni di Unioncamere, in particolare contenute nel sistema informativo Excelsior in collaborazione con il Ministero del Lavoro. «Per il terzo trimestre - si legge in uno studio - le imprese assegnano ai giovani fino a 29 anni, tra il personale da assumere, una quota del 32,7% del totale, un punto percentuale in più rispetto al trimestre scorso. Questo incremento, in termini relativi, delle opportunità per i giovani si avrà però solo nel settore dei servizi, dove nel corso del trimestre il ricambio, sia pure parziale, della popolazione lavorativa, si accompagnerà anche a un maggiore 'ringiovanimentò dei lavoratori in ingresso

Secondo l’elaborazione sui dati della relazione annuale di Bankitalia. Dall'inizio del nuovo millennio la busta paga dei dipendenti è praticamente ferma. Dal 2000 al 2010 le retribuzioni medie reali nette sono aumentate solo di 29 euro, passando da 1.410 a 1.439 euro (+2%). Palazzo Koch ha spiegato che, proprio a causa dell'espansione del lavoro a tempo parziale, le retribuzioni nette medie per il totale dei lavoratori dipendenti sono diminuite dello 0,2%, riflettendo esclusivamente il calo del mezzogiorno.

sabato 14 luglio 2012

Lavoro in tempo di crisi economica boom della cassa integrazione


Più di mezzo miliardo di ore di cassa integrazione negli ultimi sei mesi del 2012. La richiesta di cassa integrazione supera il mezzo miliardo di ore, in deciso aumento sullo stesso periodo dello scorso anno, collocando in cassa a zero ore oltre 500 mila lavoratori con un taglio del reddito per oltre 2 miliardi di euro, quasi 4.000 euro per ogni singolo lavoratore. E' quanto emerge dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps. Questa la fotografia della crisi di imprese e occupazione in Italia scattata nel rapporto di giugno dell'Osservatorio Cig della Cgil Nazionale, in cui sono stati elaborati i dati rilevati dall'Inps.

Da inizio anno a giugno il totale di ore di cassa integrazione è stato pari a 523.761.036, con un incremento sui primi sei mesi del 2011 pari a +3,16%, e con un impennata della cassa integrazione ordinaria (+41%) ''segnale inequivocabile di come il sistema produttivo non si attenda a breve una ripresa produttiva'', come osserva il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada. Nel fare un bilancio di questo primo semestre dell'anno, la dirigente sindacale osserva: ''C'è un inquietante assestamento della crisi su livelli estremamente negativi, peggiori di quelli dello scorso anno, con un trend nella richiesta di ore che mira al miliardo anche per il 2012''. Inoltre, ''ciò che desta estrema preoccupazione è l'impennata nella richiesta di ore di cassa integrazione ordinaria: segno evidente di come il sistema produttivo non si attenda nei prossimi mesi una ripresa produttiva''. Per questi motivi ''non è più eludibile l'adozione di una strategia di politica industriale: serve un deciso cambio di rotta, in netto contrasto con le politiche rigoriste e recessive fin qui adottate''.

Quanto alle causali prosegue a giugno la riduzione del numero di aziende che fanno ricorso ai decreti di cigs. Da gennaio sono state 2.886 per un -24,57% sullo stesso periodo del 2011 e riguardano 5.075 unita' aziendali (-11,18%). Diminuisce il ricorso per crisi aziendale (1.595 decreti per un -32,21%) ma rappresenta il 55,27% del totale dei decreti, cosi' come frena il ricorso al fallimento (165 domande per un -31,54%). Aumentano le domande di ristrutturazione aziendale (135 per un +14,53%), pari al 4,64% del totale, mentre le domande di riorganizzazione aziendale sono 146, ovvero il 5,06% del totale. Insomma, sottolinea il rapporto, ''i percorsi di reinvestimento e di rinnovamento strutturale migliorano leggermente ma continuano ad essere una percentuale bassa'', solo il 9,70% del totale dei decreti.

A livello locale è la Lombardia la regione che registra il ricorso più alto alla cassa integrazione. L'analisi della Cgil segnala infatti che sono 120.625.807 le ore registrate da inizio anno, che corrispondono a 115.986 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 67.100.884 ore di cig autorizzate per 64.520 lavoratori. Terza, e ovviamente prima per le regioni del centro, c'è il Lazio con 45.736.701 ore che coinvolgono 43.978 lavoratori. Infine per il Mezzogiorno è la Campania la regione dove si segna il maggiore ricorso alla cig con 30.203.130 ore per 29.041 lavoratori.

Quanto ai settori la meccanica si conferma il settore in cui si riscontra ancora una volta il ricorso più alto a questo strumento. Secondo il rapporto della Cgil, infatti, sul totale da inizio anno, la meccanica pesa per 165.407.469 ore, coinvolgendo 159.046 lavoratori (prendendo come riferimento le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il settore del commercio con 76.471.086 ore per 73.530 lavoratori coinvolti e l'edilizia con 56.914.826 ore e 54.726 persone.

Considerando un ricorso medio alla cig, pari cioè al 50% del tempo lavorabile globale (13 settimane), sono coinvolti da inizio anno 1.007.233 lavoratori in cigo, cigs e in cigd. Se invece si considerano i lavoratori equivalenti a zero ore, pari a 26 settimane lavorative, si determina un'assenza completa dall'attività produttiva per 503.616 lavoratori, di cui 170 mila in cigs e 165 mila in cigd. Continua cosi' a calare il reddito per migliaia di cassintegrati: dai calcoli dell'Osservatorio cig, si rileva come i lavoratori parzialmente tutelati dalla cig abbiano perso nel loro reddito oltre 2 miliardi di euro, pari a 3.988 euro per ogni singolo lavoratore.

venerdì 13 luglio 2012

Riforma del lavoro 2012: le novità sulle Partite Iva e il lavoro stagionale


È accordo sul pacchetto di modifiche alla riforma del merato del lavoro.
Le richieste di modifica sono diventate 11, mentre erano 10; si conferma l'allentamento della stretta sulle partite Iva e sui contratti a tempo determinato (specie per il lavoro stagionale); si generalizza la possibilità per le agenzie di somministrazione di ricorrere al contratto di apprendistato.
Mentre sul fronte degli ammortizzatori sociali salta lo slittamento di un anno per l'introduzione dell'Aspi, sollecitato dalla maggioranza: per l'Assicurazione sociale per l'impiego l'entrata in vigore resta confermata al 1° gennaio 2013. Marcia indietro del governo sull'indennità di mobilità; la fase transitoria "a requisiti massimi" (dal 2017 sarà assorbita dall'Aspi) viene allungata di un anno, dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014.
Con un beneficio in maggio misura per i lavoratori meridionali e per chi ha più di 50 anni del Centro Nord che potranno così fruire di sei mesi in più di erogazione dell'indennità di mobilità. Con la riforma Fornero, infatti, un lavoratore sopra i 50 anni del Centro Nord nel 2014 avrebbe percepito il sussidio per 30 mesi, mentre grazie allo slittamento di un anno previsto dall'emendamento, avrà diritto a sei mesi in più, arrivando quindi a 36 mesi complessivi di ammortizzatore. Stesso discorso per i lavoratori del Sud che, a seconda dell'età (fino a 39 anni, da 40 a 49 anni e oltre i 50) potranno godere in tutti e tre i casi di sei mesi in più di mobilità. Entro il 31 ottobre 2014 è previsto un monitoraggio da parte del ministero del Lavoro, insieme alle parti sociali, per verificare la sostenibilità della misura e, conti pubblici permettendo, vedere se esistono le condizioni per nuovi interventi.
L'emendamento rinvia di un anno l'aumento contributivo a carico di partite Iva e parasubordinati iscritti alla Gestione separata Inps previsto dalla riforma Fornero. L'attuale aliquota al 27% rimarrà in vigore nel 2013 e salirà al 28% nel 2014. Ma per bilanciare gli effetti finanziari di questa misura si interviene, in via speculare, sull'aumento contributivo degli assicurati iscritti anche ad altri forme pensionistiche che salirà in modo più spedito: l'aliquota nel 2013 sarà al 20% (anzichè 19% come previsto dalla riforma Fornero). Per le partite Iva la verifica di regolarità su reddito e durata della prestazione si spalma nell'arco di 2 anni consecutivi e non più su uno solo.
La riscrittura degli emendamenti sul lavoro ha cancellato la norma che aumentava le tutele ai parasubordinati in caso di mancati versamenti contributivi dei datori di lavoro, attraverso l'estensione dell'articolo 2116 Codice civile.

Gli altri emendamenti alla riforma del mercato del lavoro confermano le richieste esposte dalla maggioranza governativa. Ossia, gli intervalli nei contratti a tempo (60 o 90 giorni) si potranno ridurre a 20-30 giorni per le attività stagionali (e in ogni altro caso previsto dai Ccnl), inoltre un cassintegrato potrà fare lavori accessori (con voucher fino a 3mila euro). Viene salvata la Cigs per le aziende ammesse a procedura concorsuale. A patto che l'impresa abbia prospettive di ripresa e tutela, anche parziale, dell'occupazione.

Pensioni 2012 la Corte dei Conti registra il decreto su 65mila esodati


Via libera alla registrazione da parte della Corte dei Conti del Decreto interministeriale Lavoro/Economia "a tutela dei lavoratori salvaguardati" del 1 giugno scorso.

Il decreto sugli esodati, composto da 8 articoli, si applica a 65mila lavoratori e disciplina le modalità di attuazione del 'Salva Italia' del 6 dicembre 2011 individuando la ripartizione dei soggetti interessati ai fini della concessione della salvaguardia. Esodati, tre mesi di tempo per presentare domanda per la salvaguardia.

L'annuncio della registrazione del decreto è arrivato dal ministero del Lavoro, mettendo fine alle preoccupazioni che si erano diffuse nelle scorse settimane quale conseguenza del lungo esame del provvedimento da parte della Corte dei conti. Un passaggio obbligato prima della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale e la sua piena operatività.

Il decreto interministeriale fa seguito ai decreti legge 201/2011 e 216/2011 (e relative conversioni in legge) che hanno disegnato la riforma previdenziale e al contempo previsto che alcune categorie di lavoratori possano accedere alla pensione in base alle vecchie regole. Un contingente di 65mila persone (a cui di recente se ne sono aggiunte 55mila con il Dl 95/2012) che è stato meglio individuato dal decreto interministeriale del 1° giugno 2012, contenente, tra l'altro, alcune restrizioni ai parametri di salvaguardia previsti in precedenza.

Quindi saranno indenni dagli effetti della riforma:
25.590 lavoratori in mobilità che hanno cessato l'attività lavorativa al 4 dicembre con perfezionamento dei requisiti entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità;

3.460 lavoratori in mobilità lunga con cessazione dell'attività lavorativa al 4 dicembre 2011;

17.710 titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà al 4 dicembre 2011, oppure il cui accesso al fondo sia autorizzato dall'Inps o previsto da accordi collettivi;

10.250 autorizzati al versamento volontario dei contributi con decorrenza della pensione entro il 2013 che non abbiano ripreso l'attività lavorativa e abbiano almeno un contributo accreditato o accreditabile;

950 lavoratori esonerati al 4 dicembre 2011;

150 lavoratori in congedo per assistere figli disabili;

6.890 "esodati" con rapporto risolto al 31 dicembre 2011 che non abbiano ripreso a lavorare e maturino la decorrenza entro il 2013.

Chi rientra nelle ultime tre categorie, secondo quanto previsto dal decreto interministeriale, dovrà anche presentare una richiesta di accesso alla salvaguardia presso le direzioni territoriali del lavoro competenti. Le domande saranno esaminate da apposite commissioni che poi comunicheranno l'esito della decisione all'Inps. Le richieste dovranno essere presentate entro 120 giorni dalla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale.

mercoledì 11 luglio 2012

Super INPS 2012 le indicazioni del ministro del lavoro


Nessun rischio pensioni: è la rassicurazione del ministro Fornero, dopo l'allarme sul Super Inps. Il disavanzo dell'Inpdap è conosciuto dallo Stato, sarebbe stato coperto e sarà comunque coperto adesso. Il governo ha cambiato le regole e le istituzioni internazionali certificano la sostenibilità dei conti».

È quanto ha affermato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel suo intervento alla Commissione parlamentare per gli enti previdenziali in relazione ai dati sul deficit dell'Inps dell'anno in corso. «Non mi sembra che ci siano fatti nuovi: sapevamo - ha affermato Fornero - che l'Inpdap era in forte squilibrio. Dobbiamo domandarci la ragione di questo squilibrio che è frutto di decisioni di regole passate. Per l'Inpdap i disavanzi sono frutto di decisioni del passato con scarsa attenzione alle regole nel bilanciamento tra prestazioni e contributi. Noi non possiamo cancellare le regole del passato».

L'Inps dovrebbe registrare quest'anno un disavanzo di quasi 6 miliardi di euro nel 2012, che sfioreranno i 7 miliardi nei prossimi due anni, quasi del tutto dovuto al «buco» dell’ex Inpdap, l’Istituto di previdenza per i dipendenti della Pa. E questo - aveva messo ieri nero su bianco il Civ (il Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell’ente - «comporterà nel breve periodo un problema di sostenibilità dell’intero sistema pensionistico pubblico». La prima nota di variazione del bilancio preventivo 2012 dell’Istituto di previdenza (in cui con il Salva Italia sono confluiti Inpdap ed Enpals), approvato martedì a larga maggioranza, si concludeva chiedendo all’esecutivo «interventi correttivi».

La questione messa sotto i riflettori dal Civ, è tutta legata ai conti dell’ente, destinati a peggiorare nell’arco del triennio anche per effetto del blocco del turnover e della spending review che, con i 24 mila esuberi dichiarati nella Pa, determinerà una riduzione dei contributi versati e un aumento dei pensionati pubblici. Poi si faranno sentire gli effetti della riforma Fornero delle pensioni. Il disavanzo previsto per la gestione finanziaria di competenza dell’Inps con l’incorporazione dell’ex Inpdap e dell’ex Enpals, è stimato in 5,977 miliardi nel 2012, a causa del rosso che l'Inpdap porta con sé; e dovrebbe salire a 6,936 miliardi nel 2013 e a 6,963 miliardi nel 2014.

Commentando l'allarme del Consiglio di indirizzo e vigilanza sul disavanzo Inpdap e la sostenibilità delle pensioni, il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua ha assicurato che «la sostenibilità del sistema pensionistico è stata certificata da tutte le riforme che sono state fatte, da ultima quella Monti-Fornero che ha avuto il gradimento della commissione europea, dell'Ocse e della Banca d'Italia». «La sostenibilità - ha aggiunto - è qualcosa che va oltre un bilancio che rappresenta dei numeri, ma non rappresenta la tendenza. Quindi mi sento di poter dire che, a fronte di quello che sicuramente sono dei commenti tra il tecnico, ma anche soprattutto politico, ci sono dei numeri incontrovertibili che sono dati dalla certificazione avvenuta dagli organismi europei della sostenibilità e delle buone riforme che sono state fatte nel nostro Paese».

Al primo bilancio del SuperInps i consiglieri del Civ dell'Inps in rappresentanza della Uil, Rocco Carannante e Luigi Scardaone, hanno espresso un "giudizio politico negativo": con l'incorporazione dell'ex Inpdap e dell'ex Enpals, "decisa con una certa leggerezza", sostengono, "si sono prodotti effetti disastrosi per la situazione patrimoniale dell'Inps con una riduzione di quasi 5 miliardi di euro interamente ascrivibili al disavanzo economico dell'Inpdap". I rappresentanti della Uil sottolineano, quindi, "la necessità ormai inderogabile di una riforma del sistema di governance dell'ente previdenziale".

martedì 10 luglio 2012

Lavoro: disoccupazione continuerà a salire un giovane su due è precario


"L'Italia é stata colpita duramente dalla crisi ed è probabile che la disoccupazione continui ad aumentare": è quanto scrive l'Ocse nel suo ultimo rapporto sulle prospettive dell'occupazione, presentato a Parigi.

Precari se lavorano, disoccupati di lungo corso se l'occupazione la perdono e tantissimi non sono ne' a scuola ne' al lavoro. Sono i giovani italiani in base alle statistiche dell'Employment Outlook dell'Ocse.

"E' probabile che la recente riforma del mercato del lavoro riduca i costi sociali e occupazionali delle prossime recessioni": è quanto si legge in una scheda consacrata all'Italia dell'Employment Outlook 2012 dell'Ocse. In primo luogo "una minor incidenza del lavoro a termine e di altre forme contrattuali atipiche e precarie dovrebbe favorire la capacità del mercato del lavoro italiano di affrontare future recessioni, riducendone anche i costi sociali". Secondo, prosegue l'organismo con sede a Parigi, "la riforma estende la copertura dell'indennità di disoccupazione a una platea più ampia di lavoratori e ne aumenta moderatamente la somma, riducendo così i costi sociali legati ad un aumento della disoccupazione".

"Da molti anni - ricorda l'organismo - l'Ocse sollecitava l'Italia a intervenire sul proprio sistema di ammortizzatori sociali e le stime dell'Organizzazione suggeriscono che la riforma aumenterà notevolmente il livello dei sussidi di disoccupazione relativamente al reddito precedente la perdita del posto di lavoro". E ancora: "Si tratta di un ottimo primo passo ma che necessita di essere accompagnato da una efficace strategia di attivazione fondata su una più chiara distinzione di compiti tra il governo centrale e le autorità regionali, e ispirata al principio per il quale i lavoratori si impegnano a cercare attivamente un lavoro o a partecipare a corsi di formazione in cambio dei sussidi e, in caso di inadempimento, sono soggetti a sanzioni".

Molti i fattori che concorrono a spiegare perché la crisi abbia colpito soprattutto i giovani in Italia. Innanzitutto, i nuovi arrivati nel mercato del lavoro mancano di esperienza e questo è ancora più penalizzante in un periodo di crisi dell'ampiezza di quella attuale. In secondo luogo, i giovani italiani sono spesso occupati con contratti atipici, in particolare contratti a termine e altre forme relativamente più precarie.

lunedì 9 luglio 2012

Spending review gli esuberi dei dipendenti statali


Ci siamo sta partendo l'iter parlamentare che porterà all'entrata in vigore della cosiddetta "spending review", la revisione e razionalizzazione della spesa pubblica voluta dal governo Monti. Il dipendente statale da garantito in tutto e per tutto diventerà più simile ad un lavoratore del privato.

Vediamo i punti salienti del decreto che riguarda il settore della Pubblica Amministrazione e i dipendenti pubblici in modo particolare.

I dipendenti statali: non saranno più obbligati ad andare in vacanza nella settimana di Ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno. Le ferie costrette per legge, previste nella prima bozza del decreto sulla spending review, sono state cancellate nell'ultima versione.

Misure principali adottate c'è quella del taglio dei dipendenti pubblici in esubero, 24 mila, così ripartiti: circa 11.000 lavorano nei ministeri e negli enti pubblici non economici (di cui 5.600 nei ministeri) e 13.000 negli enti territoriali (escluse le regioni). Tra gli 11.000 ministeriali, sono 6.000 quelli pensionabili al 31/12/2012 e 2.000 negli enti locali. Per i lavoratori della PA in esubero e vicini alla pensione potrebbe scattare il meccanismo della mobilità lunga (senza lavorare ma con l'80% dello stipendio per quattro anni).

Uscita dal lavoro morbida per chi rientra nella revisione delle piante organiche del pubblico impiego.
Il decreto sulla spending review porterà a una consistente diminuzione dei dipendenti della pubblica amministrazione sia Ministeriale che Locale.
Uno dei criteri individuati per la sospensione dalle attività del personale dichiarato in esubero partirebbe da coloro che hanno compiuto 60 anni: a loro andrebbe un'indennità dell'80% dello stipendio base (non dell'intero trattamento economico) fino alla pensione. Diversa la questione per quanto riguarda i dirigenti, per i quali è al vaglio, per quelli giunti alla maturazione dei 42 anni di contribuzione (41 per le donne), la possibilità della sospensione immediata.
E la mobilità del settore pubblico, verrebbe esercitata con un percorso simile allo stato di crisi per le aziende private. Ossia, riduzione dello stipendio, l'80% della busta paga base senza straordinari e indennità.

Entro la fine di ottobre sarà tagliata la pianta organica dei ministeri e degli enti pubblici non economici. La riduzione complessiva sarà del 20% per i dirigenti e del 10% per tutti gli altri dipendenti ma con livelli diversi a seconda delle singole amministrazioni.

Le amministrazioni pubbliche attualmente hanno trattamenti diversi per quanto riguarda i buoni pasto; alcuni lavoratori hanno diritto ai ticket da 5 euro, altri possono arrivare a valori di 14 euro e oltre. La manovra di spending review forfettizza il valore del singolo buono pasto a 7 euro per tutti.

Con quest'unico intervento lo Stato recupererà 53,8 milioni di euro. I maggiori risparmi verranno realizzati negli enti pubblici non economici dove l'importo medio dei ticket è di 11,60 euro. A guadagnarci sarà il personale dei ministeri, dove oggi i buoni pasto valgono in media 6,97 euro, e il Servizio sanitario nazionale (Ssn), che è ancora fermo a 5,60 euro a testa.

I dipendenti della Pubblica Amministrazione si vedranno anche ridimensionare lo spazio di lavoro. Il decreto prevede l'introduzione dello spazio standard per il dipendente pubblico. Gli spazi ad uso ufficio vengono infatti rapportati alle effettive esigenze funzionali degli uffici e alle risorse umane impiegate in base a un parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto. Una misura di rapida applicazione, perché le amministrazioni hanno 90 giorni dalla pubblicazione del decreto per compilare i piani.

Laureati: lavoro di basso profilo?



Per i laureati la corsa al posto di lavoro è sempre più in salita. Il titolo di studio, la laurea non aiuta a trovare un impiego e, quando viene conquistato, in un caso su quattro non è all'altezza del curriculum e del percorso di studi professionali.
Questa è la fotografia scattata dal centro studi Datagiovani, che ha registrato una proporzione doppia - 26,8% contro 13,4% - di laureati che lavora in mansioni con bassa specializzazione rispetto al destino di chi si ferma alla maturità. Restringendo l'obiettivo sugli indirizzi emerge, che mentre solo l'8% dei medici in attività è iperqualificato,  il vero gap riguarda le discipline umanistiche, dove il 36% dei laureati è sottoccupato.
Quindi faticano a trovare un lavoro e, quando ce la fanno, in un caso su quattro il posto conquistato non è all'altezza del loro curriculum. Ossia gli anni spesi sui banchi per studiare non danno i frutti e i risultarti sperati.
L'indagine del centro studi Datagiovani mostra che i più "sovraistruiti" tra i dottori: una quota doppia - 26,8% contro 13,4% - che svolge mansioni a bassa specializzazione rispetto a quanto avviene per chi si ferma alla maturità.
«Il fenomeno è abbastanza omogeneo sul territorio -ha spiegato Michele Pasqualotto, ricercatore di Datagiovani -, sebbene si riscontrino tendenze più ampie nel Centro Italia e nel Nord-Est». Balzano agli occhi i dati del Lazio (quasi un laureato su tre è sovra istruito) e quelli di Friuli-Venezia Giulia e Veneto (circa 3 su 10). La crisi ha appesantito il trend, con un aumento della quota di overeducated tra i laureati del 5,6% rispetto al 2007, senza contare che il tasso di disoccupazione, per questa categoria, è salito al 16 per cento (sette punti in più rispetto alla media europea). «È indubbio che le nuove generazioni - commenta Stefano Manzocchi, direttore Luiss Lab of European Economics - siano state più penalizzate in questi ultimi 15 anni, dovendosi spesso adattare a occupazioni di ripiego rispetto ai più anziani. Si è inoltre instaurato un circolo vizioso tra bassa domanda e bassa offerta di alte qualifiche, con pochi laureati "scientifici" che hanno disincentivato le imprese a investire su queste specializzazioni. È sulla composizione della forza lavoro che occorre cambiare qualcosa: nei curricula c'è troppo liceo classico e poca preparazione scientifica, troppe lauree generaliste e poche tecniche».
Restringendo l'obiettivo emerge che mentre solo l'8% dei medici occupati è iperqualificato e si sale al 14,5% nel caso di ingegneria e architettura, la vera differenza riguarda le discipline umanistiche, con il 36% dei laureati che svolge un lavoro di basso profilo (con un aumento del 9,5% rispetto al pre-crisi).
La fotografia di Datagiovani rileva, infine, come in media il fenomeno della sottoccupazione sia più consistente tra le giovani laureate, che nel 30% appaiono troppo istruite rispetto agli sbocchi professionali, circa dieci punti percentuali in più degli uomini, con un divario pressoché costante in tutte le discipline e con l'unica eccezione di quelle umanistiche, in cui è leggera la prevalenza maschile.

Offerte di lavoro: Facebook sfida LinkedIn


Chi pensa che per trovare lavoro basti essere presente sui social network professionali dedicati alle risorse umane oggi sbaglia di grosso. Per trovare nuovi talenti e interagire con loro i recruiters si aprono a tutto il panorama dei social media.

Lo ha dimostrato uno studio di Potentialpark che ha coinvolto più di 30.000 studenti e laureati di tutto il mondo e più di 500 aziende negli Stati Uniti, Europa e Asia.
Il 48% degli intervistati europei dichiara di preferire il collegamento con i recruiter tramite LinkedIn, contro il 25% che lo preferisce su Facebook. Le riserve risiedono nel fatto che Facebook non è ritenuto il luogo giusto per interagire con i datori di lavoro, soprattutto per la condivisione di informazioni della sfera privata.

Nell'era dei social network, la ricerca di lavoro è sempre di più un fatto di conoscenze informatiche - digitali. Ecco allora che un ruolo fondamentale lo giocano i nuovi social media e uno in particolare: LinkedIn. Che siate in cerca del primo impiego o piuttosto vogliate affrontare nuove sfide professionali, è bene scoprire come trovare offerte di lavoro su LinkedIn .

Per avere indicazioni di come utilizzare LinkedIn si consiglia visitare la pagine di lavoro.excite.
Secondo insistenti voci, Facebook starebbe sviluppando una propria piattaforma di annunci di lavoro da integrare all’interno del suo social network, ed il cui lancio sarebbe programmato per la fine dell’estate, presumibile ottobre 2012. Questo nuovo servizio, che dovrebbe garantire agli utenti la possibilità di ricercare impiego tra le numerose offerte di lavoro inserite da aziende ed agenzie specializzate, rappresenta il primo passo di Facebook nel mondo della selezione del personale online.

Ma potrebbe essere anche una minaccia ai preesistenti siti di professionali, come LinkedIn.

Sembrerebbe che al progetto iniziale almeno tre aziende, specializzate nella pubblicazione online di offerte di lavoro, affiancheranno Facebook e saranno coinvolte nella nuova piattaforma: BranchOut, Jobvite e Work4 Labs.

Sembra che nei primi mesi di vita della nuova piattaforma, Facebook non ha intenzione di ottenere profitti da questo servizio, ma non è ancora certo se è previsto di monetizzarlo nel futuro o continuare ad offrirlo in forma gratuita.

venerdì 6 luglio 2012

Lavoro: rapporto Censis sul mondo delle cooperative


Cooperazione, un arcipelago di quasi 80 mila imprese. Danno lavoro a oltre un milione di persone.

E' questa la fotografia scattata dal Censis nel primo Rapporto sulla cooperazione italiana presentato nel corso della giornata celebrativa dell'Anno Internazionale ONU delle Cooperative. Le cooperative si legge nel dossier, contribuiscono al 7,4% dell'occupazione creata dal sistema delle imprese in Italia. I settori in cui la cooperazione fornisce il suo apporto più importante sono il terziario sociale (dove il 23,7% dei lavoratori è occupato in cooperative) e in particolare il settore sanità e assistenza sociale (49,7%), il settore dei trasporti e della logistica (24% di occupati) e i servizi di supporto alle imprese (19,3%).

Con più di 12 milioni di soci, 1 milione e 300 mila addetti, il mondo delle imprese aderenti all'Alleanza produce un fatturato globale di circa 140 miliardi di euro. La cooperazione ha conosciuto un lento ma graduale sviluppo nel corso degli ultimi 40 anni, proseguito anche nell'ultimo decennio.

Un insieme di circa 80 mila tra piccole, medie e grandi imprese, che danno lavoro a 1,3 milioni di persone. Si presenta così la cooperazione in Italia, una presenza "chiave" in molti settori strategici dell'economia, dal sociale alla sanità, dai trasporti alla logistica, dall'agroalimentare alla grande distribuzione, che inverte anche il 'tradizionale' rapporto Nord-Sud risultando più capillare nel mezzogiorno rispetto al Centro nord per il rilevante ruolo che svolge in agricoltura e, in parte, nel settore edile: a fronte di una media Italia di 12,3 cooperative ogni 10 mila abitanti, al Sud il dato sale al 16,3, contro il 10,5 del Nord Ovest, il 9,9 del Nord Est e il 9,6 del Centro.

Le cooperative presentano dimensioni molto più consolidate delle imprese tradizionali, considerato che nel 2011, a fronte di una media di 3,5 addetti per impresa, le cooperative ne contavano 17,3. La cooperazione inoltre, dice ancora il Censis, è stato capace di reagire positivamente" alla difficile crisi economica "difendendo l'occupazione e cercando, dove possibile, nuovi spazi di mercato".
Per il 2012 "le prospettive per le cooperative non sembrano destinate a migliorare più di tanto: la maggioranza (il 51,2%) si aspetta una situazione di ristagno mentre il 4% prevede addirittura la crisi per la propria cooperativa".

La cooperazione, si legge nel rapporto Censis, risulta diffusa in tutto il Paese, con una presenza molto più capillare al Sud rispetto al Centro Nord, grazie al rilevante ruolo che questa svolge in ambito agricolo e, in parte, edile: a fronte di una media Italia di 12,3 cooperative ogni 10 mila abitanti, al Sud il dato sale al 16,3, contro il 10,5 del Nord Ovest, il 9,9 del Nord Est e il 9,6 del Centro. Tuttavia guardando all'impatto occupazionale che la cooperazione ha sul territorio, la situazione appare ribaltata con un ruolo più rilevante del Nord Est, dove contribuisce per il 9,4% all'occupazione generata dal sistema imprese (al sud la percentuale è del 7,6%, al Centro del 6,8% e al Nord Ovest del 6,2%).

A trainare l'aumento dell'occupazione è stato il settore della cooperazione sociale, che ha registrato tra 2007 e 2011 un vero e proprio incremento, con una crescita del numero dei lavoratori del 17,3%,facendo lievitare il numero degli occupati tra soci e non soci da 1 milione 279 mila agli attuali 1 milione 382 mila in decisa controtendenza con il quadro nazionale.
Per questo, conclude il rapporto, la cooperazione è "un modello innovativo per uscire dalla crisi". La dimostrazione non è solo nella capacità sul fronte occupazionale ma nella filosofia e nella logica di fare impresa diversa da quella tradizionale. La cooperazione ha mostrato negli anni della crisi una straordinaria capacità di tenuta, continuando a costituire un bacino prezioso e di nuove opportunità di lavoro.

giovedì 5 luglio 2012

Riforma del lavoro: pubblicato il testo in Gazzetta Ufficiale


È legge la riforma del lavoro. Il testo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale  dopo l’approvazione con fiducia ed entra in vigore mercoledì 18 luglio 2012.

L’obiettivo è, da un lato, favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili con contratto a tempo indeterminato come “contratto dominante” e, dall’altro, contrastare l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente introdotti nell’ordinamento con riferimento alle diverse tipologie contrattuali. In particolare si punta sulla formazione, con un’attenzione particolare all’apprendistato che diviene il mezzo per rafforzare le possibilità di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

Come si legge nel comunicato del Ministero del Lavoro, la legge cerca di raggiungere una distribuzione più equa delle tutele attraverso il contenimento dei margini di flessibilità progressivamente introdotti negli ultimi vent’anni e l’adeguamento all’attuale contesto economico della disciplina del licenziamento individuale. Allo stesso modo, la norma mira a un uso più coerente degli ammortizzatori sociali e all’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, tanto che il tempo indeterminato diventa la formula contrattuale prevalente e sono previste premialità per la stabilizzazione dei contratti di apprendistato e a termine.

In base alla legge approvata, gli obiettivi saranno attuati attraverso varie aree di intervento, rappresentate da razionalizzazione degli istituti contrattuali, tutele dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo, collegamento con altri aspetti che gravitano intorno al mercato del lavoro, come sostegno del reddito, formazione, riqualificazione professionale e incentivi alle assunzioni, equità di genere.

I diversi istituti contrattuali e processuali interessati dalla riforma del lavoro cambieranno volto in momenti diversi, che spesso non coincideranno con i tradizionali quindici giorni successivi alla pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale».

La previsione di decorrenze differenti è dettata dalla volontà del legislatore di dare al mercato del lavoro il tempo necessario ad adeguarsi ai cambiamenti legislativi presenti nella legge. Questo problema può presentarsi per quelle norme che avranno un impatto molto forte su prassi gestionali consolidate (per esempio le regole sul lavoro a progetto) o, comunque, per quelle regole che presentano dei profili di rilevante complessità.

Rientra in questa ultima categoria la riforma dei termini di impugnazione del contratto a tempo determinato. Che in relazione a questo istituto, la nuova legge prevede l'allungamento del termine per impugnare il rapporto: il limite, introdotto dalla legge 183/2010, passa da 60 a 120 giorni per le impugnazioni stragiudiziali e si riduce da 270 a 180 giorni per la proposizione della causa. Queste nuove scadenze saranno applicabili solo per i rapporti a termine che andranno a scadenza dal 1° gennaio del 2013: prima di allora resteranno validi i termini di impugnazione oggi vigenti nel collegato lavoro.

Diverso è il destino della riforma del lavoro che, in misura analoga a quanto appena descritto, ha interessato i termini di impugnazione dei licenziamenti: per questa ipotesi, la legge non concede dilazioni, ma prevede l'immediata entrata in vigore delle nuove decorrenze di 120 e 180 giorni.

Partenza differita per le norme che sanciscono l'abrogazione del contratto di inserimento. E solo dopo tale scadenza, i contratti di inserimento non potranno più essere stipulati e mantenuti in vita.

Per quanto riguarda il contratto di apprendistato,vige un regime transitorio rispetto alla norma che subordina la possibilità di assumere nuovi apprendisti al mantenimento in servizio di almeno il 50 per cento dei lavoratori assunti in precedenza con tale contratto. La nuova regola è immediatamente applicabile, ma la soglia del 50 per cento dovrà essere rispettata solo dopo che saranno passati 36 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma. Sino al compimento di tale periodo, dovrà essere rispettata una soglia più bassa pari al 30 per cento. Questa misura dovrebbe consentire alle imprese di adattarsi in maniera graduale al nuovo e impegnativo meccanismo.

Anche le partite Iva sono interessati da un'entrata in vigore differita. Per i contratti in corso, la nuova normativa si applica dopo 12 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma; solo per i nuovi contratti (così come previsto anche per il lavoro a progetto) il cambio di disciplina è immediato.
Mentre risulta già applicabile il nuovo rito accelerato per le cause che hanno a oggetto i licenziamenti.

mercoledì 4 luglio 2012

Fornero resta ministro del lavoro non è stata esodata dalla Camera dei deputati


Respinte le mozioni presentate da Idv e Lega. L'Aula della Camera ha confermato la fiducia al ministro del Lavoro Elsa Fornero bocciando le mozioni. I voti a favore sono stati 88, 435 i contrari, 18 gli astenuti.

Nonostante il balletto dei numeri e le danze delle cifre il ministro Fornero non è stata esodata dalla Camera dei deputati.

«Mi ha creato sofferenza, però lo abbiamo superato e ora continuerò a lavorare come prima»: così il ministro del Lavoro risponde, al termine del voto della Camera che le ha confermato la fiducia, ai cronisti. Il ministro del Lavoro uscendo dall'Aula di Montecitorio si intrattiene brevemente prima con alcuni deputati e poi con i cronisti. A chi le chiede se si sia sentita «infastidita» dalla richiesta di mozione di sfiducia replica come questo «non sia il termine adatto» e spiega infatti di aver piuttosto provato «sofferenza». «A chi mi accusa voglio dire che non ho mai mentito. Non è mia abitudine»: al termine del voto della Camera che le ha confermato la fiducia.

"Sarò sobrio nella mia dichiarazione di voto sulla sfiducia al ministro Fornero, e lo farò mordendomi la lingua perché ho rispetto sia del suo ruolo sia del fatto che sia una donna": così Antonio Di Pietro apre il suo intervento nell'Aula della Camera sulla sfiducia a Elsa Fornero che è dovuta "a ragioni di merito e di metodo". "Il ministro ha commesso un imbroglio gravissimo affermando il falso mentendo sapendo di mentire", ha detto l'ex pm. "Il ministro - spiega - ha mentito sul numero degli esodati: sapeva che il dato da lei riferito era falso e lo ha fornito comunque". Di Pietro ha poi contestato "l'arroganza del ministro nel violare l'articolo 1 della Costituzione: è gravemente offensivo per gli italiani". "Con arroganza e supponenza ha violato la Costituzione. Chiediamo la sfiducia per i suoi atti e comportamenti individuali che non meritano di essere rappresentati in questa Aula. Come fa un ministro in carica a dire che il sommerso, ovvero una illegalità, è un rischio che la sua riforma può determinare ricorda quel ministro della prima repubblica che diceva che la mafia era un rischio con cui bisognava convivere", prosegue Di Pietro, sostenendo che "il fatto che Monti dica di condividerne le scelte è un'aggravante e non un'attenuante".

"In quest'aula il ministro Fornero non gode di alcuna stima, considerazione e fiducia. Non è il ministro del Lavoro ma della disoccupazione. Lei non può fare a meno della propria sedia, ma il Paese può fare benissimo a meno di lei", afferma in Aula il capogruppo della Lega Giampaolo Dozzo.

"Voteremo contro la mozione di sfiducia al ministro Fornero. Lo facciamo con un voto che non è solo del gruppo parlamentare ma impegna l'intera forza politica che non cede ai populismi", ha annunciato nell'Aula della Camera Luigi Muro di Fli.

Spending review Sanità nuova prospettiva di spesa. Si taglia


Per i dipendenti e le strutture ospedaliere sono previsti grossi tagli per il momento la chiusura di 30 mila posti letto.

Sono previsti il blocco degli stipendi e le ferie coatte per i dipendenti pubblici; la riduzione dei permessi sindacali del 10% per gli statali a partire da gennaio del 2013. Inoltre il fondo sanitario viene ridotto di 3 miliardi in due anni (un miliardo per il 2012 e due per il 2013); chiusi i piccoli ospedali e previsti circa 30mila posti letto in meno negli ospedali pubblici, con un rapporto di 3,7 posti letto per mille abitanti contro gli attuali 4,2.

Dalla riduzione della spesa sanitaria è atteso un contributo di un miliardo di euro già da quest'anno e di due miliardi a partire dal 2013, con un'equivalente riduzione del Fondo Sanitario Nazionale. Il piano di risparmi nella Sanità è drastico: vengono rideterminati i tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, rinegoziati al ribasso i contratti di appalto, riviste le convenzioni con le strutture private accreditate, ridotti i fondi per l'acquisto dei dispositivi medici, aumentato il contributo delle farmacie all'equilibrio del sistema e delle aziende farmaceutiche all'eventuale sforamento dei tetti di spesa. Per questi ultimi mesi del 2012 le farmacie dovranno concedere al servizio sanitario un extrasconto sui farmaci del 6,5%, che a regime dall'anno prossimo sarà pari al 3,65%. Il tetto alla spesa farmaceutica ospedaliera, che fa registrare sistematicamente uno sforamento, viene alzato dal 2,4% al 3,2%, e parallelamente viene ridotto il tetto alla spesa territoriale (i farmaci a carico del Ssn forniti dalle farmacie) dal 13,3 all'11,5% del totale della spesa sanitaria.

Nello stesso tempo viene aumentato, e di parecchio, il contributo delle aziende farmaceutiche agli eventuali sfondamenti della spesa. Le imprese, infatti, dovranno farsi carico del 50% delle somme che eccedono il tetto fissato dal governo, mentre il restante 50% sarà a carico delle Regioni, ma solo di quelle che, nel complesso, non sono riuscite a rispettare il tetto.

Le Asl, che potranno rinegoziare i contratti con prezzi eccedenti il 20% rispetto al valore di riferimento, saranno obbligate ad ottenere le forniture attraverso la Consip, la centrale pubblica per gli acquisti centralizzati. Il decreto legge prevederebbe, poi, la riduzione del 5%, rispetto al 2011, delle spese per gli appalti di beni e servizi "non sanitari", mentre gli esborsi delle Regioni per le prestazioni sanitarie svolte dai privati accreditati in regime di convenzione dovranno essere tagliati dell'1% nel 2012 e del 2% a partire dal 2013 rispetto ai valori del 2011.

Lavoro: stretta fatale per i dipendenti statali con la spending review


Vediamo i risultati dei provvedimenti presi per la stretta sul comparto del pubblico impiego.

Taglio della pianta organica del 20% per i dirigenti e del 10% per tutti gli altri dipendenti. Nessuno è in grado di fare stime precise ma considerando che il settore conta 3,5 milioni di lavoratori, l'impatto potrebbe variare tra le 100 mila e le 300 mila persone. L'obiettivo che sarà raggiunto con la messa in mobilità obbligatoria per due anni o, per i più anziani, con un meccanismo di accompagnamento alla pensione. Comunque le prime cifre parlano di almeno 30mila esuberi, a cui riservare se necessario una deroga dalle nuove regole previdenziali per accedere direttamente alla pensione, ma la strada per individuare i numeri ufficiali non sarà molto semplice.

In una situazione del genere, fare in modo di dare una stretta fatale in modo lineare è inutile prima ancora che impossibile. Per questa ragione il Governo ha sottolineato che prima occorre fare un vero censimento degli organici, e poi decidere come sviluppare la riduzione. Probabilmente sarà soluzione semplice e semplicistica dal punto di vista operativo, ma poco produttiva sul piano dei risparmi reali.
Il dato certo che ci sarà un blocco di nuove assunzioni che dovrà rispettare tre scadenze:
le «facoltà assunzionali» per i posti che si libereranno saranno del 20% per il periodo 2012-2015, del 50% nel 2015 e torneranno al 100% a decorrere dal 2016. Si legge che nella Pubblica Amministrazione i concorsi per l'accesso alla prima fascia dirigenziale sono sospese le modalità di reclutamento non oltre il 31 dicembre 2015.

Per i dipendenti statali le novità sono molte e forse ancora non molto chiare. A partire dal primo ottobre di quest'anno il valore dei buoni pasto, anche per i dirigenti, non potrà superare i sette euro. Gli uffici pubblici resteranno chiusi nella settimana di ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno quando i lavoratori saranno messi obbligatoriamente in ferie. Diventerà impossibile «monetizzare» , i giorni di vacanza, i riposi e i permessi non goduti. Il divieto scatterà anche in caso di dimissioni o pensionamento. Si procederà alla «tendenziale eliminazione» degli incarichi di studio e ricerca affidati ai dirigenti mentre sono vietate le consulenze affidate a chi è andato in pensione. I contatti per il servizio di pagamento degli stipendi saranno rinegoziati con un abbattimento di «almeno il 15%».I permessi sindacali a partire da gennaio del 2013 saranno ridotti del 10 per cento.

Il Dl che l'Esecutivo si sta apprestando a varare - spiega una nota congiunta di tutte le sigle del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil - «avrà come unica conseguenza l'accentuarsi delle ragioni di dissenso su scelte che intendiamo contrastare con forza, ritenendole inaccettabili» l' 'Esecutivo si é rivelato «reticente» nel fornire le informazioni. È il giudizio del leader della Cgil, Susanna Camusso
Mentre Confindustria condivide l'impostazione del governo sulla spending review e l'efficientamento della pubblica amministrazione giudicandola «un buon inizio». Questa la posizione espressa, a quanto si apprende, dal presidente Giorgio Squinzi al tavolo tra governo e parti sociali. Squinzi si riserva di valutare poi nel dettaglio tutte le misure.

lunedì 2 luglio 2012

Offerte di lavoro nel settore Energia ed Ambiente luglio 2012


Per quanto riguarda le offerte di lavoro per il settore Energia  ed Ambiente si consiglia di visitare il sito www.linklavoro.it nella finestra Opportunità di lavorare nel settore Energia Ambiente  sono elencate le offerte di lavoro presenti in diverse aziende che si occupano del settore della Energia e il sito Careerjet dove si possono trovare offerte di lavoro per specialisti servizi energia elettrica, consulente marketing strategico ed altre offerte.

Sorgenia, operatore privato nel mercato dell’energia elettrica e del gas naturale, offre una allettante opportunità di impiego per chi è interessato a lavorare nella vendita di prodotti soprattutto per il mercato energetico.

L’azienda sta cercando nuovi Operatori commerciali e Agenti e non è richiesta in modo esplicito esperienza nel settore; chi si affaccia per la prima volta su questo tipo di professionalità, può infatti usufruire dei percorso di certificazione effettuato, una scuola unica nel suo genere, in grado di fornire le basi e l’assistenza necessarie alla formazione di agenti e agenzie di vendita. Per informazioni bisogna visitare la pagina della Sorgenia http://jobs.sorgenia.it/ in cui sono visibili i profili ricercati.

La Sorgenia sta puntando con decisione sulla crescita e la valorizzazione delle risorse umane al fine di creare una particolare sinergia tra l’azienda e chi lavora con essa, supportando i candidati privi di esperienza in tutto il suo iter lavorativo: dall’apertura della partita Iva all’iscrizione alla Camera di Commercio, sino all’indicazione di consulenti esperti per la gestione della propria contabilità.

Alla fine del percorso, viene così creata la figura di professionista della vendita di servizi, che prevede l’inserimento nella struttura commerciale dell’azienda. Il supporto di Sorgenia non si ferma neanche a certificazione avvenuta, con la possibilità riceve un contributo mensile e un supporto concreto per la propria crescita imprenditoriale a sostegno dell’apertura di nuovi uffici e per l’inserimento in strutture di agenzia.

E’ possibile inviare la propria candidatura scrivendo a selezione.agenti@sorgenia.it e specificando nell’oggetto il rif. CSS e il territorio (regione e/o provincia/e) di interesse.

La richiesta può essere effettuata anche da parte di figure già esperte o agenzie già avviate; in questo caso Sorgenia richiede, tra le varie caratteristiche, forte capacità di presidio del territorio e conoscenza diretta del target.

In termpi brevi sarà online il primo sito dedicato alle offerte di lavoro nel settore delle energie rinnovabili http://www.greenergyjobs.com/ ci si potrà registrare, inserire il curriculum vitae e candidarsi a tutte le offerte di lavoro disponibili presso le aziende del settore fotovoltaico, solare, eolico e green.

Li chiamano Green Jobs (lavori verdi) le nuove opportunità di impiego nel totale rispetto dell'ambiente e risparmio energetico. La tendenza a investire e trovare occupazioni nell'eco-sostenibilità ha catturato anche il settore turistico.

Disoccupazione giovanile l'allarme continua


Continua a crescere la disoccupazione giovanile nel 2012. Secondo i dati provvisori dell'Istat, a maggio, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni ha toccato un record storico salendo al 36,2%. Si tratta del dato più alto sia dall'inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004) sia trimestrali (quarto trimestre 1992). E' disoccupato più di un giovane su tre di coloro che partecipano attivamente al mercato del lavoro.
I giovani tra i 15 e i 24 anni senza lavoro sono cresciuti a maggio di 0,9 punti percentuali, raggiungendo così il record del 36,2%: quasi 4 su 10 degli attivi. E' una percentuale storica, rispetto alle serie negative mensili iniziate nel 2004 e in confronto al 4°trimestre del 1992. Lo rileva l'Istat.
Il tasso di disoccupazione a maggio è al 10,1%, in lieve calo (-0,1 punti percentuali) a confronto con aprile, quando tocco' un massimo dall'inizio della serie storica mensile (2004). Mentre sale di 1,9 punti su base annua.

La disoccupazione giovanile quindi sale ancora, aumentando di 0,9 punti percentuali su aprile e così mettendo a segno un record storico (finora mai era stato registrato un tasso più alto). Ecco che a maggio oltre uno su tre dei giovani "attivi" è in cerca di un lavoro. Mentre se si rapporta il dato dei disoccupati tra i 15 e i 24 anni sul totale della popolazione nella stessa fascia d'età risulta in cerca di un impiego più di uno su dieci anni, il 10,5%.

A maggio gli occupati sono 23 milioni e 34 mila, in aumento dello 0,3% rispetto ad aprile, ovvero di 60 mila unità, con la crescita dell'occupazione che riguarda sia gli uomini sia le donne. Rispetto a maggio 2011 gli occupati crescono dello 0,4%, cioè di 98 mila unità. Lo rileva l'Istat (dati provvisori e destagionalizzati).

Il numero dei disoccupati a maggio, pari a 2 milioni e 584 mila, diminuisce dello 0,7% rispetto ad aprile, con un calo di 18 mila unità. La flessione riguarda sia gli uomini sia le donne. Invece su base annua si registra una crescita del 26%, ovvero di 534 mila unità. Lo rileva l'Istat (dati provvisori e destagionalizzati).

I dati provvisori forniti dall'Istat sulla disoccupazione giovanile a maggio rappresentano "una drammatica emergenza nazionale". Lo afferma il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino. Per la sindacalista le cifre sulla disoccupazione degli under 25 sommate "alla quantità di lavoro precario", sono "una priorità da affrontare con un piano per il lavoro". Secondo Sorrentino serve quindi "un cambio urgente della rotta per quanto riguarda le scelte di politica economica".
Mentre nel  maggio 2012, nella Unione Europea a 27 c'erano 5,517 milioni di giovani sotto i 25 anni senza un lavoro (pari ad un tasso del 22,7%), di cui 3,412 milioni nella zona dell'euro (22,6%). Rispetto al maggio 2011, il numero dei giovani disoccupati è aumentato di 282 mila nella Ue-27 e di 245 mila nella zona euro. Nel maggio 2011, i tassi di disoccupazione erano rispettivamente del 21% e del 20,5%. Il record negativo spetta a Grecia (dato di marzo) e Spagna, entrambe con un picco del 52,1%.

Il tasso di disoccupazione all'11,1% in maggio nell'area dei 17 paesi della moneta unica è il più alto registrato dalla nascita dell'euro. Da mesi, è un susseguirsi di record negativi: in marzo, per la prima volta, il tasso dei senza lavoro aveva raggiunto la soglia dell'11%. Con maggio, è il tredicesimo mese consecutivo che viene passato il tetto del 10% nella zona dell'euro. E' record negativo anche nella Ue a 27 dove in maggio il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,3% (10,2% in aprile).

Riforma del lavoro 2012. Ammortizzatori sociali per collaboratori a progetto


Arriva una indennità per i lavoratori a progetto disoccupati (articolo 2, commi da 51 a 56).

Si rafforza a partire dal 2013, l'attuale una tantum per i collaboratori a progetto in regime di monocommittenza, iscritti in via esclusiva alla gestione separata pensionistica Inps e non titolari anche di reddito di lavoro autonomo, in quanto esclusi dall'ambito della nuova ASPI.

L'indennità spetta solo ai collaboratori che hanno stipulato un regolare contratto di lavoro a progetto, co.co.pro. Sono esclusi tutti coloro che, a vario titolo, sono iscritti alla Gestione separata e il cui rapporto di lavoro non sia inquadrabile nell'ambito dell'articolo 61, comma 1 del decreto legislativo 276/2003, (per esempio i cosiddetti mini co.co.co. e i lavoratori autonomi occasionali).
Per accedere al sussidio bisognerà, tra l'altro, aver conseguito l'anno precedente un reddito lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro; aver avuto un periodo di disoccupazione ininterrotta di almeno due mesi, e che risultino accreditate nell'anno precedente almeno quattro mensilità presso la gestione separata INPS .

Quindi chi ha lavorato sei mesi potrà avere circa sei mila euro. una tantum viene liquidata in un'unica soluzione se di importo pari o inferiore a mille euro, o in importi mensili di importo pari o inferiore a mille euro se superiore.

Riforma del lavoro 2012. ASPI


Ogni tipo di tutela della disoccupazione confluirà nell'Assicurazione Sociale per l'Impiego (Aspi), con il graduale superamento dell'indennizzato di mobilità .La nuova assicurazione sociale per l'impiego parte nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l'indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti.

La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell'ambito di applicazione dell'indennità. L'aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Sarà possibile trasformare l'indennità Aspi in liquidazione per poter così avere un capitale e avviare un'impresa. Il lavoratore che però rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all'indennità che percepisce perde il sussidio. I requisiti per l'accesso sono: anzianità di almeno de anni e 52 settimane di contribuzione nell'ultimo biennio.
L'Aspi durerà in relazione all'età dei lavoratori interessati da nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2016, prevedendo un periodo massimo di fruizione pari a 12 mesi per i lavoratori con età inferiore a 55 anni e di 18 mesi per quelli con età maggiore di 55 anni. L'importo massimo sarà di euro 1.119,32.
La mini-Aspi, è volta ad assicurare, dal 1° gennaio 2013, i lavoratori che non abbiano i requisiti per la fruizione dell'Aspi. La mini-Aspi va a sostituire l'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione. In particolare, la mini-Aspi può essere concessa in presenza di almeno 13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, e consiste in un'indennità di pari importo dell'Aspi.

L'Aspi: spetta dall'ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell'ultimo rapporto di lavoro, o dal giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la relativa domanda, a condizione che permanga la condizione di disoccupazione. La liquidazione dell'indennità avviene, a pena di decadenza, dietro presentazione, da parte dei lavoratori aventi diritto di un'apposita domanda, da inviare all'Inps esclusivamente in via telematica, entro due mesi dalla data di spettanza del trattamento. La fruizione dell'indennità è comunque condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione.

Riforma del lavoro 2012. Licenziamento collettivo


Qui il riferimento principale era e resta la legge 223 del 23 luglio 1991, che riguarda le norme su cassa integrazione e mobilità, e che si riferiscono solo alle aziende sopra i 15 dipendenti. Un licenziamento è collettivo se riguarda almeno cinque dipendenti. A questa norma vengono apportare una serie di modifiche.

Le procedure di messa in mobilità (che si chiama ma procedura di licenziamento collettivo) vanno comunicato all’ufficio del lavoro entro sette giorni (e non più contestualmente) dalla comunicazione scritta ai lavoratori che, al termine del relativo accordo sindacale, sono interessati ai relativi provvedimenti. Gli eventuali vizi di forma, che prima rendevano nulle le procedure di messa in mobilità, possono essere sanate con accordi sindacali.
Se però il provvedimento non viene comunicato in forma scritta o comunque i vizi di forma non vengono sanati da accordi, si prevede il reintegro ex articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Stesso discorso nel caso in cui non vengano rispettati i criteri di scelta dei lavoratori da mettere in mobilità (come previsti dall’articolo 5 della legge 223/1991).

Tutto questo non riguarda le aziende sotto i 15 dipendenti, in cui non c’è una disciplina specifica sui licenziamenti collettivi visto che sono comunque possibili i licenziamenti individuali.

In caso di recesso intimato violando i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità (elencati dall'articolo 5 della legge 223 del 1991), si applica la tutela reale prevista dal nuovo testo dell'articolo 18, comma 4, della legge 300 del 1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all'ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all'effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità). Infine, si prevede che in tali ipotesi, ai fini dell'impugnazione dei licenziamenti, trovino applicazione le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 604/1966 (prevede che il licenziamento debba essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a manifestare la volontà del lavoratore, entro 60 giorni dalla sua comunicazione per iscritto, e che nei successivi 270 giorni - che scendono a 180 giorni ai sensi del presente provvedimento - debba essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o debba essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione).

Va anche detto che la riforma del lavoro prevede poi una serie di cambiamenti sugli ammortizzatori sociali, compresa la mobilità, che entreranno in vigore fra il 2013 e il 2016.

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