mercoledì 28 novembre 2012
Pubblica amministrazione una speranza per i precari
Il governo sta lavorando a una proroga dei contratti in scadenza nella pubblica amministrazione fino al prossimo 31 luglio da inserire nella legge di stabilità. Lo ha annunciato il commissario straordinario dell'Aran, Antonio Naddeo, all'incontro con i sindacati a Palazzo Vidoni, secondo quanto si apprende da fonti sindacali. Con la proroga, avrebbe riferito Naddeo "non abbiamo più la ghigliottina per definire l'accordo quadro" sui lavoratori flessibili. Di questa misura si parlerà nel Consiglio dei Ministri di venerdì e sarà formalizzata eventualmente ai sindacati in un nuovo incontro con i sindacati.
I precari nel pubblico impiego sarebbero all'incirca 250 mila nei diversi comparti e per la maggior parte con scadenza dei contratti al 31 dicembre 2012. Lo avrebbe comunicato l'Aran all'incontro governo-parti sociali, in corso al ministero della Pubblica Amministrazione, secondo quanto si apprende da fonti sindacali.
I lavoratori flessibili nella scuola sono 135 mila, 14.800 nello Stato, di cui 3.600 nei Vigili del Fuoco, nella Sanità 35.194 e tra Regioni ed Enti locali oltre 52.000 (52.098), inoltre nelle Regioni a Statuto speciale 12.760.
«Un risultato positivo e utile frutto della nostra iniziativa». Così la Cgil ha commentato l'ipotesi di una proroga ai contratti precari in scadenza nella Pa come illustrato oggi nell'incontro tra il ministero della funzione pubblica e i sindacati a Palazzo Vidoni. «In attesa di leggere il testo della proroga e dell'accordo quadro- dice Michele Gentile, responsabile settori pubblici della Cgil nazionale - salutiamo questo come un risultato positivo e utile, frutto della nostra iniziativa, che permette di costruire un percorso che per quanto ci riguarda prevede la stabilità dei precari della Pa».
A ottobre risultano in attesa di rinnovo 36 accordi contrattuali, di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a circa quattro milioni di dipendenti (intorno ai 3 milioni nel pubblico impiego). Lo ha comunicato l'Istat precisando che la quota di dipendenti che aspettano il rinnovo è pari al 30,7% nel totale dell'economia, in leggero rialzo rispetto a settembre.
A ottobre tra i contratti monitorati dall'indagine l'Istat registra il positivo scioglimento della riserva dell'accordo per i dipendenti dell'industria chimica, rinnovato prima della conclusione naturale del contratto (dicembre 2012), mentre sono scaduti quelli per i lavoratori dell'industria alimentare e olearia (al riguardo l'istituto precisa che alla fine di ottobre per questi accordi è già stata siglata l'ipotesi di intesa, che sarà recepita definitivamente non appena sarà sciolta la riserva da parte dei lavoratori). L'Istat ricorda per quanto riguarda gli statali che a partire da gennaio 2010 tutti i contratti della pubblica amministrazione sono scaduti, subendo il blocco stabilito per legge.
Le retribuzioni contrattuali orarie a ottobre salgono dell'1,5% su base annua, dall'1,4% di settembre, mentre su base mensile crescono dello 0,2%. Il dato tendenziale rimane, nonostante il forte rallentamento dei prezzi, sotto il livello d'inflazione annuo dello stesso mese (+2,6%), ma il divario si restringe a 1,1 punti (da 1,8 di settembre).
Guardando ai primi dieci mesi dell'anno, nella media del periodo gennaio-ottobre 2012 le retribuzioni contrattuali orarie risultano cresciute su base annua dell'1,5%. Analizzando le proiezioni dell'Istat, con riferimento al semestre novembre 2012-aprile 2013, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale dell'indice generale sarebbe pari all'1,6% a novembre, diminuirebbe leggermente a dicembre all'1,5% e da gennaio 2013 subirebbe una drastica riduzione attestandosi allo 0,9%.
Tenendo conto dei diversi settori, a ottobre presentano i rialzi tendenziali più forti i comparti dell'acqua e servizi di smaltimento rifiuti (3,0%), dell'energia elettrica e gas (2,9%), del tessile, abbigliamento e lavorazione pelli (2,8%). Si registrano invece variazioni nulle per telecomunicazioni e tutti i comparti della pubblica amministrazione.
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Produttività del lavoro 2013: demansionamento, dequalificazione e mobbing
Con la recente sentenza n. 2711 del /2012 la Corte di Cassazione ha stabilito che, per poter definire lesiva la condotta del datore di lavoro, devono diventare rilevanti: la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o leciti posti in essere in modo sistematico e prolungato nel tempo contro il dipendente con intento vessatorio; che l’evento lesivo incida sulla salute e personalità del lavoratore dipendente, minandone l’integrità psico-fisica; che si evidenzi la volontà persecutoria.
Pertanto, ai fini dell’accertamento del mobbing e del conseguente diritto al risarcimento del danno, il lavoratore deve individuare nominativamente gli autori degli attacchi e descrivere gli episodi che si sono verificati nel tempo e il modo con il quale si sono svolti, in maniera tale che possa essere espletata agli stessi una prova testimoniale. Quindi, ha concluso la sentenza, i singoli comportamenti non avevano in sé, congiuntamente e isolatamente considerati, contenuto mobbizzante, sicché dalla loro somma, mancando una qualsiasi prova dell'esercizio abusivo del diritto, non si poteva desumere un disegno persecutorio, fonte di risarcimento.
Tra i temi che entreranno nella contrattazione collettiva futura c'è anche quello della flessibilità nelle mansioni dei lavoratori dipendenti. Quanto previsto dall'accordo sulla produttività, è doveroso mettere in evidenza il principio sul termine demansionamento, e come viene inteso nelle aule di giustizia, soprattutto per rappresentarne la linea di delimitazione rispetto al mobbing. Molto spesso, le due figure vengono richiamate insieme, anche se vanno tenute distinte. La differenza tra la dequalificazione professionale e il mobbing si gioca in realtà sul piano della prova. È necessario chiedersi quale può essere l'elemento di distinzione, indispensabile anche per quantificare l'eventuale risarcimento del danno subito.
La giurisprudenza ha precisato che la dequalificazione non è necessariamente mobbing se non si prova l'intento persecutorio dell'azienda. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12770 del 23 luglio 2012, ha affermato che la dequalificazione professionale non è prova certa di una volontà oppressiva e vessatoria del datore di lavoro. Non si può escludere, tuttavia, solo per questo, il riconoscimento di un indennizzo per il danno morale, biologico e professionale subìto, poiché il demansionamento del lavoratore comporta comunque uno svilimento della professionalità acquisita dal dipendente.
Ed inoltre la Corte nel decidere una domanda di risarcimento dei danni alla professionalità e all'immagine, del danno morale e di quello biologico, in conseguenza di lamentati comportamenti del datore di lavoro di dequalificazione e di "mobbing", nonché dei danni scaturenti dal licenziamento, non ha perso l’occasione per richiamare la massima di Cass. sez. lav. n. 19785 del 1779/2010, secondo cui ‘in tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio - dall'esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex art. 2697 cod. civ. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale’”.
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Contributi all'Inps e l'ultima rata del saldo Irpef salasso di fine 2012
L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che a beneficiare della proroga sono tutte le persone fisiche, soggette o meno agli studi di settore, i contribuenti diversi dalle persone fisiche se soggetti agli studi di settore e coloro che vi partecipano. Per effetto del differimento previsto dall’articolo 1 del Dpcm, il versamento del saldo 2011 e dell’acconto 2012, in scadenza il 18 giugno, potrà essere eseguito entro il 9 luglio senza alcuna maggiorazione oppure dal 10 luglio al 20 agosto, aggiungendo alle somme da versare uno 0,40% a titolo di interessi. Oggetto di proroga sono tutti i versamenti delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi dalle dichiarazioni Irap e dalla dichiarazione unificata annuale, compresa quindi l’Iva se si è deciso di differirne il pagamento entro il termine di versamento delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo, data naturale di scadenza del saldo Iva. In caso di scelta per il pagamento rateizzato, i contribuenti che non rientrano nella proroga e quelli che pur rientrandovi non intendono avvalersene, ovviamente continueranno a seguire il piano di rateazione riportato nelle istruzioni al modello Unico 2012.
L’unica novità relativa a quelle tabelle riguarda la scadenza del 16 agosto che, per effetto della messa a regime della pausa di ferragosto decretata dal Dl n. 16 del 2012, slitta al 20 agosto. Se invece il contribuente si avvale dello slittamento dei termini e della possibilità di frazionare il pagamento delle somme dovute, va rideterminato un nuovo piano di rateazione, considerando, come partenza, il termine fissato dalla proroga e, come fine, il 30 novembre per i non titolari di partita Iva e il 16 novembre per i titolari di partita Iva. Ad esempio, un contribuente non titolare di partita Iva che ha deciso per un piano rateale senza maggiorazione, dovrà effettuare il primo versamento entro il 9 luglio, il secondo entro il 31 luglio e così via a scadenza mensile, fino ad arrivare al 30 novembre 2012.
Quindi dopo quella del 16 vi è la scadenza del 30 novembre 2012. Per i titolari di partita IVA novembre è un mese maledetto perché è contrassegnato da un doppio appuntamento con il modello F 24. Il 30 novembre per chi lavora con partita Iva dovrà mettere mano al portafoglio e sborsare altri soldi da destinare allo Stato. Come al solito il segreto per non fallire la scadenza e per non trovarsi spaesati l’ultimo giorno è arrivare preparati al versamento. Ciò significa assicurarsi di aver consegnato tutto il materiale al commercialista, essere sicuri di aver ricevuto il modello F24 qualche giorno prima del limite e poi ricordarsi il giorno della scadenza di effettuare il versamento.
Il 30 novembre bisogna versare il secondo acconto delle imposte per le persone fisiche, le società di persone (Snc, Sas) e le società di capitali (Spa, Srl, Sapa). Le imposte da versare sono l’Irpef (per le persone fisiche e le società di persone) e l’Ires (per le società di capitali). Chi non verserà l’Irap a fine novembre dovrà pagare il secondo acconto. Non solo i versamenti riguardano anche l’Inps. Infatti si dovrà versare il secondo acconto dei contributi per la gestione artigiani-commercianti che superano il livello minimo (nel caso di redditi superiori a 14.552 euro). Chi non è un professionista senza iscrizioni all’Ordine professionale dovrà invece versare il secondo acconto dei contributi alla gestione separata. Fin qui gli acconti. Chi ha invece scelto di versare a rate il saldo dell’Irpef dell’anno
precedente, il 30 novembre dovrà pagare anche l’ultima rata delle imposte 2011.
Come avviene per i pagamenti mensili, anche il versamento del 30 novembre va effettuato con il modello F24 telematico. Il modo più immediato per pagare l’F24 è utilizzare il canale on line della banca di riferimento. Quindi accedere ai servizi on line sul sito internet della banca, selezionare l’opzione F24 e una volta che si sarà aperta la schermata con il modello in bianco si dovrà compilarlo copiando nei vari campi gli importi e i codici riportati sull’F24 che ci è stato spedito dal commercialista.
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domenica 25 novembre 2012
Lavoro autonomo dove candidarsi per cercare lavoro
Freelancer è un portale che sfrutta il meccanismo delle aste e che prende essenzialmente in considerazione attività relative all’Information Technology oltre a traduzioni e servizi relativi alla gestione di attività commerciali. Il sistema delle aste tende a sfavorire chi punta a massimizzare i guadagni su ogni progetto eseguito. Quindi Freelance, è il lavoro che si trova all'asta online.
Freelancer.com è il più grande mercato di outsourcing del mondo, che dà nuovi strumenti a imprenditori e piccole imprese in tutto il mondo.
Vediamo un esempio l'azienda che ha intenzione di cambiare vuole la propria immagine pubblica un annuncio con le proprie esigenze e il budget a disposizione. E dopo poco tempo arrivano proposte dettagliate di professionisti, che specificano contenuti, costi e tempistiche di realizzazione. Il passaggio successivo dell'azienda, che potrà scegliere il professionista più adatto, anche in base a quanto raccontano di lui gli altri iscritti alla community, e commissionargli il lavoro, che verrà saldato a missione compiuta. E' quanto avviene su Freelancer.com, piattaforma di outsourcing e crowdsourcing dedicata all'incontro tra domanda e offerta di lavoro autonomo.
E' arrivata in Italia Freelancer, e punta a creare in sei mesi 50.000 nuovi imprenditori nel Paese la piattaforma con gli oltre 2,4 milioni di progetti inseriti dalla sua creazione offre una soluzione concreta sia a chi sta cercando un lavoro o un modo per integrare le proprie entrate, sia alle aziende che necessitano professionisti qualificati, flessibili e a costi ridotti.
Il portale punta a crescere di pari passo con la tendenza delle aziende a esternalizzare quote crescenti del loro lavoro, con l'obiettivo di trasformare i costi fissi in variabili, strettamente legati alle esigenze del momento e all'andamento congiunturale.
In Italia si è partiti con 21mila iscritti, di cui 4.500 aziende, e 17mila progetti inseriti per un valore di 1,23 milioni di dollari) è legato al suo stretto legame con il mondo emergente dei social media e della capacità di identificare per categorie precise le esigenze di lavoro e le competenze professionali degli utenti (le principali sono Websites, IT & Software, Mobile Phones & Computing e Writing & Content).
Il primo passo per lavorare con Freelancer.com è e collegarsi ed iscriversi al sito http://www.freelancer.com/, appena si è dentro al sito si notano molte categorie di lavoro, quelli più richiesti sono traduttore, webdesigner o un programmatore. Il sito contiene molte categorie di lavoro ed all’interno di ogni categoria ci sono tutte le richieste dei clienti, con la data di scadenza e i soldi che vorrebbero spendere per il lavoro. Per ogni lavoro parte un’asta di persone che si propongono per soddisfare il cliente, che poi sceglierà il prezzo migliore.
Simile spirito lavorativo lo si trova con oDesk nquadrata soprattutto sui piccoli lavori e con una prevalenza di annunci in campo informatico. In Italia si è messa in luce Starbytes, iniziativa rivolta a neolaureati in discipline informatiche e telecomunicazioni, creativi, professionisti del settore ed esperti di tecnologie digitali.
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Simile spirito lavorativo lo si trova con oDesk nquadrata soprattutto sui piccoli lavori e con una prevalenza di annunci in campo informatico. In Italia si è messa in luce Starbytes, iniziativa rivolta a neolaureati in discipline informatiche e telecomunicazioni, creativi, professionisti del settore ed esperti di tecnologie digitali.
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Contributi 2013 ricongiunzione da INPDAP a INPS
La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione. In Italia i lavoratori, dal 1979 è possibile ricongiungere in un solo fondo i contributi versati a diverse casse previdenziali.
I contributi in questione possono riferirsi all’assicurazione generale obbligatoria o alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (gestite dall’Inps) o riferibili all’assicurazione generale vincolante per i lavoratori.
La manovra del governo ha dimenticato la ricongiunzione dei contributi, che rimangono a titolo oneroso. Il decreto legge tuttavia, prevede delle novità in materia di totalizzazione, abolendo il requisito minimo dei tre anni di contributi, prima necessari per effettuare questa operazione nella singola gestione. In questo modo, la totalizzazione risulta più accessibile rispetto alla ricongiunzione. Se questa opzione non comporta oneri diretti, va ricordato che l'assegno di norma è più leggero. In generale, poi, non ci sono limiti: ciascun lavoratore può accedere all'una o all'altra opzione.
Stabilito che, tutti i periodi contribuitivi valgono ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione, resta inteso, che, in molti casi, può risultare conveniente riunire la propria posizione contributiva presso un solo ente. I periodi ricongiunti verranno infatti adoperati come se provenissero dal fondo in cui sono stati unificati e pertanto, daranno diritto alla pensione in funzione dei requisiti previsti dal fondo medesimo.
Ricordiamo che questo procedimento era a carico delle gestioni, e quindi totalmente gratuita per gli iscritti, che avevano l’onere di trasferire nel Fondo i contributi riguardanti i periodi ricongiunti, oltre agli interessi (ad un tasso annuo pari al 4,50 per cento).
Dal 1 Luglio 2010 la legge è cambiata mentre prima prevedeva che la ricongiunzione dei contributi previdenziali da Inpdap (ente previdenziale dei dipendenti della pubblica amministrazione) a Inps divenisse onerosa. Onerosa sta a significare che chi vuole cumulare nell’Inps i propri contributi, avendo versato inizialmente a Inpdap e successivamente all’Inps, deve versarli nuovamente e con interessi.
In molti speravano che il decreto Salva Italia sanasse questa situazione di iniquità. La nuova manovra invece non ha affrontato il problema. Le uniche modifiche riguardano la soluzione alternativa alla ricongiunzione, ossia la totalizzazione. Per capire se sia conveniente una soluzione piuttosto che un'altra occorre valutare caso per caso. Con il passaggio dalla ricongiunzione a titolo gratuito a quella a pagamento si è voluto evitare che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico aggirassero l'ostacolo dell'innalzamento dell'età pensionabile prevista per la loro categoria (61 anni dal 2010 e 65 anni dal 2012, ora divenuti 66 per effetto del decreto legge 201/2011, in legge 214) trasferendo i propri contributi all'Inps. Con questa mossa l'Istituto avrebbe pagato la pensione al compimento del 60esimo anno di età.
Quindi ai lavoratori che hanno versato i contributi previdenziali in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali – e ai quali ora si chiedono migliaia di euro per la ricongiunzione contributiva - l’unica soluzione accettabile è quella di optare per la totalizzazione, acquisendo gratuitamente il diritto ad un’unica pensione di vecchiaia o di anzianità, seppure rinunciando ai vantaggi ai fini pensionistici che avrebbe comportato il ricongiungimento, gratuito fino al 2010 ma ormai un miraggio per tutti visti i costi stellari.
La ricongiunzione dei contributi previdenziali di casse diverse a pagamento è considerata uno scandalo da molti, ma non dal Ministro Elsa Fornero, che difende la legge 122/2010 sostenendo che «l’imposizione di un onere risponde a criteri di equità tra le categorie».
La totalizzazione rappresenta una soluzione diversa dalla ricongiunzione dei contributi, in primo luogo perché la totalizzazione risulta completamente gratuita, mentre la ricongiunzione può arrivare a costare anche molto caro. In questo caso, però, i contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza.
Un'alternativa alla ricongiunzione è la totalizzazione (Dlgs 42/06) che con la manovra Monti è stata estesa a tutti i periodi contributivi compresi quelli inferiore a tre anni. Le gestioni previdenziali interessate dalla totalizzazione, ciascuna per la parte di propria competenza, determineranno il trattamento pensionistico pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione sulla base della disciplina del sistema contributivo puro (Dlgs 180/97). Come hanno spiegato Inps e Inpdap, se il lavoratore che effettua la totalizzazione ha già maturato in una delle gestioni previdenziali i requisiti minimi richiesti per il diritto a una pensione autonoma, questo pro quota di pensione sarà calcolato con il sistema di computo previsto nella gestione (retributivo o misto) e, pertanto, non necessariamente con il sistema contributivo.
Della cosiddetta totalizzazione dei contributi possono beneficiare lavoratori dipendenti, autonomi artigiani, commercianti e coltivatori diretti, liberi professionisti, ma soprattutto lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata.
gli autonomi possono sommare i contributi versati nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con quelli versati all’INPS come lavoratori dipendenti per attività lavorativa subordinata;
chi ha lavorato all’estero può sommare i contributi versati in paesi dell’Unione Europea o convenzionati con
quelli versati all’INPS;
gli occupati in data successiva al 31.12.1995 possono sommare i contributi INPS con quelli di due o più gestioni;
possono totalizzare i periodi assicurativi, per ottenere un’unica pensione i titolari di posizione assicurativa all’INPGI e all’INPS per altra attività lavorativa subordinata;
chi ha effettuato versamenti all’INPS e all’ENPAL può godere della totalizzatone prevista dalla convenzione stipulata tra i due Enti.
Comunque per richiedere la totalizzazione è necessario: un’anzianità contributiva pari ad almeno tre anni, tranne per i contributivi esteri che però devono rispettare il minimale di contribuzione previsto dalla normativa comunitaria (1 anno) o dalle singole Convenzioni bilaterali;
non aver richiesto e accettato la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29 e 5 marzo 1990, n. 45 in data successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 42 del 2 febbraio 2006;
non essere titolare di un trattamento pensionistico erogato da una delle gestioni destinatarie della normativa della totalizzazione.
I contributi in questione possono riferirsi all’assicurazione generale obbligatoria o alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (gestite dall’Inps) o riferibili all’assicurazione generale vincolante per i lavoratori.
La manovra del governo ha dimenticato la ricongiunzione dei contributi, che rimangono a titolo oneroso. Il decreto legge tuttavia, prevede delle novità in materia di totalizzazione, abolendo il requisito minimo dei tre anni di contributi, prima necessari per effettuare questa operazione nella singola gestione. In questo modo, la totalizzazione risulta più accessibile rispetto alla ricongiunzione. Se questa opzione non comporta oneri diretti, va ricordato che l'assegno di norma è più leggero. In generale, poi, non ci sono limiti: ciascun lavoratore può accedere all'una o all'altra opzione.
Stabilito che, tutti i periodi contribuitivi valgono ai fini del raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione, resta inteso, che, in molti casi, può risultare conveniente riunire la propria posizione contributiva presso un solo ente. I periodi ricongiunti verranno infatti adoperati come se provenissero dal fondo in cui sono stati unificati e pertanto, daranno diritto alla pensione in funzione dei requisiti previsti dal fondo medesimo.
Ricordiamo che questo procedimento era a carico delle gestioni, e quindi totalmente gratuita per gli iscritti, che avevano l’onere di trasferire nel Fondo i contributi riguardanti i periodi ricongiunti, oltre agli interessi (ad un tasso annuo pari al 4,50 per cento).
Dal 1 Luglio 2010 la legge è cambiata mentre prima prevedeva che la ricongiunzione dei contributi previdenziali da Inpdap (ente previdenziale dei dipendenti della pubblica amministrazione) a Inps divenisse onerosa. Onerosa sta a significare che chi vuole cumulare nell’Inps i propri contributi, avendo versato inizialmente a Inpdap e successivamente all’Inps, deve versarli nuovamente e con interessi.
In molti speravano che il decreto Salva Italia sanasse questa situazione di iniquità. La nuova manovra invece non ha affrontato il problema. Le uniche modifiche riguardano la soluzione alternativa alla ricongiunzione, ossia la totalizzazione. Per capire se sia conveniente una soluzione piuttosto che un'altra occorre valutare caso per caso. Con il passaggio dalla ricongiunzione a titolo gratuito a quella a pagamento si è voluto evitare che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico aggirassero l'ostacolo dell'innalzamento dell'età pensionabile prevista per la loro categoria (61 anni dal 2010 e 65 anni dal 2012, ora divenuti 66 per effetto del decreto legge 201/2011, in legge 214) trasferendo i propri contributi all'Inps. Con questa mossa l'Istituto avrebbe pagato la pensione al compimento del 60esimo anno di età.
Quindi ai lavoratori che hanno versato i contributi previdenziali in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali – e ai quali ora si chiedono migliaia di euro per la ricongiunzione contributiva - l’unica soluzione accettabile è quella di optare per la totalizzazione, acquisendo gratuitamente il diritto ad un’unica pensione di vecchiaia o di anzianità, seppure rinunciando ai vantaggi ai fini pensionistici che avrebbe comportato il ricongiungimento, gratuito fino al 2010 ma ormai un miraggio per tutti visti i costi stellari.
La ricongiunzione dei contributi previdenziali di casse diverse a pagamento è considerata uno scandalo da molti, ma non dal Ministro Elsa Fornero, che difende la legge 122/2010 sostenendo che «l’imposizione di un onere risponde a criteri di equità tra le categorie».
La totalizzazione rappresenta una soluzione diversa dalla ricongiunzione dei contributi, in primo luogo perché la totalizzazione risulta completamente gratuita, mentre la ricongiunzione può arrivare a costare anche molto caro. In questo caso, però, i contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza.
Un'alternativa alla ricongiunzione è la totalizzazione (Dlgs 42/06) che con la manovra Monti è stata estesa a tutti i periodi contributivi compresi quelli inferiore a tre anni. Le gestioni previdenziali interessate dalla totalizzazione, ciascuna per la parte di propria competenza, determineranno il trattamento pensionistico pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione sulla base della disciplina del sistema contributivo puro (Dlgs 180/97). Come hanno spiegato Inps e Inpdap, se il lavoratore che effettua la totalizzazione ha già maturato in una delle gestioni previdenziali i requisiti minimi richiesti per il diritto a una pensione autonoma, questo pro quota di pensione sarà calcolato con il sistema di computo previsto nella gestione (retributivo o misto) e, pertanto, non necessariamente con il sistema contributivo.
Della cosiddetta totalizzazione dei contributi possono beneficiare lavoratori dipendenti, autonomi artigiani, commercianti e coltivatori diretti, liberi professionisti, ma soprattutto lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata.
gli autonomi possono sommare i contributi versati nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con quelli versati all’INPS come lavoratori dipendenti per attività lavorativa subordinata;
chi ha lavorato all’estero può sommare i contributi versati in paesi dell’Unione Europea o convenzionati con
quelli versati all’INPS;
gli occupati in data successiva al 31.12.1995 possono sommare i contributi INPS con quelli di due o più gestioni;
possono totalizzare i periodi assicurativi, per ottenere un’unica pensione i titolari di posizione assicurativa all’INPGI e all’INPS per altra attività lavorativa subordinata;
chi ha effettuato versamenti all’INPS e all’ENPAL può godere della totalizzatone prevista dalla convenzione stipulata tra i due Enti.
Comunque per richiedere la totalizzazione è necessario: un’anzianità contributiva pari ad almeno tre anni, tranne per i contributivi esteri che però devono rispettare il minimale di contribuzione previsto dalla normativa comunitaria (1 anno) o dalle singole Convenzioni bilaterali;
non aver richiesto e accettato la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29 e 5 marzo 1990, n. 45 in data successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 42 del 2 febbraio 2006;
non essere titolare di un trattamento pensionistico erogato da una delle gestioni destinatarie della normativa della totalizzazione.
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sabato 24 novembre 2012
Lavorare durante le festività 2012 la retribuzione
Come tutti gli anni in questo periodo dove si avvicinano le festività per i lavoratori d'altro canto arrivano dalle agenzie per il lavoro le offerte della grande distribuzione per gli impieghi legati al momento caldo che parte con il Natale e finisce con l'anno nuovo e la Befana. Si cercano in questo periodo di feste soprattutto commessi, magazzinieri, responsabili di negozio, addetti ai banchi di gastronomia in genere. I contratti generalmente sono a tempo determinato o con prestazione occasionale, ma a volte, e soprattutto se ha “retto” il mercato e le sue richieste sono state soddisfacenti, si possono poi trasformare a contratto a tempo indeterminato.
Vediamo l’aspetto retributivo durante il periodo delle festività. Il lavoratore dipendente, esso ha diritto alla retribuzione per i giorni di festività goduti come riposo. Nel caso in cui presta invece il lavoro festivo ha diritto alla retribuzione con una percentuale di maggiorazione. Il lavoratore subordinato ha diritto a giorni di riposo dalla propria attività lavorativa, dallo svolgimento del proprio orario di lavoro contrattuale. Sono riposi previsti dalla legge. Oltre alle ferie, ai permessi e agli altri casi di riposo, il lavoratore ha diritto anche a fruire della sospensione dal lavoro durante le festività. Il lavoratore durante queste ricorrenze festive, ha diritto ad astenersi dal lavoro ed a ricevere la retribuzione per tali giornate. Il diritto al riposo nei giorni festivi non è considerato dall’ordinamento assoluto, poiché non è espressamente sancito dalla Costituzione accanto al diritto al riposo settimanale e alle ferie che sono previsti dall’art. 36 Costituzione.
Analizziamo i casi più rilevanti di lavoro durante il periodo delle festività. Nel caso in cui una festività cade in un giorno della settimana previsto come lavorativo, il lavoratore ha diritto ad esimersi dal lavoro percependo la relativa retribuzione, salvo diverso accordo con il datore di lavoro o diversa previsione del contratto collettivo nazionale di riferimento. In relazione alla retribuzione occorre distinguere se la paga prevista è fissa oppure varia in base al numero di ore effettivamente lavorate nell’arco del mese di riferimento. Nel primo caso il lavoratore riceverà lo stesso stipendio e quindi la giornata festiva non lavorata non dovrà essere decurtata. Nel secondo caso, invece, il giorno festivo dovrà essere retribuito, per cui il lavoratore avrà diritto a percepire la retribuzione oltre che per le ore di lavoro effettivamente prestate anche per le ore che avrebbe lavorato durante la giornata festiva. Occorre distinguere tra lavoratori pagati a stipendio fisso e lavoratori pagati a ore anche nel caso in cui la festività cade nel giorno di riposo infrasettimanale. Nel primo caso, infatti, non si percepisce alcuna retribuzione aggiuntiva, nel secondo caso invece la festività deve essere pagata in aggiunta alla retribuzione relativa alle ore effettivamente lavorate.
La retribuzione durante le festività è differente a seconda che il lavoratore non presti la propria attività godendo quindi del riposo o che invece lavori. Qualora il lavoratore goda della festività, è necessario distinguere ulteriormente:
i lavoratori retribuiti in misura fissa hanno diritto alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera: quindi il compenso dovuto mensilmente rimane inalterato a prescindere dai giorni festivi che ricorrono nello stesso mese;
i lavoratori pagati a ore con busta paga hanno diritto alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni accessorio e riproporzionata ad 1/6 dell’orario settimanale di lavoro (o 1/5 nel caso di adozione della settimana corta)
I lavoratori che prestano la propria attività durante una giornata festiva hanno diritto ad una maggiorazione del compenso. Tale maggiorazione è di regola stabilita dai CCNL.
La retribuzione per il giorno di festività non lavorato, e quindi goduto come riposo, è calcolata in maniera differente tra i lavoratori retribuiti in maniera stabile e quelli retribuiti invece ad ore in busta paga. Ai primi spetta la normale retribuzione. Di fatto la retribuzione mensile rimane inalterata, in quanto calcolata su tutte le giornate lavorative del mese, e la festività retribuita come un giorno lavorato, quindi non riduce il numero di giorni retribuiti. La retribuzione è quella globale di fatto, vale a dire tutti gli elementi retributivi percepiti con continuità nel tempo.
Ai lavoratori che sono retribuiti ad ore spetta per la giornata di festività la retribuzione normale giornaliera compreso ogni elemento accessorio, ragguagliata ad un sesto dell’orario settimanale di lavoro.
Vediamo l’aspetto retributivo durante il periodo delle festività. Il lavoratore dipendente, esso ha diritto alla retribuzione per i giorni di festività goduti come riposo. Nel caso in cui presta invece il lavoro festivo ha diritto alla retribuzione con una percentuale di maggiorazione. Il lavoratore subordinato ha diritto a giorni di riposo dalla propria attività lavorativa, dallo svolgimento del proprio orario di lavoro contrattuale. Sono riposi previsti dalla legge. Oltre alle ferie, ai permessi e agli altri casi di riposo, il lavoratore ha diritto anche a fruire della sospensione dal lavoro durante le festività. Il lavoratore durante queste ricorrenze festive, ha diritto ad astenersi dal lavoro ed a ricevere la retribuzione per tali giornate. Il diritto al riposo nei giorni festivi non è considerato dall’ordinamento assoluto, poiché non è espressamente sancito dalla Costituzione accanto al diritto al riposo settimanale e alle ferie che sono previsti dall’art. 36 Costituzione.
Analizziamo i casi più rilevanti di lavoro durante il periodo delle festività. Nel caso in cui una festività cade in un giorno della settimana previsto come lavorativo, il lavoratore ha diritto ad esimersi dal lavoro percependo la relativa retribuzione, salvo diverso accordo con il datore di lavoro o diversa previsione del contratto collettivo nazionale di riferimento. In relazione alla retribuzione occorre distinguere se la paga prevista è fissa oppure varia in base al numero di ore effettivamente lavorate nell’arco del mese di riferimento. Nel primo caso il lavoratore riceverà lo stesso stipendio e quindi la giornata festiva non lavorata non dovrà essere decurtata. Nel secondo caso, invece, il giorno festivo dovrà essere retribuito, per cui il lavoratore avrà diritto a percepire la retribuzione oltre che per le ore di lavoro effettivamente prestate anche per le ore che avrebbe lavorato durante la giornata festiva. Occorre distinguere tra lavoratori pagati a stipendio fisso e lavoratori pagati a ore anche nel caso in cui la festività cade nel giorno di riposo infrasettimanale. Nel primo caso, infatti, non si percepisce alcuna retribuzione aggiuntiva, nel secondo caso invece la festività deve essere pagata in aggiunta alla retribuzione relativa alle ore effettivamente lavorate.
La retribuzione durante le festività è differente a seconda che il lavoratore non presti la propria attività godendo quindi del riposo o che invece lavori. Qualora il lavoratore goda della festività, è necessario distinguere ulteriormente:
i lavoratori retribuiti in misura fissa hanno diritto alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera: quindi il compenso dovuto mensilmente rimane inalterato a prescindere dai giorni festivi che ricorrono nello stesso mese;
i lavoratori pagati a ore con busta paga hanno diritto alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni accessorio e riproporzionata ad 1/6 dell’orario settimanale di lavoro (o 1/5 nel caso di adozione della settimana corta)
I lavoratori che prestano la propria attività durante una giornata festiva hanno diritto ad una maggiorazione del compenso. Tale maggiorazione è di regola stabilita dai CCNL.
La retribuzione per il giorno di festività non lavorato, e quindi goduto come riposo, è calcolata in maniera differente tra i lavoratori retribuiti in maniera stabile e quelli retribuiti invece ad ore in busta paga. Ai primi spetta la normale retribuzione. Di fatto la retribuzione mensile rimane inalterata, in quanto calcolata su tutte le giornate lavorative del mese, e la festività retribuita come un giorno lavorato, quindi non riduce il numero di giorni retribuiti. La retribuzione è quella globale di fatto, vale a dire tutti gli elementi retributivi percepiti con continuità nel tempo.
Ai lavoratori che sono retribuiti ad ore spetta per la giornata di festività la retribuzione normale giornaliera compreso ogni elemento accessorio, ragguagliata ad un sesto dell’orario settimanale di lavoro.
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Lavoro: 4 milioni in area disagio
Sono oltre 4 milioni i lavoratori che nel 2012 si trovano in "area del disagio", dipendenti cioè a tempo determinato e occupati stabili a tempo parziale non per scelta ma perché non hanno trovato di meglio. Sono in aumento di 718.000 unità (+21,4%) rispetto al 2008 E' quanto emerge da una ricerca Ires Cgil su dati Istat riferiti al primo semestre di ogni anno.
"Un quadro drammatico quello che emerge dalla ricerca - afferma la Cgil - considerando anche che dal primo semestre 2008 al primo semestre 2012, l'occupazione è notevolmente calata in valori assoluti, passando da 23 milioni 376 mila a 22 milioni 919 mila (- 45 mila, pari a -2%), nonostante il numero delle persone in età di lavoro sia aumentata di circa 500 mila unità. "Questi numeri spiegano il costante e davvero preoccupante peggioramento delle condizioni di lavoro. Anche chi è occupato, ha rilevato lo studio dell'Ires - lavora meno di quanto vorrebbe e a condizioni diverse da quelle auspicate. Altro che choosy". I dipendenti stabili a tempo pieno calano di 544 mila unità (-4,2%) e gli autonomi a tempo pieno di 305 mila (- 6,1%).
Se si aggiunge il calo dei tempo parziale stabili volontari (-215 mila) si supera il milione di persone. Aumentano invece i lavori involontari, quelli che si è costretti ad accettare. Del resto anche i dati delle comunicazioni obbligatorie parlano chiaro, nel 2012 solo il 17,2% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato.
"Meno lavoro, peggioramento delle condizioni e diminuzione delle ore lavorate sono la realtà che emerge dall'indagine" hanno commentato il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni e il segretario nazionale della Cgil, con delega sul mercato del lavoro, Serena Sorrentino. "Un dato molto grave – hanno aggiunto - che mette fine alla propaganda sulla cosiddetta scelta personale dei lavoratori è che il 93,2% dei lavoratori a termine e dei collaboratori dichiara che vorrebbe un lavoro stabile, mentre come è ovvio tutti i lavoratori a tempo parziale involontari vorrebbero un tempo pieno. All'area del mancato lavoro (disoccupati, scoraggiati e cassaintegrati) si aggiunge, quindi, quella del disagio nel lavoro. Un bacino enorme di persone, una fotografia purtroppo realistica e drammatica della realtà". Secondo Fammoni e Sorrentino, questo quadro "é sicuramente determinato dalla crisi, ma anche e in modo evidente delle scelte sbagliate fatte per contrastarla che producono effetti insopportabilmente negativi sull'occupazione. E' la conferma, basata su dati di fatto, di un giudizio severo e negativo sull'operato del governo". "E la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro - aggiungono - , in particolare su precarietà ed ammortizzatori sociali, è del tutto inadeguata ed ancor più paradossale appare il taglio che si annuncia nella legge di stabilità degli ammortizzatori sociali: due fattori che aumenteranno ulteriormente quest'area di disagio".
"Un quadro drammatico quello che emerge dalla ricerca - afferma la Cgil - considerando anche che dal primo semestre 2008 al primo semestre 2012, l'occupazione è notevolmente calata in valori assoluti, passando da 23 milioni 376 mila a 22 milioni 919 mila (- 45 mila, pari a -2%), nonostante il numero delle persone in età di lavoro sia aumentata di circa 500 mila unità. "Questi numeri spiegano il costante e davvero preoccupante peggioramento delle condizioni di lavoro. Anche chi è occupato, ha rilevato lo studio dell'Ires - lavora meno di quanto vorrebbe e a condizioni diverse da quelle auspicate. Altro che choosy". I dipendenti stabili a tempo pieno calano di 544 mila unità (-4,2%) e gli autonomi a tempo pieno di 305 mila (- 6,1%).
Se si aggiunge il calo dei tempo parziale stabili volontari (-215 mila) si supera il milione di persone. Aumentano invece i lavori involontari, quelli che si è costretti ad accettare. Del resto anche i dati delle comunicazioni obbligatorie parlano chiaro, nel 2012 solo il 17,2% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato.
"Meno lavoro, peggioramento delle condizioni e diminuzione delle ore lavorate sono la realtà che emerge dall'indagine" hanno commentato il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni e il segretario nazionale della Cgil, con delega sul mercato del lavoro, Serena Sorrentino. "Un dato molto grave – hanno aggiunto - che mette fine alla propaganda sulla cosiddetta scelta personale dei lavoratori è che il 93,2% dei lavoratori a termine e dei collaboratori dichiara che vorrebbe un lavoro stabile, mentre come è ovvio tutti i lavoratori a tempo parziale involontari vorrebbero un tempo pieno. All'area del mancato lavoro (disoccupati, scoraggiati e cassaintegrati) si aggiunge, quindi, quella del disagio nel lavoro. Un bacino enorme di persone, una fotografia purtroppo realistica e drammatica della realtà". Secondo Fammoni e Sorrentino, questo quadro "é sicuramente determinato dalla crisi, ma anche e in modo evidente delle scelte sbagliate fatte per contrastarla che producono effetti insopportabilmente negativi sull'occupazione. E' la conferma, basata su dati di fatto, di un giudizio severo e negativo sull'operato del governo". "E la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro - aggiungono - , in particolare su precarietà ed ammortizzatori sociali, è del tutto inadeguata ed ancor più paradossale appare il taglio che si annuncia nella legge di stabilità degli ammortizzatori sociali: due fattori che aumenteranno ulteriormente quest'area di disagio".
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Lavorare in Europa con gli stage: guida al manuale Isfol
Vediamo una guida pratica per chi vuole fare un tirocinio all’estero, il "Manuale dello stage in Europa" dell’ISFOL.
Innanzitutto mettiamo in evidenza un dato: nell'Unione europea ben l'87% degli studenti olandesi vanta da più di un decennio esperienze di stage contro appena il 22% degli studenti italiani. L'Isfol ha presentato il nuovo "Manuale dello stage in Europa", che contiene 31 schede paese, in cui si forniscono dettagliate indicazioni su come muoversi per cercare uno stage, contattare le aziende, preparare la documentazione, trovare un alloggio, conoscere il luogo di destinazione. Insomma un vademecum ideale per trarre il meglio dalle esperienze di tirocinio in Europa.
Per affrontare un tirocinio in Europa è necessario informarsi sulle diverse opportunità e sulle fonti disponibili, dai programmi europei Erasmus Placement e Leonardo da Vinci alle organizzazioni internazionali, dalle associazioni studentesche internazionali ai siti web specializzati.
Nel manuale pubblicato dall’ISFOL si sottolinea l´importanza di preparare "uno stage su misura". Da un lato è necessario informarsi sulle diverse opportunità e sulle fonti disponibili dall'altro è indispensabile preparare in maniera impeccabile i propri "biglietti da visita": la lettera di presentazione nello stile del Paese scelto e/o dell'azienda individuata e l'Europass Curriculum Vitae, corredato di certificati (anche linguistici), diplomi e via dicendo. Il tutto allo scopo di non farsi trovare impreparati per l'eventuale colloquio di selezione, l´intervista telefonica o l´assessment center.
Per quel che riguarda, invece, le schede paese, sono state arricchite di nuove informazioni sia sulle caratteristiche e le tipologie dei diversi tipi di stage offerti, sia sui possibili contatti a cui rivolgersi, in particolare per quanto riguarda le aziende e le associazioni che le rappresentano. Il Manuale, inoltre, offre anche alcuni esempi di grandi aziende internazionali che da anni utilizzano lo stage come principale metodo di selezione, nonché testimonianze di giovani italiani che hanno già fatto un tirocinio in Europa. E’ stata inoltre introdotta una nuova sezione dedicata alle imprese italiane presenti in ciascun paese esaminato, all’interno delle quali potrebbe essere strategico fare uno stage per poi essere presi maggiormente in considerazione una volta rientrati in Italia.
Le potenzialità di questo strumento non sono state ancora del tutto sfruttate in Italia. Infatti, a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile al 35%, si riscontra un’insufficiente diffusione del tirocinio come parte integrante delle politiche del lavoro. come abbiamo ricordato sopra l’87% degli studenti olandesi vanta esperienze di stage contro il 22% di quelli italiani. Tuttavia, negli ultimi anni si riscontra anche da in Italia una maggior propensione a fare un’esperienza all’estero per arricchire le proprie opportunità professionali: basti ricordare che nel 2011 oltre 8.000 giovani hanno partecipato ad uno stage con i Programmi europei, oltre 6.000 con Leonardo da Vinci e più di 2.000 con Erasmus Placement.
Lo stage deve rappresentare un vero investimento per il futuro dei giovani, poiché non solo è una straordinaria occasione di crescita personale e professionale, ma è anche e soprattutto il miglior biglietto da visita per entrare nel mondo del lavoro.
Innanzitutto mettiamo in evidenza un dato: nell'Unione europea ben l'87% degli studenti olandesi vanta da più di un decennio esperienze di stage contro appena il 22% degli studenti italiani. L'Isfol ha presentato il nuovo "Manuale dello stage in Europa", che contiene 31 schede paese, in cui si forniscono dettagliate indicazioni su come muoversi per cercare uno stage, contattare le aziende, preparare la documentazione, trovare un alloggio, conoscere il luogo di destinazione. Insomma un vademecum ideale per trarre il meglio dalle esperienze di tirocinio in Europa.
Per affrontare un tirocinio in Europa è necessario informarsi sulle diverse opportunità e sulle fonti disponibili, dai programmi europei Erasmus Placement e Leonardo da Vinci alle organizzazioni internazionali, dalle associazioni studentesche internazionali ai siti web specializzati.
Nel manuale pubblicato dall’ISFOL si sottolinea l´importanza di preparare "uno stage su misura". Da un lato è necessario informarsi sulle diverse opportunità e sulle fonti disponibili dall'altro è indispensabile preparare in maniera impeccabile i propri "biglietti da visita": la lettera di presentazione nello stile del Paese scelto e/o dell'azienda individuata e l'Europass Curriculum Vitae, corredato di certificati (anche linguistici), diplomi e via dicendo. Il tutto allo scopo di non farsi trovare impreparati per l'eventuale colloquio di selezione, l´intervista telefonica o l´assessment center.
Per quel che riguarda, invece, le schede paese, sono state arricchite di nuove informazioni sia sulle caratteristiche e le tipologie dei diversi tipi di stage offerti, sia sui possibili contatti a cui rivolgersi, in particolare per quanto riguarda le aziende e le associazioni che le rappresentano. Il Manuale, inoltre, offre anche alcuni esempi di grandi aziende internazionali che da anni utilizzano lo stage come principale metodo di selezione, nonché testimonianze di giovani italiani che hanno già fatto un tirocinio in Europa. E’ stata inoltre introdotta una nuova sezione dedicata alle imprese italiane presenti in ciascun paese esaminato, all’interno delle quali potrebbe essere strategico fare uno stage per poi essere presi maggiormente in considerazione una volta rientrati in Italia.
Le potenzialità di questo strumento non sono state ancora del tutto sfruttate in Italia. Infatti, a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile al 35%, si riscontra un’insufficiente diffusione del tirocinio come parte integrante delle politiche del lavoro. come abbiamo ricordato sopra l’87% degli studenti olandesi vanta esperienze di stage contro il 22% di quelli italiani. Tuttavia, negli ultimi anni si riscontra anche da in Italia una maggior propensione a fare un’esperienza all’estero per arricchire le proprie opportunità professionali: basti ricordare che nel 2011 oltre 8.000 giovani hanno partecipato ad uno stage con i Programmi europei, oltre 6.000 con Leonardo da Vinci e più di 2.000 con Erasmus Placement.
Lo stage deve rappresentare un vero investimento per il futuro dei giovani, poiché non solo è una straordinaria occasione di crescita personale e professionale, ma è anche e soprattutto il miglior biglietto da visita per entrare nel mondo del lavoro.
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mercoledì 21 novembre 2012
INPS: metà delle pensioni a meno di mille euro
Secondo il bilancio sociale Inps, 7,2 milioni di pensionati percepisce un assegno inferiore ai mille euro mensili. Il potere d'acquisto delle famiglie tra il 2008 e il 2011 è sceso del 3,8%. Rispetto al 2007 la diminuzione è stata del 5,2%. Nel 2011 l'Inps ha speso per ammortizzatori sociali 19,1 miliardi, in calo dell'1,7% rispetto al 2010. Da segnalare il ritorno delle italiane a fare le colf: dal 2008 al 2011 la loro percentuale è cresciuta del 20%.
L'Inps segnala che il reddito pensionistico medio lordo mensile nel 2011 erogato dall'Inps e dagli enti previdenziali era di 1.131 euro (1.366 euro per gli uomini, 930 per le donne). C'e grande differenza a livello territoriale (1.238 al Nord, 1.193 medi al Centro, 920 l Sud). Se invece del reddito complessivo si guarda alla singola pensione (ma oltre un quarto dei pensionati ne ha più di una) l'importo medio è di 780 euro con grandi differenze tra quelle previdenziali (870 euro) e quelle assistenziali (406 euro). Tra quelle previdenziali ci sono differenze significative nelle medie tra quelle di anzianità (1.514 euro medi), quelle legate al prepensionamento (1.469 euro medi) e quelle di vecchiaia (649 euro medi).
Tra il 2009 e il 2011 dipendenti privati in Italia sono diminuiti dello 0,6% (da 12,5 milioni a 12,42 milioni) ma la riduzione è stata consistente soprattutto per gli under 30 con una perdita dell'11,3% e 280.000 occupati in meno in questa fascia di età (da 2.468.000 a 2.188.000). Lo si legge nel bilancio sociale dell'Inps in una tabella dalla quale emerge che per i giovani fino a 19 anni in questi due anni il calo è stato del 45,5% (da 110.713 a 60.292).
I lavoratori del settore privato iscritti all'Inps erano nel 2011 19.058.215 con un aumento dello 0,6% sul 2010. Lo si legge nel bilancio sociale Inps presentato oggi. I lavoratori dipendenti sono 12.874.933 (+0,5% sul 2010) mentre gli autonomi (coltivatori diretti, artigiani e commercianti) sono 4.420.878 (+0,3%). I parasubordinati che contribuiscono effettivamente sono 1.741.000 (+1,9%). Se si guarda alle qualifiche nel biennio 2009-2011 c'é un crollo per gli apprendisti (-14,6%) mentre gli operai tengono (-0,3%).
Gli operai, segnala l'Inps, rappresentano con 6.505.337 unità ancora più della metà dei lavoratori dipendenti (-0,3% tra il 2009 e il 2011) mentre gli impiegati con 4.863.350 persone (+0,4% nel biennio) sono il 39,1% dei dipendenti. Gli apprendisti con appena 488.062 persone nel 2011 (-6% nel 2011, -14,6% nel biennio) rappresentano appena il 3,9% dei dipendenti. I dirigenti del settore privato, diminuiti nel biennio dell'1,7%, sono 122.681, appena l'1% del totale dei lavoratori dipendenti. I quadri, in aumento nel biennio del 2,9%, sono 420.911. Tra i lavoratori dipendenti diminuiscono i maschi (-0,5% sul 2010) arrivando a 7,3 milioni e una quota del 58,8% mentre aumentano le femmine (+0,9%) superando i 5,1 milioni. Tra il 2007 e il 2011 gli uomini al lavoro sono diminuiti di quasi 215.000 unità mentre le femmine sono aumentate di quasi 190.000 unità.
Il sistema pensionistico è sostenibile nel medio e nel lungo termine grazie alle nuove regole per l'accesso alla pensione. Lo ha affermato il ministro del Lavoro, Fornero, sottolineando che "non si possono alimentare nuove preoccupazioni nei cittadini, anche di fronte all'incorporazione dell'Inpdap nell' Inps". "L'adozione del sistema contributivo per tutti - ha continuato il ministro è un passo importante, ma spesso non è compreso dai cittadini. Forse da parte mia è mancata un'adeguata comunicazione". E sulla riforma lavoro: "Non riduce flessibilità e occupazione".
L'Inps segnala che il reddito pensionistico medio lordo mensile nel 2011 erogato dall'Inps e dagli enti previdenziali era di 1.131 euro (1.366 euro per gli uomini, 930 per le donne). C'e grande differenza a livello territoriale (1.238 al Nord, 1.193 medi al Centro, 920 l Sud). Se invece del reddito complessivo si guarda alla singola pensione (ma oltre un quarto dei pensionati ne ha più di una) l'importo medio è di 780 euro con grandi differenze tra quelle previdenziali (870 euro) e quelle assistenziali (406 euro). Tra quelle previdenziali ci sono differenze significative nelle medie tra quelle di anzianità (1.514 euro medi), quelle legate al prepensionamento (1.469 euro medi) e quelle di vecchiaia (649 euro medi).
Tra il 2009 e il 2011 dipendenti privati in Italia sono diminuiti dello 0,6% (da 12,5 milioni a 12,42 milioni) ma la riduzione è stata consistente soprattutto per gli under 30 con una perdita dell'11,3% e 280.000 occupati in meno in questa fascia di età (da 2.468.000 a 2.188.000). Lo si legge nel bilancio sociale dell'Inps in una tabella dalla quale emerge che per i giovani fino a 19 anni in questi due anni il calo è stato del 45,5% (da 110.713 a 60.292).
I lavoratori del settore privato iscritti all'Inps erano nel 2011 19.058.215 con un aumento dello 0,6% sul 2010. Lo si legge nel bilancio sociale Inps presentato oggi. I lavoratori dipendenti sono 12.874.933 (+0,5% sul 2010) mentre gli autonomi (coltivatori diretti, artigiani e commercianti) sono 4.420.878 (+0,3%). I parasubordinati che contribuiscono effettivamente sono 1.741.000 (+1,9%). Se si guarda alle qualifiche nel biennio 2009-2011 c'é un crollo per gli apprendisti (-14,6%) mentre gli operai tengono (-0,3%).
Gli operai, segnala l'Inps, rappresentano con 6.505.337 unità ancora più della metà dei lavoratori dipendenti (-0,3% tra il 2009 e il 2011) mentre gli impiegati con 4.863.350 persone (+0,4% nel biennio) sono il 39,1% dei dipendenti. Gli apprendisti con appena 488.062 persone nel 2011 (-6% nel 2011, -14,6% nel biennio) rappresentano appena il 3,9% dei dipendenti. I dirigenti del settore privato, diminuiti nel biennio dell'1,7%, sono 122.681, appena l'1% del totale dei lavoratori dipendenti. I quadri, in aumento nel biennio del 2,9%, sono 420.911. Tra i lavoratori dipendenti diminuiscono i maschi (-0,5% sul 2010) arrivando a 7,3 milioni e una quota del 58,8% mentre aumentano le femmine (+0,9%) superando i 5,1 milioni. Tra il 2007 e il 2011 gli uomini al lavoro sono diminuiti di quasi 215.000 unità mentre le femmine sono aumentate di quasi 190.000 unità.
Il sistema pensionistico è sostenibile nel medio e nel lungo termine grazie alle nuove regole per l'accesso alla pensione. Lo ha affermato il ministro del Lavoro, Fornero, sottolineando che "non si possono alimentare nuove preoccupazioni nei cittadini, anche di fronte all'incorporazione dell'Inpdap nell' Inps". "L'adozione del sistema contributivo per tutti - ha continuato il ministro è un passo importante, ma spesso non è compreso dai cittadini. Forse da parte mia è mancata un'adeguata comunicazione". E sulla riforma lavoro: "Non riduce flessibilità e occupazione".
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domenica 18 novembre 2012
Assunzioni 2012 2013: le figure professionali più richieste
I dati riportati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, rilevano anche una competizione globale sempre più agguerrita tale da spingere le imprese a puntare su risorse di qualità: il peso dei laureati sul totale delle assunzioni programmate registra infatti un aumento. Fra le professioni più ricercate: economisti, ingegneri, medici e paramedici fra i laureati, ragionieri, meccanici e specializzati nell’indirizzo turistico alberghiero fra i diplomati.
Una figura professionale molto ricercata in questo momento di crisi economica sia sociale che del lavoro sono i i professionisti nel settore del commercio internazionale.
Nel nuovo contesto economico internazionale, la capacità di interfacciarsi anche con i mercati esteri è praticamente un’esigenza per le aziende, a maggior ragione se la loro attività è il commercio. A tal fine è indispensabile che il management aziendale sia opportunamente formato adesso vi sono dei corsi dedicati al management commerciale che si occupano di commercio internazionale, segnaliamo quello proposto da GeMa http://www.gema.it/ Executive Master Export Management.
Infatti, molte risultano le opportunità provenienti dalle principali società di selezione del personale. Adecco (www.adecco.it) ha in corso un centinaio di selezioni che riguardano principalmente export manager (senior o junior), direttori commerciali per lo sviluppo dei mercati esteri e impiegati import/export; Kelly Services (www.kellyservices.it) ha 7 posizioni vacanti (4 export area manager, 1 sales junior e 2 ingegneri commerciali); Manpower (www.manpower.it;) è a caccia di oltre 200 colletti bianchi. Le figure ricercate sono dagli impiegati commerciali agli engineer area manager, dai responsabili della contabilità estera ai tecnici commerciali. Per tutti è fondamentale la conoscenza, oltreché dell'inglese, di un'altra lingua straniera. Mcs Management Consulting Selection (www.mcs-selection.it) seleziona una decina di professionisti fra cui senior market analyst, addetto contabilità dealer addetto contabilità generale; Michael Page (www.michaelpage.it) valuta le candidature per 17 responsabili vendite export, 13 responsabili area export e 10 export manager, mentre sono 4 gli export area manager richiesti da Page Personnel (www.pagepersonnel.it) per aziende del settore automazione industriale, costruzioni meccaniche, alimentare e arredamento; Randstad (www.randstad.it) effettua i colloqui per l'inserimento di professionisti nelle aree logistica, customer care e vendite.
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Produttività 2012 2013 , cosa prevede il documento
In sintesi il contenuto del documento. Le parti firmatarie dell'intesa chiedono a governo e Parlamento di applicare sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui la detassazione del salario di produttività, con la determinazione di un'imposta,sostitutiva di Irpef e addizionali, al 10%. Le parti inoltre chiedono di applicare la legge del 2007 che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello fino al limite del 5% della retribuzione contrattuale percepita. Infine chiedono al governo una riforma fiscale per ridurre il prelievo sul lavoro e sulle imprese.
Rafforzamento della contrattazione di secondo livello e sgravi fiscali per il salario di produttività. Sono i punti chiave su cui si basa l'accordo sulla produttività tra imprese e sindacati, un'intesa in sette punti con cui le parti sociali mandano un segnale a governo e partiti facendo la loro parte per il rilancio dell'economia.
Nel documento c'è la richiesta al governo sulle agevolazioni fiscali. Imprese e sindacati chiedono all'esecutivo "di rendere stabili e certe" le misure per la detassazione del salario di produttività, sui redditi da lavoro dipendente fino a 40mila euro, "attraverso la determinazione di un'imposta, sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali, al 10%". Per la decontribuzione del salario di produttività, inoltre, chiedono la "compiuta applicazione" della legge che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello, fino al limite del 5% della retribuzione.
L'accordo tra imprese e sindacati è diviso in sette capitoli, dalla riforma fiscale alla contrattazione collettiva per la produttività. Questi sono i punti chiave del documento, con le richieste condivise.
Contrattazione collettiva. Alla contrattazione collettiva spetterà "una piena autonomia negoziale" sui temi relativi all'equivalenza delle mansioni e all'integrazione delle competenze, "la ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione anche con modelli flessibili", e "le modalità attraverso cui rendere compatibile l'impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori". Imprese e lavoratori chiedono quindi che siano "assunti a livello legislativo, anche sulla base di avvisi comuni, provvedimenti coerenti con le intese intercorse e con la presente intesa".
Relazioni industriali. Il contratto nazionale, garantendo "la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori, deve prevedere una chiara delega al secondo livello di contrattazione delle materie e delle modalità che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività, quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l'organizzazione del lavoro". I contratti nazionali possono quindi "definire che una quota degli aumenti economici derivanti dai rinnovi contrattuali sia destinata alla pattuizione di elementi retributivi da collegarsi a incrementi di produttività e redditività definiti dalla contrattazione di secondo livello".
Fisco. È necessario, dicono imprese e sindacati, che il governo "tracci le linee guida per attuare una riforma strutturale del sistema fiscale che lo renda più equo e, quindi, in grado di ridurre la quota del prelievo che oggi grava sul lavoro e sulle imprese in maniera del tutto sproporzionata". Le parti sociali "sono consapevoli degli effetti che la contrattazione collettiva, in particolare al secondo livello, può esercitare sulla crescita della produttività" e "convengono sulla necessità di condividere col governo i criteri di applicazione degli sgravi fiscali e contributivi" per il salario di produttività.
Rappresentanza. Entro il 31 dicembre 2012, la materia della rappresentanza "sarà disciplinata per consentire il rapido avvio della procedura per la misurazione della rappresentanza nei settori di applicazione dei contratti nazionali, in attuazione dei principi contenuti nell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011". Le intese dovranno prevedere "disposizioni efficaci per garantire l'effettività e l'esigibilità delle intese sottoscritte, il rispetto delle clausole di tregua sindacale, di prevenzione e risoluzione delle controversie collettive, le regole per prevenire i conflitti, non escludendo meccanismi sanzionatori per le organizzazioni inadempienti".
Partecipazione dei lavoratori. Imprese e sindacati, considerato che la riforma del mercato del lavoro "dispone che siano i contratti collettivi a dare attuazione alle misure per la partecipazione", chiedono al governo di esercitare la delega "subordinatamente a un approfondito confronto con le parti sociali". Ritengono anche che i contributi versati per i sistemi di welfare contrattuale "debbano beneficiare di un regime fiscale e contributivo di vantaggio, a partire dalla previdenza complementare". Sarebbe utile anche avviare un confronto "per favorire l'incentivazione dell'azionariato volontario dei dipendenti, anche in forme collettive".
Formazione e occupazione. È necessario "realizzare un miglior coordinamento tra il sistema della formazione pubblica e privata non solo per ottenere maggiori benefici e migliori risultati, ma anche per favorire processi di coordinamento e indirizzo con le politiche attive". Le parti sociali, per rendere "più agevole ed efficace l'azione dei fondi interprofessionali per la formazione, anche nella prospettiva del potenziamento delle politiche attive, auspicano la chiara affermazione per legge della loro natura privatistica".
Mercato del lavoro. Imprese e sindacati chiederanno al governo "un confronto sui temi del mercato del lavoro", in particolare una verifica "sugli effetti dell'applicazione della recente riforma sull'occupazione". Le parti sociali ritengono opportuno definire "linee guida operative per affrontare con il governo i processi di ristrutturazione e le situazioni di crisi". E c'è la volontà di "individuare soluzioni utili a conciliare le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori più anziani, favorendo percorsi che agevolino la transizione dal lavoro alla pensione, creando nello stesso tempo nuova occupazione anche in una logica di solidarietà intergenerazionale".
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sabato 17 novembre 2012
La mamma può essere licenziata dal lavoro se non comunica il congedo
La mancata comunicazione, infatti, è sufficiente per ritenere la dipendente come assente ingiustificata e come tale, passibile di licenziamento per giusta causa. A stabilirlo è la Corte di Cassazione che, con la sentenza 16746/2012, ha respinto il ricorso presentato dalla lavoratrice coinvolta nella vicenda.
La lavoratrice che intende utilizzare il congedo parentale facoltativo, per non essere considerata assente ingiustificata sul lavoro, deve comunicare al datore di voler utilizzare quel determinato congedo. Se invece resta a casa senza aver fatto questa comunicazione, può essere legittimamente licenziata per giusta causa.
Che cosa è il congedo parentale facoltativo? E' la facoltà di astensione concessa a ciascun genitore-dipendente nei primi otto anni di vita del bambino (attualmente regolato dall'articolo 32 del decreto legislativo 151/2001).
I pilastri su cui si fonda la sentenza della Suprema Corte sono due:
il diritto all’astensione facoltativa, riconosciuto ad ogni genitore ed usufruibile entro i primi otto anni di vita del minore;
il divieto di licenziamento della madre lavoratrice. Divieto posto a tutela della figura materna e finalizzato a garantirle il mantenimento del posto di lavoro dall’inizio della gestazione, fino al compimento del primo anno di età del piccolo. È fondamentale precisare inoltre che, anche nel caso in cui sussista una colpa grave della lavoratrice, il divieto di licenziamento permane nel caso in cui si possa dimostrare che tale colpa è imputabile ad una temporanea instabilità mentale dovuta alla maternità e al post partum.
A fungere da base per i due pilastri s’inserisce il disposto normativo secondo il quale, la donna che intende usufruire del periodo di astensione facoltativa dal lavoro, deve comunicarlo al datore di lavoro, con un preavviso minimo di 15 giorni, al fine di consentirgli l’ottimale organizzazione dell’attività produttiva.
La vicenda esaminata dalla Suprema corte riguarda una lavoratrice licenziata per colpa grave poiché, secondo il datore, si sarebbe astenuta dal lavoro in modo ingiustificato, senza comunicare la volontà di fruire del congedo parentale. La licenziata contesta il provvedimento espulsivo davanti ai giudici e, in primo grado, vince la causa. In appello il licenziamento, invece, viene giudicato legittimo: la sentenza di secondo grado afferma che, omettendo la comunicazione, la dipendente ha posto in essere una condotta che rivela inaffidabilità lavorativa e ha mostrato di essere indifferente al diritto del datore, che, se avvertito del congedo, avrebbe avuto la possibilità di organizzare, per tempo, il lavoro in azienda.
Offerte di lavoro Amazon per la sede di Cagliari
Una notizia davvero importante in tempo di crisi economica e soprattutto occupazionale e se le assunzioni vengono fatte in Italia ed in modo particolare, in Sardegna.
Offerte di lavoro e relative assunzioni per Amazon, l’azienda leader nel commercio on line, che sembra pronta a sbarcare in Sardegna dove creerà circa posti di lavoro. Si stima che entro il prossimo 15 Gennaio, saranno 600 i giovani assunti dalla Amazon che ha deciso di aprire una nuova sede a Cagliari.
A darne notizia è stato il numero uno di Tiscali Renato Soru, il quale ha anticipato che la nota azienda del commercio multimediale sarebbe pronta ad investire nell’isola, in particolare nella zona di Cagliari. Il piano di reclutamento previsto da Amazon per la Sardegna dovrebbe portare a 300 assunzioni entro Gennaio 2013 e ad altre 300 durante l’arco dell’anno.
I profili richiesti sono: ingegneri, personale tecnico qualificato, operatori di customer care, amministrativi e operatori di vendita, vale a dire l’assistenza e i rapporti con i clienti.
Per gli interessati alla proposta il consiglio è quello di iniziare ad inviare il proprio curriculum con tanto di lettera di presentazione: è possibile farlo visitando il sito Amazon.it dove risultano alla sezione Amazon Careers (lavora con noi) le offerte di lavoro.
Ricordiamo che Amazon, compagnia di commercio elettronico statunitense con sede a Seattle, Washington, possiede il più noto sito di e – commerce per la vendita online di libri, cd musicali, dvd ed elettronica. Dopo aver aperto il negozio online in Italia, ha creato un maxi polo di distribuzione a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, che va ad aggiungersi all’esistente network dei poli logistici già presenti in Regno Unito, Francia e Germania. Questi centri permettono ad Amazon di accorciare le distanze per la spedizione e la distribuzione dei prodotti nel nostro Paese.
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Legge di stabilità 2013 e detrazioni figli a carico
La legge di stabilità 2013 ha ritoccato al rialzo la detrazioni per carichi di famiglia e in particolare le detrazioni figli a carico. Queste detrazioni si applicano a seconda del reddito dichiarato.
Vediamo in modo analitico cosa è cambiato per le singole professionalità.
Per gli impiegati della pubblica amministrazione (con un reddito più o meno sotto i 30.000 euro), in una famiglia tipo con due figli entrambi sopra i tre anni, gli sconti ammontano a 1.382 euro, 218 in più del 2012. Nel caso di tre figli si sale a 2.166 euro, mentre per un figlio solo la detrazione è calcolata in 650 euro l'anno.
Nel caso di una famiglia con tre bambini, uno sotto i tre anni e gli altri due più grandi, il cui reddito sia compreso tra i 50.000 e i 60.000 euro (quello di un medico pubblico ad esempio) le detrazioni passeranno dagli attuali 1.414 euro ai 1.622 previsti dal prossimo anno, con un guadagno di 208 euro.
Con la stessa composizione famigliare ma con un reddito tra i 25.000 e i 30.000 euro (per esempio quello di un insegnante) la detrazione é invece di 2.371 euro, 304 in più di quella in vigore.
La differenza maggiore tra la vecchia e la nuova normativa la sentiranno le famiglie con un bambino disabile. Per i redditi più bassi, quelli sotto i 20.000 euro, e un figlio sotto i tre anni lo sconto arriva a 1.397 euro, 513 in più dell'attuale. Si passa a 1.304 euro se gli introiti annuali sono di 25.000 euro e a 1.211 se il reddito sale a 30.000. Lo sconto minimo per chi guadagna più di 60.000 euro è di 652 euro (239 in più di oggi). Se il bambino ha più di tre anni, si va invece da una detrazione massima di 1.239 euro per i redditi bassi (434 in più dell'attuale normativa) a 578 euro per i redditi più alti (203 in più rispetto al 2012).
Per calcolare l’importo della detrazione spettante bisogna utilizzare la funzione inserita nelle istruzioni della dichiarazione dei redditi (con l’aumentare dei figli, ovviamente, cambiano i coefficienti da applicare).
Una famiglia con reddito di 10mila euro e un figlio
figlio con meno di tre anni: 1.220 moltiplicato per 85mila (differenza fra 95mila e reddito), diviso per 95mila, ossia 1.092 euro: + 287 euro rispetto agli 805 euro previsti con la precedente normativa.
figlio con più di tre anni: 950 per 85mila diviso 95mila, ossia 850 euro (+135 euro rispetto ai 715 euro di prima).
Una famiglia con reddito di 10mila euro e due figli
entrambi sotto i tre anni: 2.218 euro (+582 euro rispetto ai precedenti 1.636 euro)
solo uno sotto i tre anni: 1.973 euro da 1.623 euro (+350 euro).
Una famiglia con reddito di 20mila euro
un figlio sotto i tre anni: 963 euro (+273 euro rispetto ai 710 della precedente detrazione)
un figlio sopra i tre anni: 750 euro da 631 euro (quindi +119 euro)
due figli sopra i 3 anni: 1.555 euro contro i precedenti 1.309 (+246 euro)
Una Famiglia con reddito di 30mila euro
un figlio sotto i 3 anni: 835 euro contro i precedenti 615 euro (+220 euro)
un figlio sopra i 3 anni: 650 euro contro i precedenti 547 euro (+103 euro)
Una famiglia con reddito di 40mila euro
un figlio sotto i tre anni: 706 euro contro i precedenti 521 euro (+185 euro)
un figlio con più di tre anni. 550 euro contro i precedenti 463 euro (+87 euro)
Produttività del lavoro 2012 – 2013 in attesa della firma
"Non è vero che la trattativa sulla produttività era partita male, era partita bene" e "c'era un accordo di massima di tutti, poi in quest'ultima fase qualcuno ha cambiato idea". Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, in risposta alla leader della Cgil Susanna Camusso Squinzi dice che il testo sulla produttività è pronto e "chi vuole firma, chi non vuole si assumerà le responsabilità davanti al Paese".Riconosce che "non ci sono le condizioni" per una "concordia". Sostiene che "per una vera ripresa dobbiamo ormai focalizzarci sul 2015". La Cisl si dice pronta a firmare il testo concordato.
Il testo sulla produttività coinvolge le organizzazioni imprenditoriali, cioè Confindustria, Abi, Alleanza delle coop, Ania, Rete Imprese Italia, ed ovviamente le sigle sindacali, le parti sociali Cgil, Cisl e Uil.
L'attenzione delle parti sociali si sposta sul contratto di secondo livello, che disciplina la parte della contrattazione relativa all'organizzazione del lavoro, che interessa cioè turni e orari. Mentre al centro del contratto nazionale ci saranno le tutele di base che riguardano tutti i lavoratori.
La trattativa sulla produttività, avviata ai primi di ottobre, è arrivata quindi alle battute finali: l'accordo è atteso, con la firma dei protagonisti, sindacali e imprenditoriali. Ma sembra molto difficilmente che ci sarà una adesione unitaria: se il fronte dei datori di lavoro è compatto, i sindacati sono divisi, con la Cisl che ha già preannunciato la firma e la Cgil che ha rimarcato gli stessi problemi con Confindustria. Il testo ha recepito alcune indicazioni sollevate dai sindacati la scorsa settimana al tavolo (tra cui superamento degli automatismi, richiesta di rendere la detassazione e decontribuzione strutturale, indicando tetto di retribuzione e percentuali di sgravi).
Primo punto sollevato, quello della rappresentanza e della presenza della Fiom al tavolo del contratto dei metalmeccanici, un problema più politico che legato ai temi della trattativa sulla produttività. Accanto a questo, la tutela del potere d'acquisto delle retribuzioni, il demansionamento, la richiesta di risorse strutturali.
Sulla questione Fiom, già contestata dalle altre confederazioni ha replicato Luigi Angeletti, leader della Uil: definendo «ridicolo» che la Fiom si sieda al tavolo senza aver riconosciuto il contratto del 2009. Difficile, quindi, che dalla Cgil arrivi un sì, anche se da parte da Confindustria e dalla altre organizzazioni imprenditoriali c'è stata la volontà di arrivare all'accordo unitario.
Dalla Cisl, con il segretario confederale Giorgio Santini, è arrivata la disponibilità a firmare: «Se il nuovo testo conterrà le correzioni concordate nell'ultima riunione tra imprenditori e sindacati la Cisl è sottoscriverà l'intesa sulla produttività», ha scritto il sindacalista in una nota, considerando «fuori luogo e fuori tempo» le considerazioni della Cgil, contestando che voglia affrontare in questo contesto la questione specifica della Fiom.
Dopo la firma, l'accordo sarà presentato al governo. In ballo ci sono risorse per 2,1 miliardi di euro che l'Esecutivo ha messo a disposizione con la legge di Stabilità per gli sgravi a favore della produttività ripristinando le risorse che erano state precedentemente messe a disposizione.
Il leader della Cgil ha scritto ai presidenti di imprese, banche e assicurazioni, e per conoscenza anche ai leader sindacali per "formalizzare i problemi ancora aperti nel negoziato cosiddetto sulla produttività". Nella lettera, la Camusso ha ricordato che "il sistema di relazioni attuale è ancora caratterizzato da un modello contrattuale agito sulla base di accordi separati e dalla faticosa ricomposizione di una parte dei tavoli contrattuali di categoria". Per questo "l`accordo interconfederale del 28 giugno 2011 con Confindustria ha rappresentato e rappresenta una positiva evoluzione del quadro; un accordo che pone al centro la democrazia e la rappresentanza, la contrattazione di secondo livello e la sua esigibilità. Non casualmente quell`accordo ripropone il tema della strutturalità degli interventi fiscali a sostegno dei premi di produttività".
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lunedì 12 novembre 2012
Informazioni sui consulenti del lavoro a Torino
Per tutti coloro che vogliono diventare consulenti del lavoro a Torino sono state stabilite nuove modalità sulla disciplina del praticantato, necessario per l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione.
I consulenti del lavoro a Torino hanno varie funzioni: affiancano le parti contraenti verso il rapporto di lavoro subordinato, offrono supporto di natura tecnico-professionale, ma anche di amministrazione e gestione del rapporto di lavoro tra il datore e i lavoratori dipendenti, gli Enti di diritto pubblico e privato e gli uffici ed organi centrali e periferici del ministero del Welfare.
L'intervento professionale del consulente del lavoro, dal punto di vista economico e sociale, aiuta la piccolo-media impresa con una specializzazione nella gestione dei rapporti di lavoro. I consulenti del lavoro a Torino, nel futuro costituiranno il fulcro delle medie e piccole imprese che avranno la loro attività operanti in prevalenza nel terziario, dove la gestione delle risorse umane costituirà il vero fattore strategico di sviluppo. Infatti, in un'area industriale dove il mercato e le imprese hanno un’evidente forza lavoro, la Regione Piemonte ed in modo particolare Torino, rappresentano una sorta di miniera, un valore aggiunto per il mondo del lavoro e per la collettività.
Funzioni peculiari dei consulenti del lavoro
Come detto sopra tra le funzioni dei consulenti del lavoro abbiamo:
- Tutto quanto riguarda la genesi e l’evoluzione del rapporto di lavoro, ossia la gestione di tutti gli aspetti che si riferiscono ad un contratto lavorativo: dagli aspetti giuridici,a quelli economici, contabili fino a quelli assicurativi-previdenziali;
- informazione sugli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori;
- tenuta dei prospetti paga e contributi;
- denuncia dei lavoratori occupati agli uffici INPS e INAIL e agli uffici del Ministero del Lavoro;
- studio e gestione dei criteri e delle modalità di retribuzione;
- soluzione delle controversie di lavoro;
- assistenza e rappresentanza nelle vertenze extragiudiziali ed in sede di contenzioso;
- formazione e consulenza tecnica.
I consulenti del lavoro devono saper curare l’insieme dei lavori delle risorse umane sia a livello aziendale che a quello generale. Devono essere ben presenti le scelte che, all’interno di una determinata organizzazione, devono essere prese a fini di bilancio, di gestione del personale, di organizzazione della struttura, diciamo il cosiddetto management, termine che va sempre più di moda. I consulenti del lavoro devono possedere conoscenze generali di tipo giuridico-amministrativo e contabile, orientate in modo particolare alle tematiche legate ad diritto del lavoro.
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domenica 11 novembre 2012
Esodati: per la Ragioneria copertura carente
Si riapre il nodo degli esodati nella legge di Stabilità . La Ragioneria avrebbe evidenziato una estensione della platea nell'emendamento dei relatori che renderebbe carente la copertura. Sul tavolo del confronto ci sarebbe quindi un sub emendamento del governo che proporrebbe l'utilizzo della stretta sulle pensioni più alte non più come clausola di salvaguardia,ma come copertura tout court da subito. Su questo tema il confronto sarebbe però ancora aperto anche se l'obiettivo è quello di arrivare concretamente ad una soluzione il prima possibile.
Tra le ipotesi una maggiore stretta sull'indice di rivalutazione di pensioni ricche. Attualmente sono disponibili 100 milioni già stanziati nella versione iniziale della legge di stabilità. Poi ci sarebbero gli eventuali risparmi che si potranno ricavare «dai 9 miliardi già stanziati per la platea dei primi 120mila salvaguardati», ha spiegato il relatore Pier Paolo Baretta (Pd). Le disposizioni della norma dovranno essere definite con decreto del ministero del Lavoro, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità
L'accordo raggiunto con fatica offre un paracadute a chi ha cessato il lavoro entro il 30 settembre 2012 e si trova in mobilità in forza di un accordo stipulato entro fine 2011. Persone che avrebbero maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2014. L'ampliamento riguarda, sempre con la scadenza 2014, anche chi versa contributi volontari e ha svolto una attività, ma con un reddito non superiore a 7.500 euro. Tutelati anche i lavoratori licenziati entro dicembre 2011 a seguito di fallimento o di altre procedure concorsuali a patto che maturino il diritto alla pensione con le vecchie regole entro i due anni successivi.
L'emendamento stabilisce inoltre che l'Inps dovrà provvedere al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate dagli interessati. Entro il 30 settembre del 2013 il governo, sulla base dei dati forniti dall'Inps, «provvede a monitorare gli esiti dell'attuazione, anche in termini di finanziamenti».
Se le risorse non saranno sufficienti entro i successivi 30 giorni, con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro del Lavoro e con il ministro dell'Economia, «si provvede a individuare le necessarie risorse aggiuntive, a tal fine rimodulando nella misura necessaria l'indice di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo più elevato», indicati nello stesso decreto.
Ogni sei mesi il governo dovrà verificare con le parti sociali la situazione degli esodati o salvaguardati, al fine di »individuare idonee misure di tutela, ivi compresi gli strumenti delle politiche attive del lavoro utilizzate in applicazione» della norme vigenti in materia di salvaguardia.
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Tirocini formativi 2013
E' giusto definire i tirocini formativi come uno degli strumenti cardine per potersi avvicinare al lavoro ed in modo più specifico al mercato del lavoro. Questi strumenti sono previsti dal decreto legge n. 138 del 2011 e consentono al giovane di entrare in un ambiente di lavoro e di mettersi alla prova, ossia orientare e nello stesso tempo verificare le sue scelte professionali quindi acquisire un'esperienza pratica che potrà arricchire la propria storia lavorativa e una determinata professionalità.
A favore dell'azienda che potrà usufruire dei tirocinanti vi sono strumenti che hanno lo scopo di conoscere innanzitutto potenziali collaboratori che potranno essere inseriti nella propria struttura organizzativa e quindi di formarli e dare al tirocinante una determinata professione.
Il rapporto di lavoro che si andrà a costituire tra lo studio di consulenza del lavoro e il tirocinante non è un vero e proprio contratto di lavoro subordinato e non comporta da parte del datore di lavoro il sorgere di obblighi retributivi e previdenziali e per di più non obbliga l'azienda ad assumere il tirocinante al termine dell'esperienza.
Ricordiamo comunque che per l'aspetto retributivo del tirocinante l'azienda può prevedere comunque un rimborso spese.
E' bene mettere in evidenza che ogni tirocinio deve essere supportato da un progetto individuale che deve essere inserito nella convenzione che l'azienda che sottoscrive, ed il tirocinante. Questa convenzione è stipulata tra il Datore di lavoro e il giovane tirocinante, nella quale devono essere riportati: obiettivi, modalità di svolgimento del tirocinio (affinché venga assicurato il tirocinante), il nominativo del tutor e del responsabile dell’azienda, gli estremi identificativi dell’assicurazione INAIL, la durata di svolgimento del tirocinio, il settore aziendale di inserimento.
E' bene sottolineare che i tirocini formativi sono finalizzati, alla costruzione di veri e propri processi formativi e alla conoscenza diretta delle problematiche presenti in uno studio di consulenza di lavoro.
Assunzioni 2012 2013 che fine hanno fatto gli incentivi?
Saranno oltre 218 mila le assunzioni nelle imprese dell'industria e dei servizi nel IV trimestre 2012, ma solo il 19% a tempo indeterminato. È quanto emerge dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro. Per il lavoro subordinato il saldo complessivo si manterrà negativo con 120 mila posti di lavoro in meno.
Se andiamo nello specifico, le assunzioni per il quarto trimestre saranno circa 158mila lavoratori alle dipendenze (91mila assunzioni non stagionali, 40mila stagionali e quasi 27mila interinali) e 60mila nuovi contratti di lavoro autonomi. I quasi 120mila i posti di lavoro subordinato in meno sono in parte determinati dalla conclusione di contratti stagionali o comunque a tempo determinato: 12 mila saranno lavoratori in somministrazione o interinali; i restanti 107mila lavoratori dipendenti persi, a carattere non stagionale e stagionale, si distribuiscono in tutte le regioni, ad eccezione del Trentino Alto Adige (con l'arrivo della stagione turistica si prevedono 2.700 posti di lavoro in più).
Se analizziamo altre forme contrattuali si segnalano riduzioni di poco inferiori alle 12mila unità per i collaboratori a progetto. La domanda di lavoratori alle dipendenze per la fine dell'anno (al netto degli interinali) «risulta tuttavia lievemente superiore rispetto alle previsioni delle imprese espresse per il IV trimestre 2011 (il peggiore dagli ultimi due anni)», mette in evidenza l'indagine.
E poi le risorse messe a disposizione per finanziare le stabilizzazioni e le nuove assunzione di giovani e donne sono state azzerate in breve tempo.
Secondo quanto previsto dal Dm del 5 ottobre 2012 adesso è l'Inps che avrà a disposizione sei mesi per il riconoscimento degli importi a favore delle aziende; nel frattempo l'Istituto eseguirà un controllo sui dati contenuti nelle domande presentate telematicamente con il modello DON-GIOV e sulle dichiarazioni di responsabilità DiResCo che gli interessati hanno inoltrato online.
Gli incentivi sono subordinati al rispetto dei principi introdotti dalla legge 92/2012. Al Ente di previdenza toccherà la valutazione di talune delicate situazioni (per esempio, obblighi di assunzione, rispetto del diritto di precedenza) che potrebbero comportare alcune esclusioni dalle facilitazioni previste dal Dm. Solo dopo aver completato l'esame delle istanze l'Inps potrà predisporre un elenco in base alla data di presentazione delle domande.
Ricordiamo che i datori di lavoro che entro il 31 marzo 2013 stabilizzano rapporti di lavoro a termine, di collaborazione coordinata (anche in modalità progetto) e di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, possono essere ammessi ad un incentivo pari a 12mila euro. Incentivi di importo minore possono essere riconosciuti a chi instaura, sempre entro il 31 marzo 2013, rapporti di lavoro a tempo determinato di durata minima di 12 mesi. L'incentivo riguarda uomini con meno di 30 anni o donne di qualunque età, ed è autorizzato dall'Inps.
E come registrato dal sito Internet dell'Inps le domande inviate al 2 novembre hanno raggiunto già la capienza dei fondi a disposizione. La possibilità di trasmettere domanda per il bonus rimane aperta, anche perché non è sicuro che tutte le richieste presentate siano ritenute valide.
Nel panorama degli incentivi alle assunzioni, la legge 92/2012, oltre a fare un intervento di sulle regole per il loro utilizzo, ridisegna anche il quadro normativo in cui si collocano le diverse fattispecie, diciamo che dovrebbero agevolare le assunzioni: infatti, l'abrogazione di determinati ammortizzatori sociali per via dell'introduzione dell'assicurazione sociale per l'impiego (Aspi) - con la riforma a regime - avrà come effetto la riduzione dei soggetti che, attraverso la loro ricollocazione, potevano portare al nuovo datore di lavoro una dote contributiva. Una conseguenza che si ripercuoterà sia sui lavoratori svantaggiati, che avranno maggiori difficoltà a ritrovare una nuova occupazione, sia sulle imprese, che perderanno la possibilità di godere di bonus di diversa natura: si smarrisce così uno dei suoi principali obiettivi, vale a dire la creazione di maggiore occupazione.
Adesso vediamo tutte quelle garanzie che scompariranno grazie alla nuova riforma del lavoro.
L'abolizione - in via definitiva a partire dal 2017 - delle disposizioni sul l'iscrizione alle liste di mobilità e della relativa indennità (comma 71 dell'articolo 2) porterà all'eliminazione degli incentivi connessi alla riassunzione. Oggi è prevista una contribuzione Inps agevolata nella misura del 10% in luogo di quella intera, fino a un massimo di 36 mesi a seconda dei soggetti e della tipologia di contratto.
Scomparirà anche la possibilità introdotta dal Dlgs 167/2011, di assumere con contratto di apprendistato i lavoratori in mobilità, ai fini della loro riqualificazione professionale.
L'abolizione degli ammortizzatori in deroga (che potranno essere prorogati con specifici accordi governativi solo fino al 2016) farà cessare la possibilità di ricollocare i percettori di questi sussidi, attraverso la concessione ai datori di lavoro di un'agevolazione pari ai trattamenti non ancora percepiti.
Quindi sarà un vero salasso per chi cerca di trovare un nuovo lavoro ed eventualmente ricollocarsi nel mercato del lavoro.
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Imprese e fisco gli adempimenti sono diventati 134
Negli ultimi 10 anni il numero delle scadenze fiscali è salito di oltre un terzo. Nel 2012 gli adempimenti sono diventati 134. Così Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, secondo il quale, solo per pagare le tasse le Pmi sono costrette a "sborsare" circa 3 miliardi di euro l'anno. Per Cgia,la semplificazione, "segna il passo. Bisogna disboscare questa giungla", l'Italia ha carico fiscale tra i più elevati d'Europa e livello di oppressione non riscontrabile altrove.
Le principali scadenze fiscali, purtroppo, sono in costante aumento. Se nel 2002 erano pari a 100, nel 2006 sono salite a 127 e nel 2012 toccheranno quota 134. Negli ultimi 10 anni - nota la Cgia - l'incremento e' stato del 34%''.
I mesi più pieni di scadenze sono quelli di inizio anno. A gennaio di quest'anno si sono addensate 14 scadenze di pagamento e a febbraio il record con 15. Quasi tutti i pagamenti sono concentrati verso la meta' e verso la fine di ogni mese. ''Tuttavia se ipotizziamo di spalmare queste scadenze su tutto l'arco dell'anno, è come se i piccoli e medi imprenditori - ha scritto la Cgia - versassero ogni due giorni e mezzo un'imposta od un contributo previdenziale/assicurativo allo Stato''.
''Da questa ricognizione sulle scadenze - dice il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi - si evince che il processo di semplificazione fiscale iniziato nei primi anni '90 sta ora segnando il passo. Bisogna disboscare questa giungla fiscale per distogliere i piccoli imprenditori da una burocrazia e un numero di adempimenti che sono ormai eccessivi. Non dobbiamo dimenticare che i più penalizzati da questa situazione cosi' opprimente sono le micro imprese e i lavoratori autonomi che, a differenza delle aziende di maggiori dimensioni, non posseggono una struttura amministrativa in grado di sbrigare tutte queste incombenze''.
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Pensioni ed esodati sembra sciolto il nodo dei finanziamenti
E' stato sciolto il nodo relativo alla salvaguardia degli esodati: è stato presentato un emendamento che offre "finalmente una copertura ampia e risolutiva per l'arco di tempo di competenza della Legge di Stabilità".
«Con l'emendamento al Ddl Stabilità che abbiamo depositato - ha affermato Baretta, in commissione Bilancio - il nodo degli esodati viene risolto non solo con i 100 milioni già previsti ma anche con i risparmi che si potranno ricavare dai 9 miliardi già stanziati per la platea dei primi 120mila salvaguardati». «Viene così offerta finalmente - afferma Baretta - una copertura ampia e risolutiva per l'arco di tempo di competenza della Legge di Stabilità al delicato problema degli esodati. Noi relatori ci siamo assunti la responsabilità di chiudere una fase di discussione e di avviare finalmente la fase legislativa. Mi auguro, naturalmente, che la Camera e il Governo condividano il testo».
I 100 milioni necessari per finanziare la salvaguardia degli esodati arriveranno dalle risorse già stanziate ma che non saranno utilizzate per le precedenti "tranche" di intervento. E' quanto stabilisce l'emendamento dei relatori al Ddl di Stabilità che fissa anche un monitoraggio da effettuare entro il 30 settembre 2013 per evidenziare l'esigenza di ulteriore risorse. Ulteriori verifiche, poi, saranno fatte con scadenza semestrale tra governo e parti sociali.
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sabato 10 novembre 2012
Opportunità di crescita e di lavoro con la green economy
La green economy promette un milione di posti di lavoro entro il 2020. Almeno questi sono i dati che emergono dalle stime, le nuove figure professionali saranno strettamente connesse al mondo della sostenibilità sia per la produzione di energia rinnovabile che coinvolte nelle fasi di una filiera produttiva a maggior efficienza.
Un aiuto consistente per diffondere questa tecnologia potrebbe arrivare dagli incentivi del «Conto termico» varati dal governo, nel corso degli Stati Generali della Green Economy dai ministri dell’Ambiente Corrado Clini e dello Sviluppo economico Corrado Passera. I nuovi incentivi - di cui potranno usufruire sia i privati che la pubblica amministrazione - si rivolgono appunto a tutte le fonti di energia rinnovabili «termiche», finora poco sostenute e sviluppate nel nostro paese: biomasse, solare termico, pompe di calore, stufe a pellet e altro ancora.
«Il conto termico - ha affermato il ministro Passera - è un passo importante. Tocchiamo con mano - quanto stia crescendo questo settore, ed il conto termico è un passo avanti definitivo. Proprio perché pensiamo, come abbiamo dimostrato nello scorso dicembre presentando l’Agenda per lo sviluppo sostenibile, che la green economy non è fatta solo di concetti astratti, ma di futuro. Quindi pensiamo che questi siano i soldi meglio spesi».
Quindi è verde la chiave per uscire dalla crisi. Green come volano dell’economia e come unico strumento per limitare l’impatto sull’ambiente e l’impoverimento delle risorse. Ne sono convinti i promotori degli Stati Generali della Green economy.
Bisogna partire dall’ecoinnovazione, ritenuto uno dei principale punti di forza dello sviluppo sostenibile, ma dove l'Italia è in ritardo, almeno secondo gli ultimi dati dell’Eco-innovation Scoreboard del 2011, posizionato al sedicesimo posto, sotto la media europea. Segue il tema delicato dell’efficienza energetica, che permetterebbe una riduzione dei consumi al 33% con interventi mirati nell’edilizia pubblica sulle eco riqualificazioni. Per ottenere questi risultati sarà però necessario prevedere e rivedere il sistema delle incentivazioni e delle detrazioni. Proprio le detrazioni fiscali tra il 2007-2010 hanno, infatti, prodotto investimenti di 12 mld di euro e più di 40.000 posti di lavoro salvati l’anno.
Tra i risultati più rilevanti del Rapporto Green Economy spiccano i 193 corsi universitari in economia verde, i lavoratori nelle eco-industrie in crescita, il settore delle rinnovabili che impiega già oltre 108.000 lavoratori, le più di 4.500 aziende di agricoltura biologica - il più alto numero in Europa -, i costi di smaltimento dei rifiuti molto bassi nelle Regioni che hanno scelto la raccolta differenziata massiccia.
La prospettiva dell'occupazione della green economy deve comunque allargarsi a tanti comparti, indirettamente legati all’energia (elettronica, edilizia, telecomunicazioni, alimentazione, ecc.), e anche al beneficio indiretto sul prodotto interno lordo complessivo del Paese.
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Applicazione riforma del lavoro 2012 sui licenziamenti
Con ordinanza del 25 ottobre 2012 il Tribunale di Milano, ha avuto modo di pronunciarsi per la prima volta sul nuovo rito breve in materia di licenziamenti introdotto e disciplinato dalla riforma del lavoro attuata nel 2012. Afferma l'ordinanza poiché il lavoratore rivendicava il diritto alla reintegrazione in capo ad un datore di lavoro diverso da quello che aveva formalmente proceduto all'assunzione, la lite non poteva essere decisa usufruendo del rito abbreviato.
Per utile memoria si consideri che l'art. 1, commi 47-69, della legge n. 92/2012 introduce nell’ordinamento il nuovo «rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti», volto, nelle intenzioni del Legislatore, ad accelerare con corsia preferenziale la generalità dei processi che hanno ad oggetto invocazione di tutela nei confronti di licenziamenti ritenuti illegittimi, con riferimento allo spettro d'azione delle sanzioni dettate dall’art. 18 della legge n. 300/1970.
Secondo quanto si legge nell'ordinanza, limita le decisioni a quelle sole domande in cui è richiesta la reintegrazione alle dipendenze del medesimo datore di lavoro che ha proceduto alla intimazione del licenziamento, restando escluse tutte quelle controversie nelle quali la pronuncia reintegratoria presuppone un'indagine istruttoria volta ad accertare, anche se in via preliminare o incidentale, che la titolarità del rapporto di lavoro deve essere imputata ad altro datore di lavoro, diverso da quello che aveva formalmente in carico il rapporto.
In particolare la delineata struttura del rito speciale si compone di due fasi distinte:
una necessaria, con caratteristiche di urgenza, nella quale il giudice è chiamato ad accogliere o a rigettare, con propria ordinanza, il ricorso (di norma presentato dal lavoratore, ma la legge n. 92/2012 non sembra escludere che al rito speciale possa rivolgersi anche il datore di lavoro);
una eventuale, in quanto rimessa alla attivazione da parte dell’interessato (il lavoratore o il datore di lavoro che sia risultato soccombente), consistente nell’opposizione proposta contro l’ordinanza.
In sostanza l'ordinanza esclude dalla normativa, la legge Fornero, e di conseguenza dal rito accelerato, controversie di portata significativa, quali quelle in materia di licenziamenti che coinvolgono contratti di somministrazione di manodopera ovvero quelle che riguardano anche il requisito dimensionale dell’impresa, sulla genuinità dell’appalto dei servizi e nelle ipotesi in cui si va da impugnare il licenziamento anche nei confronti di che è effettivo titolare del rapporto di lavoro sottostante non solo ne confronti di chi formalmente ha costituito il rapporto provvedendo a comminare il licenziamento.
Quindi fra i casi per i quali debba trovare applicazione il nuovo rito sommario a doppia fase di primo grado i licenziamenti ritenuti illegittimi che attengono, ad esempio, ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto ovvero ad una associazione in partecipazione con apporto di lavoro o ancora ad un rapporto di lavoro autonomo reso in regime fiscale IVA del quale contestualmente, e preliminarmente, il ricorrente voglia far riconoscere la genuina e reale natura di lavoro subordinato, anche in forza delle presunzioni (assolute e relative) introdotte dalla stessa legge n. 92/2012.
L'interpretazione ha come conseguenza la riduzione dell'ambito di applicazione del rito speciale dal momento che esclude quelle controversie nelle quali si chiede una diversa qualificazione del rapporto di lavoro sottostante sotto il profilo, quantomeno, della sua riconducibilità ad un datore di lavoro che non è quello che aveva formalmente assunto il dipendente licenziato. Tra le cause interessate quelle in materia di licenziamento che presuppongono un accertamento sulla regolarità del contratto di somministrazione di lavoro, nelle quali la titolarità del rapporto è rivendicata in capo all'utilizzatore delle prestazioni.
Questa interpretazione riduce in modo evidente la sfera di applicazione della legge Fornero lasciando fuori da questa tutela settori di grande importanza quale quello della regolarità del contratto di somministrazione nelle quali la titolarità è rivendicata in capo all’utilizzatore, tutte le ipotesi di accertamento del requisito dimensionale mediante collegamenti societari e le ipotesi di verifica delle genuinità di appalti per prestazioni d’opera o di servizi.
La tesi del Tribunale di Milano sembra porsi in aperto contrasto con lo stesso tenore letterale della norma perché non considera che il nuovo procedimento sommario si applica anche alle controversie sui licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro sottostante.
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venerdì 9 novembre 2012
Studenti e lavoro: i giovani non sono "choosy" secondo un sondaggio Gfk Eurisko
I giovani italiani non sono "choosy".
“Gli studenti italiani hanno già capito che il mondo del lavoro è cambiato. Ed è per questo che quella frase del ministro del Lavoro Elsa Fornero — «Non bisogna essere mai troppo "choosy" (schizzinosi, ndr), meglio prendere la prima offerta e poi vedere da dentro e non aspettare il posto ideale» — quella frase, non ha scandalizzato più di tanto i ragazzi delle scuole secondarie superiori. Tanto che quasi sei su dieci (il 57%) si dichiarano «vicini» a quelle parole. La stessa percentuale sostiene «di essere disposto ad accettare qualsiasi tipo di lavoro». Almeno agli inizi. L’orientamento è quello del «buon senso: i giovani dicono che oggi non occorre essere idealisti, né troppo ancorati ai desideri».“
I giovani studenti delle superiori non sono "choosy", e quanto ha rilevato un sondaggio dell’Istituto GFK Eurisko, i cui risultati sono stati pubblicato dal Corriere della Sera e da Il Sole 24 Ore.
“
E dal sondaggio si evidenzia che non è un buon momento per essere schizzinosi: per iniziare a lavorare qualsiasi impiego andrebbe bene. La maggioranza degli studenti delle scuole superiori è d'accordo con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, almeno stando a quello che dice il sondaggio curato da Gfk Eurisko per conto dell'Osservatorio Giovani Editori nell'ambito del progetto www.ilquotidianoinclasse.it. Da quest'anno i ragazzi, oltre a discutere in classe con i docenti possono anche discutere on line su diversi temi che coinvolgono la loro generazione. Il questionario on line settimanale nell'ultima edizione rivela che il 57 per cento dei ragazzi è pronto ad «accettare qualsiasi tipo di lavoro» per iniziare.
È, questo, uno dei risultati più significativi del primo sondaggio dell’Istituto GFK Eurisko a cui l’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, guidato dal presidente Andrea Ceccherini, ha affidato il compito di realizzare ogni settimana una ricerca sui grandi temi di attualità del momento. L’obiettivo: «Scattare una fotografia istantanea sull’opinione maturata dai ragazzi italiani sui grandi fatti e sulle grandi scelte al centro dell’agenda civile e politica nazionale».
Quasi nove alunni su dieci sono intenzionati a iscriversi all’università prima di entrare nel mondo del lavoro. Mondo che sentono ancora lontano.
Ricordiamo, inoltre, che dal 29 ottobre sul portale www.ilquotidianoinclasse.it — in collaborazione con i siti internet di Corriere della Sera (corriere.it), Il Sole 24 ore (ilsole24ore.com) e quotidiano.net — i giovani possono dire la loro. Perché si tratta di una generazione, secondo il presidente Andrea Ceccherini, «che nel nostro Paese non ha mai avuto voce e che si sente fuori da tutto». Oltre alla lettura in classe di più giornali, quindi, il confronto continua sul web: sul portale i ragazzi — «stuzzicati» da giornalisti-blogger delle tre testate — possono rendere pubblica la propria opinione e metterla a confronto con quella dei coetanei.
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